Ti porto via con me

Scritto da , il 2022-06-18, genere saffico

Lisbona, anno del Signore 1644.
Alla corte di re Giovanni IV di Braganza giunge il nuovo nunzio
apostolico del nuovo papa Innocenzo XI. L'incarico del messo papale è quello di tentare di ricucire i rapporti tra la Santa Sede e il sovrano portoghese dopo che quest'ultimo ha proclamato quattro anni prima l'indipendenza staccandosi dalla Corona di Spagna.
Ad accompagnare il cardinale italiano è la sorella, Donna Lilia, da sempre sostenitrice del fratello nella carriera episcopale. Di lei si narra nelle segrete stanze cardinalizie che sia fuggita da un matrimonio infelice per dedicarsi totalmente al fratello.
L'arrivo della primavera portoghese lascia Lilia incantata, al punto che sempre più spesso lascia la capitale e con la carrozza che fa servizio con il sud si avventura a conoscere questo paese.
Lungo la costa atlantica, attraverso Sines, Vilanova de Milfontes,
Portmao e, quando ormai il sole cala sull'oceano, l'arrivo a Faro.
L'alloggio riservato a Lilia è quello all'interno del Convento di Nossa Senhora de Assunção, una stanza modesta ma le sue intenzioni non sono certo quelle di starsene chiusa in questo luogo, sebbene servita e riverita come le si conviene essendo sorella del
Cardinale, la sua è voglia di libertà e fame di conoscere quei posti nuovi fino a farsene inghiottire.
Trascorsa la prima notte praticamente senza chiudere occhio, e per metà passata alla finestra ad inebriarsi del profumo notturno dell'Algarve, Lilia uscì di mattino presto riferendo alla madre superiora che sarebbe stata di ritorno solo per cena.
Con la gonna di damascato color panna e disegni in tinta con balza
di velluto nero e alto merletto in macramè' bianco, di velluto nero pure l'abito, con merletti in puro cotone bianco alle maniche e a cingerle il collo, già impreziosito da una fila di perle, ed un mantello che dalle spalle le scendeva fluttuando fino a terra in uno strascico, con tutta la grazia di una gran dama. Lilia iniziò a percorrere
la prima stradina che dalla piazza del convento scendeva verso il mare.
Il bianco delle case, alcune delle quali decorate con azulejos, l'odore della zagara nelle narici ed il blu cobalto dell'oceano sullo sfondo, la cattedrale, dai locali chiamata Igreja da Sè, ma che Lilia quasi non degna di uno sguardo, come se di luoghi religiosi non voglia più saperne, almeno fino al ritiro serale dentro
il convento. I pochi passanti, quasi tutti uomini, che la osservano con sguardo severo, quasi nessuna donna, fatta eccezione per alcune anziane.
Giunta sulla via che lambisce il mare rimane impressionata dalla falesia che sembra sorreggere la cittadina, la grande spiaggia sabbiosa sotto di essa ed una figura femminile che passeggia da sola sul bagnasciuga, scena insolita, visto che ogni donna sembrava essere scomparsa. La sua curiosità da gatta la porta a scendere sulla spiaggia per osservare la donna più da vicino, sembra giovane a giudicare dai lunghi capelli neri che il vento di mare pare quasi volerle strappare. Seduta su uno scoglio Lilia non smette di guardarla, la ragazza passeggia a capo chino tenendo sollevata
la lunga gonna, sembra pensierosa. Ad un tratto, come se il vento le abbia sussurrato che qualcuno la sta osservando, la ragazza alza la testa notando la donna seduta sullo scoglio, Lilia le fa un cenno di saluto sollevando un braccio, gesto che la ragazza raccoglie come un invito ad avvicinarsi, e così fa:
Con un portoghese più che zoppicante Lilia da il buongiorno alla giovane che, per tutta risposta, glielo ricambia in un modo altrettanto scolastico, con in più un marcato accento che a Lilia è familiare ma, non essendone del tutto sicura, prosegue in portoghese:
"Vocè nào parece portuguesa senhorita"
"Eu sou italiana senhora e meu nome è' Valeria Durazzo"
Lilia scoppia a ridere mentre Valeria la guarda chiedendosi il perchè di quella risata:
"Vogliate perdonarmi signorina, ma essendo italiana anche io trovo che il nostro incontro su una spiaggia deserta in fondo alle terre cristiane è un gioco del destino molto divertente, e comunque io sono Lilia Sibilla"
E mentre il viso di Valeria si illumina le mani delle due donne si sfiorano per stringersi quel tanto che basta alla formalità del saluto, oltre che a dare a Lilia il modo di aiutare la ragazza a sedersi accanto a lei.
