Laura: io bruttina intervistata da Storie in diretta.

Scritto da , il 2021-10-05, genere interviste

Buon giorno, sono la nota giornalista Ivana Sereni, della testata che ha fatto scandalo tra i benpensanti e però seguita da tutti coloro che amano la verità della vita vissuta. Vite comuni, ma ciascuna con un risvolto inaspettato e spesso piccante.
Oggi intervistiamo Laura, sposata, 42 anni, di cui tacciamo il cognome e altre generalità, per garantire a lei e ai nostri lettori un contenuto libero e intimo che solo l’anonimato permette.
D.: Laura, ti definisci “bruttina”, vuoi spiegarci perché?
L.: si certo. La risposta è: perché lo sono! Heeheheh certo la bellezza è una classica definizione sfuggente, che ha molte caratteristiche soggettive. C’ è il famoso “brutto che piace” , inteso anche al femminile. C’è che ogni scarrafone è bello a mamma sua, o chi si somiglia si piglia o anche l’amore è cieco. Infatti mi sono sposata e prima ho avuto molti ragazzi e fidanzati.
Ma parliamoci chiaro, sono brutta. Ho un fisico un po’ massiccio, sempre stata sovrappeso, ho il seno piccolo, un viso che certo non rimane impresso per la sua sensualità. Anonima direi, dal punto di vista fisico.
D.: sei molto sincera con te stessa. Questo è ammirevole in un certo senso, una consapevolezza che è raro trovare in molte donne, una totale mancanza di ipocrisia. Anche se questo tuo giudizio realistico ha il risvolto della consapevolezza che hai una grande capacità di attirare i maschi. Anche questo lo vivi senza ipocrisie e tabù.
L.: certo, questo è il motivo stesso per cui hai voluto che raccontassi la mia piccola e insignificante storia. Ragazze, donne, se ho conquistato io fidanzati e marito (al momento uno solo ma mai dire mai!) potete farlo tutte. Il mio messaggio è: la bellezza è nella nostra testa, quella che conta, non nelle fattezze o nelle apparenze.
D,: bellissima dichiarazione Laura. Vuoi spiegarci come hai raggiunto questa consapevolezza?
L.: volentieri. Sin da ragazzina vedevo che i ragazzi quando ero presente io, praticamente mi consideravano una di loro. Appena c’era qualche altra compagna di classe o amica, invece, cambiavano, iniziavano a comportarsi come cretini, scattavano gelosie, invidie, rivalità. Ovviamente le altre riceveva o proposte e attenzioni che a me non toccavano.
A me erano riservate al più delle confidenze sugli insuccessi e le delusioni, sugli innamoramenti, richieste di aiuto per conquistare qualcun’ altra.
Ma presto compresi la mia posizione vantaggiosa. In mia presenza facevano cose che con le altre non facevano. Pisciavano tranquilli, vidi un sacco di pisellini nei campi vicino a casa, cazzetti di ogni dimensione. Si facevano toccare perché ero femmina ma non troppo da vergognarsi e non avevano progetti di conquista con me.
Conobbi molto bene i maschi. Con il sopraggiungere dell’età delle curiosità, degli ormoni, assistevo in posizione privilegiata e spesso in prima linea, diciamo così, alle masturbazioni giovanili, in piccoli gruppi selezionati, nei quali mi infilavo. I primi baci in bocca. Con me poteva o fare esperienza senza. Fare figuracce e senza compromettersi, tanto non ero una con cui aspiravano a mettersi insieme. Avevo già baciato quando ancora le mie amiche giocavano con le bambole e fa fantasticavano sugli attori.
D.: quindi si potrebbe dire che approfittavi della tua posizione di ragazza bruttina e non corteggiabile, per fare esperienza sessuale.
L.: si esatto. Con la ia esperienza quando arrivarono i desideri, mentre le ie amiche privilegiavano l’aspetto formale e sociale del legame, del rapporto di coppia, i fidanzatini, il mettersi insieme ufficialmente per la cerchia di amici, io guardavo al sodo. Quello mi piaceva? Ci provavo e siccome le altre non lo facevano, perché la ragazza deve essere corteggiata prima, deve attendere il primo passo del ragazzo e così via, spesso i ragazzi mi dicevano si. Anche perché gli davo la certezza della cosa fugace, occasionale, o comunque senza patemi e storie, in cambio di baciare, toccare e fare qualcosa con una un po bruttina, non figa.
