Capitolo 4: Il prezzo della lussuria
di
fandango
genere
gay
Giulia, o meglio VioletSoles, era seduta sul divano della sua piccola stanza affittata, il laptop aperto sulle ginocchia e una tazza di tè alla menta ancora fumante sul tavolino. Il successo su OnlyFans continuava a crescere, un flusso costante di abbonati che la veneravano per i suoi piedi perfetti e il suo membro audace, ma i messaggi privati erano un territorio diverso, un gioco di potere che le dava un brivido in più. Quando aprì la richiesta di Carlo – un nome che non le diceva nulla, solo un altro fan tra tanti – qualcosa la colpì. "Ti voglio incontrare. Sono disposto a pagare qualsiasi cifra," scriveva, e quelle parole, così disperate e assolute, la incuriosirono. C’era un’energia cruda in quel messaggio, un desiderio che andava oltre la semplice curiosità. Allo stesso tempo, l’idea di un guadagno facile con minimo sforzo la allettava: un incontro, una notte, e avrebbe potuto mettere da parte una somma che le avrebbe dato respiro per mesi.
Decise di rispondere, ma non con cautela. Sparò alto, altissimo, convinta che una cifra esorbitante avrebbe scoraggiato subito quel fan troppo entusiasta. Scrisse: "Hotel De Russie, Roma. 5000 euro per una notte intera. Nessun compromesso." L’Hotel De Russie, con le sue stanze lussuose e il suo prestigio, era un capriccio che si era concessa di sognare, e se questo tizio era davvero disposto a tutto, tanto valeva renderlo un’esperienza indimenticabile – per lei, più che per lui. Sicura che la richiesta sarebbe caduta nel vuoto, decise di aggiungere un tocco personale per stuzzicarlo e al tempo stesso sottolineare chi comandava. Prese il suo telefono, posizionò la telecamera sul pavimento e si preparò. Indossava solo un perizoma nero e un paio di autoreggenti trasparenti, i piedi nudi ben in vista. Afferrò un dildo dalle dimensioni equine – un giocattolo che usava di rado, ma che i suoi abbonati adoravano nei video più estremi – e lo fissò al pavimento con la ventosa. Si inginocchiò, il culo rivolto alla telecamera, e iniziò a cavalcarlo lentamente, le cosce che tremavano mentre il giocattolo la riempiva con una pressione quasi insostenibile. I piedi, con le dita dipinte di viola scuro, si flettevano a ogni movimento, le piante che si inarcavano in modo provocante. Gemeva piano, un suono studiato per eccitare, e ogni tanto lanciava un’occhiata maliziosa alla telecamera, sapendo che quel mini video avrebbe fatto impazzire chiunque lo vedesse. Lo allegò al messaggio con un sorrisetto soddisfatto e premette invio, certa che nessuno sano di mente avrebbe accettato un prezzo del genere.
Un fulmine di lussuria attraversò Carlo quando aprì la notifica di OnlyFans, appena tornato dagli allenamenti con il corpo ancora caldo e sudato dopo la piscina e l’incontro bollente con Victor sotto le docce. La sua mente era un vortice: VioletSoles lo ossessionava, e il momento con Victor aveva solo amplificato la sua confusione e il suo desiderio. Seduto sul letto della sua stanza, con i capelli umidi e il borsone abbandonato ai suoi piedi, lesse il messaggio: "Hotel De Russie, Roma. 5000 euro per una notte intera." Cinquemila euro. Più i soldi per la camera in uno degli hotel più esclusivi della città. Era una follia, una cifra che non aveva e che non sapeva come procurarsi. Ma l’idea di rinunciare, di non incontrare quella creatura che lo aveva stregato, lo faceva impazzire. Doveva averla, doveva toccarla, venerarla, possederla – o sarebbe crollato sotto il peso di quel desiderio che lo consumava.
