Una lunga storia 2

di
genere
incesti

Il pomeriggio al mare finì poco dopo l’arrivo di M, infatti tutti decisero di rincasare per prepararsi per la cena. Durante il breve tragitto dalla spiaggia alla villa, l’uomo non perdeva occasione per stringere la sua compagna, ogni tanto osava anche sfiorandole il seno o il sedere. Nel mentre, D camminava pensierosa. Aveva ancora in mente le parole della sorella, gli sguardi di A sulla spiaggia, forse frutto di una sua suggestione o forse no, ma che comunque si stavano sempre più facendo spazio nella sua mente. Quello strano sentimento, quel senso di eccitazione misto a ribrezzo per i suoi pensieri non la lasciava. Mentre camminava osservava quel ragazzo, davanti a lei, fra la madre ed il padre, che ostentava serenità, ma agli occhi della zia appariva inquieto, come se stesse nascondendo qualcosa. Ad un certo punto si voltò verso di lei, la guardava… Più che guardarla la squadrava, partendo dai piedi, piccoli e curati, per poi risalire piano piano verso l’alto. Le sembrò che addirittura si soffermasse per un attimo sulle sue cosce e sul suo seno. Quando il ragazzo arrivò al suo viso, incrociando il suo sguardo, preso come da un moto naturale, le sorrise. Aveva rallentato il suo andamento, sembra quasi che volesse essere raggiunto dalla donna.Lei, non sapendo per quale ragione, aveva un po’ accelerato la sua andatura andandogli in contro. Anche D lo squadrava dalla testa ai piedi. Lo stava guardando ora con occhi nuovi, non più come se fosse un bambino, ma bensì come un uomo, dai capelli castani un po’ spettinati e dai profondi occhi azzurri. Il suo fisico è vero non era scultorio, anzi tendeva più che altro al magrolino, tanto da dare quasi un’idea di gracile, ma era comunque tonico. Era diventato col crescere più alto di lei e mentre si avvicinava, quella differenza di altezza sembrava sempre maggiore, la faceva sentire sempre più piccola, quasi minuscola… e questo le piaceva, perché dava a quell’esile figura quasi una parvenza di estrema forza nei suoi confronti, come se potesse da un momento all’altro prenderla e sollevarla senza alcuno sforzo. Nonostante non lo volesse ammettere, le piaceva e come questo gioco di sguardi.
Purtroppo quell’avvicinamento venne interrotto dalla madre di D, che prese il giovane sottobraccio e stringendolo stretto per abbracciarlo e coccolarlo un po’, come ogni nonna farebbe col proprio nipote, lo costrinse a riprendere un passo più spedito. In quel momento, D provò quasi un senso di sollievo per non dover affrontare quell’incontro ravvicinato, più che compensato però da un sentimento quasi di delusione, proprio perché si era vista sfumare quell’occasione.
Appena furono nei pressi dell’abitazione, sfruttando il fatto di essere rimasti ultimi ed un po’ più indietro, M afferrò D e le sussurrò:
-“Non so cosa ti sia preso ma spero che non ti sia già passato, non vedo l’ora di avere questo bel culo tutto a mia disposizione”- e nel mentre aveva allungato una mano su una delle natiche, stringendola forte.
-“Ma certo che non ti è passata, guarda questi capezzoli come sono duri. Stasera saranno tutti miei.”- esortì prima di lasciarla e avviarsi anche lui verso la casa.
Era vero, D aveva i capezzoli tremendamente duri, tanto da intravedersi attraverso la stoffa, ma la cosa più che eccitarla la preoccupava, perché quello starno stato di euforia forse non era solo dato dal suo piano di stuzzicare il compagno, che stava dando i primi frutti.
Rientrata nella villa, che comprendeva ben tre piani, la donna si diresse verso uno dei bagni dall’abitazione per lavarsi la salsedine di dosso e preparasi per la sera. Nello specifico, si avviò verso l’unico bagno del secondo piano, dove si trovava anche la sua camera da letto. Sperava che una doccia fredda potesse aiutarla a schiarire le idee e ancora soprappensiero entrò in fretta nella stanza, richiudendo subito la porta dietro di sé. Solo dopo, una volta dentro, si accorse che il bagno che aveva scelto non era libero. Il fatto che la porta fosse aperta, insieme alla sua distrazione, non le avevano infatti fatto notare che l’acqua della doccia stava già scorrendo. Imbarazzata, si girò per tornare indietro chiedendo scusa, ma proprio mentre stava per pronunciare le prime parole, queste le vennero a mancare.
