MatriarKato club
di
gloria
genere
dominazione
per fargli comprendere il significato del termine matriarcato l’unico modo era quello di condurlo nell’omonimo club dove avrebbe appreso direttamente dalla responsabile del locale quale fosse il ruolo a cui avrebbe dovuto scrupolosamente attenersi.
accolto dalla corpulenta matrona che, consegnando alla compagna di lui un ridottissimo perizoma, un guinzaglio ed un frustino, lo fece accomodare in uno spogliatoio dove, obbligato a liberarsi di tutti i vestiti, e ad indossare quell’unico indumento a ricoprire la sua intimità, gli venne imposto il guinzaglio e trattenuto per il collare condotto all’interno del locale vero e proprio.
qui altri individui, trasformati in remissivi soggetti dalle rispettive accompagnatrici, subivano adeguati trattamenti ritenuti indispensabili a renderli docilmente sottomessi alle pretese delle esigentissime padrone.
a propria volta legato saldamente per i polsi ad un anello pendente dal soffitto iniziò a propria volta ad essere energicamente fustigato assieme ad altri individui come lui posti in quella condizione di totale vulnerabilità.
calatogli anche il perizoma, non senza che provasse concreto imbarazzo, in aggiunta gli venne apposta anche sul pene una gabbietta contenitiva che avrebbe sancito la completa dipendenza verso la propria compagna, ed unica dententrice nel poter disporre a piacimento di quella virilità compressa in tale maniera.
l’intera sudditanza dovuta al genere femminile veniva stabilita anche da ulteriori dimostrazioni del potere assoluto conferito alle donne presenti soprattutto attraverso la più totale libertà sessuale che esse avrebbero liberamente esercitare ed espresso persino in presenza del succube compagno, il quale non poteva altro che rimanere obbligato ad accettarne passivamente la condivisione di ogni altro genere di rapporto che essa avrebbe stabilito di voler sperimentare, con l’ulteriore onere di assistervi senza poter mai avere alcuna possibilità di opporsi.
ancora più atroce fu il vederla accostarsi ad un possente soggetto di colore, per poi dirigere assieme a questi verso una stanza dove, saldamente trattenuto per il guinzaglio affrancato ad un apposito anello, gli venne imposto di osservare come, assieme a quel nero individuo, ne avrebbe liberamente goduto, soddisfacendolo in maniera palese, e condannandolo nel contempo alla condizione di sopravvenuta impotenza che gli era stata così imposta.
ascoltare le gementi ovazioni con le quali la propria compagna accompagnava l’efficace penetrazione del proprio candido corpo, operata da quel nero soggetto che inesauribilmente la faceva propria con altrettanta soddisfazione, lo faceva impazzire di una folle gelosia ed al tempo stesso, umiliandolo nell’ego, facendogli scoprire, se pur molto dolorosamente, anche una incongruente forma di morbosa eccitazione.
a suggellare quella prorompente unione dei corpi venne in aggiunta il dirompente frastuono dell’orgasmo attraverso l’intrattenuta minzione spermatica che, senza ritegno alcuno, il nero amante andava riempiendola copiosamente, facendo rabbrividire l’inerme compagno di lei al solo pensiero di quella gelatinosa semina che le stava inondando le viscere.
ormai cornificato a dovere era nulla vederla come andava a lambire quel nerboruto bastone, turgidamente impregnato di umori che oralmente riprendeva la forma tra labbra voluttuosamente avvolgenti di golosa voracità che, sfondando il palato, le calava sino in fondo alla gola in un soffocato rantolare di convulso piacere.
quella repressa condizione in cui era stato tenuto era ben avvertita con estremo dolore anche nell’emisfero cervicale della mente, che parimenti gli andava esplodendo in un turbinio di sensazioni emotive molto oltre il culmine della ragione.
solo in seguito, una volta ricondotto a casa, e finalmente liberato dal giogo terribile di quella gabbia, potè finalmente liberare la sino ad allora repressa virilità, sfogandosi manualmente ai piedi della compagna in segno di venerata devozione, confessandole che da quel momento in poi altro non poteva che essere se non il suo umile servitore.
