Io e Noi

Scritto da , il 2009-12-11, genere trio

Quella sera entrai nella discoteca con la chiara intenzione di ubriacarmi. Era passato quasi un mese dalla mia rottura con Marco, e cominciai a fare i conti con la solitudine che si insinuava nel mio cuore. I primi tempi le mie amiche mi portarono in giro per locali cercando di farmi divertire; qualche volta ebbi qualche flirt con dei ragazzi conosciuti in discoteca, ma niente di serio o di più spinto di un bacio.

Marco mi aveva telefonato nel pomeriggio e io ero di nuovo caduta in depressione; la conversazione fu amichevole, ma io non ce la feci a non pensare a quanta voglia avessi di spogliarlo e di farlo mio ancora una volta.

Dopo svariati drink, io e le mie amiche uscimmo dal locale ubriache fradice; fortuna che con noi c’era anche il ragazzo di Francesca, una nostra amica che era in vacanza studio, e lui aveva deciso di venire con noi in discoteca. Poiché era il più lucido tra noi, afferrò le chiavi dell’auto e si mise al posto di guida. Marta approfittò di un momento per rimettere tutto quello che aveva in corpo.

Mi sistemai sul sedile anteriore e lasciai che Michael, il fidanzato di Francesca, guidasse verso casa.
Mentre percorrevamo l’autostrada, il mio cellulare squillò. Sul display quel nome mi fece sussultare. Marco.
“Pronto?” feci io con la bocca impastata dall’alcol.
“Piccola sono io. Dove sei?”
-Che gli importa?- pensai “Sto andando a casa della mia amica a dormire. Perché?”
“Ho bisogno di vederti, è successo un casino e devo parlare con qualcuno. Puoi venire da me?”
“No Marco, non sto bene…Ma non senti che sono ubriaca? Cioè, riesco a capire quello che mi dici, ma non so che cosa ti sto dicendo io!”.
Analizzai per un attimo le mie parole con quel poco di lucidità che l’alcol mi permetteva.
“Ti vengo a prendere io. Senti, sono a R. a casa di un amico, ma lui è di la che dorme e io non riesco a dormire, ho bisogno di te…” la sua voce tremava. Marco non mi aveva mai parlato così.
“Michael, puoi portarmi a R.?” chiesi al ragazzo seduto vicino a me
“Certo, tanto è di strada”
Tornai ad appoggiare l’orecchio al telefono.
“Marco, sto venendo da te, dove si di preciso?”
Mi disse la via e il numero civico. Andammo a casa sua.
“Ragazzi, mi faccio riportare domani mattina a casa vostra verso l’ora di pranzo, preparate anche per me.”
“Va bene...” dissero le mie amiche sedute nei sedili posteriori “Beata te che stasera scopi, a noi ci tocca dormire! Divertiti!”
Non ebbi il tempo di replicare, partirono sgommando e svoltarono all’angolo della strada dirette verso casa. Alzai gli occhi in alto e vidi Marco sul terrazzo della villetta che fumava una sigaretta. –Che strano!. Pensai ridendo tra me.
“Marco!” dissi a voce bassa. Nel silenzio riuscì a sentirmi lo stesso.
“Eccomi, vengo ad aprirti”
Scese le scale e lo vidi apparire al cancello; entrammo in casa. “Allora che è successo?” chiesi preoccupata. La testa mi girava da morire.
“Niente, avevo voglia di vederti e se non ti avessi detto così non saresti mai venuta” disse sorridendo. Lo odiavo.
“Tu non sei normale! Io sono ubriaca fradicia, non mi reggo in piedi e mi sono fatta accompagnare lo stesso da te perché credevo che tu stessi male sul serio!” dissi incavolata “Sei proprio un coglione!”. Mi sedetti sul divano.
“Però sei venuta lo stesso” disse sedendosi anche lui “Anche se tutte le volte mi dici che mi odi e sei stata tu a mollarmi, sei venuta lo stesso. Perché? E non dirmi che è perché pensavi stessi male”.

Non so se era colpa dell’alcol o era una cosa che volevo davvero, ma in una frazione di secondo mi gettai tra le sue braccia e lo baciai. Le nostre bocca sapevano d’alcol, le nostre lingue si scontravano confuse ed appassionate. Gli posai delicatamente le mani dietro il collo, accarezzandolo, poi cominciai a premere sulla sua nuca per non perdere il suo contatto. I baci si facevano sempre più roventi.

