Questione di misure Primo episodio
di
DavideSebastiani
genere
dominazione
Questo racconto si basa sulla dominazione ma contiene anche diversi momenti comici. Ero indeciso su quale delle due sezioni postarlo ma ho optato poi per quello inerente alla dominazione. Buona lettura.
QUESTIONE DI MISURE
I nomi contenuti nel racconto sono immaginari. Qualunque omonimia è puramente casuale
Primo episodio
Mancano dieci minuti prima che cominci un’altra giornata di lavoro e me ne sto seduto in disparte nel corridoio attendendo l’orario di inizio. Il nostro reparto è formato da sedici impiegati undici uomini, me compreso, e cinque donne e lavoriamo in otto piccoli uffici, due impiegati in ogni stanzetta, uffici che prendono l’intero quinto piano della nostra ditta degli otto che compongono questa filiale dell’azienda. Gli altri miei colleghi stanno amabilmente chiacchierando e, come al solito, io sono l’unico che rimane fuori. Un po’ per colpa mia. Sono timido e introverso. Un vero e proprio nerd senza le capacita’ intellettuali che di solito uno che viene apostrofato come nerd possiede. Si, mi sono laureato ma con grande fatica e con voti molto bassi e l’unica mia vera fortuna è stata quella di trovare un lavoro come questo. 1200 euro mensili che non mi permettono neanche di andare a vivere da solo malgrado abbia ormai compiuto trentadue anni visto che se dovessi prendere una casa in affitto mi andrebbe via la quasi totalità del mio stipendio. Continuo ad osservare i miei colleghi che ridono e scherzano in attesa che venga il nostro capo. Anzi, la capa ovvero Ludovica Rossetti, rinominata da tutti i miei colleghi maschi < Ludovica la gran fica>, la donna della quale sono pazzamente innamorato. Senza speranze, ovviamente. E come potrebbe una donna del genere accorgersi di me? Lei è alta, sexy, bellissima e capace sul lavoro anche se le solite malelingue dicono che la sua maggiore capacità sia stata quella di allargare le cosce con la persona giusta che le ha permesso l’avanzamento di carriera. Ma secondo me è solo invidia anche se è vero che la signorina Rossetti ha avuto una storia con il direttore generale dell’azienda. Ma perché, una non si puo’ innamorare del direttore generale?
Ma dicevo che il mio amore è senza speranze. Tanto lei è bella e sensuale quanto io ho un aspetto sgradevole. Sono alto nella media ma magro come un chiodo, con gli occhiali spessi e con un viso anonimo. Vesto sempre con i pantaloni larghi a causa di un mio difetto e comunque il mio look è davvero uno schifo. Si, forse dovrei cambiarlo ma non saprei nemmeno come fare visto che il mio gusto sembra essere davvero pessimo. Sono un perdente, un looser come si usa dire adesso e non ho nemmeno la forza di cambiare. Ma sono fatto così. Se uno nasce tondo non puo’ morire quadrato. Ma eccola che arriva, bella come il sole e quando la guardo il cuore comincia a battermi più velocemente. E’ vestita con una giacca e gonna molto corta che mette in risalto delle gambe lunghissime e toniche avvolte da sensuali calze di seta scure, camicetta color avorio che tiene sbottonata un bel po’ per mettere in mostra il suo decolté da favola, capelli neri sciolti, rossetto rosso, tacchi alti a spillo e camminata da donna sicura di sé, di chi sa che ha il mondo ai suoi piedi. Al suo arrivo, tutti smettono di chiacchierare e la salutano con deferenza. Lei accenna un sorriso
“ Fra due minuti tutti ai vostri posti. Si comincia a lavorare” ci ordina con la sua voce dal tono duro ma nello stesso tempo melodioso. Dio, cosa non farei per lei. Passa anche dinanzi a me che naturalmente mi alzo al suo arrivo e mi oltrepassa senza degnarmi di uno sguardo, poi torna indietro e mi fissa “ Tu, come diavolo ti chiami che non mi ricordo?” Lei non ricorda mai il mio nome malgrado lavori da ben tre anni ai suoi ordini
“ Oh si, io mi chiamo Andrea Garrone, signorina Rossetti” le rispondo, intimorito come al solito quando sono al suo cospetto
“ Si, va beh, non m’importa come ti chiami tanto tra un minuto l’avrò dimenticato. Ieri ti avevo dato delle pratiche. Fra quanto sono pronte?”