accolto dalla corpulenta matrona che, consegnando alla compagna di lui un ridottissimo perizoma, un guinzaglio ed un frustino, lo fece accomodare in uno spogliatoio dove, obbligato a liberarsi di tutti i vestiti, e ad indossare quell’unico indumento a ricoprire la sua intimità, gli venne imposto il guinzaglio e trattenuto per il collare condotto all’interno del locale vero e proprio.
qui altri individui, trasformati in remissivi soggetti dalle rispettive accompagnatrici, subivano adeguati trattamenti ritenuti indispensabili a renderli docilmente sottomessi alle pretese delle esigentissime padrone.
a propria volta legato saldamente per i polsi ad un anello pendente dal soffitto iniziò a propria volta ad essere energicamente fustigato assieme ad altri individui come lui posti in quella condizione di totale vulnerabilità.
calatogli anche il perizoma, non senza che provasse concreto imbarazzo, in aggiunta gli venne apposta anche sul pene una gabbietta contenitiva che avrebbe sancito la completa dipendenza verso la propria compagna, ed unica dententrice nel poter disporre a piacimento di quella virilità compressa in tale maniera.
l’intera sudditanza dovuta al genere femminile veniva stabilita anche da ulteriori dimostrazioni del potere assoluto conferito alle donne presenti soprattutto attraverso la più totale libertà sessuale che esse avrebbero liberamente esercitare ed espresso persino in presenza del succube compagno, il quale non poteva altro che rimanere obbligato ad accettarne passivamente la condivisione di ogni altro genere di rapporto che essa avrebbe stabilito di voler sperimentare, con l’ulteriore onere di assistervi senza poter mai avere alcuna possibilità di opporsi.
ancora più atroce fu il vederla accostarsi ad un possente soggetto di colore, per poi dirigere assieme a questi verso una stanza dove, saldamente trattenuto per il guinzaglio affrancato ad un apposito anello, gli venne imposto di osservare come, assieme a quel nero individuo, ne avrebbe liberamente goduto, soddisfacendolo in maniera palese, e condannandolo nel contempo alla condizione di sopravvenuta impotenza che gli era stata così imposta.
ascoltare le gementi ovazioni con le quali la propria compagna accompagnava l’efficace penetrazione del proprio candido corpo, operata da quel nero soggetto che inesauribilmente la faceva propria con altrettanta soddisfazione, lo faceva impazzire di una folle gelosia ed al tempo stesso, umiliandolo nell’ego, facendogli scoprire, se pur molto dolorosamente, anche una incongruente forma di morbosa eccitazione.
a suggellare quella prorompente unione dei corpi venne in aggiunta il dirompente frastuono dell’orgasmo attraverso l’intrattenuta minzione spermatica che, senza ritegno alcuno, il nero amante andava riempiendola copiosamente, facendo rabbrividire l’inerme compagno di lei al solo pensiero di quella gelatinosa semina che le stava inondando le viscere.
ormai cornificato a dovere era nulla vederla come andava a lambire quel nerboruto bastone, turgidamente impregnato di umori che oralmente riprendeva la forma tra labbra voluttuosamente avvolgenti di golosa voracità che, sfondando il palato, le calava sino in fondo alla gola in un soffocato rantolare di convulso piacere.
quella repressa condizione in cui era stato tenuto era ben avvertita con estremo dolore anche nell’emisfero cervicale della mente, che parimenti gli andava esplodendo in un turbinio di sensazioni emotive molto oltre il culmine della ragione.
solo in seguito, una volta ricondotto a casa, e finalmente liberato dal giogo terribile di quella gabbia, potè finalmente liberare la sino ad allora repressa virilità, sfogandosi manualmente ai piedi della compagna in segno di venerata devozione, confessandole che da quel momento in poi altro non poteva che essere se non il suo umile servitore.
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