Noi
di
Fiamma
genere
sentimentali
Gli occhi del Dio la studiavano soddisfatti: Arianna aveva abbassato le ciglia scure ed era diventata color del vino all’ennesima dettagliata descrizione di quello che Dioniso le aveva ricordato essere successo la notte precedente.
Un sorriso involontario aveva fatto capolino tra i rossori, e subito era stato assaporato dalla bocca di lui, che con inesorabile lentezza ne stava carezzando la consistenza lungo tutto il perimetro.
Affondare tra le sue labbra, inumidirle del suo respiro, mischiare la sua essenza con quella del suo amato, Arianna avrebbe solo voluto essere baciata con trasporto da quel Dio beffardo che la stava a malapena sfiorando, morbido e sornione, leggero come l’aroma fruttato che emanava.
A Dioniso divertivano le reazioni impazienti della sua mortale. Erano sempre piccoli gesti a tradirla, gemiti involontari carichi di desiderio e avvicinamenti impercettibili, richieste implicite ma chiare quanto le acque che il Dio tramutava in vino, alle quali il biondo, per quanto a tratti crudele, non sarebbe potuto restare indifferente.
Divina o mortale, quando sente di appartenersi, la carne si chiama. Impossibile pensare di sottrarsi a quel desiderio smanioso, antico quanto il fuoco di cui bruciano le stelle, potente quanto le forze che le attraggono.
L’istinto faceva da guida mentre le volontà degli sposi si riflettevano inesorabili nei loro tocchi. Erano persi in frenetici giochi di lingue che si rincorrevano, prima tra loro, poi vagavano disperate alla ricerca di altro con cui soddisfare i loro appetiti, mentre le mani accarezzavano, stringevano, avviluppate con la stessa forza delicata dei viticci dei grappoli più succosi,
Erano i morsi di quel Dio ebbro dei suoi seni a farla fremere incessantemente. Un elisir in grado di ottenebrare la ragione e risvegliare i sensi, di natura ben più vecchia del potente succo della vite.
-“Adesso ricordi meglio?” - chiese Dioniso, ma era pura retorica: il Dio non aveva bisogno di sentire nessuna risposta, il nettare caldo e denso di lei che gli scivolava sul sesso rigonfio gli forniva indicazione precisa di ciò che realmente gli importava sapere: Arianna era pronta a farsi amare.
-“Cosa?”- sussurrò lei, troppo presa a bearsi di ogni traccia divina sul suo corpo per formulare altre parole. Si sentiva la saliva di lui sul collo nudo, sui seni voluttuosi, tra le cosce candide. Il suo odore era ovunque addosso a lei, ma non le bastava.
Con uno slancio irruento ma aggraziato, Arianna si divincolò dal petto liscio del Dio per sovvertire i ruoli, per avere quello stesso cuore premuto al suo, ma dalla prospettiva opposta. E di istinto le sue cosce si aprivano larghe, per accogliere ciò che il suo corpo, quanto la sua anima, bramavano.
Era un affondo dolce quanto agognato, lento quanto bastava a farla sciogliere completamente addosso al Dio che reclamava suo, e che la stava richiamando a sé cingendole i fianchi.
Amanti uniti in una ritmica danza ancestrale, scandita da ansimi crescenti. La schiena inarcata della candida Arianna la rendeva, agli occhi di Dioniso, la più lussuriosa delle offerte.
La osservava mentre lo venerava.
Le curve più sinuose brillavano di passione sotto la Luna. Dioniso era naufrago di quel mare mosso che lo sovrastava, e annaspava dolcemente tra le onde, condotto alla deriva, mano nella mano dell’unica donna che avesse mai amato.
Un sorriso involontario aveva fatto capolino tra i rossori, e subito era stato assaporato dalla bocca di lui, che con inesorabile lentezza ne stava carezzando la consistenza lungo tutto il perimetro.
Affondare tra le sue labbra, inumidirle del suo respiro, mischiare la sua essenza con quella del suo amato, Arianna avrebbe solo voluto essere baciata con trasporto da quel Dio beffardo che la stava a malapena sfiorando, morbido e sornione, leggero come l’aroma fruttato che emanava.
A Dioniso divertivano le reazioni impazienti della sua mortale. Erano sempre piccoli gesti a tradirla, gemiti involontari carichi di desiderio e avvicinamenti impercettibili, richieste implicite ma chiare quanto le acque che il Dio tramutava in vino, alle quali il biondo, per quanto a tratti crudele, non sarebbe potuto restare indifferente.
Divina o mortale, quando sente di appartenersi, la carne si chiama. Impossibile pensare di sottrarsi a quel desiderio smanioso, antico quanto il fuoco di cui bruciano le stelle, potente quanto le forze che le attraggono.
L’istinto faceva da guida mentre le volontà degli sposi si riflettevano inesorabili nei loro tocchi. Erano persi in frenetici giochi di lingue che si rincorrevano, prima tra loro, poi vagavano disperate alla ricerca di altro con cui soddisfare i loro appetiti, mentre le mani accarezzavano, stringevano, avviluppate con la stessa forza delicata dei viticci dei grappoli più succosi,
Erano i morsi di quel Dio ebbro dei suoi seni a farla fremere incessantemente. Un elisir in grado di ottenebrare la ragione e risvegliare i sensi, di natura ben più vecchia del potente succo della vite.
-“Adesso ricordi meglio?” - chiese Dioniso, ma era pura retorica: il Dio non aveva bisogno di sentire nessuna risposta, il nettare caldo e denso di lei che gli scivolava sul sesso rigonfio gli forniva indicazione precisa di ciò che realmente gli importava sapere: Arianna era pronta a farsi amare.
-“Cosa?”- sussurrò lei, troppo presa a bearsi di ogni traccia divina sul suo corpo per formulare altre parole. Si sentiva la saliva di lui sul collo nudo, sui seni voluttuosi, tra le cosce candide. Il suo odore era ovunque addosso a lei, ma non le bastava.
Con uno slancio irruento ma aggraziato, Arianna si divincolò dal petto liscio del Dio per sovvertire i ruoli, per avere quello stesso cuore premuto al suo, ma dalla prospettiva opposta. E di istinto le sue cosce si aprivano larghe, per accogliere ciò che il suo corpo, quanto la sua anima, bramavano.
Era un affondo dolce quanto agognato, lento quanto bastava a farla sciogliere completamente addosso al Dio che reclamava suo, e che la stava richiamando a sé cingendole i fianchi.
Amanti uniti in una ritmica danza ancestrale, scandita da ansimi crescenti. La schiena inarcata della candida Arianna la rendeva, agli occhi di Dioniso, la più lussuriosa delle offerte.
La osservava mentre lo venerava.
Le curve più sinuose brillavano di passione sotto la Luna. Dioniso era naufrago di quel mare mosso che lo sovrastava, e annaspava dolcemente tra le onde, condotto alla deriva, mano nella mano dell’unica donna che avesse mai amato.
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