Oblivion

Scritto da , il 2018-12-23, genere etero

Il cuore questa sera corre più dei miei piedi. Scendo di fretta la ripida discesa del caffè letterario, aspettando solo di girare l'angolo e scovare i suoi riccioli tra un mare di allievi. Nonostante l'aspetto, la sua bellezza imperfetta mi accorcia il respiro. Saluto velocemente Patrizia in cassa, e dopo essermi tolta un decisamente poco attraente cappotto, mi avvio verso la sala a vetri dove stà facendo lezione con lei, l'incubus che il gossip chiacchera come nuova fiamma. Mi scuso con l'Universo per aver peccato di gelosia e giro l'angolo per il bagno, dopo esser stata accarezzata da una sua rapidissima occhiata. Occhi marroni, profondi, incrociano i miei. Il cuore salta un battito.

Mi fermo davanti allo specchio, ed osservo le mie iridi. Verde oliva. Semplici e piene di significato. Mi chino, inarcando la schiena e puntando un piede a terra: il mio corpo disegna un meraviglioso arabesco, dalla rotondità delle natiche ai boccoli sulle spalle. Se ci fosse un uomo, non perderebbe un secondo per osservare il triangolino bianco evaso dalla gonna. Sfilo il rossetto dalla tasca. Mentre passo il pennello sulle labbra, passo la punta della lingua tra i denti con finta noncuranza, pensando a quanto uno possa eccitarsi nell'immaginarla arrotolata sulla sua cappella. Vorrei rovinare la perfezione di questa bocca di rosa sui suoi slip. Stò passando il lucido, quando un nuovo profumo si aggiunge nella stanza. Sudore. Traccio un piccolo arco con lo sguardo fino alla porta, ed oltre lo spiraglio, in un campo di penombra, una linea di luce lo illumina. Paco è in piedi, nascosto nella privacy del corridoio, con la maniglia in una mano e la bocca aperta in una vocale di stupore. Non entra? Mi guarda rapito, chissà se si è accorto che l'ho notato. Vuole spiarmi? Va bene, sia il gioco allora. Richiudo il rossetto e penso ai capelli. Li raccolgo nel mio consueto chignon, per togliere tutto il bello dell'immaginazione e lasciare la schiena libera dalla carezza dei miei ricci. Alzo le braccia, giro la vita. L'abito ha una profondissima scollatura sulla schiena. Mi giro, e mi diverto a vedere le ombre tra i muscoli contratti. Memènto per me: ricordarsi di dare una sostanziosa mancia alla sarta. Lui è sempre lì, col petto aperto e dilatato. Non parla e mi osserva. Si fa serio. Parlami, dì qualcosa! Nulla: resta incantato dal mio sortilegio. Quant'è passato? Dimmi quale parte di me ti fa mancare l'aria. Mi eccita questa stàsi, ma vorrei... Faccio un passo indietro per recuperare l'uscita verso di lui, ma con due passi è già dentro l'ombra. Lentamente prendo il corridoio, e lo trovo lì, tra le braccia di quel demone assatanato della sua muher.

Sbuffo.

Individuo facilmente Tonino. Fra un mucchio di uomini sciatti e ripuliti alla meno peggio, lui è quello con i capelli sempre lucidi di brillantina. Impeccabile nel suo abito anni '40, mi saluta con un bacio sulla guancia. Perde poco tempo, e alle prime note di Calò è già in pista senza nemmeno cambiarsi le scarpe. Abbraccio stretto, strettissimo. Mi marca come un toro, in una sequenza lunghissima di ganchos y sacadas: le sue armi da battaglia. Stargli dietro è un tormento, però... però non ne posso fare a meno. Eccelle in quelle coreografie poco adatte ad una fiera di principianti da milonga. Balla come se fosse su un palco, rischiando più e più volte di mandarmi sotto il tacco di qualche coppia, che disgraziatamente si trova sulla sua traiettoria. "Non guardare gli altri che mi incazzo", mi rimprovera. Va bene, ma intanto i lividi me li prendo io. Si concentra, e quando aggrotta le sopracciglia è un tuffo nel passato. Il fumo di un sigaro, il profumo del mate, una stilografica consunta. E' un personaggio trapiantato nel nuovo secolo direttamente dagli anni d'oro del tango. Un tanguero professionista, o solo un appassionato. Chissà chi era stato in una vita precedente. Eppure, la morte non ha diviso le due vite che le note tengono ancora annodate insieme tra battute, completi gessati sartoriali e colonia francese. Balliamo in senso antiorario per rubare secondi alle lancette dell'orologio per diventare immortali, in questo magico mondo col pavimento di legno. Inspiro l'aria che viene direttamente dalle sue labbra: odore dolciastro di succo d'arancia. Non tocca mai una goccia d'alcool quando è in pista, a differenza di me, che ho sempre bisogno di uno chardonnay per annegare l'ansia. Ho la testa leggera, e provo ad osare. Approfitto di una tanda moderna per azzardare qualcosa di diverso. Prendiamo distanza. Lui è già in posizione: mi aspetta. Mezzo giro felino e sono alle sue spalle. Lo sento mugugnare: non gli piace. Porta il peso sulla gamba destra, allunga la sinistra. Vuole farmi passare. Che spalle! Scavalco e nel tempo di una battuta sono in posizione frontale. Lui apre il petto e le braccia per accogliere il mio abbraccio ma io no, non ho voglia. Adesso si gioca. Cingo la sua cintura con entrambe le mani, appoggio i seni al petto e la fronte alla sua. Consumo battute preziose. Lo bacio all'angolo della bocca. Non se lo aspetta e mi sorride. "Dai su, che poi mi fai venire voglia", incalza. Cedo al suo charme e mi lascio guidare. Apertura all'americana (strano!), frontale, ocho indietro e gancho. Ti pareva, e come ti sbagli. Seminiamo un paio di coppie che si attardano su loro stessi, sfioriamo una colonna e ci guadagnamo un posto al centro della pista. Adesso è la follia. E' ispirato, e mi marca in figure di alto livello. Seguo con difficoltà, ma ... lo adoro. Mi fa sentire la miglior ballerina della città, sensuale, attenta, preparata. Io, che non mi posso neanche permettere mezza lezione. Tutti questi occhi che ci guardano, neanche mi interessano. Tutti, tranne i suoi.
Paco è lì, con lei tra le braccia. Balla ma non la segue, è distratto da noi. Ci guarda, mi guarda. Ha gli occhi brillanti. Cosa pensi? Perchè non sei entrato in bagno? Mi avevi, eravamo soli. Un occhio a lei, un occhio a noi, a me. Quest'attesa è snervante.

