Vacanza al sud - capitolo 3 -

Scritto da , il 2020-03-13, genere etero

III.
Chiudo la porta della camera alle mie spalle con il leggero rumore della serratura che scatta, appoggiandomi con le spalle e godendomi qualche attimo di silenzio e pace. Solo il rumore del mio respiro nel buio della stanza. I miei piedi, sulla moquette che copre il pavimento, mi conducono quasi di loro iniziativa fin sotto alla doccia.
È un vero sollievo, per me, togliere il sale e la sabbia di dosso, con l’acqua tiepida che mi scivola sulla pelle. Inevitabilmente ripendo a quello che è successo in mare. Chiudo gli occhi mentre richiamo alla mente il sapore e l’odore del sale sulle mie labbra. E poi la ragazza. Quel lento e sinuoso gioco di carezze, tuffi e sguardi. Il ritmo del mio cuore accelera, il mio sangue si concentra in basso. Con una mano scendo ad accarezzarmi il sesso. Quella ragazza… è riuscita a creare, e mantenere, un sensuale e provocante gioco, quasi fossi io il topo e lei la gatta… ha attirato la mia attenzione fin dal primo giorno che sono arrivato qui, mi ha sedotto in maniera diretta e mi ha conquistato tenendomi sul filo del rasoio. Gioca con me. E le riesce davvero bene! Scuoto la testa, cercando di scacciare quei pensieri impuri dalla mia mente. Con un gesto veloce della mano, l’acqua fredda mi investe e mi calma.
Morfeo mi accoglie tra le sue braccia con un sonno calmo e ristoratore.
Quando riapro gli occhi, il sole è già dannatamente alto. Il mio programma di stare a cuocermi pigramente in spiaggia tutto il giorno è già in ritardo. Mi stiro pigramente e mi rotolo nel letto. Sorrido malizioso, qualcuno si è alzato prima di me, quest’oggi. Quella ragazzina è riuscita davvero bene a giocarsi di me. Divertito, mi lascio ricadere sul cuscino. Era da tempo che qualcuna non riusciva a farmi girare così.
Al ristorante mi accolgono che sono ormai le due. Eccola lì, seduta al banco, con la sua amica, a sgranocchiare patatine e sorseggiare una bibita da un bicchiere pieno di ghiaccio, proprio come ieri. Gli occhiali da sole sopra la testa a tener fermi i lunghi capelli, il piccolo seno coperto dal bikini giallo e le cosce ombreggiate da un pareo con una fantasia di mille fiori colorati. Ci scambiamo un lungo sguardo e per un attimo mi perdo nei suoi occhi da cerbiatta. Lei mi guarda, seria. Rivolgo un leggero inchino del capo poco prima che il cameriere mi accolga a braccia aperte. Mi chiedo se faccia così con tutti. Oggi mi accontento di un’insalata di polopo, garantito appena pescato e un bicchiere di buon vinello fresco e frizzante. Il profumo del mare e della salsedine mi riempie le narici ed una leggera brezza spezza la calura del sole. Se penso che, se non fosse stato per il consiglio del mio cliente, ora sarei a patire il caldo e l’afa in città, a casa, mi scappa un sorriso. Mentre mangio, ogni tanto lo sguardo mi cade sulla ragazza. Da dove mi sono seduto le vedo la schiena, i lunghi capelli castani che le scivolano sulla pelle, i fianchi dalle curve morbide e delicate. Sorseggio il vino che mi solletica il palato e mi lascia un gradevole retrogusto sulla lingua.
Eccola che si alza e, come sospinto da una mano invisibile, il pareo scivola dal suo corpo e si adagia lentamente a terra, scoprendo le sue cosce, tornite e abbronzate. Mi aspetto che arrivi il cameriere a raccoglierlo, ma non lo vedo da nessuna parte. Per un momento ho quasi l’impressione che lei, la fanciulla, abbia buttato uno sguardo nella mia direzione. Forse… ha un moto di vergogna dopo quanto successo durante la notte. Ma quando la vedo piegare il busto in avanti e allungare una mano a raccogliere il pareo, senza piegare le ginocchia, mi manca il fiato. Per un istante mi regala la visione del suo fondoschiena tondo e abbronzato. Le gambe, lunghe, snelle e dalla pelle dorata, sono un’attrazione già da sole. Ma salire con lo sguardo dalla caviglia stretta, il polpaccio sottile, poi le curve del ginocchio, le cosce toniche, la circonferenza dei glutei e il rigonfiamento delle sue labbra più intime nascoste da quel sottile pezzo di stoffa… è uno spettacolo da farmi dimenticare il resto del mondo.