“ Oh si certo. Mi aveva detto entro oggi. Spero di fargliele avere sulla sua scrivania entro le 17 di oggi”
“ Bene. Se per le 17 non sono pronte, ti consiglio di cercarti un altro lavoro”
“ No, no, vedrà che saranno pronte” ribadisco. Almeno spero. Se ne va nel suo ufficio, quello più grande ovviamente e mi guardo intorno. Stavano tutti osservando la scena col sorriso sulle labbra. Si avvicina Giovanni, l’impiegato che divide la stanza con me. Trentacinque anni, un aspetto gradevole e un carattere pessimo, almeno nei miei confronti
“ Oh Garrone, senti che puzza di merda. Te la sei fatta sotto come al solito di fronte al capo? “ mi dice sbottando poi a ridere e imitato da tutti gli altri colleghi. Io mi stringo sulle spalle
“ Sempre il solito simpaticone tu. Con la signorina Rossetti non si scherza”
“ Rispetto si ma tu appena la vedi ti cali la braghe, Garrone” insiste dandomi una forte pacca sulle spalle che quasi mi manda a sbattere contro il muro. In effetti, malgrado sia severa anche con gli altri impiegati, la signorina Ludovica sembra aver preso di mira proprio me dandomi tutti i lavori più faticosi ma questo non mi impedisce di pendere dalle sue labbra, considerarla una divinità scesa in terra e amarla disperatamente. Comunque, non rispondo al mio collega e me ne vado nel mio ufficio sotto lo sguardo ironico di tutti gli altri impiegati.
E’ meglio mettermi al lavoro subito. Le pratiche che devo fare sono numerose e anche piuttosto complicate, almeno per uno come me, non particolarmente svelto, e le ore passano troppo in fretta. Guardo gli altri alzarsi per la solita pausa caffè ma io preferisco rimanere seduto al mio posto continuando a svolgere il mio lavoro e mi prendo soltanto alcuni minuti durante la successiva pausa, quella per il pranzo, per mangiarmi un panino mentre tutti gli altri colleghi, compresi quelli degli altri piani, escono dai loro uffici per andarsi a mangiare qualcosa in uno dei tanti bar che ci sono nelle adiacenze. Anche la signorina Ludovica è uscita impregnando il corridoio del suo profumo inebriante e la vedo rientrare ben oltre l’orario di rientro al lavoro. Ma lei può. E’ il capo. Continuo a lavorare alacremente e finalmente verso le 16.30 il mio lavoro è terminato. Spero di averlo fatto bene altrimenti sono guai per me. Esco dal mio ufficio con le pratiche sotto il braccio e mi dirigo verso quello della signorina Ludovica. Busso e sento la sua voce melodiosa dirmi di farmi avanti. Entro. Lei è lì, sulla sua poltrona e non posso fare a meno di ammirare la sua straordinaria bellezza
“ Eccomi, signorina Rossetti. Ho terminato il lavoro che lei mi ha dato” Nemmeno mi guarda. Si osserva lo smalto delle sue unghie, rosso come il sangue,si sistema una ciocca dei suoi capelli e poi alza un sopracciglio
“ Bene, coso. Lascia tutto sulla mia scrivania” Non si ricorda il mio nome, come al solito. Ma non ha importanza. Mi basta il fatto che sto condividendo con lei lo stesso spazio e che sto respirando la sua stessa aria per essere felice. Obbedisco al suo ordine e poso le pratiche proprio mentre le squilla il suo telefonino. Osserva il display e poi risponde