D.: mi dicevi comunque che hai avuto anche belle storie coinvolgenti.
L.: si si, innamoramenti, romanticismi inaspettati. Sai quando fai dei bei pompini, anche il più figo si sente grato e tenero verso di te.
D.: mi sembra di capire che hai iniziato presto lo svezzamento sessuale.
L.: si, bruciavo le tappe. Maneggiavo cazzetti molto presto, l’ oralità mi veniva naturale, è un modo di conoscenza del mondo esterno che Freud ci ha insegnato come primordiale nello sviluppo della persona. A quanto pare in me non si era sopito. Dovetti darmi una regolata altrimenti si formava la coda a scuola fuori della stanzina del riscaldamento centrale, dalla porticina nascosta agli sguardi, in fondo al cortile.
Crescevo ma, mentre le mie compagne, quasi tutte, da piccole magari cicciotte, diventavano snelle e slanciate, dai seni rigogliosi, io restavo informe, dal bacino ampio, le cosce grosse, il seno piccolo. I loro capelli erano cascate d’oro e di rame, di mogano e di noce, fluidi, fini, lucidi. I miei un cespuglio secco e grossolano, dal color di topo spento. Ahahahah
D.: dai non esagerare! Ho visto le tue foto, eri interessante, dallo sguardo acuto e birichino, un fisico forte e sicuro.
L.: si, interessante. Ahahahah quando tra maschi si chiedono, com’ è quella? E rispondono: interessante. Vuol dire bruttina. Altrimenti direbbero: è bona! È una figa! E altre leggiadre espressioni. Ma posso dire, che mi sono fatta dei bonazzi dietro ai quali sbavavano molte superfighe. Semplicemente, io glielo prendevo in bocca e li facevo sborrare in dieci secondi netti, loro se la tiravano e volevano che gli offrissero cene, gite al faro sotto la luna e si accontentassero per un bel pezzo di guardarle e al massimo sfiorarle.
D.: non ti fai scrupolo di parlare dei tuoi mezzi di conquista…
L.: certo che no! Ne vado fiera. La differenza è che io lo facevo subito, e se il resto del regazzo, attaccato al cazzo si rivelava un coglione, un imbecille, uno stronzo, lo lasciavo io prima che potesse dimostrarlo, mentre loro lo facevano dopo un sacco di giri i torno alla cosa e sprecando il loro tempo prezioso con i soliti che si rivelavano stronzi e falsi, infatti mentre stavano con le altre, le figone, si facevano sponpinare da me! Haahahah
D.: ci racconti un episodio, diciamo di quando avevi sui 16/17, l’età in cui si hanno le prime storie importanti e spesso delusioni e scontri con l’altro sesso.
L.: vediamo, vediamo… si. L’incontro con quello che chiamerò Enrico credo sia stato emblematico e anche piuttosto importante per me. Non perché mi fossi innamorata, ho vissuto la storia con grande distacco, coinvolgendo i sensi, quello si, anche perché ero facilitata dal fatto che io avevo sedici anni e lui 52 se non ricordo male. Non era un bellone, neppure distinto o che, era il pasticcere sotto casa. La mattina passavo da sempre con mamma a prendere una paste per merenda. Lui faceva molti complimenti a mamma, di quelli che si fanno alle donne, arditi diciamo, e mamma gongolava contenta di suscitare desiderio in un maschio, anche se non mi sembra abbiano mai fatto nulla. Da qualche tempo i complimenti venivano allargati a me. Invece dei soliti, ciao amore, che belle scarpine hai oggi, vuoi la pastina? Aveva iniziato a mettermi insieme a mamma nel complimentarsi, che belle ragazze siete! Se uscite insieme farete girare più di un uomo! Oppure dirmi le stesse cose allusive che diceva a mamma, quando ero da sola.
