Sotto copertura 2
di
tilde
genere
esibizionismo
Secondo tempo
La notte seguente, Elisa si trovava a bordo della sua Yaris acciaccata che scivolava sull’asfalto bagnato tra campi e capannoni dell’hinterland. L'appuntamento con Viktor era per le sette ad una locanda fra Brugherio e Monza, ma, complice la pioggia incessante ed un faro rotto, sbagliò la svolta e si ritrovò in mezzo al nulla. Le gocce colpivano copiose il parabrezza ed il tettuccio di vetro risuonando nell'abitacolo buio; amplificando la sensazione di solitudine che il deserto di quella strada infondeva.
Le luci della città erano ormai lontane così come l’ora concordata.
Sentendosi persa, accostò e prese il cellulare; provò ad aggiornare Maps, ma la posizione balzava da Milano a Como a Bergamo fino a fermarsi vicino Zerbolò.
“E che cazzo! -urlò- Va bene che mi perdo per andare al bagno in casa, finire all'opposto però… Non può essere!”
Non aveva il numero di Viktor, ma trovò una email fra i documenti copiati e, sperando fosse di Ivanov, inviò un messaggio che solo lui avrebbe capito:
“Sono in ritardo, persa e sola in mezzo al nulla, se mi trovi avrai un altro giro di giostra”
Mentre digitava con i pollici laccati di amaranto, un bagliore di fanali di fronte a lei la insospettì, mollò il cellulare e mise mano alla pistola, fino a quel momento abbandonata sul velluto del sedile. Intravide la sagoma alla guida, che le parve di donna, ma tirò dritto; Elisa sospirò.
Nei minuti seguenti, col cellulare che sembrava impazzito collocandola in mille posti diversi e la pioggia che non accennava a rallentare, ebbe un attimo di sconforto. Pensava che le prove in mano sarebbero potute bastare per una incriminazione ed una richiesta di estradizione (magari deboli in tribunale) e, forse, avrebbe potuto evitare di complicarsi la vita lasciando perdere tutto e tornando indietro.
Ma l’auto, sospinta da dietro, la riportò alla realtà con il suo sdrucciolare sullo sterrato; si voltò e, complice il lunotto appannato, non vide niente; mise in moto ed ingranò la retromarcia per contrastare la fuga in avanti.
Purtroppo avvertì le ruote slittare inermi e cominciò ad avere paura.
Si faceva più forte il rumore del mezzo che la stava spingendo ed una pericolosa inclinazione presagiva il ritrovarsi nel fosso.
“Qui -si disse- urge fare come Schettino, che la fine di Smith non mi sconfinfera”
Afferrò la borsa, bloccò la luce e, pistola in pugno, si gettò fuori. Si acquattò sotto il ciglio, due secondi prima che la fidata giapponese rovinasse nel fosso pieno, in un fragore d’acqua.
L'Hummer, quello era il mezzo assassino, si avvicinò al bordo strada ed accese i fari, rimase qualche istante. Elisa ebbe anche la tentazione di sparare, poi decise ancora per la vita e si spalmò sull’erba bagnata, restando immobile e ringraziando di essersi messa quel parka nero; chi guidava non la vide e, pensando stesse affogando nella bara di metallo a ruote in aria, fece manovra e tornò da dove era venuto.
Lei riuscì solo a leggere la targa: svizzera.
Si rese conto che la cosa era più grossa di quanto avesse pensato. Piena di speranza guardò il telefono, ma niente risposta al suo messaggio e, per di più, il GPS continuava a vomitare indicazioni sbagliate.
Fradicia, decise di tornare indietro camminando, dopo non molto la pioggia rallentò.
“Offinalmente smette! Darei il culo per una doccia calda ed un accappatoio asciutto!”
Intravide una finestra illuminata dove la strada aveva riscoperto la luce pubblica ed accelerò il passo, ma non fece in tempo a raggiungerla; una Jaguar blu le tagliò la strada quasi investendola, abbassò il vetro scuro ed una voce le intimò di salire
- Chi sei? -
- Un amico che hai già dimenticato -
Elisa si alzò il cappuccio gocciolante e fu sinceramente sorpresa nel vedere chi fosse alla guida del suv
- Viktor? Come cazzo… ?! -
- A trovarti? Dopo -rispose misterioso- Sali, anzi no, non così: prima spogliati -
Lei si avvicinò alla portiera e fece per salire, quando l’auto si mosse
- Ma vuoi scherzare?! Saranno tre grandi! -
Ivanov proteso sul lato passeggero ridacchiò picchiettando sul sedile
- Se è per quello, la macchina dice due. Nuda. Spogliati. Che c’è? Ti ho già vista. Non mi bagnerai la pelle, almeno non d’acqua. Se ti spogli vieni con me, se no libera di restare qui -
- Questo è ricatto! - protestò
- Ahahah! Sladost… ho qualcosa per te di asciutto, non temere -
- Scemo! -
Lanciò la borsa in macchina schizzando il cruscotto e lui rise
- Sei una teppista, sladost! -
Lei si tolse il giaccone bagnato e lo lasciò cadere a terra; usato come tappeto, scalzò le bikkenberg fangose e ci salì a piedi nudi; sbottonò i jeans stretti e sporchi, poi provò a sfilarli sculettando e saltellando sotto lo sguardo dolce e divertito del russo, senza però riuscirci; lui alzò il volume di una “you can leave your hat on”.