Le sue mani mi scesero collo, sul seno, massaggiandolo e stringendo piano; ha sempre avuto un debole per le mie tette, lo eccitano. Me mie mani si fecero invadenti sotto alla sua maglietta; gliela sfilai e posai una mano sui suoi jeans, così mi accorsi che la situazione stava diventando incontrollabile. Aveva un’erezione formidabile, di solito era molto più tranquillo. Se è vero che l’alcol rende più disinibiti, probabilmente quella sera eravamo ubriachi fino all’orlo. Mi strappò letteralmente il top di dosso, lasciandomi in reggiseno e minigonna; mi afferrò i capelli tirandomi il collo indietro, cominciando a leccare e mordicchiare i seni da sopra il reggiseno. Con le mie mani che lo tenevano bel saldo contro di me, mi resi conto che stavo andando troppo oltre, ma non riuscivo a frenarmi, lo volevo troppo. Ero eccitata oltre l’inverosimile. Marco infilò una mano sotto alla mia gonna e con un dito prese a massaggiarmi il clitoride attraverso le mutandine.

“Come al solito ti bagni in fetta” disse sorridendo
“E tu come al solito non capisci che quando stai zitto scopi meglio” dissi tappandogli la bocca con un altro bacio. Con la mano spostò le mie mutandine su un lato e mi toccò la fica lungo tutto il solco.
In quel momento si accese la luce in cucina. Mi alzai di scatto a sedere e Marco fece lo stesso. In salotto, con aria assonnata, fece il suo ingresso un ragazzo che doveva essere l’amico di Marco e quindi il proprietario della casa. All’inizio non si rese conto della nostra presenza; fece per accendere la tv quando si accorse che eravamo seduti proprio dietro di lui.

“Hei!” disse con lo sguardo sorpreso “E voi che ci fate qui?”
“Stavamo tentando di scopare” disse Marco con un candore fanciullesco. Io arrossii furiosamente.
“Ah, bene! Allora vi lascio ai vostri affari, se avete bisogno fatemi un fischio” disse sorridendo malizioso.
“Aspetta Riccardo!”
“Che c’è?”
“Volevo presentarti la mia amica. Questa è Carlotta. Carlotta, questo è Riccardo”.
Mi alzai in piedi dimenticando completamente della mia semi nudità e porsi la mia mano a Riccardo.
“Piacere mio” disse lui guardandomi il seno per metà scoperto. Afferrandomi la mano mi tirò verso di sé e mi baciò sulla bocca. Rimasi immobile, sbalordita; a poco a poco però, sentii quel brivido lungo la schiena che si presenta ogni volta che l’eccitazione comincia a salirmi in corpo. Ricambiai quel bacio profondo e sensuale. Le mani di Riccardo mi accarezzavano la schiena nuda, poi con le dita afferrò l’estremità inferiore della mia minigonna e la sollevò fino a scoprirmi del tutto il sedere, Ero consapevole della presenza di Marco e sentii il suo sguardo fisso sul mio culo, che per lui era stato oggetto di desiderio fin dal primo giorno. Riccardo mi accarezzava i glutei con una mano, mentre con l’altra mi teneva stretta la mandibola appena sotto il collo; gli accarezzai il torso nudo e liscio, le mie dita scorrevano sui suoi muscoli ben definiti e sodi. Riccardo era alto, con delle spalle larghe che toccai volentieri in tutta la loro misura. I suoi capelli scuri e scompi gliati si insinuavano tra le mie dita ogni volta che toccavo la sua nuca.

Marco mi si appoggiò dietro e mi baciò il collo. “Andiamo in camera bambolina”. La testa mi girava sempre di più.
Riccardo mi sollevò per le spalle e per le gambe, mi prese come una sposa e mi portò in camera sua; dietro a noi c’era Marco. Lo vedevo camminare con addosso soltanto i jeans, e mi resi conto di quanto fosse attraente nel suo metro e ottanta e con l’abbronzatura perfetta.

Riccardo mi lasciò cadere sul letto e accese una piccola luce sul comodino; la stanza era poco illuminata, e intanto anche Marco apparve accanto a lui. Marco si sdraiò alla mia sinistra, si sporse su di me e mi baciò. Intanto Riccardo mi sfilava la gonna lasciandomi col mio perizoma di pizzo nero.