“ Cosa vuoi? Sto al lavoro e sai che non devi rompermi mentre sono in ufficio” Non so che fare. Da una parte non è bello ascoltare una sua conversazione privata ma dall’altra non mi ha ancora congedato e non vorrei che se la prendesse con me per essermene andato senza un suo ordine specifico quando forse ha altri incarichi da affidarmi per domani. Lei intanto ascolta per qualche secondo e poi vedo il suo sguardo diventare di ghiaccio e sento il suo tono alzarsi di parecchi decibel “Cosa? Non puoi venire stasera? Lo sai che giorno è oggi? Il primo lunedì del mese, brutto stronzo. No, non me ne frega un cazzo che hai 39 di febbre e che non riesci ad alzarti dal letto. Quando ti vedo, io ti mando all’ospedale, brutto coglione che non sei altro. E non per la febbre” Attacca furiosa e quasi butta il cellulare sulla scrivania. Io sono un po’ impaurito e continuo a non saper che fare e poi, visto che sono ormai alcuni minuti che sto dritto di fronte a lei, prendo la decisione
“ Se..... Se lei permette, io andrei, signorina Rossetti”
“ Ma vattene, va” mi risponde ancora arrabbiata. Chissa’ cosa diavolo è successo
“ Con permesso, allora” le dico camminando verso la porta d’uscita. Sto per andarmene quando sento la sua voce
“ Aspetta un po’, coso. Come hai detto che ti chiami?”
“ Andrea. Andrea Garrone” La vedo alzarsi e venire verso di me. Si è stampata in volto un sorriso meraviglioso che mi manda in estasi. Oddio quanto è bella! Mi raggiunge e poi mi gira intorno osservandomi. Anzi, soppesandomi. Si ferma finalmente proprio di fronte a me e mi prende il mento per invitarmi a guardarla negli occhi. Oddio, non sono mai stato così vicino a lei e sto tremando dall’emozione. Devo alzare gli occhi per guardarla visto che, anche a causa dei suoi tacchi alti, mi sovrasta di almeno una quindicina di centimetri, cosa che mi mette ancor più in difficoltà
“ Mmmm, forse posso salvare la serata. Mi sembri proprio il tipo giusto”
“ Io?” faccio meravigliato
“ Si, proprio tu. Ascoltami, Andrea. Tu lo faresti un grande favore a Ludovicuccia tua?” Oh mio Dio. La mia dea vuole un favore da me. Oh come sono felice
“ Oh si, signorina Rossetti. Tutto quello che lei vuole”
“ Tutto tutto?”
“ Io... Io credo di si”
“ Bene. Allora ascoltami attentamente. Ti avverto che se esce una sola parola di quello che ti dirò da quest’ufficio, io prima ti ammazzo e poi ti licenzio. O forse prima ti licenzio e dopo ti ammazzo. O forse faccio tutte e due le cose contemporaneamente. Chiaro?” Mi metto i due indici delle mie mani sulla bocca per dirle che questa resterà chiusa a doppia mandata
“ Non dirò assolutamente niente, signorina Rossetti. Sarà il nostro segreto”
“ Molto bene. Quello che ti sto per dire necessita di una certa segretezza. Dunque, coso... ehm, Andrea, devi sapere che io sono una mistress” Spalanco gli occhi
“ Una che?” Lei invece gli occhi li chiude allargando le braccia. Forse, non sto facendo una bella figura
“ Andiamo bene” sospira “Con te bisognera’ cominciare dai bastoncini. Sono una mistress, una dominatrice. Ti è più chiaro adesso?”
“ Cioè, lei addestra gli animali?”
