La storia di Carla 3^ parte

Scritto da , il 2012-05-17, genere tradimenti

Carla Folli, si massaggiò le tempie e chiuse gli occhi cercando un po’ di sollievo dalla stanchezza e da un leggero ma di testa. Dopo qualche secondo, quasi a voler accentuare quel raro momento di relax, si abbandonò sullo schienale della sedia del suo ufficio e respirò profondamente. “Aaaah, come vorrei essere a casa immersa nella vasca da bagno e circondata dalla schiuma!” pensò Carla. Il trillo del telefono sulla sua scrivania ruppe l’incantesimo, Carla frustrata sollevò la cornetta :“Si Ingegner Leon?””Carla, mi serve il resoconto sulle vendite dell’ultimo mese redatto dal direttore commerciale, tradotto in Inglese; se ne occupa Lei?” chiese l’uomo.”Si direttore, certamente…me ne occupo subito” rispose Carla. La donna quasi sbattè giù l’apparecchio adirata per dover passare a lavorare l’ennesima sera in ufficio. L’occasione che un mese prima le aveva dato il presidente era di quelle da non farsi scappare, ma i suoi orari e carichi di lavoro erano cresciuti progressivamente non lasciandole un minuto libero. In più, la collaborazione con il nuovo direttore generale, l’Ing. Leon ,si era dimostrata molto peggio di quanto Carla avesse immaginato: il suo nuovo capo, che le si era presentato niente meno che con un baciamano non era per niente tenero e ancora meno prodigo di complimenti ed apprezzamenti per il suo lavoro. Quando si trovavano insieme, le risposte dell’uomo erano fredde e distaccate, quasi robotiche, tanto dal farle sempre più considerare di essere di non godere minimamente della sua stima nonostante il grande impegno profuso giorno dopo giorno. Stancamente, Carla riprese in mano la cornetta e compose il numero di casa. Dopo qualche squillo sentì la voce del marito, Carlo:”Si pronto?””Ciao, sono io. Purtroppo sono bloccata qui anche stasera.” disse Carla. “Ma, non è possibile! Ancora???! Ma quello non ce l‘ha una vita?”.
“Franco, lo sai che per me è importante questo incarico. Credi che sia contenta a non tornare a casa e stare con te??”.”Lo so, lo so”si affrettò a ribattere Franco quasi a volersi scusare. “E’ solo che mi manchi…” “ E tu manchi a me…ti amo, ma ora devo mettere giù, ciao caro” “Ciao Carla”. La donna si sentiva in colpa, ovviamente per il fatto di passare così tante sere fuori ,ma ancor di più perché così non era costretta a passare le notti con il marito. La sua insoddisfazione sessuale dovuta all’avere un marito mini dotato non era certo diminuita, ma per lo meno concentrarsi sul lavoro le faceva impegnare la mente su qualcos’altro. Facendo l’ennesimo profondo respiro Carla si dedicò alla sua traduzione.
L’indomani ,a metà mattina Carla era nell’ampio ufficio del suo capo il quale stava rileggendo la traduzione fatta dalla donna la sera prima. Dopo qualche minuto, in cui a Carla parve di essere cucinata sulla graticola , l’uomo commentò :“Carla, ieri sera era stanca?””A dire il vero un po’ si direttore, ho terminato alle 21.00. Perché me lo chiede?”” Se questo deve essere il livello del suo lavoro alla sera, tanto vale che se ne vada a casa…” commentò gelidamente. A Carla veniva quasi da piangere, per l’ennesima dimostrazione di durezza e mancanza di rispetto del capo. Stava quasi per esplodere, indecisa se piangere o rispondergli per le rime quando nell’ufficio si affacciò Clelia Giorgi, la moglie del Presidente, l’unico azionista italiano della società.:“Buongiorno Leon, mi sa dire dove si trova mio marito?” domandò diretta la donna senza nemmeno guardare Carla, per lei pressoché inesistente. “Buongiorno sig.ra Giorgi come sta?” rispose Cédric in tono finto cordiale.
“Le ho chiesto se sa dov’è mio marito” taglio corto la donna. Cédric guardandola con occhi di ghiaccio esclamò “Ho capito, comunque non lo so Signora” scandendo l’ultima parola in modo da farla diventare del tutto ironico. Clelia Giorgi lo fulminò con gli occhi e fece per andarsene. Carla, che non l’aveva mai trovata simpatica e questa circostanza non faceva che confermare la sua abituale impressione, almeno trovò in lei un’alleata inaspettata nel “combattere” i modi di Cédric. La donna aveva una naturale eleganza che si univa ad una grande raffinatezza e gusto nel vestire. Aveva 42 anni, ma ne dimostrava dieci di meno: i capelli erano tagliati corti ed erano di un nero corvino a parte un ciuffo bianco che le partiva dalla fronte e ricadeva sulla destra. Il naso era leggermente aquilino, la bocca di un lieve rosa con labbra sottili, un paio di grandi occhi azzurri risaltavano sul viso;il corpo era sottile e tonico, cosa non da stupire essendo una fanatica del fitness e della linea. “Ho saputo del risultato dell’ultimo mese, vedo che è partito alla grande, Ingegnere…” esclamò la donna; in effetti le vendite nel primo mese di Cédric erano calate. L’uomo, sembrava quasi aver voglia di strappare il suo bel completo e fare a pezzi la cravatta per la rabbia, ma si limitò a sire “Arrivederci”. La donna nemmeno rispose e uscì. Carla era rimasta gelata, poiché se già tutti sapevano della naturale antipatia tra i due, non pensava fossero addirittura a quel livello. “Ho trovato qualcuno che non lo sopporta più di me” pensò Carla amaramente. La donna non poteva negare il fascino dell’uomo: alto con ampie spalle ,aveva la pelle di un nocciola scuro con lineamenti regolari che quasi non sembravano di un uomo di colore. “Allora Carla, sta dormendo?” sussultò Cédric “No, no ingegnere…” l’incantesimo si era già rotto.