“Guarda che ragazzina sexy che ha Marco. Sei sicura di reggere bambolina?”
Per un attimo rimasi a guardare Marco negli occhi.
“Marco, tu mi ami?” chiesi. Lui mi guardò, poi abbassò lo sguardo e scosse la testa. Per me era il via libera. Libera dall’impegno morale verso di lui, mi sollevai a sedere ed afferrai i pantaloni della tuta di Riccardo fino a farli cadere per terra. Mi alzai e lo bacia; lo voltai con la schiena rivolta verso il letto e lo feci sdraiare accanto a Marco. Mi misi sopra a Riccardo facendo in modo che la fica premesse sul suo membro il più possibile; dagli slip percepivo le dimensioni piuttosto interessanti della sua dote. Marco si alzò in piedi e si sfilò i jeans, si mise dietro di me e mi slacciò il reggiseno; con una mano premette sulla mia testa finché non incontrai la bocca di Riccardo, mentre con l’altra, mi sollevava il sedere e spostava il filo del perizoma da un lato. Prese a sfregarmi il solco tra le natiche per poi scendere tra le labbra della vagina; intanto Riccardo mi palpava il seno e mi leccava il collo. Marco mi afferrò per una spalla spingendomi di nuovo sul mat erasso, a pancia in su. Mi sfilò del tutto le mutandine, le gettò dietro di sé e sprofondò con la testa tra le mie cosce. La sua lingua mi penetrava a fondo nella vagina, poi risaliva e mi succhiava il clitoride; sapeva bene che mi faceva impazzire. Il mio respiro cominciò a farsi pesante e irregolare. Riccardo mi prese il viso tra le mani e mi baciò ancora, poi si mise in ginocchio sul letto e si sfilò gli slip; come previsto il suo membro era grande e trasudava potenza. Non potei fare altro che voltarmi per assaporare quel capolavoro. Cercando di restare immobile con le gambe, tra le quali Marco continuava a leccarmi, mi protesi il più possibile verso il cazzo di Riccardo; lo presi con una mano mentre con l’altra mi tenevo su la schiena appoggiandomi al letto. Muovevo la mano piano su è giù; Marco si staccò un momento dalle mie gambe.

“Dai Carlotta, fai come facevi a me. Fagli vedere come sei brava”.
Capii subito a che cosa si riferiva. In tutte le volte che lo avevamo fatto, Marco non perse mai occasione per lodarmi delle mie qualità “orali”. E prima di lui, tutti gli altri con cui ero stata. Sono proprio brava a fare i pompini.

Presi il cazzo di Riccardo tra le labbra con delicatezza e gli leccai la cappella; leccai l’asta dal basso verso l’alto in tutta la sua lunghezza e infine lo presi tutto in bocca. Con una mano gli premevo piano sulla base del pene e ogni tanto scendevo ad accarezzargli i testicoli e a massaggiarli; mentre con la bocca scorrevo sulla sua asta, con la mano prolungavo il movimento scorrendo sul cazzo e ogni volta che arrivavo alla cappella succhiavo più forte fino a staccarmi da lui con uno schiocco. Riccardo ansimava piano.

“E brava la bambina” disse con voce roca.

Marco intanto non ce la faceva più, non ha mai resistito molto durante i rapporti; si sfilò gli slip di Calvin Klein che gli avevo regalato il mese prima e sfregò la punta del suo membro tra le labbra della mia fica. Neanche io avevo la forza per resistere, avevo troppa voglia di scoparlo.

“Marco…non fermarti” dissi in preda alla confusione mentale. Me lo infilò dentro con un solo colpo secco. Sentii un po’ di bruciore, ma lui sapeva come prendermi. Un attimo dopo usciva lentamente per poi rientrare dentro di me con colpi lunghi e profondi, tenendomi stretta per i fianchi; dentro di me sapevo benissimo che faceva così in modo da farmi sobbalzare la mia 4^. Riccardo intanto si era seduto accanto a me e si stava masturbando lentamente; era come se stesse accarezzando un bambino, piano, delicatamente. Avevo l’impressione che non si sarebbe accontentato del pompino.