Tutto dura un istante, un istante incredibilmente lungo, che dura fin quando il pareo torna al suo posto e io posso solo ricordare quella visione. Lei mi guarda, la sua amica mi sta guardando. Sorrido, colto in fallo su di un gesto provocatorio e riporto l’attenzione sul mare. Ho caldo, più dentro di me che fuori. Le sento andare via e quando il cameriere viene a sgombrarmi il tavolo gli chiedo cortesemente un secondo calice di vino.
“Permette?”
È tornato con due calici di vino.
Sposto una sedia e lo invito a sedersi.
“Certamente, è un onore per me!”
“Questo lo offro io.”
Si ferma con me e chiacchieriamo. Mi chiede di me, mi racconta di lui e del paese, finiamo a parlare di motori, donne e di politica. Si dimostra un tipo tranquillo e alla mano e ben presto i calici si riempiono ancora e tra noi compare la bottiglia. Il vetro scuro, cosparso di goccioline di condensa, che scivolano lentamente e pigramente verso il basso. Il tempo scivola via come sabbia tra le nostre dita.
“È una bella ragazza, vero?”
Sul momento non colgo il riferimento e alla mia mente occorrono alcuni istanti per capire.
“Sì, lo è. Sua mamma è stata brava con lei. E ho l’impressione che sia anche piuttosto intelligente.”
“Una ragazza furba e sveglia mia cugina. Alle volte anche troppo.”
Sono al sud, so che da queste parti il valore della famiglia è più sentito che in altre zone e ho l’impressione che ora la conversazione si sia spostata su un terreno pericoloso. Prendo tempo e sorseggio il vino senza sapere esattamente come comportarmi e con il timore di rovinare tutto.
“Ho visto come la guardavi.”
Alzo lo sguardo sul cameriere. Per un momento mi aspetto una reazione simile a quella a cui ho assistito al bar ma, in qualche modo, so che non sarà così. Mi mette una mano sulla spalla e sorride.
“Ma ho visto anche come lei guardava te. Le piaci. Pochi uomini avrebbero fatto come hai fatto tu. So che ti ha provocato, me l’ha detto, ma tu sei stato forte.”
Mi chiedo se sappia cosa è successo in mare. Bevo un sorso di vino cercando le parole giuste da dire. Alla fine, accenno un sorriso.
“Lo prendo come un complimento…”
“Lo è. Sembri un tipo a posto. In paese le vogliamo tutti molto bene. Siamo grandi, sappiamo entrambi come vanno queste cose, ma concedimi due parole.”
Non posso far altro che invitarlo a continuare con un cenno della mano.
“Non credo sia il caso di fare sciocchezze.”
Sorrido, ma questa volta è colo di circostanza. Questo è il genere di cose che non amo, ma sono ospite e devo stare alle loro regole. Finisco il calice.
“Non credo ci sia da preoccuparsi. Domani parto, non so se, e quando, tornerò da queste parti, purtroppo.”
Il cameriere finisce il suo calice e ci alziamo. Ci stringiamo la mano, due saluti e ci promettiamo di rivederci per cena. Il pomeriggio trascorre lento e placido, tra il sole, la sabbia e l’acqua del mare. Non vi è traccia della ragazza o dei suoi amici; per un momento mi chiedo dove possano essere in questo caldo pomeriggio d’estate. Dopo questo fugace pensiero mi dedico al relax e all’inedia, lasciandomi cullare dal rumore e dal profumo del mare.
Quando mi sveglio, il sole si è avvicinato all’orizzonte, le ombre si allungano e i miei occhi faticano a stare aperti. La spiaggia è più vuota di prima, la quiete regna sovrana. Sembra un paradiso. Giaccio tranquillo a godermi quei momenti di quiete per non so quanto tempo. Domani a quest’ora sarò di rientro a casa, nel caldo e nell’afa della mia città.
Sospiro. È tempo di andare a godermi la mia ultima cena con un pesce squisito.
Tutto va via tranquillo. Il cameriere si rivela cordiale e amichevole come sempre e si attarda a chiacchierare con me nel dopo cena. I suoni del paesino alle spalle, il rumore del mare e dei gabbiani di fronte a me, tutto sotto un cielo stellato, con una leggera brezza e un bicchiere di buon vino in mano, creano un’atmosfera che poche altre volte sono riuscito a sperimentare.
Tra il sole preso durante il pomeriggio e il vino bevuto durante la cena (no, non mi sono fermato ad un bicchiere solo), la mia testa non collabora troppo e tornare alla pensione, alla mia camera, si rivela un viaggio lungo e impegnativo. Tuttavia, mi sono rilassato e riposato e questa piccola vacanza mi ha davvero rigenerato. Posso dire di essere sereno e tranquillo…
Punto la sveglia, mi stendo nel letto, spengo la luce. Buonanotte!