Poi aprì il video allegato. Lo schermo si riempì dell’immagine di VioletSoles che cavalcava quel dildo mostruoso, il culo sodo che si alzava e abbassava con un ritmo ipnotico, i piedi perfetti che si flettevano a ogni spinta, le piante morbide che sembravano chiamarlo. Il suono dei suoi gemiti, basso e sensuale, gli fece ribollire il sangue. Il membro di lei, visibile a tratti, oscillava leggermente, un dettaglio che lo eccitava in modo inspiegabile. Carlo sentì il suo cazzo indurirsi all’istante – 21 centimetri di carne dura, largo alla base con vene pulsanti e una cappella tendente al rosso – e senza pensarci troppo si abbassò i pantaloni, la mano che scivolava sulla sua erezione. Si masturbò con furia, gli occhi incollati allo schermo, immaginando di essere lì, di sentire il calore di quel corpo, di leccare quei piedi mentre lei lo guardava con quel sorriso provocante. Venne in pochi minuti, un’esplosione di piacere che lo lasciò ansimante, il seme che schizzava sul letto, ma la sua mente era già altrove: doveva trovare quei soldi, a qualunque costo.
All’improvviso, il campanello suonò, spezzando il silenzio della stanza. Carlo si riscosse, il respiro ancora corto, e si tirò su i pantaloni della tuta grigia con un gesto rapido, il membro ancora semiduro che premeva contro il tessuto – niente mutande, come sempre dopo l’allenamento. Scese le scale, il cuore che batteva forte, e aprì la porta. Era Victor, anche lui in tuta nera, i capelli castani spettinati e un’espressione incerta ma carica di qualcosa di profondo. "Ciao," disse Victor, la voce bassa. "Possiamo parlare?" Carlo lo fissò, la mente ancora avvolta dal video di VioletSoles, e fece un passo indietro per lasciarlo entrare. "Perché sei qui?" chiese, il tono stanco, poco incline a chiacchierare, ma il legame tra loro era troppo profondo per ignorarlo. Victor era più di un amico, quasi un fratello, e Carlo, nonostante la sua irrequietezza, decise di ascoltarlo. Salirono in camera, la porta chiusa dietro di loro, e si sedettero sul letto sfatto. Victor si aprì finalmente, le parole che uscivano come un fiume in piena. "Sono gay, Carlo. Lo so da sempre, da quando ne ho memoria. E sono innamorato di te… da quando ho avuto la prima erezione guardandoti fare piegamenti in palestra, alle medie. Eri lì, sudato, con quei muscoli che si tendevano, e io non riuscivo a smettere di fissarti." Carlo ascoltò, sorpreso ma comprensivo, il volto che si ammorbidiva. Nella sua testa c’era il video di VioletSoles, l’offerta da 5000 euro che pendeva come una spada, ma davanti a lui c’era Victor, il ragazzo con cui era cresciuto, a cui aveva sempre raccontato tutto.
Poi, un’idea gli attraversò la mente, subdola e meschina. Victor era il figlio dell’ambasciatore del Marocco a Roma, una famiglia benestante che Carlo conosceva bene: le cene nella loro dimora romana, le vacanze in ville da sogno a Marrakech, Capri, Dubai. Quei soldi, quei 5000 euro più la camera al De Russie, Victor poteva averli. Carlo decise di virare la conversazione, sfruttando la confessione dell’amico per trarne profitto. "Sai, anch’io provo qualcosa," mentì, la voce che si abbassava in un sussurro caldo, gli occhi che cercavano quelli di Victor con una finta intensità. "Quello che è successo negli spogliatoi… mi ha fatto pensare a te in un modo diverso." Si avvicinò, la tuta che aderiva al suo corpo villoso, il membro che si delineava sotto il tessuto sottile, senza mutande a nasconderlo. Con un gesto lento, posò una mano sulla coscia di Victor, sfiorandola con le dita, risalendo verso l’inguine. "Mi fai eccitare," mormorò, il respiro caldo contro il collo dell’amico, mentre con l’altra mano gli stringeva i capelli, tirandolo verso di sé. Victor tremò, il desiderio che lo travolgeva, il suo cazzo che si induriva sotto la tuta nera, visibile e pulsante. Carlo lo spinse sul letto, salendo sopra di lui, i loro corpi che si sfregavano attraverso il tessuto. "Ho bisogno di te, Victor. C’è questa cosa… una notte con VioletSoles. Mi serve il tuo aiuto, 5000 euro e una stanza al De Russie. Se mi ami, lo farai per me, no?" Victor annuì, voglioso, ma nei suoi occhi brillava un’ombra di risentimento. " Proprio ora che ti dico questo, mi chiedi dei soldi?" disse, la voce incrinata, ferito dalla richiesta che profanava la sua confessione d’amore.