La sera verso le 20.00 Carla era ancora nel suo ufficio. Leon l’aveva bloccata un’altra volta al lavoro per terminare una relazione. Ad un tratto si rese conto che le mancavano alcuni dati, per cui chiamo il capo al telefono, ma l’uomo nel suo ufficio non rispondeva. Sicura della presenza del dirigente in ufficio si alzò dalla sedia e si incamminò nel corridoio che portava agli uffici direttivi. Non c’era più nessuno, a quell’ora era normale, ma con sua grande sorpresa non trovò effettivamente nessuno nell’ufficio di Cédric. “Che sia andato via? Ma no, me l’avrebbe detto” meditò Carla. Ad un tratto fu attirata da una luce che fioca trapelava dall’ufficio in fondo quello del presidente. “Possibile che il presidente si ancora qui?” pensò “da quello che so è in trasferta di lavoro negli Stati Uniti”. Carla si decise a controllare, perché poteva essere che qualcuno avesse lasciato accesa la luce. A una decina di metri dalla porta di legno massiccio dell’ufficio del presidente sentì un grido provenire dall’interno :un grido femminile, ne era sicura. Spaventata e curiosa al tempo stesso si avvicinò rapidamente alla porta, ma più per prudenza che per paura non la aprì , ma avvicinò l’occhio destro alla serratura poiché la porta non era chiusa a chiave.
Rimase sbigottita dalla scena che osservò: Clelia Giorgi era inginocchiata al centro dell’ampia stanza. Indossava ancora le scarpe col tacco, ma si era tolta la gonna e le gambe erano fasciate da delle calze nere rette da un reggicalze, non aveva le mutandine; la camicetta di seta blu, dopo che la giacca del tailleur era stata posata sulla scrivania del marito, era totalmente aperta sul davanti scoprendo in parte un seno piccolo e turgido con un capezzolo particolarmente appuntito. In piedi davanti a lei stava Cédric Leon, con la parte superiore del suo completo ancora indosso, ma con i calzoni abbassati sulle calze. “Porta gli slip, avrei detto boxer” pensò Carla. “Ma cosa sto dicendo, dovrei andarmene altro che”. La donna però non riusciva a staccarsi dalla scena quasi ipnotizzata. In più ciò che attirò ancor più la sua attenzione fu la dimensione del “bozzo” che creavano gli slip di colore grigio di Cédric. “Ma quello si mette il cotone!”, pensò Carla “che sfigato…”. Il fiato le si mozzò in gola quando Clelia abilmente prese gli slip hai fianchi e li tirò giù: le si parò davanti una specie di proboscide che partiva da in mezzo alle gambe. Sorridendo Clelia prese il grosso cazzo di Cédric e cominciò a segarlo. Carla rimase pietrificata e la prima cosa che le venne in mente fu che da moscia la verga di Cédric era più lunga e grossa del cazzo di suo marito in piena erezione. Ma il suo stupore fu ancora più grande quando dopo qualche secondo la sega di Clelia produsse i suoi effetti e il cazzo di Cédric svettò in tutta la sua maestosità. La moglie del presidente con grande abilità cominciò a leccargli le palle grosse come arance una alla volta e risalì con la lingua lungo l’asta dell’uomo di colore; arrivata alla grossa cappella la ingoiò non senza fatica e si ficcò in gola la maggior parte di cazzo che poteva. Cédric, sorridendo beato, quasi non si accorse che Clelia a causa dell’enorme nerchia che si era fraccata in gola, quasi stava soffocando. “Tutto bene, tesoro?” chiese l’uomo d’un tratto preoccupato “Si, si” rispose Clelia, tossendo e sputando” Ma preferirei il tuo cazzone nella fica”. “La accontento subito, Signora” disse Cédric sorridendo e sfilandosi la giacca per poi buttarla per terra. Con grande possenza sollevò Clelia per i fianchi che si aggrappò all’uomo a cavalcioni ancora leggermente intontita per aver ingoiato una buona parte dell’asta di Cédric, il quale alzando con un solo braccio la donna tanto da riuscire a guardarla negli occhi, con l’alta mano avvicinò il suo mostro alla fica della donna. Quando entrò, prima lentamente, poi più velocemente fino ad arrivare a metà, la donna cacciò un forte urlo, di dolore misto a piacere. Carla pensò shoccata che una simile forza l’avrebbe uccisa, ma la donna mostrò una grande resistenza. Ad ogni colpo di reni di Cedric, la donna aggrappata a lui urlava ed emetteva suoni sconnessi “ohhhhhh…” “ghhhhh…” “Allora..ti piace?” chiese con compiacimento l’uomo “Mi stai sfondando!” ribatté la donna “Non ti fermare!”…”magari mio marito ce l’avesse così; mi arriva così dentro e mi riempie così tanto!”. Carla, sollevando la testa dal buco della serratura, si rimise in posizione eretta. Non sapeva cosa fare e quasi inconsciamente barcollò lungo il corridoio allontanandosi dall’ufficio del presidente.