"Lilia Sibilla, avete un bellissimo nome signora, sembra uscito da
una fiaba, così come del resto voi".
A quelle ultime parole il cuore di Lilia ha un sussulto, l'essere considerata un'apparizione la emoziona e la diverte allo stesso tempo, e inoltre, ogni volta che i suoi occhi incrociano quelli di Valeria quei battiti di cuore aumentano, emozione che cerca di dissimulare con un tono scherzoso:
"Bene, ragion per cui vi sarei grata se non mi chiamaste più signora, io per voi sono Lilia, altrimenti come vi sono apparsa, così scomparirò".
Questa volta è Valeria a ridere e ad annuire tendendo la mano a Lilia, come a suggellare che tra le due donne anche il secondo diaframma era caduto, solo che, a differenza della prima volta, le loro mani non si lasciano.
"Permettetemi una domanda Valeria, cosa ci fate sola quaggiù?"
"Sono la figlia di Battista Durazzo, mercante genovese con fondaco nella città spagnola di Salucàr de Barrameda e sono in fuga da lui e dalla sua volontà di darmi in sposa ad un turco, capite Lilia? UN TURCO".
E' in quel momento che Lilia capisce il motivo del suo gironzolare a capo chino su quella spiaggia alla fine della Terra, le viene spontaneo abbracciarla, essendo essa stessa memore di un matrimonio infelice, al punto da lasciarsi
scappare una frase da cui non sarebbe mai più tornata indietro:
"Vi prometto che non sposerete nessuno che meriti davvero il vostro amore mia giovane amica, dovessi arrivare perfino a sua Santità".
Valeria si scioglie da quell'abbraccio per guardare Lilia negli occhi e con stupore si chiede chi mai possa essere se, addirittura capace di arrivare a papa Innocenzo, ma poi torna ad abbracciare la sua nuova amica, sia chi sia, è la prima anima che in pochi attimi le ha regalato più calore di quello avuto in anni.
"Quindi non avendo nessun luogo dove alloggiare vi converrà seguirmi affinchè vi possa presentare alla madre che dirige il convento dove io stessa sono ospite"
Avviatesi l'una di fianco all'altra lungo la stradina che sale verso il convento le possiamo vedere mentre dialogano, e come sempre più spesso Lilia passi un braccio intorno alla vita di Valeria come a rassicurarla.
Giunte al portale del convento Lilia sbatte tre volte lo spesso anello in ferro, una minuscola monaca dai tratti delle genti del nuovo mondo apre per poi accompagnarle silenziosa dalla superiora.
Non ci vuole molto a Lilia per convincere l'austera religiosa a dare cibo e alloggio ad una una giovane senza riparo e, dopo che la ragazza ha ringraziato con un lieve inchino, la suorina india la accompagna alla stanza, nel cui letto Valeria, dopo aver posato la sua sacca, crolla esausta con ancora tutte le vesti addosso senza nemmeno chiudere la porta, cosa questa che fa Lilia, ma non prima di essersi soffermata a guardare la sua giovane amica con un misto di senso materno e qualcosa d'altro a cui non sa dare spiegazione, come un'attrazione fisica che però lei cerca di scacciare dalla mente. Una volta richiusa la porta, Lilia attraversando
poche decine di metri lungo il chiostro raggiunge la sua stanza, e sebbene non sia ancora suonata la campana di mezzodì, lei stessa si distende sul letto ripensando a quella ragazza in fuga, alla promessa fattale e a come poterla aiutare. Passano solo alcuni istanti e con uno scatto salta giù dal
letto afferrando una carta da scrittura, si siede al tavolino e dopo aver intinto la penna nel calamaio inizia a scrivere le prime parole:
"Eminente Fratello mio, mi accade di aver conosciuta una giovane genovese di nome Valeria Durazzo, che si dice abile di esser fantesca, costei è in buona salute, non maritata, e al mio buon occhio, che Voi ben conoscete, parrebbe perfetta per darmi sollievo et grande aiuto ne li mestieri di casa. Al terminare della mia visita in
quel di Faro sarò lieta di presentarvela. Vostra sorella Lilia".
Una volta sigillata la lettera con la ceralacca Lilia la consegna alla suorina india pregandola di spedirla con il primo corriere a cavallo diretto a Lisbona.
Si siede poi sul letto meditando su quel gesto così impulsivo, ma è un pensiero che passa in un attimo, d'altronde sarà Valeria a decidere se accettare la sua proposta e seguirla a Lisbona, e magari anche a Roma quando la missione del Cardinal fratello sarà giunta al termine. Un sorriso le illumina il viso al solo pensiero di darle una vita migliore nella sua casa e, l'impazienza di comunicare
a Valeria il suo proposito prende il sopravvento.
