E se….

Scritto da , il 2022-09-08, genere etero

“E se… “
(o “La prima volta”)

“E se poi uno dei due si innamora?!?”


Fu lei a fare quella domanda scomoda, appoggiata al tavolo della cucina; una barriera fisica frapposto tra lei e lui per costringerli a mantenere ancora un po’ di distanza, mentre discutevano di quello che era successo e che stava per succedere.

Pochi giorni prima, infatti, c’era stato quel bacio, improvviso, inaspettato e inevitabile, irrefrenabili, quel saltarsi addosso e respirarsi e incrociare lingue e mani come un assetato che trova l’acqua nel deserto.
Quel bacio, o meglio quei baci sul divano a casa di lei, mentre suo marito era fuori, e lui era stato invitato con la scusa dell’ennesima tisana.

L’elettricità scorreva già da settimane tra loro, tra incontri al parco per praticare yoga insieme, mostre di arte contemporanea, concerti indie con confessione di progetti di fuga nella francia del sud e, appunto, tante tisane e qualche birra a raccontarsi e confidarsi.

E poi eccola l’esplosione, quella prima sera. Il non riuscire a smettere di baciarsi, ed eccola pochi giorni dopo, lei a casa di lui, entrambi con tutto il pomeriggio libero, e una discreta certezza su quel che sarebbe successo…

O, quantomeno, il nuovo completino intimo di pizzo nero che lei indossava sotto i pantaloni di pelle e il maglione over, lasciava presagire che almeno lei avesse una discreta certezza riguardo quello che stava per succedere…

E però prima di spegnere il cervello e lasciar fare all’istinto e ai corpi c’erano quelle cose da dirsi e da definire.

E per come stavano le cose la risposta, abbastanza ovvia, di lui, fu: “Se uno dei due si innamora finisce tutto”.



“Però dobbiamo essere sinceri, dobbiamo dircelo”.

“Ok”.

“Ok.”




“E se ci innamoriamo tutti e due?!?”

Questa era ancora più tosta.



“Beh… se ci innamoriamo tutti e due è diverso, direi che è chiaro che allora…”


pensò lei >
Ma quello non ebbe il coraggio di chiederlo…né di sperare che quella fosse davvero la conclusione della frase.

E poi…e poi di nuovo quei baci irresistibili.

E poi non importa come, quando, perché…poi furono in un lampo sul letto, con i vestiti quasi strappati di dosso, quel completino nuovo nemmeno degnato di uno sguardo.
Furono i baci e le carezze e l’emozione dello scoprirsi del tutto per la prima volta.

Ci furono le mani sulla pelle nuda e la voglia di esplorarsi un millimetro alla volta.

E quando finalmente lei si trovo tra le mani il cazzo di lui, durissimo e fremente, ci fu la conferma di quello che aveva sentito raccontare… il pensiero mentre iniziava a massaggiarlo fu: “Wow, menomale! Qui ci si diverte…”.

E ci fu la prima volta che lui inizio a leccargliela, e lei pensò: “Dio si…finalmente uno che sa cosa sta facendo…così….”
Non ricordava nemmeno da quanto tempo un uomo fosse stato in grado di farla godere così, solo con la bocca.
Ammesso che qualcuno mai fosse stato a quel livello.
Gli avrebbe voluto chiedere di non smettere mai….forse lo fece.

Ma poi ci fu il suo turno di ricambiare, e quando fu lei a prendere il suo cazzo in bocca poté sfogare tutto il suo desiderio e il suo amore per i pompini.
Sapeva di essere brava, e sentiva che lui era piacevolmente sorpreso dalla sensazioni che lei gli stava regalando, e dalla maestria e la dedizione con cui leccava e succhiava e massaggiava e lo prendeva fino in fondo alla gola.

Probabilmente lui pensò che non se lo sarebbe mai aspettato che una donna dall’apparenza così pacata, dolce e mansueta fosse così focosa ed esperta a gestire cazzi con la bocca.
Era proprio quella che si definisce “acqua cheta…” che poi li travolge i ponti!

