La furba "sottomessa" (1 di molti)
di
Porx
genere
dominazione
La gelosia, un sentimento già stupido di per sé, raggiungeva l'apice della stoltezza nel suo ragazzo, ne era certa; Geloso marcio, dal primo giorno della loro relazione, convito, come da tradizione patriarcale, che la SUA donna gli appartenesse. Lei però l'aveva scelto apposta, la stoltezza che lo contraddistingueva era la sua migliore alleata per risolvere ogni problema: aveva bisogno di laurearsi il prima possibile e di risparmiare, nel frattempo, ogni centesimo che le riuscisse, tutto per poter inseguire il sogno di emigrare e ottenere finalmente il lavoro dei sogni, nel magico mondo dell'opera tedesca. Lui era bruttino, antipatico, lunatico e parecchio ignorante, però era ricco, desideroso di iniziare al più presto una convivenza e, cosa più allettante, era figlio del professore più eminente della sua università. Un'occasione troppo bella per non approfittarne, lasciarlo non sarebbe certo stato un dolore e nemmeno le avrebbe causato sensi di colpa. Tutto il pacchetto (vitto, alloggio e vantaggi vari) le costava un nonnulla: un'ostentata fede cristiana, accettare qualche stranezza sessuale e non dargli ragione di provare la minima gelosia, oltre a, bisogna ammetterlo, qualche piccola punizione qua e la.
...
Era furibondo, a quanto pareva quell' bastarda della madre l'aveva messo in guardia circa "occhiate melliflue" che lei sembrava aver lanciato a suoi compagni di corso. L'aveva presa, abbassandole il vestitino estivo e le mutande in un colpo solo, le aveva dato cinque sculacciate terribilmente forti e si era messo a piangere alla comparsa dei primi segni rossi, scusandosi con lei, salvo poi girarsi verso lo scaffale accanto e prelevarne una cartellina in cuoio con cui l'aveva percossa ancora più selvaggiamente. Quel pomeriggio comunque non era particolarmente agitato, le punizioni post sculacciata erano solamente tre: 8 calci alla vulva, qualche minuto di cassetti e un pochino di penne.
La prima parte era la migliore: lui, una volta indossati i suoi scarponcini da trekking, le indicava un angolo della stanza in cui lei si sedeva a gambe larghe, poi prendeva la mira e calciava con forza diritto in vulva. I primi calci minacciavano di fare cadere il clitoride ma, poco per volta diventavano piacevoli, si vedevano gli scarponi bagnarsi di pari passo al rossore che si diffondeva sulla vulva di lei. Sebbene sembrsse esausto, al termine della procedura era già pronto a scattare e, trascinandola per un braccio, a farla inginocchiare davanti alla cassettiera dei documenti. Un cassetto, provvidenzialmente posizionato all'altezza perfetta, veniva aperto per lasciare spazio ai capezzoli, prontamente stritolati in mezzo al gelido metallo. Mentre la clessidra da 15 minuti, la più breve, scorreva accanto a lei poteva sentirlo armeggiare nell'armadietto alla ricerca del portapenne giusto; una volta trovato le si é seduto dietro, iniziando ad inserire le penne, un po' in vagina e un po' in culo, elencandole mano mano i comportamenti da tenere ed evitare.
Una volta quietatosi, le aveva ordinato di andare dal parroco a farsi confessare, a causa dei peccati di adulterio che aveva rischiato di commettere, e dall'estetista perché il contatto ravvicinato che aveva avuto con i peli della sua passera l'avevano a dir poco nauseato.