Carlo capì che doveva spingersi oltre per averlo dalla sua parte. Con un movimento rapido, gli sfilò i pantaloni della tuta nera, rivelando il cazzo di Victor, già duro e fremente, libero da ogni barriera. Lo prese in mano, la pelle calda e pulsante sotto le dita villose, e iniziò a segarlo lentamente, il pollice che sfregava la punta con cerchi deliberati. Victor si trasformò in un vortice di passione, il respiro spezzato, gli occhi lucidi di desiderio. "Non fermarti, ti prego," gemette, le mani che afferravano le lenzuola, il corpo che si inarcava verso Carlo. Ma Carlo non si fermò lì: alzò di colpo le gambe dell’amico, seduto sul bordo del letto, spingendogliele dietro la testa con una forza che lo fece ansimare. Il culo di Victor si aprì davanti a lui, vulnerabile e invitante. Carlo si chinò, la lingua che scivolava sul buco stretto, leccandolo con una fame che lo sorprese, il sapore muschiato che gli inondava i sensi. Passò alle palle, succhiandole una a una, la bocca che le avvolgeva con un calore bagnato, per poi dedicarsi al cazzo. Era la prima volta che lo faceva, e il gusto salato, la consistenza dura contro la lingua, gli piacquero da matti – un piacere che non volle ammettere a se stesso, perché il suo obiettivo restava VioletSoles. Prese il membro di Victor in bocca, succhiandolo con una maestria istintiva, la lingua che danzava sulla punta, la gola che si apriva per accoglierlo tutto. Victor esplose dopo pochi minuti, un grido soffocato mentre il seme schizzava sulla sua pancia, caldo e abbondante.
Carlo lo fissò negli occhi, il respiro pesante. "Allora, mi aiuterai?" chiese, la voce bassa e carica di attesa. Victor, ancora perso nel piacere, non rispose subito, il corpo tremante. Carlo si chinò allora sulla sua pancia, la lingua che lambiva il seme ancora caldo, ingoiandolo con una voglia lenta e deliberata, gli occhi fissi in quelli dell’amico, un gesto che era insieme dominio e seduzione. Victor crollò, la resistenza spezzata. "Sì… sì, farò tutto quello che vuoi, amore mio," sussurrò, la voce rotta dall’emozione e dalla resa. Carlo sorrise tra sé, soddisfatto, ma il peso della sua meschinità gli gravava sul petto. Aveva ciò che voleva, ma a che prezzo?
Decise di rispondere, ma non con cautela. Sparò alto, altissimo, convinta che una cifra esorbitante avrebbe scoraggiato subito quel fan troppo entusiasta. Scrisse: "Hotel De Russie, Roma. 5000 euro per una notte intera. Nessun compromesso." L’Hotel De Russie, con le sue stanze lussuose e il suo prestigio, era un capriccio che si era concessa di sognare, e se questo tizio era davvero disposto a tutto, tanto valeva renderlo un’esperienza indimenticabile – per lei, più che per lui. Sicura che la richiesta sarebbe caduta nel vuoto, decise di aggiungere un tocco personale per stuzzicarlo e al tempo stesso sottolineare chi comandava. Prese il suo telefono, posizionò la telecamera sul pavimento e si preparò. Indossava solo un perizoma nero e un paio di autoreggenti trasparenti, i piedi nudi ben in vista. Afferrò un dildo dalle dimensioni equine – un giocattolo che usava di rado, ma che i suoi abbonati adoravano nei video più estremi – e lo fissò al pavimento con la ventosa. Si inginocchiò, il culo rivolto alla telecamera, e iniziò a cavalcarlo lentamente, le cosce che tremavano mentre il giocattolo la riempiva con una pressione quasi insostenibile. I piedi, con le dita dipinte di viola scuro, si flettevano a ogni movimento, le piante che si inarcavano in modo provocante. Gemeva piano, un suono studiato per eccitare, e ogni tanto lanciava un’occhiata maliziosa alla telecamera, sapendo che quel mini video avrebbe fatto impazzire chiunque lo vedesse. Lo allegò al messaggio con un sorrisetto soddisfatto e premette invio, certa che nessuno sano di mente avrebbe accettato un prezzo del genere.