Sicuro era prossimo ad essere travolto mentre lei gli percorreva tutto il cazzo con la lingua, e poi gli leccava le palle, e poi succhiava cambiando ritmo e intensità solo la punta e poi di nuovo all’improvviso andava giù a prenderlo tutto fino in fondo, e con la lingua da sotto lo solleticava e poi ancora si muoveva avanti e indietro e poi di nuovo calma, dolcemente leccava un millimetro alla volta mentre la saliva colava…

Di nuovo, poi, fu lui a dedicarsi a lei, esplorandola con le dita, prima piano, quasi a chiedere il permesso, con un solo dito che si faceva strada tra le labbra fino a penetrarla in vagina.
Lei mostrò subito di gradire, e di volere di più spingendo il pube verso la sua mano a chiedergli di andare più in fondo, e poi con movimenti circolari del bacino a chiedergli di riempirla ancora di più.
Così dopo poco le dita furono due, e inizió a a farle entrare e uscire velocissime mentre lei mugugnava dal piacere. E poi tre dita vennero accolte facilmente, da tanto era bagnata e vogliosa, e a quel punto lui cambio movimento, e piegate le ultime falangi verso l’alto, andò a stimolarle in profondità e con un ritmo deciso la parete anteriore della vagina, regalandole sensazioni davvero mai provate prima.

Lui sapeva benissimo dove voleva farla arrivare, e difatti dopo un po’ di quel movimento, sentendo che lei c’era quasi ma si bloccava di fronte alla sensazione nuova, le sussurrò all’orecchio: “Lo sai che puoi squirtare così?”

Lei si stupì, sapeva di cosa lui stava parlando ma non pensava che fosse questione di “tecnica” quanto di predisposizione: le uniche due donne “normali” che conoscesse che le avevano confessato di eiaculare durante il sesso lo facevano fin dal primo rapporto o con qualsiasi amante, senza che fosse voluto o provocato.

E quindi la sua ingenua risposta fu: “Non credo di essere in grado…di solito non sono nemmeno così bagnata come ora…”

…ancora non sapeva di sbagliarsi alla grande! Ma per quella volta lui decise di non insistere oltre.

E in ogni caso il primo orgasmo per lei arrivo dopo poco tempo di quella masturbazione così intensa. Potente. Sconcertante. Liberatorio.
Era convinta che dopo T. non avrebbe mai più trovato una persona con cui poteva essere se stessa e godere fino a quel punto, e invece eccola lì ad esplodere, gemere, ad essere travolta ben oltre qualsiasi aspettativa.

Ormai lei non riusciva più a resistere alla voglia di sentirlo dentro di se, e nuovamente sorprendendolo per l’intraprendenza, si giro carponi davanti a lui invitandolo a penetrarla da dietro.

La vista da lì, con la figa bagnata e fremente sotto quel culo così piccolo, sodo e invitante era altrettanto irresistibile, e l’ingresso del suo cazzo fu così irruente da farla sobbalzare: le ci volle qualche momento prima di riuscire a rispondere sincronizzata alla sua spinta, arretrando per accoglierlo ancora più denti di sé.

Non duró molto: era troppo bello e troppo intenso e troppo a lungo forse si erano trattenuti per poterlo fare oltre, e con i fianchi strizzati tra le mani l’orgasmo di lui chiamo subito dopo quello di lei, fino a farli tremare e crollare sul letto.
Lui sapeva che prendeva la pillola perché non voleva figli da suo marito, e poterle venire dentro tranquillamente rese tutto ancora più bello.

Sopraffatta e incredula, dopo un tempo sospeso in ascolto delle sensazioni che l’avevano travolta e che ora dolcemente si placavano, lei commento: “Wow!”

E lui rispose “Già… wow!”



“Quello che mi piace, quando sono con te, è che tutto il resto del mondo sparisce, resta fuori ed esiste solo quello che succede qui dentro”.