Cominciai a sentire qualche contrazione, e anche Marco si accorse che stavo cominciando a godere forte. Uscì piano dalla mia fica e con le dita me la massaggiò, come a reprimere il piacere, come per calmarmi. Ma quella sera avevo troppa voglia di scopare, niente poteva tranquillizzarmi.

“Voglio che tu me lo succhi” disse Marco “e voglio che tu lo faccia come quando uscivamo insieme. Voglio che tu sia presa da quello che fai”.

Gli feci un pompino grandioso. Non c’era centimetro dei suoi genitali che non avessi leccato; con la punta della lingua gli stuzzicavo la cappella e la base del pene, con una mano gli stringevo i testicoli. Succhiai ripetutamente, ero sicura che se avessi continuato così mi sarebbe venuto in bocca. Ebbi un lampo di genio. Aumentai vertiginosamente il ritmo, lo spompinavo aiutandomi con una mano. Lo leccavo e lo succhiavo come facevo coi lecca-lecca al mare, cercavo di staccarmi il meno possibile. Ad un tratto arrivai a sentire la sua cappella in gola, a quel punto tornai verso la cappella aspirando talmente forte che credevo avrei prosciugato ogni liquido del suo corpo; appena arrivata in cima diedi altre due pompate veloci e lui venne. Mi venne in bocca. Avevo realizzato uno dei suoi due “sogni”! Il primo era venirmi in bocca. Il secondo, era sfondarmi il culo.

“Ma che hai fatto? Ora sarò fuori gioco per almeno un quarto d’ora!” disse Marco contrariato. Nemmeno lo ascoltavo. Avevo un Riccardo eccitato ed eccitante da scoparmi selvaggiamente.

“Dai Marchino, dopo ti ributti nel mezzo. E fammi divertire stasera no?” Non sapevo se ero io o il mio alter ego a parlare, ma qualunque cosa fosse, aveva avuto un bell’effetto su Riccardo. Mentre Marco era sulla poltrona accanto al letto intento a pulirsi, Riccardo si gettò letteralmente addosso a me. Mi baciava sul collo, sulle guance, i seni; non aveva un filo di barba, era liscio e piacevole. Mi allargò le gambe e mi penetrò la fica con la lingua in profondita. Quando sentii il suo dito medio infilarsi nel mio buco, mentre lui mi succhiava avidamente il clitoride, credetti di svenire dal piacere. La mia michetta stava grondando, avevo una voglia matta di farmi montare con quel suo arnese. Lo afferrai per i capelli e lo attirai verso di me baciandolo, assaporando il mio piacere dalla sua bocca. Lo feci appoggiare con schiena alla testiera del letto e premetti la fica contro il suo cazzo enorme. Mi impalai su di lui. Mi sentivo completamente riempita e lanciai un urletto lu ngo e soddisfatto. Dalla mia bocca uscì un gemito nel momento in cui cominciai a muovermi circolarmente su di lui, con il suo pene ancora dentro di me. Ad ogni affondo vedevo le contrazioni sul suo viso, lo sentivo godere; cominciai a dargli dei colpi veloci, incurante di Marco che da dietro si “godeva” la scena. Preso da un improvviso spasmo di piacere, Riccardo mi sdraiò di nuovo a pancia in su con violenza, mi divaricò le gambe tanto da farmi male e me lo infilò tutto dentro con un colpo. Mi scopò così forte che non potevo non urlare. Gli urlavo che non ce la facevo, che così era troppo, ma più urlavo e più lui si faceva violento; sentivo il suo cazzo così in profondità che credevo mi avrebbe sfondato l’utero. Aumentò i colpi di reni, mentre con le dita mi masturbava il clitoride fino allo spasmo. Urlai che stavo per venire. Lui uscì, si abbassò di nuovo a leccarmi la fica madida di umori e grondante. Mi fece voltare, facendomi mettere a pecora, un po’ obliqua rispetto a dove era Marco. Solo dopo capii che Riccardo lo stava provocando; evidentemente Marco gli aveva confessato che aveva sempre voluto il mio culo, e adesso l’amico si apprestava a sverginarmelo al posto suo.
“Marchino, stai bene attento e impara” disse Riccardo ghignando.
“No Riccardo” lo supplicai “ti prego, non l’ho mai fatto, non mi va”
“Vedrai che poi ti piace. Ti faccio godere così tanto che poi non lo vorrai da altre parti”.
Probabilmente quell’angelo azzurro bevuto in discoteca dopo altri svariati bicchieri di vodka pure, mi dette l’impulso per concedere anche il mio vergine buchetto all’amico del mio ex.
“Non farmi male per favore”. Lui sorrise. Guardai Marco. Inespressivo.
Riccardo si leccò un dito e me lo infilò piano nel buchetto per allargarlo; pensai a quella volta che Marco tentò di infilarmelo dietro. Ricordando il dolore di quel momento, talmente forte da costringerci a rinunciare, pensai a cosa mi avrebbe fatto una verga come quella di Riccardo nell’ano.
Dopo due o tre colpetti, sentii la cappella di Riccardo tra le mie natiche.