Oggi sei davvero desiderabile! O peggio. Mi sembrava impossibile che un maschio mi considerasse come una ragazza da corteggiare, non mi inorgoglivo, ma guardavo la cosa con occhio critico, ero giovanissima per lui e questo lo faceva passare sopra altri aspetti del mio corpo. Una mattina gli dissi che avevo visto la luce accesa a notte fonda in laboratorio. Lui disse che era normale, i pasticceri e i fornai lavorano la notte. Lui dalle 3 in poi era in bottega, la moglie e la commessa gli davano il cambio alle dieci. Ma tu che facevi alzata alle 3 di notte?
Avevo cenato fuori e bevuto un sacco di cocacola, per cui mi teneva sveglia e mi scappava anche la pipì. Lui disse, ok, se ti risuccede, e vuoi una brioche calda, scendi e bussa alla porta del cortile. Io lasciai perdere ma spesso a letto ci ripensavo. Era un invito del tutto casuale, o c’era dietro la voglia di fare qualcosa con me? Un paio di notti mi alzai apposta e guardai dalle finestre giù nel cortile, la luce accesa mi faceva immaginare scene boccaccesche.
Arrivò un giorno d’estate in cui i miei erano andati in gita, tre notti fuori casa. Il caldo, il molto bere, mi fecero alzare in piena notte. Quasi non pensavo più al fornaio, ma vidi la luce. Perché no, mi dissi, che saranno mai due parole con uno che lavora. Scesi, ero in short da casa e maglietta, ovviamente senza reggiseno, non dovevo neppure uscire dal portone, aprii la porta a vetri del cortile interno e andai a bussare alla sua. Mi aprì e mi guardò meravigliato. Ehi! Laura, entra. Pipì anche stanotte? Eh si e risi. Lui stava ad un bancone da lavoro, con piccole palline di pasta i farinata di fronte, le mani completamente bianche di farina, continuava a lavorare, aveva un camice bianco da lavoro, abbottonato sul davanti, pochi bottoni distanziati e grossi. I lembi del camice quando si piegava e maneggiava la pasta, si allargavano tra un bottone e l’altro, mostrando sotto la pelle, non aveva altro, era caldo, comprensibile. Vedevo i suoi peli scuri appena imbiancati in alcuni punti, la carne olivastra che si muoveva sotto la pelle sudata.
Il mio sguardo andò onestamente anche più in basso, dove dallo spazio che si formava tra i le bi del camice, intravedevo oscillare un pesante muscolo libero, ricoperto da pelle ancora più scura del resto, e appariva e scompariva in mezzo a un cespuglio di peli sotto la piega del pube pingue.
D:. Direi che ti attraeva il suo corpo, pur maturo e certo non liscio e palestrato come quello di tanti della tua età.
L.: si direi decisamente! Pensavo, parlando della scuola e degli amici, mi piacerebbe vederlo, ma non posso chiederglielo. Ad un certo punto mi fa, Laura vuoi vedermi sotto? E io: eh!??!! Ma che dici!! Sei impazzito! E lui: sarò anche pazzo, anzi lo sono, perché spesso ti ho pensato, anche se sei poco più che una bambina, ma tu mi guardi il cazzo. Scusa, ma sono nudo sotto, è troppo caldo per lavorare tutto vestito, così appena finisco entro sotto la doccia prima di andare a casa.
“Io non ti guardavo il c…pisello!” Sorrise: dai, lo stai guardando ancora! Non c è niente di male sai. È normale, tu sei una femmina e io un maschio, tu ei giovane ed è legittima la tua curiosità per i corpi maschili. Dai avvicinati. “ a fare che?” Chiesi fintamente sospettosa, dovevo tener duro un almeno un po’, per facciata. “Avvicinati Laura” disse venendo verso di me e fermandosi di fronte. Ero seduta su un panchetto alto. Allargò le braccia. “Sono tutto infarinato, slacciami tu il grembiule” io, sventurata, slacciai. Lentamente si apriva il camice lasciando e ergere il suo fisico grosso e peloso. Luccicava di sudore, il petto, la pancia, il pube con il pelo ancora più folto, ed ecco il grosso batacchio la sui pelle non ricopriva già piu tutta la,cappella. Mi raggiunse l odore che avevo i parato a conoscere, amarognolo, ma attenuato da una punta acidula, che via via si addolciva quando il cazzo iniziava a ergersi indurendosi ed emettendo i suoi umori. Mi lasciai sfuggire una esclamazione, sorda, ma non abbastanza: bello! Pensavo a come sarebbe stato eccitante toccarlo. Ma non era un ragazzino arrapato, nemmeno aveva ancora una vera e propria erezione, non ero sicura come con i coetanei. Non volevo passare troppo da troia inoltre.
