Le mani di karim
di
Antonella trav
genere
trans
Per andare al liceo prendevo ogni giorno il 101. E' l'autobus più frequente e affollato di Palermo, chi conosce la città lo sa. Per quanto, soprattutto all'inizio, abbia avuto fastidi (richiami dei prof, ragazzi che mi pizzicavano il sedere), non potevo fare a meno di un abbigliamento femminile: maglioni fucsia o rosa, sneakera da donna, jeans attillati che se mi sedevo s'intravedevano le calze di nylon, orecchini a cerchio, braccialetti. Naturalmente ero sempre truccata: rossetto, cipria, fondotinta, matita ecc, e sempre smalto abbinato al colore delle labbra. Ovvio che la mia condizione di transgender non passava inosservata. però mi piaceva che mi guardassero e notare che in qualcuno non solleticavo solo curiosità ma anche fantasie e desideri. Non mi era però mai capitato che qualcuno mi molestasse, qualche risolino e battuta e nient'altro.
Mi capitò un giorno con Karim, un trentenne nigeriano dal corpo bellissimo. E con delle mani robuste e nodose.
Quella mattina presi il 101 alle 7,30, lui salì alla seconda fermata. Lo notai subito: era proprio l'uomo che piace a me, fisico asciutto, alto, sguardo sicuro. Il bus era stipato e a fatica, senza un posto a sedere, trovavo l'equilibrio. Lui si piazzò dietro di me. Non ebbi il tempo di fantaticare che mi sentii le sue mani che accarezzavano il mio sedere. Che emozione, ragazzi! Sarei dovuta scendere alla quinta fermata ma siccome lui era lì e continuava a palparmi decisi di continuare il tragitto. E non me ne pentii. le sue mani di maschio esploravano il mio culetto con delicatezza e fermezza. Una libido che non vi dico! Mi girai per guardarlo, lui mi sorrise, io ricambiai. Un cenno d'intesa tacito ma esplicito.
Arrivammo al capolinea, alla stazione centrale della stazione ferroviaria. Scendemmo e senza dire nulla ci dirigemmo ai bagni della stazione. C'era puzzo di piscio e di sborra ma non importava. Ci chiudemmo in un camerino. "Come ti chiami?" gli chiesi. "karim" risose "e vengo dalla Nigeria". "Per fare cosa" gli chiesi, "Per chiavarti" mi rispose. Gli diedi un bacio sulle labbra che lui ricambio, le nostre lingue s'incontrarono e le sue mani mi accarezzarono i capezzoli. Lui mi spogliò, io lo spogliai. Ci toccammo i cazzi, durissimi entrambi. Mi inginocchiai e gli faci un pompino di quelli che non si dimenticano. Gli leccai l'asta, la cappella, la punta con delicatezza (il cazzo merita rispetto e attenzione). Poi le palle, notevoli come non avevo mai viste. Lo feci sborrare come meritava e ingoiai con goduria il suo nettare bianco. "Sei una troia" mi disse, e non aveva torto. "Dammi il buco del culo, adesso". Non mi feci pregare. Prima esplorò il mio buchetto con un dito, poi gli sputò, quindi lo fece entrare piano piano. Dopo mi chiavò ritmicamente e con forza. Non riuscii a trattenere i miei gemiti di piacere. Alla fine si sistemò i pantaloni e mi salutò. Aveva fretta, chissà che cosa doveva sbrigare. Lo pregai di darmi il suo cell, lo implorai, ma lui andò via salutandomi: "Addio, buttana".
Ci rimasi male, avevo ancora tanta voglia. Mi dovetti accontentare di spompinare un vecchio porco, non meno di settant'anni, che aveva ascoltato i miei gemiti e si era arrapato. Aveva un cazzo minuscolo ma tanta voglia. Fui soddisfatta di farlo indurire e di bere la sua sborra. Chissà da quanto tempo non veniva. Dopotutto, seppure delusa di non poetre incontrare di nuovo Karim, con quel vecchio avevo fatto un'opera di bene.
Mi capitò un giorno con Karim, un trentenne nigeriano dal corpo bellissimo. E con delle mani robuste e nodose.
Quella mattina presi il 101 alle 7,30, lui salì alla seconda fermata. Lo notai subito: era proprio l'uomo che piace a me, fisico asciutto, alto, sguardo sicuro. Il bus era stipato e a fatica, senza un posto a sedere, trovavo l'equilibrio. Lui si piazzò dietro di me. Non ebbi il tempo di fantaticare che mi sentii le sue mani che accarezzavano il mio sedere. Che emozione, ragazzi! Sarei dovuta scendere alla quinta fermata ma siccome lui era lì e continuava a palparmi decisi di continuare il tragitto. E non me ne pentii. le sue mani di maschio esploravano il mio culetto con delicatezza e fermezza. Una libido che non vi dico! Mi girai per guardarlo, lui mi sorrise, io ricambiai. Un cenno d'intesa tacito ma esplicito.
Arrivammo al capolinea, alla stazione centrale della stazione ferroviaria. Scendemmo e senza dire nulla ci dirigemmo ai bagni della stazione. C'era puzzo di piscio e di sborra ma non importava. Ci chiudemmo in un camerino. "Come ti chiami?" gli chiesi. "karim" risose "e vengo dalla Nigeria". "Per fare cosa" gli chiesi, "Per chiavarti" mi rispose. Gli diedi un bacio sulle labbra che lui ricambio, le nostre lingue s'incontrarono e le sue mani mi accarezzarono i capezzoli. Lui mi spogliò, io lo spogliai. Ci toccammo i cazzi, durissimi entrambi. Mi inginocchiai e gli faci un pompino di quelli che non si dimenticano. Gli leccai l'asta, la cappella, la punta con delicatezza (il cazzo merita rispetto e attenzione). Poi le palle, notevoli come non avevo mai viste. Lo feci sborrare come meritava e ingoiai con goduria il suo nettare bianco. "Sei una troia" mi disse, e non aveva torto. "Dammi il buco del culo, adesso". Non mi feci pregare. Prima esplorò il mio buchetto con un dito, poi gli sputò, quindi lo fece entrare piano piano. Dopo mi chiavò ritmicamente e con forza. Non riuscii a trattenere i miei gemiti di piacere. Alla fine si sistemò i pantaloni e mi salutò. Aveva fretta, chissà che cosa doveva sbrigare. Lo pregai di darmi il suo cell, lo implorai, ma lui andò via salutandomi: "Addio, buttana".
Ci rimasi male, avevo ancora tanta voglia. Mi dovetti accontentare di spompinare un vecchio porco, non meno di settant'anni, che aveva ascoltato i miei gemiti e si era arrapato. Aveva un cazzo minuscolo ma tanta voglia. Fui soddisfatta di farlo indurire e di bere la sua sborra. Chissà da quanto tempo non veniva. Dopotutto, seppure delusa di non poetre incontrare di nuovo Karim, con quel vecchio avevo fatto un'opera di bene.
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Commenti dei lettori al racconto erotico