“ Senti un po’. Tu sei coglione dalla nascita o hai fatto un corso accelerato? Non ho detto domatrice bensì dominatrice. Io domino i maschi, li costringo a fare ciò che voglio, li frusto, li schiaffeggio, monto sopra di loro, li costingo a bere il mio piscio, me li inculo. E’ piu’ chiaro adesso?” Insomma, mica tanto
“ Mi... Mi perdoni. Lei mi vuol dire che non è tutta donna? Cioe’ che lei ha anche il pisello?” Stavolta è lei a sgranare gli occhi
“ Ma che cazzo ti dice quel cervello bacato? Certo che sono completamente donna. Ti sembro per caso un maschio rifatto? Quando dicevo che mi inculo gli uomini intendevo con un fallo finto, di gomma. Uno strap-on, si chiama. Cerca di comprendermi bene. Non e’ importante ciò che dico ma ciò che voglio dire. Mi segui?”
“ Si signorina. Dove dobbiamo andare?” Lei mi guarda e scuote la testa
“ Oh madonna mia, chi me l’ha fatto fare? Non andiamo da nessuna parte. Mi segui è in senso figurato, ovvero se avevi compreso ciò che dicevo”
“ Ma mi ha detto che non è importante ciò che dice ma ciò che vuole dire”
“ Ci rinuncio. No, non posso, ho bisogno di questo sgorbio per questa sera. Allora Andreuccio, hai compreso ciò che ti ho detto fino ad ora?” Annuisco ma continuo a rimanere interdetto. Cioè, se il pisello è di gomma, lei cosa proverà? Bah! Forse c’è qualcosa che mi sfugge
“ Si, signorina Rossetti” rispondo comunque. Meglio evitare di continuare a fare brutte figure
“ Bene, proseguiamo. Come tutte le dominatrici, ho uno schiavo personale. Lui mi fa da sguattero in caso di bisogno e in più mi diverto con lui facendogli quello che ti ho detto prima e molto altro. E ogni mese, il primo lunedì del mese, mi raduno con altre tre mie colleghe”
“ Vuol dire che qui in ufficio ci sono altre tre domatrici?”
“ Si. Prendiamo i coglioni come te e li costringiamo a saltare in un cerchio di fuoco?”
“ Davvero?” Faccio meravigliato
“ No che non è vero. Era una battuta. Sono una DO-MI-NA-TRI-CE, non una domatrice. E le colleghe di cui parlavo sono colleghe mistress e non di ufficio. Ti è chiaro finalmente?”
“ Si, penso di si” rispondo
“ Oooh finalmente. Dicevo che mi raduno con queste altre tre amiche dominatrici a casa di una di noi. Stasera tocca a casa mia ma quello stronzo del mio schiavo ha la febbre alta. Capisci in che situazione io mi trovi?” E adesso cosa le dico? Non ho capito un tubo e si incavolerà di brutto ma se voglio avere l’onore di fare un piacere alla signorina Ludovica, glie lo devo dire
“ Io... Veramente non tanto. In quale situazione lei si trova? E cosa c’entro io?” La bellissima fanciulla sospira nervosamente
“ Uff... Ma tu sei proprio idiota. Vediamo un po’ di parlare in modo semplice. Io non posso presentarmi dinanzi alle mie amiche senza uno schiavo. Ci farei una brutta figura. E poi sai che noia vedere le mie amiche mentre si divertono a frustare i loro schiavi, a prenderli a calci, a picchiarli a sangue e io non posso fare niente? Mi pruderebbero le mani. Non ho nemmeno il tempo di rimediare uno schiavo serio a quest’ora visto che quell’idiota me lo ha detto all’ultimo minuto che ha la febbre. Pertanto, ho pensato a te. Hai già un’indole sottomessa visto che appena ti guardo te la fai nei calzoni, dovrai imparare soltanto alcune cose che poi ti spiegherò e ad accettare un po’ di dolore e qualche bella umiliazione. Vedrai che ti piacerà. Col tuo carattere ne sono più che sicura. Dunque accetti? Me lo fai questo favore?” Oh mio Dio! Io vorrei fare tutti i favori del mondo alla mia dea ma ho paura. Ho molta paura.