Lilia esce dalla sua stanza per raggiungere quella della sua amica, prova a bussare sperando che Valeria sia già sveglia, ed infatti la voce della ragazza glie ne da conferma:
"Chi è'?"
"Valeria sono Lilia"
"Entrate pure Lilia"
La ragazza è immersa nella tinozza in legno, la suorina india la sta aiutando nel versarle acqua calda e a passarle un lenzuolo con cui asciugarsi, Lilia rimane incantata a guardarla mentre Valeria si alza nuda nell'atto di coprirsi e congedando con un sorriso la monaca:
"Grazie suor Mirabela, posso fare da sola adesso, potete andare".
"Lilia non vi sarò mai grata abbastanza per avermi offerto rifugio qui".
"Valeria non datevi pena per questo, sono felice di darvi aiuto mia cara ragazza, ma vi pregherei di pensare bene all'idea di non tornare da vostro padre".
"Lilia è da quando sono fuggita che ci penso, ma tornare equivarrebbe a sposare un uomo dell'età di mio padre, maomettano e con già mezza dozzina di mogli, meglio morta piuttosto".
"Ma perchè vostro padre vorrebbe vorrebbe infliggervi un destino del genere?'
"Perchè è il suo miglior socio di affari e perchè si è messo in testa di partire per Smirne ad aprir negozio nella Grande Porta, e io per lui sono come spezie, canna da zucchero e tabacco".
Quell'ultima frase la ragazza la pronuncia sedendosi sul letto affranta, e a Lilia viene spontaneo sedersi accanto a lei stringendola a sè.
"Ora vi prego di ascoltarmi mia giovane amica, ho appena vergato
e spedito una lettera ad una persona importante e che per grazia di
Dio ha il mio stesso sangue, ebbene, ho fatto sapere a lui che al mio ritorno a Lisbona...insomma, sì vorrei che voi veniste con me, sempre che voi siate d'accordo.."
Il viso di Valeria sembra illuminarsi e nel abbracciare Lilia, al colmo della gioia, lascia cadere il lembo di lenzuolo che le copre il seno.
"Ditemi Lilia, voi siete un angelo, vero'?
"E se fossimo invece l'una l'angelo dell'altra mia cara ragazza..?
Sù sù rivestitevi ora che il sole è ancora alto e fare le pigrotte nella stanza di un convento non si addice alla mia natura".
Una volta fuori dall'istituto le due donne prendono la direzione delle mura arabe che cingono Faro, là dove l'oceano si spalanca davanti agli occhi provocando brividi per la sua vastità e per la forza con cui viene a infrangersi contro la falesia.
"Avete mai visto qualcosa di più bello Lilia?"
"Si Valeria, ho visto cose molto belle nella mia vita, ma sempre da
sola o insieme a persone verso le quali provavo indifferenza, ora non è così, con voi accanto a me questo posto mi fa quasi piangere di gioia".
A quelle parole Valeria distoglie lo sguardo dall'oceano per voltarsi verso Lilia, le prende le mani tra le sue dicendole che una cosa così non gliel'aveva mai detta nessuno prima d'ora. Come a volerle dare conferma di quell'emozione Lilia porta una mano dell'amica in mezzo ai seni per farle sentire il cuore.
"Quindi non è l'oceano mare che vi causa tutto ciò..."
"No mia giovane amica, il mio cuore batte forte di questa maniera ogni volta che mi siete vicina..fin dal momento che vi siete seduta sullo scoglio con me..è come se..."
Senza nemmeno farle finire la frase, le labbra di Valeria si poggiano
delicate su quelle di Lilia, come a saggiare le sue intenzioni, e se davvero le parole da lei appena dette avessero quel significato, quindi non di trasporto materno ma di vera attrazione fisica e innamoramento...il respiro di entrambe che si fa più corto, le labbra di Lilia che sembravano non aspettare altro si dischiudono e rispondono al bacio, le lingue che si sfiorano fino ad assaggiarsi lente ed un sapore di nuovo e pulito nella bocca che le pervade fin dentro l'anima, mentre l'emozione di quel momento inumidisce gli occhi di entrambe e fa battere come impazziti i loro cuori, perfino il rumore del mare sembra sparito, come se lo stesso oceano si sia placato per non disturbare la magia di quell'istante.
Staccatesi per un attimo rimangono in silenzio a guardarsi accarezzandosi il viso, quasi incredule che stia accadendo davvero:
"Dei tanti baci che ho ricevuto, quelli desiderati o quelli rubati contro la mia volontà, questo con voi è l'unico che vorrei non terminasse più Lilia.. "
Lilia dopo averle accarezzato il viso le sorride divertita:
"Vi faccio solo notare che siete stata voi a baciare me mia dolce amica, ma mai bacio è stato più desiderato..."
