Alexia

Scritto da , il 2019-03-31, genere pulp

John Duncan era da sempre un grande appassionato di tecnologia.
Era anche un professionista free-lance, a volte lavorava per il governo degli Stati Uniti, altre volte per clienti privati, l’unica variabile che gli avrebbe fatto accettare o meno un lavoro era la cifra.
Duncan era un killer a pagamento.
Quando a chiedergli di uccidere qualcuno era il governo degli Stati Uniti il suo lavoro costava un po’ di più, del resto sarebbe stato sicuramente più sporco.
Tutto sommato a lui non interessava se fosse giusto o sbagliato togliere di mezzo la persona che gli veniva indicata di volta in volta, per lui era solo un target, un bersaglio.
Lui era uno dei migliori, portava sempre a termine il suo contratto, e lo faceva al meglio, sempre all’avanguardia dal punto di vista tecnologico.
Aveva cessato da almeno cinque anni di usare armi da sparo o peggio ancora esplosivi.
Ormai utilizzava esclusivamente droni.
Li costruiva da solo, sempre più sofisticati, sempre più micidiali, si avvicinavano alle vittime silenziosi e letali e sparavano dei microscopici proiettili o iniettavano veleni e se ne andavano senza lasciare alcuna traccia del loro passaggio.
Quella sera stava tornando in hotel proprio dopo aver lanciato una delle sue trappole mortali.
Il minuscolo drone aveva appena ucciso un ricchissimo trafficante di droga sudamericano, gli si era avvicinato volando, con un leggero ronzio, come fosse un calabrone qualsiasi e gli aveva sparato nell’orecchio un piccolissimo proiettile esplosivo che gli aveva spappolato il cervello.
In questo caso delle tracce erano rimaste, ma era proprio quello che il cliente voleva.
L’assassinio doveva essere un avvertimento per gli eventuali successori del trafficante.
Mai cercare di fregare la Cia per non pagare la giusta mazzetta a chi di dovere.

Il killer, dopo aver riposto il suo fedele servitore cibernetico in una custodia imbottita, era rientrato in hotel e se ne stava seduto al lussuoso bar dell’albergo ad aspettare Alexia.
L’aveva conosciuta la sera prima, di ritorno dal giro esplorativo con cui aveva preso visione del luogo in cui oggi aveva sganciato il suo attacco mortale.
Nonostante fosse di una bellezza da togliere il fiato, John non aveva voluto distrazioni per quella notte, e dopo averla portata a cena nel miglior ristorante della città, le aveva augurato la buona notte limitandosi ad un breve bacio sul collo.
“Chissà”, si chiedeva, “magari pensa che io sia un gentiluomo d’altri tempi”.
Invece era esclusivamente un fatto pratico, una questione di serietà professionale.
Nulla e nessuno avrebbero mai interferito con un lavoro, nemmeno la più bella donna del mondo.
Adesso era tutta un’altra storia, il contratto era stato onorato in modo impeccabile, come sempre del resto, e poteva finalmente dedicarsi all’altra sua passione, le belle donne.
Eccola, avanzava ancheggiando leggermente tra i tavoli del bar, sicura della sua bellezza, facendo girare le teste di tutti gli uomini presenti e persino di qualche donna.
John si alzò per riceverla e farla accomandare al piccolo tavolo.
Dio, sembrava ancora più bella di ieri sera.
Indossava un elegantissimo vestito nero di Armani.
I capelli biondi ma con qualche riflesso ramato si appoggiavano morbidi sulle spalle nude.
Il seno, faceva capolino dalla scollatura, e nonostante non fosse più quello di una ragazzina, non dava nessun segno di cedimento.
Anche la pelle era perfetta, rosea e compatta, segno di attività fisica e di una grande cura del proprio corpo.
Gli occhi verde chiaro, con alcune pagliuzze d’oro, ti guardavano senza nessun imbarazzo, scandagliandoti fin nel profondo, facendoti sentire quasi come se fossi tu la preda e non lei.
La cena e la prima parte della serata passarono velocissime e in modo piacevole, e i due si ritrovarono presto praticamente nudi nel comodo letto king-size della camera della donna.
John le allargò le gambe e portò il viso verso il perizoma trasparente, ci alitò sopra per farla eccitare con il fiato caldo e poi le diede un lungo e lentissimo colpo di lingua attraverso il leggerissimo tessuto.
Sentì la donna fremere per l’eccitazione.
Con il dito indice scostò un lembo del perizoma in modo da poterla leccare agevolmente.
Alexia rispose con un lungo gemito quando la lingua dell’uomo le separò le labbra della figa per accedere al suo scrigno di carne e alla piccola perla di sensibilità che si trovava poco più sopra.
Le diede una serie di colpi di lingua facendola uggiolare come una cagna.
Sentì le dita della donna che lo afferravano per i capelli e che lo tiravano fortemente verso di lei, pensò che fosse molto eccitata, del resto lui era un mago con la lingua.
Poi mentre le cosce di Alexia lo serravamo in una morsa d’acciaio udì uno strano click provenire dall’interno della vagina e con orrore vide due sottili tentacoli metallici uscirne e avvolgersi attorno al suo collo come fossero le spire di un serpente, provò a liberarsi ma sia le cosce della donna sia le mani che lo bloccavano sembravano improvvisamente diventate d’acciaio.
Non ci fu nulla da fare, le spire metalliche si serrarono intorno alla sua gola strangolandolo velocemente.
Mentre la vita gli sfuggiva e la vista si annebbiava, fece ancora in tempo a vedere gli occhi di Alexia mandare un lampo rosso, poi più nulla.
Quando fu tutto finito e la vita ebbe abbandonato definitivamente il killer, i sottili tentacoli metallici si svolsero dalla sua gola e si ritirarono dentro la vagina della donna.
Alexia scattò una serie di foto del morto attraverso una piccola telecamera che si trovava dietro la cornea dell’occhio sinistro e si collegò con il wi-fi dell’albergo, mandando le immagini del cadavere al suo padrone.
Poi si rivestì lentamente e abbandonò la stanza.

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