Fine primo episodio
Per commenti, scrivete a davidmuscolo@tiscali.it
QUESTIONE DI MISURE
I nomi contenuti nel racconto sono immaginari. Qualunque omonimia è puramente casuale
Primo episodio
Mancano dieci minuti prima che cominci un’altra giornata di lavoro e me ne sto seduto in disparte nel corridoio attendendo l’orario di inizio. Il nostro reparto è formato da sedici impiegati undici uomini, me compreso, e cinque donne e lavoriamo in otto piccoli uffici, due impiegati in ogni stanzetta, uffici che prendono l’intero quinto piano della nostra ditta degli otto che compongono questa filiale dell’azienda. Gli altri miei colleghi stanno amabilmente chiacchierando e, come al solito, io sono l’unico che rimane fuori. Un po’ per colpa mia. Sono timido e introverso. Un vero e proprio nerd senza le capacita’ intellettuali che di solito uno che viene apostrofato come nerd possiede. Si, mi sono laureato ma con grande fatica e con voti molto bassi e l’unica mia vera fortuna è stata quella di trovare un lavoro come questo. 1200 euro mensili che non mi permettono neanche di andare a vivere da solo malgrado abbia ormai compiuto trentadue anni visto che se dovessi prendere una casa in affitto mi andrebbe via la quasi totalità del mio stipendio. Continuo ad osservare i miei colleghi che ridono e scherzano in attesa che venga il nostro capo. Anzi, la capa ovvero Ludovica Rossetti, rinominata da tutti i miei colleghi maschi < Ludovica la gran fica>, la donna della quale sono pazzamente innamorato. Senza speranze, ovviamente. E come potrebbe una donna del genere accorgersi di me? Lei è alta, sexy, bellissima e capace sul lavoro anche se le solite malelingue dicono che la sua maggiore capacità sia stata quella di allargare le cosce con la persona giusta che le ha permesso l’avanzamento di carriera. Ma secondo me è solo invidia anche se è vero che la signorina Rossetti ha avuto una storia con il direttore generale dell’azienda. Ma perché, una non si puo’ innamorare del direttore generale?
Ma dicevo che il mio amore è senza speranze. Tanto lei è bella e sensuale quanto io ho un aspetto sgradevole. Sono alto nella media ma magro come un chiodo, con gli occhiali spessi e con un viso anonimo. Vesto sempre con i pantaloni larghi a causa di un mio difetto e comunque il mio look è davvero uno schifo. Si, forse dovrei cambiarlo ma non saprei nemmeno come fare visto che il mio gusto sembra essere davvero pessimo. Sono un perdente, un looser come si usa dire adesso e non ho nemmeno la forza di cambiare. Ma sono fatto così. Se uno nasce tondo non puo’ morire quadrato. Ma eccola che arriva, bella come il sole e quando la guardo il cuore comincia a battermi più velocemente. E’ vestita con una giacca e gonna molto corta che mette in risalto delle gambe lunghissime e toniche avvolte da sensuali calze di seta scure, camicetta color avorio che tiene sbottonata un bel po’ per mettere in mostra il suo decolté da favola, capelli neri sciolti, rossetto rosso, tacchi alti a spillo e camminata da donna sicura di sé, di chi sa che ha il mondo ai suoi piedi. Al suo arrivo, tutti smettono di chiacchierare e la salutano con deferenza. Lei accenna un sorriso
“ Fra due minuti tutti ai vostri posti. Si comincia a lavorare” ci ordina con la sua voce dal tono duro ma nello stesso tempo melodioso. Dio, cosa non farei per lei. Passa anche dinanzi a me che naturalmente mi alzo al suo arrivo e mi oltrepassa senza degnarmi di uno sguardo, poi torna indietro e mi fissa “ Tu, come diavolo ti chiami che non mi ricordo?” Lei non ricorda mai il mio nome malgrado lavori da ben tre anni ai suoi ordini
“ Oh si, io mi chiamo Andrea Garrone, signorina Rossetti” le rispondo, intimorito come al solito quando sono al suo cospetto
“ Si, va beh, non m’importa come ti chiami tanto tra un minuto l’avrò dimenticato. Ieri ti avevo dato delle pratiche. Fra quanto sono pronte?”