Patrizia prende il microfono dopo pochi minuti, ed annuncia l'esibizione di Paco. Compare truccato da clown, infagottato in un buffo tranch troppo grande per lui. Balla, fa del mimo.E' esilerante ed il pubblico impazzisce per lui. Io rido ed applaudo, sono rapita: è coinvolgente. I flashes dei fotografi non gli danno pace. Tutti lo adorano, io lo adoro! Finito lo show si ritira in camerino, superando un muro di fans. Mi guarda e lascia la porta socchiusa. Non ci credo! devo approfittarne. Alle prime note della tanda, striscio ad occhi bassi verso il bancone del bar. dico sorridendo al barista. Relax freddo e liquido, mi serve proprio per divertirmi? Sbircio la penombra della sala, sperando di trovare la cavalla impegnata nel punto più lontano possibile da Paco. Stà ballando con i suoi allievi! Sant'Antonio ha fatto la grazia! Stringo il bicchiere così forte, che quasi si sbriciola nelle mani. Intingo le labbra per un lungo sorso, che annega i pensieri e scioglie le inibizioni. Sfuggo a qualche cavaliere che mi vorrebbe per sè, e mi infilo in camerino. Penombra. Sul tavolo una cena appena assaggiata, ed una torta al cioccolato ancora da iniziare.



risponde, venendomi incontro.

Mi abbraccia: odora di sudore e trucco. Mi cinge in un abbraccio strettissimo. Lo sento inspirare profondamente dai miei capelli. Fa' un passo all'indietro senza lasciarmi, allunga un braccio e gira la chiave nella toppa. Sono fregata. Alzo il calice per offrirgli da bere; con un sorso lunghissimo finisce tutto il vino. Mi lasci senza coraggio? Taglia una fetta di torta a metà, e me ne offre un pezzo. Rifiuto: il cioccolato tra i denti non è l'ideale per trescare. Dagli altoparlanti colano le note del Quinteto Schissi: magiche, misteriose, potenti... il "Tango numero 4". Mi porge una mano in segno d'invito. Balliamo. Sentire che lui è presente in quell'attimo, con gli occhi chiusi, il respiro rilassato, è una poesia che lo stile di Tonino non mi ha mai regalato. Salida Basica e camminata. Camminiamo, camminiamo e basta. Passi semplici e puliti a ritmo di musica, lui è rapito dal ritmo. Passa vicino al tavolo ed apre l'abbraccio. Balla alla Gavito? Prende qualcosa che per un attimo tintinna contro il piatto. Cos'è? Marca un giro e...sbam! Sbatto contro il muro. Stò per mandarlo a quel "famosissimo paese", quando la lama di un coltello brilla nel suo pugno. Gelo. Non mi muovo. Non posso. Germàn è su di me, mantiene ancora il nostro abbraccio. Però non ho paura, c'è qualcosa negli occhi, nel suo sorriso, nel suo sesso. E' eccitato, e preme il pube contro il mio ventre. L'eco dei miei battiti è così forte, che annulla completamente la musica. Tutto è ovattato, tutto è in penombra. Fa' così caldo. Stringo il suo polso e cerco di allontanarlo: non riesco. Si porta la lama alla bocca, la lecca. Che gioco è questo? Mi afferra la nuca e tira i capelli, costringendomi ad inarcare il collo. , mi dice all'orecchio. Così serio, così eccitato. Butto alle spalle le ultime inibizioni e dico di sì. Con la punta del coltello traccia una linea di piacere, saliva e cioccolata dalla guancia all'incavo dei seni. Mi bacia, mi lecca e poi mi sputa in faccia una miscela di saliva e vino, solo per il gusto di succhiarla di nuovo. Il coltello non abbandona la mia carne, e con un giro di polso si fa strada sotto il vestito. Passa nel collant. Strap! Il nylon si ritira immediatamente lasciando il ventre coperto solo da pizzo bianco. Mi gira. Sono con la faccia contro il muro. Sento accarezzarmi le natiche: ha le mani morbide come le donne. Cinge la mia intimità con entrambe le mani, solleticando il clitoride sotto la stoffa. Sono un lago di piacere, gli umori scorrono in due linee umide tra le gambe. La fibbia della cintura mi graffia. Ansima. Mi bacia la nuca. Vuole entrare dentro di me. Si attarda sul grilletto fino a che soffoco a fatica un grido di piacere. Un orgasmo veloce e potente mi fa tremare le gambe, sono debole e cado in ginocchio.

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