“Già, tutti fuori, tutto dentro”.


Per lungo tempo quello fu il piccolo motto che nei messaggi si scambiavano, per ricordarsi di cosa avevano voglia e cosa significava quella loro storia clandestina.


Nel languore del post sesso le mani continuavano a danzare lente e delicate sulla pelle e le carezze prolungavano quella dolcezza che riempiva l’aria.

Ma le carezze sono il primo passo per attivare o riattivare tutti i sensi, e quindi, dopo un po’, dalla dolcezza si passó di nuovo al desiderio; ma potevano ora concedersi la lentezza che si può esplorare solo con l’urgenza già appagata.

Ripresero i baci, e il toccarsi lenti a vicenda tutto il corpo con ancora più curiosità e intimità.

Lui scopri che lei impazziva quando le accarezzava i piedi: dopo poco tremava tutta come se fosse stata nuda nella neve.
Probabilmente avrebbe potuto portarla a raggiungere l’orgasmo anche solo così.

Lei passò interminabili momenti sfiorandogli la pelle nel retro delle ginocchia, all’interno delle cosce, i lati del torace vicino alle ascelle, l’incavo dei gomiti… scoprì che lui vibrava quando gli accarezzava la parte bassa della schiena e disegnava cerchi sui suoi glutei e quando gli graffiava piano la testa.
Poi le carezze reciproche si fecero più spinte, le mani ampie e vogliose. Quando di nuovo si dedicarono ad accarezzarsi e massaggiarsi i genitali, lui - con una certa sorpresa - si ritrovò nuovamente con un’erezione che chiedeva attenzione.

Lei allora salì sopra di lui per prenderlo di nuovo in bocca, girata con la figa sulla sua faccia, e, mentre con dolcezza ricominciava a ciucciare e leccarlo, lui ricambiava con dedizione ed entusiasmo. Lei scoprì, o meglio lui le fece scoprire, che gli piaceva da morire quando gliela premeva di peso su tutta la bocca fin quasi a bloccargli il respiro, e lei di buon grado giocava a costringerlo a leccarla e respirare dentro.
Ad un certo punto si sentì anche abbastanza in confidenza da ordinargli di succhiarle intensamente la clitoride, mentre contemporaneamente faceva lo stesso con la sua cappella, leccandola nel sottovuoto del risucchio.

Da lì allo scivolare ancora più avanti fino a salirgli sul cazzo, dandogli la schiena il passo fu breve.

Questa volta avevano tempo ed energie da spendere diversamente, e quella posizione permise a lei di concentrarsi esclusivamente sul proprio piacere mente lo cavalcava. Sceglieva il ritmo, la profondità, e l’intensità, basculando avanti e indietro il bacino portava la punta del suo cazzo ad accarezzare la cervice da cui partivano scosse di piacere misto a dolore che la mandavano in estasi. E, mentre lui assecondava i suoi movimenti e le stringeva i fianchi, lei con una mano si accarezzava e fregava la clitoride aumentando le fonti e l’intensità di quel piacere.

Prossima a venire di nuovo, decise di girarsi, per giocarsi un’altra carta che sapeva essere vincente: si infilò di nuovo, lentamente, tutto il suo meraviglioso uccello dentro, questa volta guardandolo negli occhi mentre lo faceva, qualche movimento avanti e indietro con l’osso pubico ruotato verso il basso e poi si risollevò. Spingendo con le mani sul materasso staccò le ginocchia, tenne solo i piedi appoggiati al letto e le braccia piegate sotto le proprie cosce per reggere il peso…era insomma uno squat profondo in cui le uniche parti dei loro corpi che si toccavano erano i sessi, che che scivolavano l’uno dentro l’altra rapidamente, continuando a generare onde di piacere. In quella posizione, oltre all’intensità delle sensazioni tutte concentrate in quel contatto tra i loro sessi, era possibile andare su e giù con una velocità molto intensa, e raggiungere una penetrazione molto profonda.
Ignorando il bruciore ai quadricipiti continuó a montarlo a quella velocità forsennata fino a quando non la raggiunse un orgasmo portentoso, che la travolse spostando tutte le sue energie verso l’alto facendola crollate sdraiata sul suo petto.