“Uno…” disse Riccardo “…due…”. Non ci fu un tre. Me lo schiaffò dentro senza cerimonie. Ricordo vagamente che l’urlo che lanciai fece tremare i vetri delle finestre.
“Shhhhhhhh!! Piano o ci arrestano tutti qua! Sei pure minorenne!!”.
Riccardo stette per un po’ fermo dentro di me, credo per farmi abituare alla presenza aliena del suo enorme cazzo nel mio buchetto ormai dolorosamente dilatato. Dopo appena un minuto, si mosse dentro di me. Il dolore riprese, ma solo per poco. Mentre mi pompava piano ma in profondità, con una mano mi spingeva verso il suo bacino tenendomi per la spalla, mentre con l’altra mi masturbava la michetta che ancora non si era stancata di ricevere attenzioni. Cominciò ad entrare ed uscire sempre più velocemente, e la sua mano frugava sempre di più dentro di me. Per un momento non vidi più niente. Venni. E venni urlando! Non era mai successo. Ma chissà come mai, quella sera ero porca sul serio. Lo pregai di staccarsi e gli dissi che lo volevo in fica ancora una volta. Lui mi girò e mi pompò nuovamente con foga, finchè alla fine dopo quattro colpi ben assestati, venne anche lui sul mio ventre.

Ero tutta uno spasmo. Sapevo che se fossi scesa dal letto le gambe non mi avrebbero retto. Mi avvicinai al bordo del letto e guardai Marco; lo pregai di sedersi accanto a me. Lo abbracciai.

Mi avvicinai al suo orecchio e sussurrai poche parole.

“Resta qui con me. Ti prego.”. Ci infilammo sotto le coperte e ci addormentammo. Ero felice. Ma vuota. Felice ma vuota. Qualcosa mancava. Mancava Marco in quella serata perfetta. Mancava la sua partecipazione completa; lo avevo escluso e adesso sentivo che lo volevo. Ma ormai era tardi e decisi di dormire.

A mezzogiorno aprii gli occhi. Tutti e due, Riccardo e Marco, dormivano ancora.

Incapace di svegliarli considerando che ci eravamo addormentati alle sette del mattino, decisi di andare a bere un bicchiere d’acqua in cucina e di approfittarne per telefonare ai miei amici e dire loro che non ci sarei stata a pranzo.

Mi alzai piano e camminai barcollando per tutto il corridoi. Passai per il bagno e mi sciacquai velocemente il viso e le parti intime.

Entrai in cucina con le gambe tremolanti e stanche, la testa che girava e la bocca impastata; presi un bicchiere dalla lavastoviglie e lo riempii d’acqua fresca di frigorifero. Ricordo che berla fu una bella sensazione.