Apro gli occhi. È ancora notte e buio. I miei sensi sono all’erta; qualcosa mi ha svegliato. Silenzio. Mi guardo attorno. Oscurità. Son quasi convinto di essermi sbagliato, quando sento bussare alla porta. È un tocco leggero, delicato, quasi furtivo.
“Chi è?”
Non risponde nessuno. Sospiro. Mi alzo, infilo i pantaloni e mi avvio verso la porta. Per un attimo ripenso alle parole dell’amichetto al bar e del cameriere al ristorante e la mia mente mi proietta scene degne dei migliori film di Hollywood. Scaccio questi pensieri con un sorriso divertito, ma quasi mi prende un colpo quando apro la porta. Lei è lì, davanti a me, in piedi, con quei suoi occhi furbi da cerbiatta che mi guardano.
“Tu qui? Cosa ci fai?”
Un’accoglienza delle migliori…
“So che domani vai via e non avrò altra occasione per ridarti queste…”
Allunga la mano e mi porge le mie scarpe, quelle scomparse. Scuoto la testa. Indossa gli shorts del primo giorno e una maglietta bianca con una vignetta spiritosa. Non posso non chiedermi cos’indossi sotto.
“Perché me le hai rubate?”
“Perché cercavo di attirare la tua attenzione… e la scusa di rivederti.”
“Scusa?”
“Sì. In questo paesino mi conoscono tutti e tutti mi trattano con i guanti, come se fossi una bambola di porcellana che rischia di rompersi…”
“E io che c’entro in tutto questo?”
La vedo arrossire e la trovo ancora più attraente. Vorrei farla mia qui e ora, ma non si può. Forse.
“Tu non mi conosci. Non sai nulla di me, però mi sei piaciuto da subito. Ho pensato che… rubandoti le scarpe ti saresti arrabbiato e non mi avresti trattata con i guanti…”
La guardo. Non so cosa pensare e dire, le sue parole mi lasciano perplesso. È la prima volta che mi trovo in una situazione del genere e mi chiedo…
“Chi mi dice che non sia tutta una presa in giro o un brutto scherzo?”
“Nessuno. Hai solo la mia parola. E il fatto che abbia cercato di attirare la tua attenzione in tutti i modi…”
Sospiro. La sua logica è innegabile.
“Ti assicuro che la mia attenzione l’hai attirata a dovere… anzi, l’hai proprio catturata!”
Sorride, guarda oltre le mie spalle, dentro la camera.
“Mi fa piacere. Allora che ne dici di farmi entrare?”
Ripenso a quanto detto dal cameriere e credo che farla entrare possa essere una pessima idea. Dovrei darle la buonanotte, mandarla a dormire e chiudere queste vacanze. Esito.
È lei a rompere gli indugi. In un attimo mi getta le mani sul petto e mi travolge. Il suo profumo mi riempie le narici, il calore del suo corpo mi avvolge e le nostre labbra si cercano, avide. Con un gesto veloce do un colpo alla porta e la chiudo alle nostre spalle. Le sue mani si muovono veloci e fameliche sul mio corpo, cerca i pantaloni, cerca me. Sono travolto dalla sua foga e indietreggio. Non mi sottraggo al suo contatto, non posso, non ne ho la forza, cerco solo il tempo di riorganizzare le idee. Non me ne lascia il tempo.
Capitomboliamo sul letto e ci separiamo.
“Prendimi.”
Fatico a non ascoltare l’erezione che lei ha scatenato. Si toglie la t-shirt, scoprendo quei piccoli, sodi seni abbronzati coi capezzoli dritti e così invitanti.
“Prendimi, ti prego. Prendimi da farmi male.”
“Non credo sia una buona idea, sai?”
Mi alzo raccogliendo la sua t-shirt e mi avvicino alla porta. Sto facendo la cosa giusta, mi dico, ma lo sforzo è enorme. Lei si alza di scatto dal letto, mi raggiunge e mi strappa la maglietta dalle mani. Mi guarda dritto negli occhi mentre resta lì in piedi, con quei due seni scoperti e così invitanti. Mentirei se dicessi che non mi fa effetto. La guardo e le sorrido.
“Forza, copriti e torna a casa.”
“E se non lo faccio?”
Mi guarda con aria di sfida, dritta e impettita davanti a me.
“Chiamo il proprietario e ti faccio venire a prendere.”
