Come sono diventato sottomesso a mia moglie Quattordicesimo episodio STORIA VERA
di
DavideSebastiani
genere
dominazione
Per qualche istante, vagai nella stanza quasi senza comprendere dove mi trovassi. Ero nudo e avevo appena fatto sesso con la mia padrona. Sì, ormai c’era poco da girarci intorno. Quella, almeno al momento, non era più la docile mogliettina che amava essere un po’ geisha nei miei confronti, quella che mi preparava la cena servendomi amorevolmente e che poi mi portava il caffè nel salone chiedendomi se desiderassi altro da lei. Si era trasformata in una donna diversa, una padrona dura e autoritaria alla quale dovevo obbedire. E il primo ordine da espletare era prepararle la cena. Raccolsi i miei indumenti ma lei mi bloccò
“ Oggi mi servirai nudo” Ancora una volta rimasi stupito ma non obiettai. Mi diressi verso la cucina ma lei mi anticipò “Meglio tirare giù le tendine. Va bene che a Roma d’agosto non c’è nessuno ma meglio evitare occhi indiscreti” Annuii. Ancora mezzo tonto per aver vissuto ciò che desideravo da una vita, aprii il frigorifero mentre vidi mia moglie scomparire dalla mia visuale. Nel frigo c’era un po’ di tutto ma sapevo che mia moglie non amava mangiare i primi piatti a cena e optai subito per carne bianca che avrei cucinato col vino e una bella insalatona per lei alla quale aggiunsi pomodorini verdi e mais. Per me che ho sempre odiato la verdura mi preparai, oltre alla carne bianca, una frittata di cipolle e pomodoro. Non certo un pasto da ristorante con quattro stelle michelin ma in linea comunque con il tipo di cena alla quale eravamo abituati. Mentre però mi davo da fare per preparare la tavola, apparecchiando nel salone invece che in cucina come eravamo soliti, mi trovai a sperare che apprezzasse quello che le stavo cucinando. Dovevo accontentarla, essere degno di lei e questo approccio psicologico era per me sconosciuto e quasi mi sconvolse. Ma ancor di più fui sconvolto quando lei riapparve di fronte a me. Aveva indossato una di quelle cose in lattice che le avevo comprato, esattamente una tuta rossa smanicata alla quale aveva abbinato degli stivali ovviamente col tacco a spillo. Una visione paradisiaca considerando i miei strani gusti. Appena la vidi mi inginocchiai
“ Padrona, sei meravigliosa” Alzai per un attimo gli occhi e mi bastò per notare uno splendido sorriso formarsi sulla sua bocca. Era evidente che fosse soddisfatta. Aveva combattuto con la sua educazione classica, quella che prevedeva che una moglie dovesse essere accondiscendente verso il marito, ma poi qualcosa doveva essersi smosso dentro di lei
“ Vai a prendermi una sigaretta, Davide” mi ordinò e naturalmente mi affrettai ad obbedire mentre il cazzo, nonostante avessi da poco fatto l’amore con lei, iniziava a svettare nuovamente. Era la mia natura. Un ordine ricevuto dalla donna eletta a padrona mi procurava immediatamente un’erezione. Si era seduta sul divano e da schiavo devoto le accesi la sigaretta mettendomi poi di nuovo in ginocchio col portacenere in mano. Quando terminò di fumare mi ordinò di andarle a prendere il telefonino dopodiché le chiesi il permesso di poter andare di nuovo in cucina perché dovevo terminare di preparare la cena.
La servii e non fu facile per me correre avanti e indietro col pene sempre più eretto mentre mia moglie mi osservava accennando a volte sorrisi, ovviamente intrigata da quella situazione, mentre altre volte appariva pensierosa, come se stesse cercando di capire cosa fare, come comportarsi, in che modo agire. D’altronde, anche per lei era la prima volta e sebbene ne avevamo parlato a lungo, non era facile anche considerando che non è che conoscesse il BDSM.