Un fulmine di lussuria attraversò Carlo quando aprì la notifica di OnlyFans, appena tornato dagli allenamenti con il corpo ancora caldo e sudato dopo la piscina e l’incontro bollente con Victor sotto le docce. La sua mente era un vortice: VioletSoles lo ossessionava, e il momento con Victor aveva solo amplificato la sua confusione e il suo desiderio. Seduto sul letto della sua stanza, con i capelli umidi e il borsone abbandonato ai suoi piedi, lesse il messaggio: "Hotel De Russie, Roma. 5000 euro per una notte intera." Cinquemila euro. Più i soldi per la camera in uno degli hotel più esclusivi della città. Era una follia, una cifra che non aveva e che non sapeva come procurarsi. Ma l’idea di rinunciare, di non incontrare quella creatura che lo aveva stregato, lo faceva impazzire. Doveva averla, doveva toccarla, venerarla, possederla – o sarebbe crollato sotto il peso di quel desiderio che lo consumava.
Poi aprì il video allegato. Lo schermo si riempì dell’immagine di VioletSoles che cavalcava quel dildo mostruoso, il culo sodo che si alzava e abbassava con un ritmo ipnotico, i piedi perfetti che si flettevano a ogni spinta, le piante morbide che sembravano chiamarlo. Il suono dei suoi gemiti, basso e sensuale, gli fece ribollire il sangue. Il membro di lei, visibile a tratti, oscillava leggermente, un dettaglio che lo eccitava in modo inspiegabile. Carlo sentì il suo cazzo indurirsi all’istante – 21 centimetri di carne dura, largo alla base con vene pulsanti e una cappella tendente al rosso – e senza pensarci troppo si abbassò i pantaloni, la mano che scivolava sulla sua erezione. Si masturbò con furia, gli occhi incollati allo schermo, immaginando di essere lì, di sentire il calore di quel corpo, di leccare quei piedi mentre lei lo guardava con quel sorriso provocante. Venne in pochi minuti, un’esplosione di piacere che lo lasciò ansimante, il seme che schizzava sul letto, ma la sua mente era già altrove: doveva trovare quei soldi, a qualunque costo.
All’improvviso, il campanello suonò, spezzando il silenzio della stanza. Carlo si riscosse, il respiro ancora corto, e si tirò su i pantaloni della tuta grigia con un gesto rapido, il membro ancora semiduro che premeva contro il tessuto – niente mutande, come sempre dopo l’allenamento. Scese le scale, il cuore che batteva forte, e aprì la porta. Era Victor, anche lui in tuta nera, i capelli castani spettinati e un’espressione incerta ma carica di qualcosa di profondo. "Ciao," disse Victor, la voce bassa. "Possiamo parlare?" Carlo lo fissò, la mente ancora avvolta dal video di VioletSoles, e fece un passo indietro per lasciarlo entrare. "Perché sei qui?" chiese, il tono stanco, poco incline a chiacchierare, ma il legame tra loro era troppo profondo per ignorarlo. Victor era più di un amico, quasi un fratello, e Carlo, nonostante la sua irrequietezza, decise di ascoltarlo. Salirono in camera, la porta chiusa dietro di loro, e si sedettero sul letto sfatto. Victor si aprì finalmente, le parole che uscivano come un fiume in piena. "Sono gay, Carlo. Lo so da sempre, da quando ne ho memoria. E sono innamorato di te… da quando ho avuto la prima erezione guardandoti fare piegamenti in palestra, alle medie. Eri lì, sudato, con quei muscoli che si tendevano, e io non riuscivo a smettere di fissarti." Carlo ascoltò, sorpreso ma comprensivo, il volto che si ammorbidiva. Nella sua testa c’era il video di VioletSoles, l’offerta da 5000 euro che pendeva come una spada, ma davanti a lui c’era Victor, il ragazzo con cui era cresciuto, a cui aveva sempre raccontato tutto.