Le grida e i gemiti di Clelia erano ancora perfettamente vivi tanto che qualche volta sembravano crescere di intensità. Arrivò al suo ufficio e quasi crollando sulla sedia, pensò di spegnere il computer e tornarsene a casa. Stava per cominciare a prendere le sue cose, quando si accorse che le mutandine le davano un po’ fastidio; abbassò la mano e infilandola nelle mutandine sentì chiaramente quanto si fosse bagnata. Con una strana sensazione addosso, chiuse gli occhi si adagiò sullo schienale della sedia, si tirò su la gonna del tailleur e divaricò le gambe. Cominciò a masturbarsi, prima lentamente con un solo dito, poi infilandosi quattro dita con gesti sempre più sincopati. La sua mente ritornava all’enorme bastone nero di Cédric…” deve averlo almeno di 25 cm, ma probabilmente sono di più…” pensò. Dopo qualche minuto si riassettò, ordinò le proprie cose, prese la borsa e il soprabito e si avviò verso l’uscita. Era quasi arrivata all’ascensore, quando un urlo acuto e prolungato le gelò il sangue. Ovviamente sapeva da dove veniva e chi l’aveva emesso: rimase qualche secondo ferma, indecisa se andarsene o dirigersi verso l’ufficio del presidente. Alla fine la curiosità prevalse sulla discrezione: Carla girò i tacchi e si diresse a passo veloce in direzione opposta. Arrivata di fronte alla porta abbassò subito gli occhi all’altezza della serratura: Clelia era messa a 90 gradi con il seno appoggiato sulla grande scrivania di legno del marito, gli occhi quasi ridotti a due fessure, le mani stringevano il filo attorcigliato della cornetta del telefono. Cédric era in piedi dietro di lei, la prima parte del suo cazzo dentro il culo della donna, il cui buco appariva esageratamente e quasi innaturalmente dilatato. Il membro entrò di qualche centimetro e la donna urlò ancora. “basta! Non ce la faccio più, è troppo grosso!” gridò la donna, quasi ridotta alle lacrime. Quasi sbuffando Cédric estrasse il suo mostro di ebano e lo infilò nella vagina accogliente di Clelia. “Siiiiii…” disse ella “scopami!”. Il possente francese cominciò a pomparla, prima piano poi sempre più forte fino a che , quasi rantolando, esclamò : “Sto per venire!” “Tiralo fuori!” disse Lei, ma Cédric in presa all’estasi eiaculò, riversando una quantità enorme di sperma dentro la donna. Entrambi grondanti di sudore si abbandonarono sul tavolo, Cédric con il cazzo ancora in tiro e ricoperto di sperma e Clelia ansimante che disse: “mi hai distrutto il culo…” “…mi hai anche sborrato dentro, speriamo bene…”. Al di qua della porta Carla si rese contro che fosse arrivato il momento di andarsene e si diresse di gran fretta verso l’uscita, non senza accorgersi di essersi bagnata nuovamente.
L’indomani mattina, dopo una notte passata tra l’evitare un rapporto lampo con suo marito e rievocare ciò che l’aveva sconvolta ed eccitata allo stesso tempo si trovava intorno alle 10.00 nell’ufficio del direttore finanziario. Stavano discutendo la provenienza di alcune fatture, quando si sentì bussare alla porta “E’ premesso?” chiese una voce femminile del tutto familiare “Avanti!” disse l’uomo. Nella stanza entrò Clelia Giorgi, elegantissima come sempre con una collana di perle intorno al collo “si accomodi pure sig. ra Giorgi”.La donna si avvicinò alla sedia davanti alla scrivana con passo molto incerto, quasi claudicante senza nascondere una smorfia di colore che attraversò il suo viso “che le è successo?”.”Purtroppo mi sono stirata la schiena facendo palestra ieri sera”” Mi dispiace!””Tutta questa attività fisica, ne vale la pena?” chiese l’uomo seriamente preoccupato “Direi di si” rispose Clelia a cui si dipinse un sorriso sulle labbra.
CONTINUA

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