L'una allacciata ai fianchi dell'altra riprendono a baciarsi sempre più con una passione tale da far loro dimenticare di poter essere viste da occhi altrui, e perchè esistono impulsi che è impossibile frenare, soprattutto quando è il cuore ad offuscare la mente.
Il sole cala sull'orizzonte quando mano nella mano le due donne percorrono a ritroso la strada che le riporterà al convento, lasciandosi le mani solo quando qualcuno incrocia il loro cammino per riallacciarsi ed intrecciare le dita appena sole e senza estranei intorno.
Una volta giunte al portone tre colpi di battente e suor Mirabela ad aprir loro l'ingresso e raccomandarsi di raggiungere il refettorio dove la cena sta per essere distribuita. Entrate nella grande sala, una platea di tavole lunghe già imbandite e un via vai di monache sbucate da ogni angolo del convento, alcune delle quali le osservano incuriosite ma con sguardo severo.
Accomodatesi al tavolo l'una di fianco all'altra Lilia e Valeria vengono servite quasi subito da una monaca vestita di bianco, due consorelle reggono la grande pentola fumante mentre lei, con un mestolo, versa loro minestra di verdura.
Ma non è di cibo che le due amiche hanno bisogno, la loro presenza in quella sala è di sola formalità, un mostrare alla comunità religiosa che le ospita la condivisione del pane, il pensiero di entrambe corre a quel bacio meraviglioso
davanti all'oceano, se lo dicono con gli occhi ogni volta che si scambiano uno sguardo, e lo dice lo sfiorarsi dei loro piedi sotto la tavola, il nutrimento di cui sentono il bisogno è quello di continuare ad esplorare quelle sensazioni provate sulle mura.
Al termine del loro pasto e dopo aver salutato le monache a loro vicine ,Lilia e Valeria si alzano da tavola dirigendosi verso la scala che porta al chiostro e da lì alle camere, Valeria accenna ad infilare la chiave nella toppa della sua, ma il suo sguardo è solo per Lilia e per il cenno che da lei attende non appena nessuno
possa vederle chiudersi in camera da sole, cosa quest'ultima proibita all'interno di ogni istituto religioso, sia a monaci che a ospiti laici. Ricevuto il segnale di via libera da Lilia la ragazza scivola a passi leggeri verso la camera dell'amica, e una volta chiuse dentro sono di nuovo le loro bocche ad incontrarsi, è l'urgenza
di ritrovare quel sapore dolcissimo e quel tamburo impazzito dentro il petto, è il sentirsi inebriate l'una dell'odore dell'altra, ad una ad una e vicendevolmente iniziano a slacciarsi le loro vesti, via le lunghe gonne, via le camiciole ed i corsetti, fino a ritrovarsi incantate a guardarsi i seni, le dita dell'una a sfiorare i capezzoli
dell'altra, e poi ancora ad unire le loro labbra, perchè sono quei baci e quel gioco di lingue a metterle in contatto l'una con l'anima dell'altra, baci che non si fermano alle labbra, ed è Valeria a scendere sul seno di Lilia e a baciarle i due bottoncini
ritti e carnosi, le sue mani sotto le coppe di quei due seni maturi, chissà da quanto orfani di baci...e poi più giù lungo il ventre per fermare il viso sulle candide mutande di cotone delle Fiandre, ad occhi socchiusi la ragazza si inebria di quell'odore
così simile al suo e, sciogliendo la fettuccia che le ferma alla vita di Lilia, gliele sfila baciando ogni centimetro delle gambe, fino ai piedi dell'amica, che riempie di baci anch'essi scoprendosi irresistibilmente attratta dall'odore afrodisiaco che emanano, le bacia ognuna delle dita per poi ritornare più su, lì dove il fiore
umido sembra quasi reclamare la sua parte, ed è su quelle labbra appena schiuse che la bocca di Valeria si posa, contatto questo che strappa a Lilia un gemito subito soffocato, la ragazza ne saggia il sapore con la punta della lingua per poi penetrarla fino a lasciarsi avvolgere dalle pareti calde che iniziano a contrarsi, è come un piccolo e morbido aratro che solca qualcosa di magico
e mai provato quella lingua, come è magia regalare piacere ad un'altra donna sentendosi come specchiata in lei, e come lei sapere quanto sconosciuto sia il piacere dato da un'altra persona, il piacere di donarsi a qualcuno e di farlo con tutto l'amore che ti sta esplodendo nel cuore, perchè è così che Valeria si sente, innamorata di quest'angelo dalle sembianze di donna che il fato ha messo sul suo cammino, sapendo dentro se stessa che non la lascerà mai più.

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