Un rumore mi sorprese. Marco era dietro di me e mi stava abbracciando.
“Buongiorno piccolina” disse baciandomi il collo “dormito bene?”
“Si, benissimo” Sorrisi.
“Ti sei divertita?”
“Potevo divertirmi di più”
“Non ti accontenti mai eh?!”
“No, non è quello. Mi saresti bastato solo tu. Ma volevo te tutta la notte, non Riccardo tutta la notte e te cinque minuti. E poi…” mi bloccai.
“Cosa?” chiese lui curioso
“E poi…beh, ma dai mi vergogno!”
“Dimmelo scemotta!” disse facendomi il solletico. Sbuffai forte.
“Uffaaa! Va bene” arrossii furiosamente al pensiero di quello che stavo per dire “E’ che volevo che fossi tu il primo a sverginarmi il culetto, non un signor nessuno qualunque. Ecco l’ho detto.
Marco mi voltò e mi guardò negli occhi. “Lo vuoi?”
“Voglio farlo con te” risposi
“Vuoi fare anche quella cosa?”
“Voglio che tu faccia di me tutto ciò che desideri, perché io desidero questo da te”.
Mi baciò piano sulle labbra, delicato e leggero come una piuma sulla pelle; un brivido mi percorse la schiena. Ogni mia cellula gridava “ti amo”, ma lui non poteva sentire nulla. Lo baciai a lungo, volevo assaporare ogni sua piccola parte. Ci volle molto poco perché il suo membro fosse di nuovo pronto sull’attenti. Un po’ più di tempo fu necessario alla mia vagina che evidentemente si rifiutava di ripetere la prestazione della notte appena trascorsa. Marco mi guidò attraverso la cucina e mi fece sdraiare sul tavolo di legno alzandomi le gambe; ero nuda. Con le dita allargò le labbra della fica e con la punta della lingua titillò il clitoride gonfio e voglioso. Lo leccava così piano che era una tortura, la tortura più straziante che avessi mai provato. Leccò la fica in tutta la sua lunghezza e mi penetrò con la lingua. Si staccò da quel compito meraviglioso. Avevo gli occhi chiusi e non lo vedevo. Sentii solo che aveva avvicinato la cappella contro la mia fica, e in un attimo era di nuovo dentro di me. Mi scopò come non aveva mai fatto. Avevo voglia di urlare ancora, ma avevo paura di svegliare Riccardo che dormi ancora in camera. Mi allargava le gambe il più possibile tenendomi per le caviglie, vedevo che non riusciva a togliere lo sguardo dall’immagine del suo cazzo che entrava ed usciva dalla mia fica bagnata e dilatata a dismisura. Marco era incontenibile.

Si avvicinò al mio viso.
“Voglio che ora tu senta il mio nel culo, perché sei mia e di nessun’altro, perché ti voglio far godere come nessuno ha mai fatto.”

Scesi dal tavolo ed offrii il mio culo a lui inarcando completamente la schiena e porgendo le mie natiche verso di lui, invitandolo a toccarle. Infilò una mano tra le mie cosce e con tutta la mano mi percorse fica, soffermandosi a massaggiare il clitoride col dito medi e allargando bene le labbra con la altre dita. Poi sentii che si leccava le dita e subito dopo mi infilò un dito nell’ano. La sensazione fu fastidiosa, ma non dolorosa. Dopotutto Riccardo mi aveva sfondata per bene la sera prima, quindi non è che sentissi molto dolore in quel momento. Marco mi annusò il collo e mi morse l’orecchio.

“Sto per mettertelo dentro. Spero che tu urli. Voglio che Riccardo senta che godi anche con me”.

Con un colpo me lo infilò tutto dentro. A differenza della sera prima, stavolta era davvero una festa. Marco affondava dentro di me così a fondo che il tavolo cominciò a muoversi paurosamente e a fare rumore. Mi teneva stretta a sé con un braccio intorno al torace e con la mano mi premeva i lati del collo. L’altra mano se la portò alla bocca e leccò di nuovo le dita. Me ne infilò due nella fica e cominciò a compiere movimenti circolari dentro di essa. Dopo cinque minuti avevo raggiunto lo stadio finale del rapporto, ero prossima all’orgasmo.

“Mar-co…” riuscii a dire tra i sospiri “sto per venire”. Lui uscì piano dal mio culetto e si sedette sul divano trascinandomi con sé. Mi fece sedere su di lui e mi chiese di farlo godere. Lo cavalcai velocemente ma a fondo, dopo pochi colpi esplosi in un orgasmo lacerante.

“Cazzo!” urlai. Dopo altri due colpi venne anche lui. Mi abbracciò forte.
“Forse è vero che non ti amo, ma ti assicuro che quando non ci sei mi manchi da morire”.
Il pomeriggio tornai a casa e trovai svariati sms nel cellulare. Alcuni erano delle mie amiche che mi schiudevano i dettagli della nottata. Due erano di Marco.
“L’assenza è come il vento. Anima i grandi fuochi e spegne quelli piccoli”
“Già mi manchi bambolina…”

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