Un attimo dopo il rumore secco della sua mano contro la mia guancia risuona nell’aria. Sento la rabbia salirmi al cervello.
“Che cazzo fai?!”
Mi trattengo e la fisso, alterato e sorpreso. Le renderei volentieri il servizio.
“Non lo faresti. E penso che tu sia gay se non mi vuoi scopare.”
Sto per mettermi a ridere, quando vedo la sua mano partire, pronta a colpirmi ancora. Questa volta non mi lascio sorprendere e le afferro il polso prima che possa toccarmi. La spingo indietro.
“Direi che non è il caso di esagerare ed è il momento dei saluti.”
“Finocchio!”
Senza perdere tempo mi salta addosso e cerca di colpirmi ancora. Come poco prima, le afferro il polso prima che possa colpirmi. Ci prova con l’altra mano. La spingo contro il muro, portandole un braccio dietro la schiena facendola girare su se stessa. Non voglio altre sorprese e la blocco lì, faccia e capezzoli contro il muro.
“Forza, prendimi! Qui mi trattano tutti con i guanti. Io voglio essere presa, scopata!”
“Sei una bambina viziata, ecco cosa sei!”
Prova a ribellarsi, a liberarsi, ma io la tengo ferma con un braccio piegato dietro la schiena sfruttando il mio peso. Il suo profumo mi riempie le narici, il suo calore mi avvolge. Sono sicuro che senta l’erezione che mi provoca contro le sue natiche.
“E a te non piacciono le ragazze!”
Si ribella ancora, cerca di colpirmi con il tallone, ma ottiene ben poco. Spingo il mio ginocchio tra le sue gambe. Non può più muoversi. Il tono della sua voce è provocatorio e irritante. Siamo in stallo. Io lo so, lei lo sa.
“E adesso che fai?”
Basta remore, giochiamo. Spingo il mio ginocchio verso l’altro, contro il suo sesso. La sento sussultare.
“Adesso, signorina, vediamo se godi davvero ad essere maltrattata.”
Con un colpo secco la mano libera le colpisce un gluteo riempiendo la camera con un bel suono pieno e la ragazza si lascia scappare un urletto. Le stringo la natica, soda e piena, nella mano e la costringo a muovere il bacino contro il mio ginocchio. Appoggia la fronte al muro e la sento sospirare.
“Forza, strusciati.”
Non dice nulla, ma sento i suoi muscoli, delle cosce così come della schiena, iniziare a lavorare. Il suo sesso sfrega contro la mia gamba. La mia erezione è potente in questo momento. Vederla contrarre e rilassare i muscoli per muoversi contro di me è uno spettacolo che lascia senza parole. La mia mano scivola sulla sua pancia, si infila tra i suoi addominali e la parete. Devo sfruttare i momenti in cui spinge indietro il bacino per riuscire a muovere la mano come voglio. È una gran fatica, è vero, ma solo così riesco a slacciarle gli shorts senza interrompere i suoi movimenti. Mollo la presa che ho su di lei con l’idea precisa di toglierle di dosso quel poco che ancora indossa. Un momento dopo il suo sedere è lì, tondo e abbronzato, spinto indietro dalla ragazza.
La mia mano la colpisce con il palmo e lei sussulta, piegando il capo. Un altro colpo. Ne segue subito un terzo, secco e deciso. Lei apre la bocca e apre gli occhi, ma senza emettere un suono. La guardo. Le sue gambe lunghe e affusolate sono un affascinante anticipo a quel sedere così seducente e alle labbra del suo sesso, lucide. La colpisco ancora. Sento l’impatto della sua natica contro il mio palmo. Lei sospira. Un altro colpo e un altro ancora. Il suono degli schiaffi risuona tra queste quattro pareti con una nota così eccitante… cambio mano e la colpisco più forte di prima.
“Aaaaah…”
Abbassa il capo. Questa volta ha sofferto davvero. Il suo sesso schiuma e cola. Posso vedere i suoi umori raccogliersi sulle labbra e iniziare a scivolare giù, lungo l’interno coscia. Li raccolgo lentamente con un dito, le sfioro il sesso gonfio di desiderio e le porto l’indice alla bocca.
“Lecca.”
Apre la bocca, spinge fuori la lingua e inizia a leccarmi il dito, pulendolo dai suoi stessi umori.
“Ti piace?”
Annuisce con il capo.
“Ti ho fatto male?”
