Trasferta di lavoro, carsex

di
genere
prime esperienze

“Vorrei essere li con te, per passarti il cazzo tra le tette tipo Mastercard”.
Mi mostrò questo post sarcastico del tipo Commenti Memorabili dicendomi - "mi sembri tu" -, mentre eravamo in pausa per fumare una sigaretta.
Solo chi vive di fantasie sulla propria collega comprende il piacere di sentirsi dire una cosa del genere come a sottolineare quanto siamo complici.
E così, un’eccitazione improvvisa, una scossa e un gradevole formicolio. Stupendo da vivere mentre sei a lavoro, quando battute del genere le capite solo tu e lei; e cerchi di domare il tuo amico che già scalpita nelle mutande. Scommesse fatte sui turni a lavoro, messaggi spinti, confessioni oltre ogni pudore, video e foto della sua figa in premio erano diventati un vecchio ricordo. Ma dopo il turno in missione nel punto vendita della città vicina, finito in anticipo perché avevamo svolto le mansioni in breve tempo, ci mettemmo in auto, senza fretta, per affrontare i 20 minuti che ci dividevano da casa. Lei indossava già un pantalone aderente ed una t-shirt attillata che aveva indossato negli spogliatoi al posto della divisa, in modo da trovarsi già pronta una volta arrivata a casa, per un'impegno col marito che stranamente le aveva concesso di tornarsene con me. Adoravo averla al mio fianco così provocante e "facilmente accessibile”. Mi piaceva guidare con la mano sulla sua coscia, la nostra complicità faceva si che lei non me lo vietasse, provai a salire fino al seno e poi scesi tra le sue gambe aperte…quel contatto liscio, morbido, sensuale è tra le cose che più mi appagava in quel momento. Le avevo fatto intendere che avevo voglia di trasgressione, aver finito in anticipo a lavoro, senza aver avvisato il marito, sarebbe stato il motivo che più faceva dalla mia parte. Mi guardò stranita, probabilmente non se l'aspettava, forse non avrebbe mai voluto una cosa del genere, forse temeva che perdessimo il senso dell'orario, forse temeva che qualcuno ci vedesse. Ma non fece il minimo accenno a bloccarmi quella mano che si faceva strada su di lei ne tantomeno mi rimproverò intimandomi di femarmi. Mi si illuminarono gli occhi, mancava poco allo svincolo per un centro commerciale che si affacciava sulla statale e colsi la palla al balzo: “ci fermiamo nel centro commerciale? Sono giorni che penso a questo turno insieme, lontano da occhi indiscreti...”, le dissi mentre presi lo svincolo staccando la mano dalla sua coscia a malapena per scalare la marcia in curva. Non avevamo chiaro quello che stava per succedere, cosa fare, come muoverci e che limiti porci, ma l’eccitazione era troppa, la mia. La guardai arrossire in volto, quello sguardo misto tra incredulità e voglia di trasgredire si era materializzato nei suoi occhi, scorgevo i capezzoli turgidi farsi strada oltre il suo reggiseno, arrivando a segnare anche la magliettina che indossava. Non parlava ancora, non aveva ancora espresso il suo disappunto, bensì guardavo le sue mani con le quali cominciò ad accarezzarsi e la macchina si riempì presto del suo odore. Il parcheggio era affollato di auto, finché dopo qualche giro per trovare un posto più intimo, ci fermammo un po’ in disparte, quando notai ufficialmente la sua evidente eccitazione: “Dobbiamo solo fare in fretta!” esclamò, mentre le sue mani erano già intente a slacciarmi la cinta e abbassarmi la zip. Contemporaneamente, come una scena già provata, tirai su la leva del mio sedile e la spalliera era già completamente giù, come a facilitare quello che stava facendo. Si fiondò a succhiarmi il cazzo, inginocchiata sul sedile passeggero con il culo alto verso il finestrino. Non era importante che il mio cazzo non fosse tanto lungo da toccarle la gola, ma la larghezza le riempì totalmente la bocca. Era così presa che non si rese conto che la mia mano era già infilata nel suo leggins che le stringeva una chiappa, schiaffeggiandola a tratti. Il modello sportivo e morbido del pantalone che indossava mi permise di abbassarlo con sole due dita e con le stesse le spostai la mutanda per concedere a me stesso di tuffarle nella sua figa bagnata. La vidi dimenarsi, cercare di far arrivare il mio cazzo in fondo alla sua gola, la sua bocca emetteva suoni di saliva come fosse un lubrificante che concedeva quel tantino di fluido scorrimento al mio cazzo e allo stesso tempo la sentivo gemere e concedersi come se lo avessimo fatto altre mille volte. Non dimenticherò mai il suo sguardo mentre mi vide fare un balzo per spostarmi sul sedile passeggero,sotto di lei e prendendola dai fianchi la misi a cavalcioni su di me. Probabilmente tra se e se si era promessa di concedersi solo per un pompino, dato il poco tempo che avevamo a disposizione. Ma era un fiume in piena, le sfiorai ancora la figa con due dita e mentre ero in procinto di mettermele in bocca per gustare il suo sapore, mi afferrò la mano e succhiò le mie due dita come una dannata, esclamando: "lo so, sono un'ingorda". Utilizzai anche la leva del sedile passeggero per stenderlo del tutto, la tirai più su afferrandola per il culo, avevo il cazzo talmente in tiro che non ebbi alcuna difficoltà a penetrarla alla cieca, come se avessi il totale comando dei movimenti del mio membro; ora avevo tutta le misure a mio favore per poterle penetrare il culo con le stesse due dita che poco prima mi aveva leccato. Stavamo mettendo in atto ciò che mi aveva confessato le piacesse, durante le nostre conversazioni spinte come due persone che si fidano ciecamente a vicenda. Era da tempo che sognavo questo momento, e la realtà stava superando di gran lunga le aspettative. Sapevo di avere una gran maiala come collega, ma viverla e osservarla aveva tutto un altro gusto. Non ricordo tutti i passaggi e tutte le posizioni, so solo che sarei potuto venire già dal primo minuto. Riuscii a resistere per un pó, ma poi dovetti cedere alle sue voglie: “Fammi vedere come mi vieni in faccia!". Non potevo esimermi dalla sua richiesta, avevo le palle piene e una gran voglia di schizzare, così la feci scendere dal lato destro dell'auto che si affacciava su un muretto alto di confine, in modo che nessuno avrebbe potuto vedere cosa stesse succedendo in quel poco spazio, non servì chiederle di inginocchiarsi perché lo fece in autonomia e mentre si sgrillettava la figa aprì la bocca goduriosa che aspettava solo la mia sborra. Non sprecó nemmeno una goccia di quello che le avevo versato in bocca, dopodiché con un dito si pulí la guancia da qualche schizzo e lo portò alla bocca come a non voler sprecare nulla. Eravamo diventati ancor più complici in questa bellissima avventura, io avevo coronato un altro piccolo desiderio anche se non saprò mai se per lei fu lo stesso. Ci guardammo felici e soddisfatti e ci mettemmo in viaggio verso casa.
scritto il
2024-03-17
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