Decise per il mood sexy ed iniziò a togliersi lentamente il dolcevita scuro, ballando ed ondeggiando su quelle note. Il suo seno alto e sodo stava emergendo dalle pieghe del tessuto con il freddo che ne induriva i capezzoli, facendoli risaltare sulla seta prugna della canotta; sfilata la maglia dalla testa, una cascata di biondo investì le sue spalle, lui le gridò qualcosa in russo e lei gli gettò la maglia; Viktor ruggì a quel gioco di seduzione ed affondò la faccia nella lana morbida, inspirando il sentore di vaniglia e gelsomino, ebbro, indicò i jeans fradici di lei.
Elisa infilò i pollici fra i fianchi ed il jeans; spingendo il tessuto lungo le cosce, poco alla volta, scoprì la stoffa più intima e le cosce; il freddo pungente non scalfì il calore del desiderio nel suo corpo, ma rallentò il suo movimento provocante, fiocamente illuminato da un lampione. Rimase dritta con le gambe e, nel far scivolare sempre più alle caviglie il denim che nascondeva la sua pelle, inclinava il busto dando la possibilità al suo seno di sfuggire alle costrizioni delle coppe, il cui pizzo spuntava malizioso dalla scollatura della canotta, ed alle sue natiche di mostrare la propria perfetta rotondità.
A Viktor, preso dall'insperata visione, crebbe l’eccitazione e, prima di perdere del tutto lucidità, le disse con voce rotta di entrare. Elisa, senza indugi, si dette un piccolo slancio e salì a bordo.
Lui la strinse con i palmi per le guance e la baciò, lei allungò le sue mani sui calzoni scoprendo il mirabile effetto dello strip.
Tutt'altra missione passò nella mente di entrambi.
Elisa slacciò la cintura a lui e gli sbottonò i pantaloni, Viktor restò immobile sognando ad occhi aperti e sbarrati le labbra dell'amata sul suo sesso, furono solo le dita a varcare l'orlo dei boxer. L'eccitazione era tale che si trattenne solo pochi istanti.
Si sentì pivello e mortificato; lei lo consolò baciando la sua bocca, leccò poi quel nettare prezioso dalle proprie dita, si chinò su di lui e succhiò il resto dalla fonte.
- Vik? Ti pare che possa restare così? - disse lei indicandosi
Il russo si voltò verso il divano posteriore e prese una busta di carta che le mise sulle gambe; poi le sfiorò la coscia con le dita fino al ginocchio
- Ah, già! Ecco… ti ho preso un abito a caso dall'armadio -
Lei ebbe un piccolo brivido che dissimulò, poi tirò fuori dal sacco un jeans nero ed un maglioncino a quadri scozzesi prugna e beige
- No, aspe'. Sei entrato in casa mia? -
- E dove, se no? Ho provato da Dior -disse ridendo- ma è chiuso a quest'ora -
- Ahahah! Cretino due volte. Come hai fatto a saper… naaa, lascia stare -
Infilò le braccia nel maglioncino, quando le alzò per passarlo sulla testa lui non resistente al baciarle il seno così indifeso; lei fece finta di niente, ma il capezzolino tradì.
- La patente, sladost, l'ho trovata a terra in camera. Tieni. …Certo -
- Certo, cosa? -
- La risposta alla tua domanda -
Elisa abbassò l’aletta e risistemò il rossetto ed i capelli guardandosi nello specchietto illuminato con fare distratto, lui sbirciò ancora quelle cosce nude ed il tesoro nascosto dietro la culotte aderente
- Quale domanda? non ho fatto domande -
- Le scarpe. Certo, le ho prese: dietro il sedile -
Viktor allungò ancora una volta la mano sui posti dietro e trasse un sacchetto di tela che lei riconobbe subito, regalandogli un bacio sulla guancia
- Sei un amore. …Le Mertens! Sono tre anni che non le rimetto, non ricordavo nemmeno di averle ancora. Adatte, grazie -
- Quanto detesto vedere che ti rivesti… -
- Smetti… - disse lei mentre il russo le accarezzava l'intimità
Poi, lei, tormentò la pelle del sedile nell'infilarsi i jeans.