Annuisce ancora. La colpisco ancora una volta, con la mano libera. Ma questa volta non torno indietro, resto fermo lì, contro la sua pelle ancora più calda, così sensuale e provocante. Ho voglia di morderla. Quando la colpisco, questa volta, sento la sua voce e so di averla colpita bene. Due dita affondano dentro il suo sesso fradicio senza tanti complimenti e affondano nella sua carne tenera senza nessuno sforzo, tanto è bagnata. Il suo sospiro è pura lussuria. Ogni movimento delle mie dita dentro di lei provoca ondate di puro piacere, in lei così come in me. Quando le lascio scivolare fuori, la ragazza si lascia andare a un triste miagolio, subito sostituito da nuovi gemiti di piacere quando affondo nuovamente in lei. Gioco con lei per tutto il tempo che voglio. Ne ascolto i gemiti, i sospiri e il piacere. Gioco con il suo corpo più intimo e, per quel poco tempo che mi viene concesso, cerco di esplorarne le sfumature.
“Di più… prendimi…”
La sua voce è una trama seducente.
Affondo, se possibile, le dita ancor più dentro di lei. Nel profondo del suo intimo, muovo le punte delle dita come se disegnassi un cerchio. Le sue gambe cedono, con le mani si aggrappa alla parete. Ansima.
“Oddio…”
Lo faccio ancora. Esco da lei, scivolo dentro e muovo le dita nella sua carne. La sento tremare di piacere, spinge il bacino indietro e le ginocchia le cedono. La sorreggo.
“Non ne posso più… prendimi… ti prego…”
Ma ho altro in mente. Estraggo le dita e ne faccio entrare tre. Il suo sesso schiuma, la mia mano è coperta dei suoi umori. Gioco così con il suo corpo fin quando anche lei asseconda i miei movimenti, gode, la sento godere e allora, solo allora, mi fermo.
“Noooo…”
È un attimo. Mi libero dei vestiti e mi metto dietro di lei. È indubbio che sia una bella ragazza e attiri sguardi come api sul miele. Le appoggio una mano in fondo alla schiena, facendola piegare ancor di più. Tutto il suo sedere è esposto. La sua fighetta rosa, morbida e depilata è esposta e sembra pulsare.
Le faccio aprire le gambe.
“Vuoi che ti tratti male?”
Gira il viso e mi guarda con quei suoi due occhioni da cerbiatta pieni di voglia e desiderio.
“Sì…”
Con una mano le accarezzo lentamente la schiena come si fa con un purosangue.
“Vuoi che ti faccia male?”
“Sì…”
La mia mano sale fino alla base del suo collo, e poi scende, sfiorando la sua pelle e regalandole un brivido di piacere. Il contatto si interrompe per un lungo istante prima che la mia mano la colpisca direttamente sul sesso.
“Aaaaaah!”
Grida e sussulta, per la sorpresa e per il dolore, e si lascia andare ad un urletto che, lo ammetto, ha un effetto notevole su di me. China il capo e sento la sua voce carica di puro erotismo.
“Ancora…”
La colpisco ancora. Ogni volta l’impatto della mia mano sul suo sesso è accompagnato dallo sciacquettio dei suoi umori abbondanti che colano.
“Ahi!”
La sua voce, con quell’inflessione tra dolore e piacere, è estremamente seducente ed eccitante. Alzo la mano e la colpisco un’altra volta.
“AH!!”
Forse questa volta ho esagerato, ma lo spettacolo è incredibile. Le sue natiche, rosse, il sesso che cola e la sua voce seducente…
È un attimo. Entro dentro di lei con un unico affondo e mi fermo solo quando mi sento ben saldo nella sua carne. È una sensazione unica e la ragazza, alla penetrazione, spalanca la bocca in un grido silenzioso.

L’asfalto sparisce veloce sotto la mia auto, mentre percorro l’autostrada verso casa. Ho ancora la sua voce, i suoi sospiri, i suoi gemiti nella mente e il suo profumo nelle narici. Dal momento in cui l’ho presa, facendola mia, il tempo si è fatto privo di significato e tutto ha perso dettagli e contorni. Quello che importava era il suo piacere, il suo sguardo soddisfatto, felice, appagato. È stato un amplesso animalesco, violento e impetuoso. Quando mi diressi verso quel piccolo paese nel pomeriggio di venerdì non mi aspettavo certo tutto questo. È stata una strana e surreale sorpresa che ricorderò a lungo.
Mentre guido, con l’autoradio che suona un pezzo dei Guns in sottofondo, penso al suo viso, appagato e soddisfatto, mentre si addormentava sulle mie gambe. Non l’ho più vista. Trovai un biglietto vicino al mio telefono, unica prova tangibile che non avevo sognato tutto.
Le vacanze sono finite. È ora di tornare alla quotidiana realtà.

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