Le portai il caffè che lei beveva con una puntina di zucchero. Era meraviglioso per me servirla. Mi sentivo per la prima volta nella mia vita completamente appagato da quello che stavo vivendo. Ma la serata stava entrando nel vivo. Bevve il caffè lentamente come al suo solito mentre io me l’ammiravo con quella tuta aderentissima rosso fiammante, con le sue lunghissime gambe accavallate e quasi mi toglieva il fiato. Il mio respiro era corto e irregolare e mi sentii improvvisamente una nullità al suo confronto. Eppure, avevo sempre avuto un rapporto paritario con lei. Perché mi sentivo così inferiore a lei? Domanda che in seguito mi sarei rifatto un milione di volte e alla quale non sono mai riuscito a trovare una risposta soddisfacente. Mi diede la tazzina vuota e la vidi alzarsi. Era maestosa, sia pure con l’aiuto di quei tacchi improbabili. Fatto sta che ancor di più mi sentii minuscolo al suo confronto nel vederla svettare su di me di quasi venti centimetri. E poi quello che in quel momento non mi aspettavo. Un ceffone. Non uno schiaffo normale, come può dare una donna a un uomo, uno schiaffo che fa quasi il solletico. No, non dato da una come mia moglie. Fu qualcosa che quasi mi lasciò intontito per la violenza con la quale era arrivato. Forse perché inatteso ma mi ricordo che fui costretto a fare almeno un paio di passi indietro e barcollai per una manciata di secondi. Poi la vidi avvicinarsi di nuovo a me, lentamente ed ebbi un fremito di paura. Sapevo che in fondo si trattava di finzione, di una messa in scena ma io ormai ero talmente dentro al personaggio di marito sottomesso che non riuscivo più a scindere la realtà da quella finzione che avevamo messo in atto
“ Il caffè era troppo dolce. Meriti una lezione” Quante volte avevamo parlato di quella cosa? Quante volte avevamo discusso sul fatto che non dovevamo fare una lotta vera e propria, che io non le avrei fatto male? Indietreggiai ma poi dovetti per forza di cose fermarmi quando arrivai a ridosso del muro. Vedevo che cercava le mie mani e io cercavo di non farmele prendere ma non avevo di fronte una donna comune. Avevo di fronte una campionessa di judo, un’atleta che aveva gareggiato per l’Italia, che aveva vinto titoli importantissimi. Non poteva ovviamente afferrarmi per gli indumenti in quanto ero nudo ma le bastò prendermi un braccio e per me fu notte fonda. Mi catapultò sopra di lei e caddi sul pavimento. Non si mise sopra di me come aveva fatto la prima volta. Forse la tuta aderentissima e i tacchi spropositati glie lo impedirono ma mi mise un piede in faccia per ribadire il suo potere nei miei confronti e glie lo baciai con ardore. Poi mi fece alzare. Il mio respiro era sempre più affannato e io ero sempre più emozionato
“ Ti chiedo scusa padrona, la prossima volta cercherò di accontentarti. Perché tu meriti che io sia perfetto e voglio esserlo. Farò di tutto per essere degno di te” Il suo volto che fino a quel momento era stato duro si sciolse in un sorriso
“ E adesso sai cosa voglio?”
“ Dimmelo e ti obbedirò”
“ Voglio essere di nuovo soddisfatta” Era quello che mi aspettavo e non mi feci ripetere l’ordine. Avevo un desiderio pazzesco di baciarla, di toccare quel corpo così atletico strizzato nel lattice. Per tutta la serata avevo dovuto frenare quel desiderio ma finalmente potevo soddisfare quella voglia impellente di toccare il suo corpo. Ci trascinammo in camera e delicatamente la spogliai di quell’indumento così sensuale. Sotto non aveva nulla. Si mise sopra di me e fu meraviglioso. Sentivo di appartenerle, sentivo che ero felice e che l’amavo in modo viscerale, diverso da come un uomo possa amare una donna. E lei? Lei era completamente immedesimata nella parte, mi diceva come muovermi e la sentivo completamente femmina mentre mi scopava. Sì, ero io a penetrare lei ma era lei a scoparmi. Alla fine ci abbracciammo teneramente
“ Ti amo” le dissi
“ Ti amo anch’io” fu la sua risposta
“ Grazie” Mi accarezzò
“ Non devi ringraziarmi. L’ho fatto perché anche io avevo voglia di farlo. E lo rifaremo spesso perché è stato meraviglioso. Tutto è stato bello. E’ stato fantastico vederti mentre mi servivi e poi è stato il sesso più appagante che si potesse fare. Però ricordati Davide, sarà sempre e solo un gioco. Un uomo sempre sottomesso non lo voglio” Annuii e sapevo che aveva ragione. Ma intanto quella serata meravigliosa, quella serata che aveva cambiato le nostre vite stava per concludersi. Ma io sapevo che sarebbe stata la prima di una lunga serie.