Infine si allacciò le scarpe.
La notte seguente, Elisa si trovava a bordo della sua Yaris acciaccata che scivolava sull’asfalto bagnato tra campi e capannoni dell’hinterland. L'appuntamento con Viktor era per le sette ad una locanda fra Brugherio e Monza, ma, complice la pioggia incessante ed un faro rotto, sbagliò la svolta e si ritrovò in mezzo al nulla. Le gocce colpivano copiose il parabrezza ed il tettuccio di vetro risuonando nell'abitacolo buio; amplificando la sensazione di solitudine che il deserto di quella strada infondeva.
Le luci della città erano ormai lontane così come l’ora concordata.
Sentendosi persa, accostò e prese il cellulare; provò ad aggiornare Maps, ma la posizione balzava da Milano a Como a Bergamo fino a fermarsi vicino Zerbolò.
“E che cazzo! -urlò- Va bene che mi perdo per andare al bagno in casa, finire all'opposto però… Non può essere!”
Non aveva il numero di Viktor, ma trovò una email fra i documenti copiati e, sperando fosse di Ivanov, inviò un messaggio che solo lui avrebbe capito:
“Sono in ritardo, persa e sola in mezzo al nulla, se mi trovi avrai un altro giro di giostra”
Mentre digitava con i pollici laccati di amaranto, un bagliore di fanali di fronte a lei la insospettì, mollò il cellulare e mise mano alla pistola, fino a quel momento abbandonata sul velluto del sedile. Intravide la sagoma alla guida, che le parve di donna, ma tirò dritto; Elisa sospirò.
Nei minuti seguenti, col cellulare che sembrava impazzito collocandola in mille posti diversi e la pioggia che non accennava a rallentare, ebbe un attimo di sconforto. Pensava che le prove in mano sarebbero potute bastare per una incriminazione ed una richiesta di estradizione (magari deboli in tribunale) e, forse, avrebbe potuto evitare di complicarsi la vita lasciando perdere tutto e tornando indietro.
Ma l’auto, sospinta da dietro, la riportò alla realtà con il suo sdrucciolare sullo sterrato; si voltò e, complice il lunotto appannato, non vide niente; mise in moto ed ingranò la retromarcia per contrastare la fuga in avanti.
Purtroppo avvertì le ruote slittare inermi e cominciò ad avere paura.
Si faceva più forte il rumore del mezzo che la stava spingendo ed una pericolosa inclinazione presagiva il ritrovarsi nel fosso.
“Qui -si disse- urge fare come Schettino, che la fine di Smith non mi sconfinfera”
Afferrò la borsa, bloccò la luce e, pistola in pugno, si gettò fuori. Si acquattò sotto il ciglio, due secondi prima che la fidata giapponese rovinasse nel fosso pieno, in un fragore d’acqua.
L'Hummer, quello era il mezzo assassino, si avvicinò al bordo strada ed accese i fari, rimase qualche istante. Elisa ebbe anche la tentazione di sparare, poi decise ancora per la vita e si spalmò sull’erba bagnata, restando immobile e ringraziando di essersi messa quel parka nero; chi guidava non la vide e, pensando stesse affogando nella bara di metallo a ruote in aria, fece manovra e tornò da dove era venuto.
Lei riuscì solo a leggere la targa: svizzera.
Si rese conto che la cosa era più grossa di quanto avesse pensato. Piena di speranza guardò il telefono, ma niente risposta al suo messaggio e, per di più, il GPS continuava a vomitare indicazioni sbagliate.
Fradicia, decise di tornare indietro camminando, dopo non molto la pioggia rallentò.
“Offinalmente smette! Darei il culo per una doccia calda ed un accappatoio asciutto!”
Intravide una finestra illuminata dove la strada aveva riscoperto la luce pubblica ed accelerò il passo, ma non fece in tempo a raggiungerla; una Jaguar blu le tagliò la strada quasi investendola, abbassò il vetro scuro ed una voce le intimò di salire
- Chi sei? -
- Un amico che hai già dimenticato -
Elisa si alzò il cappuccio gocciolante e fu sinceramente sorpresa nel vedere chi fosse alla guida del suv
- Viktor? Come cazzo… ?! -
- A trovarti? Dopo -rispose misterioso- Sali, anzi no, non così: prima spogliati -
Lei si avvicinò alla portiera e fece per salire, quando l’auto si mosse
- Ma vuoi scherzare?! Saranno tre grandi! -
Ivanov proteso sul lato passeggero ridacchiò picchiettando sul sedile
- Se è per quello, la macchina dice due. Nuda. Spogliati. Che c’è? Ti ho già vista. Non mi bagnerai la pelle, almeno non d’acqua. Se ti spogli vieni con me, se no libera di restare qui -
- Questo è ricatto! - protestò
- Ahahah! Sladost… ho qualcosa per te di asciutto, non temere -
- Scemo! -
Lanciò la borsa in macchina schizzando il cruscotto e lui rise
- Sei una teppista, sladost! -
Lei si tolse il giaccone bagnato e lo lasciò cadere a terra; usato come tappeto, scalzò le bikkenberg fangose e ci salì a piedi nudi; sbottonò i jeans stretti e sporchi, poi provò a sfilarli sculettando e saltellando sotto lo sguardo dolce e divertito del russo, senza però riuscirci; lui alzò il volume di una “you can leave your hat on”.