Lui ancora non era venuto, anche se c’era mancato poco, e l’intensità di quel movimento sul suo cazzo, e l’erotismo di lei che conduceva il gioco alla ricerca solo del proprio piacere, l’avevano pure un po’ sconvolto e travolto. I successivi momenti di pausa, passati solo a respirare l’una sull’altro, con il fiatone e i cuori che piano rallentavano, erano stati altrettanto necessari.

E in quei momenti tutto il mondo fuori sembrava ancora più lontano, o forse sembrava che tutto il mondo che esistesse fosse solo quello lì, dentro quella stanza.

Quando fu pronto a riaprire le danze lui decise che era il momento di prendere il comando, e senza che il suo uccello uscisse da lei, la giró rapido sulla schiena, le prese entrambe le gambe e le porto, stringendole con una mano dietro le caviglie, unite e distese, a frapporsi fra loro due, costringendola poi col peso del suo corpo a reclinarle all’indietro vicino al viso.

Per fortuna era così flessibile! Perché la vista da lì era inebriante: arretrato un attimo poteva ammirare quelle gambe lunghe e quella figa bagnatissima e ancora vogliosa tutta per lui.

Ancora più intensa e profonda la penetrazione, di nuovo a ritmo serrato il suo andare dentro e fuori da lei.

Quella sensazione di essere ora completamente dominata da lui, dal suo peso che la premeva sul materasso, dalle sue mani che la costringevano a tenere le gambe unite e allungate, il non poterlo vedere bene in viso perché aveva le proprie tibie davanti agli occhi, e ancora la profondità pazzesca con cui il suo cazzo affondava dentro di lei, la portarono su un altro pianeta.

Tra gemiti e urla dovette mordersi la lingua per non dirgli “ti amo”.

Beninteso, lì, in quel momento, di amore proprio non era questione, ma quello che il suo cervello urlava era “ti amo per quanto mi stai facendo godere, per quanto sei bravo a fare quello che mi stai facendo, per quanto sono sconvolta da tutte queste sensazioni…ti amo per quanto finalmente mi sento felice di poter scopare ed essere scopata in questo modo, per quanto finalmente sento il mio corpo bellissimo e vivo”.
Ma tenné per sé quei pensieri: in fondo è proprio fuori luogo dire “ti amo” alla prima..ehm…seconda scopata.

E poi tutto quel vulcano di erotismo, di piacere e lussuria per lei esplosero di nuovo, in un orgasmo multiplo pazzesco, che la faceva sussultare e tremare, e il riprendere a contrarsi dalla vagina fino ai piedi e alle mani, con la testa reclinata indietro e ansimi gutturali di piacere, e non riusciva a rallentare un po’ che le convulsioni di piacere riprendevano, o meglio veniva ripresa a sussultare e godere dal suo corpo in estasi.

Lei era un lago straripante, e sentirla così bagnata, eccitata e poi quel pulsare continuo e intenso della figa attorno al suo cazzo, insieme quel fremere di tutto il corpo sotto di lui, solo per merito suo, chiamarono immediatamente anche l’orgasmo di lui, che con potenza e quasi ruggendo si svuotó completamente dentro di lei.

E ora erano davvero stremati e persi ognuno nel proprio universo, abbandonati sul letto, riversi, uno accanto all’altre, senza nemmeno più la forza di muovere un dito.

Ognuno ascoltava: testa, cuore, respiro..pelle…mani, occhi…tutto piano piano tornava ad avere il proprio posto e ruolo, ma ancora erano persi in un eterno presente, come sospeso e congelato.


Quando riuscì di nuovo a parlare, quello che lui disse fu: “Si, tutti fuori e tutto dentro”.

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