Marina, Matteo il suo ragazzo e la gelosia di suo padre

di
genere
incesti

Sono nella mia cameretta. Ho già finito di fare i compiti, così accendo la tv e cerco qualcosa da vedere… Il suono di un nuovo messaggio mi distrae, afferro il cellulare e vedo che è da parte di Matteo, il ragazzo da cui prendo ripetizioni di algebra.
«Se il mio regalo ti è piaciuto sul serio merito di vederlo indossato, no?»
Il solo leggere l’sms mi fa arrossire. Matteo è più grande di me, frequenta già il secondo anno di università, e grazie al suo bell’aspetto è molto desiderato dalle ragazze.
Mi mordo le labbra, e intanto arriva un nuovo messaggio.
«Allora?»
Prima di rispondergli vado verso il mio armadio, lo apro e afferro un sacchetto di carta rosa acceso. Prendo il contenuto e lo appoggio sul letto. Si tratta di un completo intimo di tulle color cipria che non ho ancora avuto il coraggio di mettere.Mi spoglio e lo indosso, poi mi guardo allo specchio.
Il reggiseno a balconcino contiene a malapena le mie tettine, l’aureola spunta appena dal bordo superiore, e il tessuto è così sottile che i capezzoli si intravedono.
Ma la parte più imbarazzante è il pezzo di sotto. Il perizoma non nasconde nulla, anzi sottolinea la rotondità dil mio culetto e, beh, il tessuto completamente trasparente lascia in bella vista lo spacco della mia fica perfettamente liscia.
Mi faccio una foto allo specchio, in piedi, con le gambe incrociate per nascondere al meglio il mio sesso, poi la invio a Matteo.
Poco dopo mi risponde, «E dietro come ti sta?»
Mi volto e faccio una foto al lato B. Invio.
«Siediti sul letto, senza chiudere le gambe, e fammi vedere» risponde.Tentenno, mi scrive di nuovo.
«Dai, mica ti mangio»
Faccio come mi ha chiesto, mi siedo sul letto, allargo le cosce, spingo in fuori il seno e scatto. 
Invio e chiedo «Come mi sta?»

Lui risponde subito, «Benissimo piccola, guarda che effetto mi hai fatto» e mi invia una foto del suo cazzo eretto.
Arrossisco guardando la foto, sento improvvisamente molto caldo e tra le gambe sento che mi sto bagnando. «Sul serio ti faccio questo effetto?» domando.
«Alla prossima lezione se vuoi ti faccio vedere e toccare con mano che effetto mi fai» dice.
Mi lecco le labbra, «Sì» scrivo solo.
«Ora devo segarmi… toccati anche tu, dai, veniamo assieme» propone.
Senza mollare il cellulare infilo una mano sotto il perizoma, tocco le labbra della mia fica, le scosto, trovo il clitoride e lo accarezzo gemendo appena.
In quel momento mio padre entra in camera mia.
«Marina, che diavolo fai?» domanda.
«Papà nulla!» esclamo, cercando di coprirmi con le mani e mollando il cellulare sul letto.
Mio padre guarda il cell e poi me, «Marina, non starai chattando con qualche ragazzo» dice, e subito afferra il telefono.