Sembrava mi leggesse nel pensiero,: “ dai prendilo in mano Laura, lo vedo che ne hai voglia”
Lo guardai: davvero posso? E mi chinai sul cazzo, sollevandolo dai coglioni, che presi in mano dal sotto. Come erano grossi e pesanti, liberi e staccati dal perineo, dentro la loro sacca di pelle elastica. Al contrario dei ragazzi che li hanno attaccati e solidi, meno pesanti. La cosa che pensai per prima fu: più di uno per volta in bocca non mi ci stanno! Lui mi sfilò la maglietta, e iniziò a toccarmi, tirarmi, stropicciarmi le tettine, come nessuno aveva ami fatto. Me le prese in bocca, lecca domi i capezzoli dentro la bocca, e poi tirandomeli con le labbra, in modo inverosimile.
Poi di un solo colpo mi abbassò pantaloncini e mutandina, che mi caddero alle caviglie mentre lui mi pastrumava la figa con le mani infarinate come fosse la,pallina di pasta lievitata da brioshe.
Nuda mi strinse a sé. Il mi corpo liscio contro i suoi peli sudati e la sua carne da anziano, ma ancora forte sui pettorali e sulle,braccia. Il cazzo si era innalzato, era decisamente e senza paragoni il più grosso che avessi visto e maneggiato, mi puntava sul ventre e sulla pancia. Poi lo mise sotto, mi alzava quasi con quella verga che sentivo premere tra le labbra della vulva ormai fradicia. Ancora decina di secondi di abbraccio in cui mi cosparse del suo forte odore di maschio sudato e infoiato, poi mi penetrò alzandomi il culo e impalandomi mentre mi baciava in bocca.
Mi sosteneva da sotto con le mani e il cazzo, che con il mio stesso peso mi ero fatta affondare fino alla radice nella figa,. Sentivo la cappella sbattere contro la bocca dell’utero, fintanto che il coito non mandò in circolo ormoni tali da allungare il canale vaginale, come avviene normale te, scoprii in seguito, in ogni rapporto sessuale.
Mi sembrava di essere presa da una specie di grosso orso, di uomo delle caverne, che mi stava sfondando con quella nerchia primordiale. Usava parole dolci alternate a porkate. Amore, come sei dolce, la mia bimba, la mia laurina, la sto chiava do come una troia. Perché ti piace essere la troia del vecchio zio porko vero? Io facevo di si con la testa meccanicamente, mentre godevo sul suo bastone di carne che mi sconquassava. Mi venne dentro senza che quasi me ne accorgessi. Poi dopo essersi scaricato, mi sollevò spostandomi per terra e mi spinse in ginocchio, per mettermi il cazzo in bocca, ancora fradicio e pieno del sapore mio. E suo, della mia figa e della sua sborra, che continuava ad emettere in fiotti più deboli ma copiosi nella mia bocca. Per respirare con quel coso piantato in gola dovevo per forza inghiottire tutto, così feci.
Avevo goduto due o tre volte di fila mentre mi scopava.
Questa fu la prima volta con un adulto.
D.: bella esperienza Laura. Credo che i nostri lettori per oggi si possano ritenere soddisfatti.
Ma ci sei piaciuta e noi della rubrica Vite Vissute torneremo a intervistarti.
L.: grazie a voi, sarò felice di raccontarvi altre mie esperienze. Ora vado a preparare la cena a mio marito. Ieri gli ho fatto le corna per cui mi devo sdebitare, anche se lui ovviamente non lo sa, ma stasera dopo cena gli farò un servizietto che se lo ricorderà a lungo.
A presto miei lettori, la vostra I ama Sereni vi saluta.

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