La doccia in questione era una grossa doccia in fondo alla stanza. La parte che dava sul resto del bagno si componeva di una parte in muratura, dietro la quale era presente l’ugello dell’acqua e, dall’altra parte, di una porta a vetro trasparente. Proprio grazie alla trasparenza della porta a vetro e alla posizione dello specchio sopra il lavandino adiacente, insieme ad una buona dose di causalità (o fortuna) per quanto riguarda l’angolazione, D intravide, proprio mentre si stava girando per tornare sui suoi passi, l’immagine della persona dentro la doccia. Proprio lì, riflesso, visto di fianco, comparve la figura di suo nipote A. Era ipnotizzata da quella vista, da quando i suoi occhi l’avevano captata non riusciva più a distoglierli.
Non era tanto il suo fisico ad incantarla, perché come detto il ragazzo si presentava alquanto magrolino e comunque l’aveva visto fino a poco prima in spiaggia, ma bensì qualcos’altro più in basso. Non si poteva non notare quell’asta, in quel momento perpendicolare al suo bacino, era impossibile. Anche un ceco sarebbe riuscito a vederla per quanto era imponente.
“Grosso, molto grosso” era il pensiero che attanagliava la sua mente. Nella sua vita D aveva visto non pochi peni, diciamo che prima del matrimonio si era divertita, ma uno così mai. Rimase incantata su quell’immagine.
All’improvviso, A lentamente si girò, mettendosi proprio con la faccia verso lo specchio, permettendo alla zia di avere una visuale migliore sul tutto. Da lì aveva una vista che le permetteva di esaminare l’oggetto delle sue attenzioni minuziosamente; e fu proprio quello che fece. In quello stato di erezione riusciva a distinguere una lunghezza ragguardevole, probabilmente non eccezionale ma comunque molto più della media e sicuramente più di quella dell’attuale marito, ma soprattutto il diametro. Una circonferenza davvero esagerata, che non aveva mai visto in vita sua. Quel cazzo rappresentava la perfezione. Sì intravedevano le varie vene che lo circondavano, scure e gonfie, che gli davano un aspetto ancor più possente. Era talmente tanto incantata che solo in un secondo momento nella sua testa si palesò il quesito se anche lui, come lei, la potesse vedere. Una vampata di imbarazzo la colpì. Divenne immediatamente rossa, o comunque più di quanto già non era, ma non sapeva perché non riusciva ad andarsene. O meglio, lo sapeva. Ma a breve avrebbe avuto un’ulteriore ragione per restare. Il ragazzo, infatti, lentamente impugnò con la sua mano destra quel palo ed iniziò un ritmico movimento su e giù lungo tutta a sua lunghezza, da prima piano e poi sempre più velocemente. In quel momento M si dimenticò di ogni possibile imbarazzo, della possibilità che la vedesse o del fatto che forse già l’aveva vista ed incollò il suo sguardo su quella scena.
Il movimento era continuo, tutto il corpo del giovane era contratto, al contrario di M che invece sentiva sempre più le gambe cederle. Un familiare calore iniziò a scorrerle in mezzo alle gambe, un bagnato inaspettato iniziò ad impregnare la stoffa del pezzo di sotto del costume. Quella mano che stringeva da parte a parte quella bestia, scendendo fino alla base, tirava la pelle, liberando così un’imponente cappella. Era poco più ampia alla base della circonferenza del resto del pene e a mano a mano che saliva, si riduceva, fino al taglio che si intravedeva in punta. Era di un viola scuro vivido, liscia ed incredibilmente dura. Non faceva altro che comparire e scomparire in quel frenetico movimento. Alla base una folta boscaglia di peli neri faceva capolino, bagnata ed appiattita dall’acqua che continuava a scorrere. Poco sotto facevano capolino due magnifiche palle, piene, anch’esse rigate da alcune piccole vene e ricoperte da una meno folta peluria.
Per un secondo lo sguardo della zia si distolse da quel magnifico pezzo di carne, e, ripercorrendo l’intera figura, finì per arrivare al suo viso. Con un minimo di sollievo, vide che il ragazzo aveva gli occhi chiusi, volti verso il soffitto. Forse non l’aveva vista. Sul volto una smorfia di piacere misto a foga, data dall’energia che metteva nel masturbarsi. Le labbra leggermente aperte facevano intravedere i denti digrignati e piccoli solchi, dati dalla smorfia che in quel momento crucciava quella faccia, segnavano la parte superiore del naso.