Decise per il mood sexy ed iniziò a togliersi lentamente il dolcevita scuro, ballando ed ondeggiando su quelle note. Il suo seno alto e sodo stava emergendo dalle pieghe del tessuto con il freddo che ne induriva i capezzoli, facendoli risaltare sulla seta prugna della canotta; sfilata la maglia dalla testa, una cascata di biondo investì le sue spalle, lui le gridò qualcosa in russo e lei gli gettò la maglia; Viktor ruggì a quel gioco di seduzione ed affondò la faccia nella lana morbida, inspirando il sentore di vaniglia e gelsomino, ebbro, indicò i jeans fradici di lei.
Elisa infilò i pollici fra i fianchi ed il jeans; spingendo il tessuto lungo le cosce, poco alla volta, scoprì la stoffa più intima e le cosce; il freddo pungente non scalfì il calore del desiderio nel suo corpo, ma rallentò il suo movimento provocante, fiocamente illuminato da un lampione. Rimase dritta con le gambe e, nel far scivolare sempre più alle caviglie il denim che nascondeva la sua pelle, inclinava il busto dando la possibilità al suo seno di sfuggire alle costrizioni delle coppe, il cui pizzo spuntava malizioso dalla scollatura della canotta, ed alle sue natiche di mostrare la propria perfetta rotondità.
A Viktor, preso dall'insperata visione, crebbe l’eccitazione e, prima di perdere del tutto lucidità, le disse con voce rotta di entrare. Elisa, senza indugi, si dette un piccolo slancio e salì a bordo.
Lui la strinse con i palmi per le guance e la baciò, lei allungò le sue mani sui calzoni scoprendo il mirabile effetto dello strip.
Tutt'altra missione passò nella mente di entrambi.
Elisa slacciò la cintura a lui e gli sbottonò i pantaloni, Viktor restò immobile sognando ad occhi aperti e sbarrati le labbra dell'amata sul suo sesso, furono solo le dita a varcare l'orlo dei boxer. L'eccitazione era tale che si trattenne solo pochi istanti.
Si sentì pivello e mortificato; lei lo consolò baciando la sua bocca, leccò poi quel nettare prezioso dalle proprie dita, si chinò su di lui e succhiò il resto dalla fonte.
- Vik? Ti pare che possa restare così? - disse lei indicandosi
Il russo si voltò verso il divano posteriore e prese una busta di carta che le mise sulle gambe; poi le sfiorò la coscia con le dita fino al ginocchio
- Ah, già! Ecco… ti ho preso un abito a caso dall'armadio -
Lei ebbe un piccolo brivido che dissimulò, poi tirò fuori dal sacco un jeans nero ed un maglioncino a quadri scozzesi prugna e beige
- No, aspe'. Sei entrato in casa mia? -
- E dove, se no? Ho provato da Dior -disse ridendo- ma è chiuso a quest'ora -
- Ahahah! Cretino due volte. Come hai fatto a saper… naaa, lascia stare -
Infilò le braccia nel maglioncino, quando le alzò per passarlo sulla testa lui non resistente al baciarle il seno così indifeso; lei fece finta di niente, ma il capezzolino tradì.
- La patente, sladost, l'ho trovata a terra in camera. Tieni. …Certo -
- Certo, cosa? -
- La risposta alla tua domanda -
Elisa abbassò l’aletta e risistemò il rossetto ed i capelli guardandosi nello specchietto illuminato con fare distratto, lui sbirciò ancora quelle cosce nude ed il tesoro nascosto dietro la culotte aderente
- Quale domanda? non ho fatto domande -
- Le scarpe. Certo, le ho prese: dietro il sedile -
Viktor allungò ancora una volta la mano sui posti dietro e trasse un sacchetto di tela che lei riconobbe subito, regalandogli un bacio sulla guancia
- Sei un amore. …Le Mertens! Sono tre anni che non le rimetto, non ricordavo nemmeno di averle ancora. Adatte, grazie -
- Quanto detesto vedere che ti rivesti… -
- Smetti… - disse lei mentre il russo le accarezzava l'intimità
Poi, lei, tormentò la pelle del sedile nell'infilarsi i jeans.
Infine si allacciò le scarpe.
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