“ Oh si certo. Mi aveva detto entro oggi. Spero di fargliele avere sulla sua scrivania entro le 17 di oggi”
“ Bene. Se per le 17 non sono pronte, ti consiglio di cercarti un altro lavoro”
“ No, no, vedrà che saranno pronte” ribadisco. Almeno spero. Se ne va nel suo ufficio, quello più grande ovviamente e mi guardo intorno. Stavano tutti osservando la scena col sorriso sulle labbra. Si avvicina Giovanni, l’impiegato che divide la stanza con me. Trentacinque anni, un aspetto gradevole e un carattere pessimo, almeno nei miei confronti
“ Oh Garrone, senti che puzza di merda. Te la sei fatta sotto come al solito di fronte al capo? “ mi dice sbottando poi a ridere e imitato da tutti gli altri colleghi. Io mi stringo sulle spalle
“ Sempre il solito simpaticone tu. Con la signorina Rossetti non si scherza”
“ Rispetto si ma tu appena la vedi ti cali la braghe, Garrone” insiste dandomi una forte pacca sulle spalle che quasi mi manda a sbattere contro il muro. In effetti, malgrado sia severa anche con gli altri impiegati, la signorina Ludovica sembra aver preso di mira proprio me dandomi tutti i lavori più faticosi ma questo non mi impedisce di pendere dalle sue labbra, considerarla una divinità scesa in terra e amarla disperatamente. Comunque, non rispondo al mio collega e me ne vado nel mio ufficio sotto lo sguardo ironico di tutti gli altri impiegati.
E’ meglio mettermi al lavoro subito. Le pratiche che devo fare sono numerose e anche piuttosto complicate, almeno per uno come me, non particolarmente svelto, e le ore passano troppo in fretta. Guardo gli altri alzarsi per la solita pausa caffè ma io preferisco rimanere seduto al mio posto continuando a svolgere il mio lavoro e mi prendo soltanto alcuni minuti durante la successiva pausa, quella per il pranzo, per mangiarmi un panino mentre tutti gli altri colleghi, compresi quelli degli altri piani, escono dai loro uffici per andarsi a mangiare qualcosa in uno dei tanti bar che ci sono nelle adiacenze. Anche la signorina Ludovica è uscita impregnando il corridoio del suo profumo inebriante e la vedo rientrare ben oltre l’orario di rientro al lavoro. Ma lei può. E’ il capo. Continuo a lavorare alacremente e finalmente verso le 16.30 il mio lavoro è terminato. Spero di averlo fatto bene altrimenti sono guai per me. Esco dal mio ufficio con le pratiche sotto il braccio e mi dirigo verso quello della signorina Ludovica. Busso e sento la sua voce melodiosa dirmi di farmi avanti. Entro. Lei è lì, sulla sua poltrona e non posso fare a meno di ammirare la sua straordinaria bellezza
“ Eccomi, signorina Rossetti. Ho terminato il lavoro che lei mi ha dato” Nemmeno mi guarda. Si osserva lo smalto delle sue unghie, rosso come il sangue,si sistema una ciocca dei suoi capelli e poi alza un sopracciglio
“ Bene, coso. Lascia tutto sulla mia scrivania” Non si ricorda il mio nome, come al solito. Ma non ha importanza. Mi basta il fatto che sto condividendo con lei lo stesso spazio e che sto respirando la sua stessa aria per essere felice. Obbedisco al suo ordine e poso le pratiche proprio mentre le squilla il suo telefonino. Osserva il display e poi risponde