Continua…
“ Oggi mi servirai nudo” Ancora una volta rimasi stupito ma non obiettai. Mi diressi verso la cucina ma lei mi anticipò “Meglio tirare giù le tendine. Va bene che a Roma d’agosto non c’è nessuno ma meglio evitare occhi indiscreti” Annuii. Ancora mezzo tonto per aver vissuto ciò che desideravo da una vita, aprii il frigorifero mentre vidi mia moglie scomparire dalla mia visuale. Nel frigo c’era un po’ di tutto ma sapevo che mia moglie non amava mangiare i primi piatti a cena e optai subito per carne bianca che avrei cucinato col vino e una bella insalatona per lei alla quale aggiunsi pomodorini verdi e mais. Per me che ho sempre odiato la verdura mi preparai, oltre alla carne bianca, una frittata di cipolle e pomodoro. Non certo un pasto da ristorante con quattro stelle michelin ma in linea comunque con il tipo di cena alla quale eravamo abituati. Mentre però mi davo da fare per preparare la tavola, apparecchiando nel salone invece che in cucina come eravamo soliti, mi trovai a sperare che apprezzasse quello che le stavo cucinando. Dovevo accontentarla, essere degno di lei e questo approccio psicologico era per me sconosciuto e quasi mi sconvolse. Ma ancor di più fui sconvolto quando lei riapparve di fronte a me. Aveva indossato una di quelle cose in lattice che le avevo comprato, esattamente una tuta rossa smanicata alla quale aveva abbinato degli stivali ovviamente col tacco a spillo. Una visione paradisiaca considerando i miei strani gusti. Appena la vidi mi inginocchiai
“ Padrona, sei meravigliosa” Alzai per un attimo gli occhi e mi bastò per notare uno splendido sorriso formarsi sulla sua bocca. Era evidente che fosse soddisfatta. Aveva combattuto con la sua educazione classica, quella che prevedeva che una moglie dovesse essere accondiscendente verso il marito, ma poi qualcosa doveva essersi smosso dentro di lei
“ Vai a prendermi una sigaretta, Davide” mi ordinò e naturalmente mi affrettai ad obbedire mentre il cazzo, nonostante avessi da poco fatto l’amore con lei, iniziava a svettare nuovamente. Era la mia natura. Un ordine ricevuto dalla donna eletta a padrona mi procurava immediatamente un’erezione. Si era seduta sul divano e da schiavo devoto le accesi la sigaretta mettendomi poi di nuovo in ginocchio col portacenere in mano. Quando terminò di fumare mi ordinò di andarle a prendere il telefonino dopodiché le chiesi il permesso di poter andare di nuovo in cucina perché dovevo terminare di preparare la cena.
La servii e non fu facile per me correre avanti e indietro col pene sempre più eretto mentre mia moglie mi osservava accennando a volte sorrisi, ovviamente intrigata da quella situazione, mentre altre volte appariva pensierosa, come se stesse cercando di capire cosa fare, come comportarsi, in che modo agire. D’altronde, anche per lei era la prima volta e sebbene ne avevamo parlato a lungo, non era facile anche considerando che non è che conoscesse il BDSM.