Tutta una serie di pensieri accalcavano la mente di D “Mi avrà visto? Ma come fa ad avere un’affare del genere? Giuro che vorrei andarmene…ma non ci riesco. È troppo bello. Guarda quanto è duro. Chissà a cosa pensa? E se mia sorella avesse ragione, se davvero gli piacessi? Forse sta pensando a me, alle mie tette strinte in questo minuscolo costume. Al mio inguine praticamente scoperto, come il mio sedere. Sì, di sicuro sta pensando a quello. Ed è per questo che sei così duro piccolo mio? Ci credo che non riuscivi a giocare a racchetino con quel palo in mezzo alle gambe! Non sai cosa darei per avvicinarmi ancora un po’… no non puoi, è comunque tuo nipote!! Ma guarda quella cappella, bagnata dall’acqua pronta a buttare fuori tutto il suo piacere. E quelle palle, gonfie, chissà quanta sborra avranno dentro. Ma come parlo? Non sono mai stata così volgare! Ma è vero, sono sicura che ne butterà fuori a litri. No, no, non puoi fare questi pensieri. Ora ti giri e te ne vai. E se lui sapesse che sono qui? Se facesse tutto questo per me? Oddio, perché questo pensiero mi procura ancora più piacere. Come sono bagnata, sento quasi le gocce scendermi lungo le cosce. E poi i miei capezzali!! Da quando sono entrata sono più duri che mai. Chi voglio prendere in giro, è inutile mentire a me stessa, se potessi sarei già lì dentro a divertirmi con il mio “piccolo bambino”. Anche se di piccolo io non vedo proprio niente. Guardalo… perché mi eccita così tanto. Oddio non resisto, devo… No, non puoi. Ma sì che posso! E poi metti caso che lui sappia che sono qui, almeno ricambio il suo favore. Perché questa cosa mi eccita ancor di più? Sono veramente una troia…”
Perso ormai ogni freno inibitore, D allungò la sua mano destra verso la sua figa. Nel frattempo con la sinistra si dirigeva verso il seno. Dire che era sorpresa di trovarsi subito così bagnata già dalla stoffa del costume sarebbe stata un’ipocrisia. Non poteva far altro che iniziare anche lei un movimento su e giù con tutta la mano. In questo modo, col suo palmo riusciva a stimolare a pieno il clitoride, che era già turgido. La pratica però durò poco, infatti subito dopo aver iniziato, sentì la necessità di andare più a fondo, facendo passare la sua mano dentro il costume, dove con le dita iniziò a torturare il suo bottoncino. Le passava da prima da destra verso sinistra, per poi dare inizio ad un movimento rotatorio che la portava sempre più verso l’estasi. Il piacere era troppo. Non riusciva più a contenersi. Iniziò a scendere, fino a trovare la loro ultima destinazione, l’interno della sua vagina. Grazie all’abbondante lubrificazione naturale, il suo dito medio ed anulare si fecero facilmente strada in quell’umido e caldo buco. Dopo averlo percorso per pochi centimetri, arrivarono alla meta desiderata e da quel momento l’intera mano iniziò un ritmico movimento che permise alle due dita di accarezzare con un continuo avanti e indietro la parte frontale della cavità, mentre il palmo continuava a torturare il clitoride.
Con l’altra mano aveva scostato la parte superiore del costume, liberando così il suo seno sinistro. Nel farlo aveva volutamente premuto la stoffa contro il capezzolo, che una volta fuori, come una molla, si mise sull’attenti pronto a tutto, procurandole un forte brivido. Inizialmente, strinse forte quella grande mammella, premendo quel turgido spillo che coronava quel ben di Dio. Lo stringere, insieme all’enorme sensibilità della zona, le procurava delle scariche elettriche che le percorrevano tutta la schiena. Il suo sguardo continuava ad essere totalmente perso in quel riflesso. Bramava di essere lì. La sua gola tratteneva a stento i gemiti che avrebbe voluto urlare, ma che, per paura di essere scoperta, tramutava in piccoli mormorii. In fine al culmine di quella che sembrava un eternità, D vide A irrigidirsi e, spingendo il bacino in avanti, liberare uno dietro l’altro densi fiotti di sperma, con un getto tale che arrivavano fino al muro dal lato opposto, emettendo in lieve rantolo che solo lei poteva sentire.
Di colpo, nonostante fosse vicina all’orgasmo, uno spiraglio di ragione la percosse “Devo andarmene subito!“
Così com’era, aprì la porta e di corsa scappò verso la sua stanza, senza curarsi se qualcun’altro potesse vederla. Per fortuna, non passava nessuno in quel momento.
Giunta nella sua stanza, chiuse dietro di sé la porta e, ancora ansimante, si sedette sul bordo del letto lì difronte. Non riusciva ancora a credere a quello che aveva fatto. Non immaginava che potesse spingersi così oltre. Ma soprattutto, che tutto questo potesse piacerle tanto. Che potesse farla bagnare fino a quel punto. Che potesse lasciarla così tremendamente eccitata.
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scritto il
2022-08-09
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