Si avviò, ridendo tra se, dall'estetista, era stata appena battuta con violenza, naturalmente il culo le bruciava ancora ma stava comunque andando in un centro pieno di donne che erano preposte a vederla nuda, completamente. Stolto com'era non aveva capito nulla della sua bisessualità, anche perché non ne concepiva, da bigotto, nemmeno l'esistenza. Quella, assieme alla chiesa, era la sua salvezza, sua e della sua libido. Gli impegni di quel pomeriggio erano ormai una piacevole routine per lei, da mesi andavano avanti a regalarle non poche gioie. "Peccato che presto finirà", pensava tra se, mentre sentiva il dolore alle natiche intensificarsi allo sfregamento contro i jeans e ripensava, non senza bagnarsi un poco, a tutto ciò che aveva vissuto fino ad allora. Con tutte quei pensieri in testa il livido che si era espanso sul seno sinistro e il bruciore per le 30 stilografiche infilate nei suoi orifizi, 17 nella figa e il resto nel culo, le sembravano già cose lontane, portatrici solo di una frizzante sensazione all'altezza del clitoride.
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Era furibondo, a quanto pareva quell' bastarda della madre l'aveva messo in guardia circa "occhiate melliflue" che lei sembrava aver lanciato a suoi compagni di corso. L'aveva presa, abbassandole il vestitino estivo e le mutande in un colpo solo, le aveva dato cinque sculacciate terribilmente forti e si era messo a piangere alla comparsa dei primi segni rossi, scusandosi con lei, salvo poi girarsi verso lo scaffale accanto e prelevarne una cartellina in cuoio con cui l'aveva percossa ancora più selvaggiamente. Quel pomeriggio comunque non era particolarmente agitato, le punizioni post sculacciata erano solamente tre: 8 calci alla vulva, qualche minuto di cassetti e un pochino di penne.
La prima parte era la migliore: lui, una volta indossati i suoi scarponcini da trekking, le indicava un angolo della stanza in cui lei si sedeva a gambe larghe, poi prendeva la mira e calciava con forza diritto in vulva. I primi calci minacciavano di fare cadere il clitoride ma, poco per volta diventavano piacevoli, si vedevano gli scarponi bagnarsi di pari passo al rossore che si diffondeva sulla vulva di lei. Sebbene sembrsse esausto, al termine della procedura era già pronto a scattare e, trascinandola per un braccio, a farla inginocchiare davanti alla cassettiera dei documenti. Un cassetto, provvidenzialmente posizionato all'altezza perfetta, veniva aperto per lasciare spazio ai capezzoli, prontamente stritolati in mezzo al gelido metallo. Mentre la clessidra da 15 minuti, la più breve, scorreva accanto a lei poteva sentirlo armeggiare nell'armadietto alla ricerca del portapenne giusto; una volta trovato le si é seduto dietro, iniziando ad inserire le penne, un po' in vagina e un po' in culo, elencandole mano mano i comportamenti da tenere ed evitare.
Una volta quietatosi, le aveva ordinato di andare dal parroco a farsi confessare, a causa dei peccati di adulterio che aveva rischiato di commettere, e dall'estetista perché il contatto ravvicinato che aveva avuto con i peli della sua passera l'avevano a dir poco nauseato.
Si avviò, ridendo tra se, dall'estetista, era stata appena battuta con violenza, naturalmente il culo le bruciava ancora ma stava comunque andando in un centro pieno di donne che erano preposte a vederla nuda, completamente. Stolto com'era non aveva capito nulla della sua bisessualità, anche perché non ne concepiva, da bigotto, nemmeno l'esistenza. Quella, assieme alla chiesa, era la sua salvezza, sua e della sua libido. Gli impegni di quel pomeriggio erano ormai una piacevole routine per lei, da mesi andavano avanti a regalarle non poche gioie. "Peccato che presto finirà", pensava tra se, mentre sentiva il dolore alle natiche intensificarsi allo sfregamento contro i jeans e ripensava, non senza bagnarsi un poco, a tutto ciò che aveva vissuto fino ad allora. Con tutte quei pensieri in testa il livido che si era espanso sul seno sinistro e il bruciore per le 30 stilografiche infilate nei suoi orifizi, 17 nella figa e il resto nel culo, le sembravano già cose lontane, portatrici solo di una frizzante sensazione all'altezza del clitoride.
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commenti dei lettori al racconto erotico