Le portai il caffè che lei beveva con una puntina di zucchero. Era meraviglioso per me servirla. Mi sentivo per la prima volta nella mia vita completamente appagato da quello che stavo vivendo. Ma la serata stava entrando nel vivo. Bevve il caffè lentamente come al suo solito mentre io me l’ammiravo con quella tuta aderentissima rosso fiammante, con le sue lunghissime gambe accavallate e quasi mi toglieva il fiato. Il mio respiro era corto e irregolare e mi sentii improvvisamente una nullità al suo confronto. Eppure, avevo sempre avuto un rapporto paritario con lei. Perché mi sentivo così inferiore a lei? Domanda che in seguito mi sarei rifatto un milione di volte e alla quale non sono mai riuscito a trovare una risposta soddisfacente. Mi diede la tazzina vuota e la vidi alzarsi. Era maestosa, sia pure con l’aiuto di quei tacchi improbabili. Fatto sta che ancor di più mi sentii minuscolo al suo confronto nel vederla svettare su di me di quasi venti centimetri. E poi quello che in quel momento non mi aspettavo. Un ceffone. Non uno schiaffo normale, come può dare una donna a un uomo, uno schiaffo che fa quasi il solletico. No, non dato da una come mia moglie. Fu qualcosa che quasi mi lasciò intontito per la violenza con la quale era arrivato. Forse perché inatteso ma mi ricordo che fui costretto a fare almeno un paio di passi indietro e barcollai per una manciata di secondi. Poi la vidi avvicinarsi di nuovo a me, lentamente ed ebbi un fremito di paura. Sapevo che in fondo si trattava di finzione, di una messa in scena ma io ormai ero talmente dentro al personaggio di marito sottomesso che non riuscivo più a scindere la realtà da quella finzione che avevamo messo in atto
“ Il caffè era troppo dolce. Meriti una lezione” Quante volte avevamo parlato di quella cosa? Quante volte avevamo discusso sul fatto che non dovevamo fare una lotta vera e propria, che io non le avrei fatto male? Indietreggiai ma poi dovetti per forza di cose fermarmi quando arrivai a ridosso del muro. Vedevo che cercava le mie mani e io cercavo di non farmele prendere ma non avevo di fronte una donna comune. Avevo di fronte una campionessa di judo, un’atleta che aveva gareggiato per l’Italia, che aveva vinto titoli importantissimi. Non poteva ovviamente afferrarmi per gli indumenti in quanto ero nudo ma le bastò prendermi un braccio e per me fu notte fonda. Mi catapultò sopra di lei e caddi sul pavimento. Non si mise sopra di me come aveva fatto la prima volta. Forse la tuta aderentissima e i tacchi spropositati glie lo impedirono ma mi mise un piede in faccia per ribadire il suo potere nei miei confronti e glie lo baciai con ardore. Poi mi fece alzare. Il mio respiro era sempre più affannato e io ero sempre più emozionato
“ Ti chiedo scusa padrona, la prossima volta cercherò di accontentarti. Perché tu meriti che io sia perfetto e voglio esserlo. Farò di tutto per essere degno di te” Il suo volto che fino a quel momento era stato duro si sciolse in un sorriso
“ E adesso sai cosa voglio?”
“ Dimmelo e ti obbedirò”
“ Voglio essere di nuovo soddisfatta” Era quello che mi aspettavo e non mi feci ripetere l’ordine. Avevo un desiderio pazzesco di baciarla, di toccare quel corpo così atletico strizzato nel lattice. Per tutta la serata avevo dovuto frenare quel desiderio ma finalmente potevo soddisfare quella voglia impellente di toccare il suo corpo. Ci trascinammo in camera e delicatamente la spogliai di quell’indumento così sensuale. Sotto non aveva nulla. Si mise sopra di me e fu meraviglioso. Sentivo di appartenerle, sentivo che ero felice e che l’amavo in modo viscerale, diverso da come un uomo possa amare una donna. E lei? Lei era completamente immedesimata nella parte, mi diceva come muovermi e la sentivo completamente femmina mentre mi scopava. Sì, ero io a penetrare lei ma era lei a scoparmi. Alla fine ci abbracciammo teneramente
“ Ti amo” le dissi
“ Ti amo anch’io” fu la sua risposta
“ Grazie” Mi accarezzò
“ Non devi ringraziarmi. L’ho fatto perché anche io avevo voglia di farlo. E lo rifaremo spesso perché è stato meraviglioso. Tutto è stato bello. E’ stato fantastico vederti mentre mi servivi e poi è stato il sesso più appagante che si potesse fare. Però ricordati Davide, sarà sempre e solo un gioco. Un uomo sempre sottomesso non lo voglio” Annuii e sapevo che aveva ragione. Ma intanto quella serata meravigliosa, quella serata che aveva cambiato le nostre vite stava per concludersi. Ma io sapevo che sarebbe stata la prima di una lunga serie.
Continua…
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