“ Cosa vuoi? Sto al lavoro e sai che non devi rompermi mentre sono in ufficio” Non so che fare. Da una parte non è bello ascoltare una sua conversazione privata ma dall’altra non mi ha ancora congedato e non vorrei che se la prendesse con me per essermene andato senza un suo ordine specifico quando forse ha altri incarichi da affidarmi per domani. Lei intanto ascolta per qualche secondo e poi vedo il suo sguardo diventare di ghiaccio e sento il suo tono alzarsi di parecchi decibel “Cosa? Non puoi venire stasera? Lo sai che giorno è oggi? Il primo lunedì del mese, brutto stronzo. No, non me ne frega un cazzo che hai 39 di febbre e che non riesci ad alzarti dal letto. Quando ti vedo, io ti mando all’ospedale, brutto coglione che non sei altro. E non per la febbre” Attacca furiosa e quasi butta il cellulare sulla scrivania. Io sono un po’ impaurito e continuo a non saper che fare e poi, visto che sono ormai alcuni minuti che sto dritto di fronte a lei, prendo la decisione
“ Se..... Se lei permette, io andrei, signorina Rossetti”
“ Ma vattene, va” mi risponde ancora arrabbiata. Chissa’ cosa diavolo è successo
“ Con permesso, allora” le dico camminando verso la porta d’uscita. Sto per andarmene quando sento la sua voce
“ Aspetta un po’, coso. Come hai detto che ti chiami?”
“ Andrea. Andrea Garrone” La vedo alzarsi e venire verso di me. Si è stampata in volto un sorriso meraviglioso che mi manda in estasi. Oddio quanto è bella! Mi raggiunge e poi mi gira intorno osservandomi. Anzi, soppesandomi. Si ferma finalmente proprio di fronte a me e mi prende il mento per invitarmi a guardarla negli occhi. Oddio, non sono mai stato così vicino a lei e sto tremando dall’emozione. Devo alzare gli occhi per guardarla visto che, anche a causa dei suoi tacchi alti, mi sovrasta di almeno una quindicina di centimetri, cosa che mi mette ancor più in difficoltà
“ Mmmm, forse posso salvare la serata. Mi sembri proprio il tipo giusto”
“ Io?” faccio meravigliato
“ Si, proprio tu. Ascoltami, Andrea. Tu lo faresti un grande favore a Ludovicuccia tua?” Oh mio Dio. La mia dea vuole un favore da me. Oh come sono felice
“ Oh si, signorina Rossetti. Tutto quello che lei vuole”
“ Tutto tutto?”
“ Io... Io credo di si”
“ Bene. Allora ascoltami attentamente. Ti avverto che se esce una sola parola di quello che ti dirò da quest’ufficio, io prima ti ammazzo e poi ti licenzio. O forse prima ti licenzio e dopo ti ammazzo. O forse faccio tutte e due le cose contemporaneamente. Chiaro?” Mi metto i due indici delle mie mani sulla bocca per dirle che questa resterà chiusa a doppia mandata
“ Non dirò assolutamente niente, signorina Rossetti. Sarà il nostro segreto”
“ Molto bene. Quello che ti sto per dire necessita di una certa segretezza. Dunque, coso... ehm, Andrea, devi sapere che io sono una mistress” Spalanco gli occhi
“ Una che?” Lei invece gli occhi li chiude allargando le braccia. Forse, non sto facendo una bella figura
“ Andiamo bene” sospira “Con te bisognera’ cominciare dai bastoncini. Sono una mistress, una dominatrice. Ti è più chiaro adesso?”
“ Cioè, lei addestra gli animali?”