Proprio in quel momento arriva un nuovo messaggio di Matteo, un primo piano della con cui impugna il suo cazzo dritto.
«Ma che cazzo… Matteo? Noi lo paghiamo per spiegarti algebra e lui ti scopa?» dice mio padre, scorrendo le foto che ci siamo scambiati.
«No, papà ti giuro che non è successo nulla» dico, cercando di riprendermi il cell.
«E dove hai preso questo intimo da troia? Di sicuro non te l’ha comprato tua madre» dice allora mio padre, che ora può vedere tutto ciò che il completo lascia scoperto.
«Me lo ha regalato Matteo» ammetto rossa in viso.
«Quindi mi stai dicendo che ti fa agghindare come una puttana ma non ti scopa? Mi hai preso per uno stupido?» dice lui furioso.
«Papà, ma è così, io non l’ho mai fatto» dico. Lo so che vestita così risulto poco credibile, ma è la verità, sono ancora vergine.
«Ah no? Adesso vediamo» dice mio padre, e per un lungo istante non capisco cosa voglia dire.
Poi mi prende e mi fa voltare, mi spinge la testa in avanti e io non posso fare altro che chinarmi a 90 gradi e aggrapparmi con le mani alla struttura del letto.«Ma papà!»
«Zitta, Marina, o giuro che ti metto in punizione e non ti faccio uscire fino alla fine dell’estate!»
Mi afferra il tanga e me lo strappa di dosso, mi sfiora con insistenza i glutei, poi le sue dita si posano sulle labbra della mia fica, completamente liscia.
«Sei bagnata» mi accusa schiudendo le labbra e cercando con di penetrare nella mia fica con un dito. I miei umori gli facilitano il lavoro, entra con un dito, poi subito un altro. Fino ad ora mi ero infilata dentro solo le mie dita, quelle di papà sono più grosse e ruvide delle mie, l’effetto è sconvolgente.
«Papà basta, ti prego!» dico agitando i fianchi, senza sapere quanto quel movimento metta ancora più in risalto il mio culetto e la mia micetta.
«Smettila di agitarti come una cagna, guarda qua, me lo hai fatto venire duro» dice mio padre infuriato.
Non posso voltarmi perché una mano di papà mi preme sulla base del collo, ma guardando verso lo specchio dell’armadio vedo che la patta dei pantaloni nasconde un bozzo enorme e sul suo viso trovo un’espressione che non avevo mai visto prima. Mi spaventa e mi eccita allo stesso tempo.
Sfila le dita dalla mia fica, è un sollievo, credo. Poi lo vedo armeggiare con la cintura, i pantaloni e i boxer gli scivolano lungo le cosce pelose, ed ecco emergere il suo cazzo.
Prima d’ora avevo visto solo un altro uccello dal vivo, quello di un compagno di scuola, e non era affatto paragonabile a quello di papà. Il suo è più lungo, sì, ma non è questa la differenza principale, la differenza è che la verga di papà è grossa, larga, sormontata da una cappella grossa quando il mio pugno.
Papà con la mano libera si afferra il cazzo e lo punta contro la mia micetta. Sento il glande muoversi come se stesse dando delle pennellate, poi si ferma, ecco, penso, è finita. Mi ha dato una lezione che non dimenticherò ma è finita qui. Mi sfugge un respiro di sollievo, ma mi sbaglio.
Con un’unica spinta di reni papà mi penetra, sono bagnata, ma è comunque doloroso.
«Papà no! Basta, ti prego! Toglilo!» lo supplico.
«Marina avevi detto la verità… piccola, non l’avevi mai fatto, papà ti ha sverginata» dice, con il cazzo piantato nella mia fica, una mano sul mio fianco e l’altra sulla mia spalla, «Marina mia, erano anni che non mi diventava così duro… perdonami» dice, ed inizia a sfilarsi, per poi fermarsi e risalire nella mia carne.
Mi scopa lentamente mentre io gli chiedo di fermarsi, di togliermelo da dentro, perché fa male, sembra mi apra in due.
«Zitta, piccola, zitta» dice, aumentando il ritmo, «Avevi voglia di cazzo? Eccolo, hai il cazzone di papà tutto dentro la fica» aggiunge.
Guardo verso lo specchio, quasi non mi riconosco, il viso arrossato, le labbra aperte in una smorfia stupefatta, i capezzoli che spuntano fuori dal reggiseno mentre le tette sobbalzano al ritmo delle spinte di papà, la pelle chiara del corpo arrossata dove le sue mani si sono posate con durezza. E papà, dietro di me, sembra ancora più alto, le spalle larghe ancora coperte dalla camicia sbottonata, il suo petto ricoperto di peli scuri che diventano più fitti man mano che il mio sguardo scende verso il suo cazzo, che non vedo ma sento dentro di me.
Senza rendermene conto inizio a piangere, papà se ne accorge ma non si ferma. 
«Marina mia, non piangere» dice, però.
«Papà fermati, basta» lo prego.
«Non posso Marina, non posso» dice, «ma ora ti faccio godere» aggiunge, e la sua mano si sposta dal mio fianco, scende sul mio ventre e si fa strada verso il mio clitoride. Lo accarezza, lo pizzica, e io mi agito, incapace di resistere al dolore e alle scariche di piacere che nonostante tutto partono dal mio clitoride.
Le sue spinte si fanno sempre più veloci e dure, io senza quasi rendermene conto inizio a ondeggiare per andargli incontro.

«Oh, ecco la mia bambina, la mia troia, sei solo mia Marina» ringhia, «solo mia»
Improvvisamente sborro come una troia, gemo di piacere con un urlo, «Sì piccola mia,sborra, godo anche io, sborro Marina, papà ti sborra dentro» urla, e finalmente viene, schizza il suo seme dentro la mia fica.
Si accascia su di me, schiacciandomi con il suo peso sul letto, con il cazzo ancora nella mia fica e le dita tra le mie cosce. 

«Piccola mia, troia mia adorata, cosa mi hai fatto fare?» mormora, «Ora non potrò più fare a meno di te, della mia troietta personale, lo sai?»
Io annuisco, stremata. P.S. : questo racconto è dedicato a Marina, figlia monella che mi ha scritto, ti amo ovunque tu sia 💕. antonioporcello145@gmail.com
di
scritto il
2021-05-17
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