Poi, un’idea gli attraversò la mente, subdola e meschina. Victor era il figlio dell’ambasciatore del Marocco a Roma, una famiglia benestante che Carlo conosceva bene: le cene nella loro dimora romana, le vacanze in ville da sogno a Marrakech, Capri, Dubai. Quei soldi, quei 5000 euro più la camera al De Russie, Victor poteva averli. Carlo decise di virare la conversazione, sfruttando la confessione dell’amico per trarne profitto. "Sai, anch’io provo qualcosa," mentì, la voce che si abbassava in un sussurro caldo, gli occhi che cercavano quelli di Victor con una finta intensità. "Quello che è successo negli spogliatoi… mi ha fatto pensare a te in un modo diverso." Si avvicinò, la tuta che aderiva al suo corpo villoso, il membro che si delineava sotto il tessuto sottile, senza mutande a nasconderlo. Con un gesto lento, posò una mano sulla coscia di Victor, sfiorandola con le dita, risalendo verso l’inguine. "Mi fai eccitare," mormorò, il respiro caldo contro il collo dell’amico, mentre con l’altra mano gli stringeva i capelli, tirandolo verso di sé. Victor tremò, il desiderio che lo travolgeva, il suo cazzo che si induriva sotto la tuta nera, visibile e pulsante. Carlo lo spinse sul letto, salendo sopra di lui, i loro corpi che si sfregavano attraverso il tessuto. "Ho bisogno di te, Victor. C’è questa cosa… una notte con VioletSoles. Mi serve il tuo aiuto, 5000 euro e una stanza al De Russie. Se mi ami, lo farai per me, no?" Victor annuì, voglioso, ma nei suoi occhi brillava un’ombra di risentimento. " Proprio ora che ti dico questo, mi chiedi dei soldi?" disse, la voce incrinata, ferito dalla richiesta che profanava la sua confessione d’amore.
Carlo capì che doveva spingersi oltre per averlo dalla sua parte. Con un movimento rapido, gli sfilò i pantaloni della tuta nera, rivelando il cazzo di Victor, già duro e fremente, libero da ogni barriera. Lo prese in mano, la pelle calda e pulsante sotto le dita villose, e iniziò a segarlo lentamente, il pollice che sfregava la punta con cerchi deliberati. Victor si trasformò in un vortice di passione, il respiro spezzato, gli occhi lucidi di desiderio. "Non fermarti, ti prego," gemette, le mani che afferravano le lenzuola, il corpo che si inarcava verso Carlo. Ma Carlo non si fermò lì: alzò di colpo le gambe dell’amico, seduto sul bordo del letto, spingendogliele dietro la testa con una forza che lo fece ansimare. Il culo di Victor si aprì davanti a lui, vulnerabile e invitante. Carlo si chinò, la lingua che scivolava sul buco stretto, leccandolo con una fame che lo sorprese, il sapore muschiato che gli inondava i sensi. Passò alle palle, succhiandole una a una, la bocca che le avvolgeva con un calore bagnato, per poi dedicarsi al cazzo. Era la prima volta che lo faceva, e il gusto salato, la consistenza dura contro la lingua, gli piacquero da matti – un piacere che non volle ammettere a se stesso, perché il suo obiettivo restava VioletSoles. Prese il membro di Victor in bocca, succhiandolo con una maestria istintiva, la lingua che danzava sulla punta, la gola che si apriva per accoglierlo tutto. Victor esplose dopo pochi minuti, un grido soffocato mentre il seme schizzava sulla sua pancia, caldo e abbondante.
Carlo lo fissò negli occhi, il respiro pesante. "Allora, mi aiuterai?" chiese, la voce bassa e carica di attesa. Victor, ancora perso nel piacere, non rispose subito, il corpo tremante. Carlo si chinò allora sulla sua pancia, la lingua che lambiva il seme ancora caldo, ingoiandolo con una voglia lenta e deliberata, gli occhi fissi in quelli dell’amico, un gesto che era insieme dominio e seduzione. Victor crollò, la resistenza spezzata. "Sì… sì, farò tutto quello che vuoi, amore mio," sussurrò, la voce rotta dall’emozione e dalla resa. Carlo sorrise tra sé, soddisfatto, ma il peso della sua meschinità gli gravava sul petto. Aveva ciò che voleva, ma a che prezzo?
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