“ Senti un po’. Tu sei coglione dalla nascita o hai fatto un corso accelerato? Non ho detto domatrice bensì dominatrice. Io domino i maschi, li costringo a fare ciò che voglio, li frusto, li schiaffeggio, monto sopra di loro, li costingo a bere il mio piscio, me li inculo. E’ piu’ chiaro adesso?” Insomma, mica tanto
“ Mi... Mi perdoni. Lei mi vuol dire che non è tutta donna? Cioe’ che lei ha anche il pisello?” Stavolta è lei a sgranare gli occhi
“ Ma che cazzo ti dice quel cervello bacato? Certo che sono completamente donna. Ti sembro per caso un maschio rifatto? Quando dicevo che mi inculo gli uomini intendevo con un fallo finto, di gomma. Uno strap-on, si chiama. Cerca di comprendermi bene. Non e’ importante ciò che dico ma ciò che voglio dire. Mi segui?”
“ Si signorina. Dove dobbiamo andare?” Lei mi guarda e scuote la testa
“ Oh madonna mia, chi me l’ha fatto fare? Non andiamo da nessuna parte. Mi segui è in senso figurato, ovvero se avevi compreso ciò che dicevo”
“ Ma mi ha detto che non è importante ciò che dice ma ciò che vuole dire”
“ Ci rinuncio. No, non posso, ho bisogno di questo sgorbio per questa sera. Allora Andreuccio, hai compreso ciò che ti ho detto fino ad ora?” Annuisco ma continuo a rimanere interdetto. Cioè, se il pisello è di gomma, lei cosa proverà? Bah! Forse c’è qualcosa che mi sfugge
“ Si, signorina Rossetti” rispondo comunque. Meglio evitare di continuare a fare brutte figure
“ Bene, proseguiamo. Come tutte le dominatrici, ho uno schiavo personale. Lui mi fa da sguattero in caso di bisogno e in più mi diverto con lui facendogli quello che ti ho detto prima e molto altro. E ogni mese, il primo lunedì del mese, mi raduno con altre tre mie colleghe”
“ Vuol dire che qui in ufficio ci sono altre tre domatrici?”
“ Si. Prendiamo i coglioni come te e li costringiamo a saltare in un cerchio di fuoco?”
“ Davvero?” Faccio meravigliato
“ No che non è vero. Era una battuta. Sono una DO-MI-NA-TRI-CE, non una domatrice. E le colleghe di cui parlavo sono colleghe mistress e non di ufficio. Ti è chiaro finalmente?”
“ Si, penso di si” rispondo
“ Oooh finalmente. Dicevo che mi raduno con queste altre tre amiche dominatrici a casa di una di noi. Stasera tocca a casa mia ma quello stronzo del mio schiavo ha la febbre alta. Capisci in che situazione io mi trovi?” E adesso cosa le dico? Non ho capito un tubo e si incavolerà di brutto ma se voglio avere l’onore di fare un piacere alla signorina Ludovica, glie lo devo dire
“ Io... Veramente non tanto. In quale situazione lei si trova? E cosa c’entro io?” La bellissima fanciulla sospira nervosamente
“ Uff... Ma tu sei proprio idiota. Vediamo un po’ di parlare in modo semplice. Io non posso presentarmi dinanzi alle mie amiche senza uno schiavo. Ci farei una brutta figura. E poi sai che noia vedere le mie amiche mentre si divertono a frustare i loro schiavi, a prenderli a calci, a picchiarli a sangue e io non posso fare niente? Mi pruderebbero le mani. Non ho nemmeno il tempo di rimediare uno schiavo serio a quest’ora visto che quell’idiota me lo ha detto all’ultimo minuto che ha la febbre. Pertanto, ho pensato a te. Hai già un’indole sottomessa visto che appena ti guardo te la fai nei calzoni, dovrai imparare soltanto alcune cose che poi ti spiegherò e ad accettare un po’ di dolore e qualche bella umiliazione. Vedrai che ti piacerà. Col tuo carattere ne sono più che sicura. Dunque accetti? Me lo fai questo favore?” Oh mio Dio! Io vorrei fare tutti i favori del mondo alla mia dea ma ho paura. Ho molta paura.
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