Due giorni

Scritto da , il 2018-09-20, genere etero

1

Dieci anni di matrimonio. Dieci giorni senza scopare.

Ieri sera è uscita, con le amiche, quelle di sempre. Prima si è chiusa in stanza per prepararsi mentre io sistemavo alcune cose. Si è affacciata per salutarmi, per chiedermi come stava vestita in quel modo. Stava bene, benissimo. Si poteva vedere il bordo delle calze autoreggenti apparire dalla gonna stretta, se si fosse seduta in un certo modo. Quel modo che mi ha mostrato. Si poteva vedere parte della forma del seno, se si fosse piegata in avanti un certo modo, apparire dai bottoni lasciati aperti. Quel modo che mi ha mostrato. “Sei eccitante”. Ha sorriso, con quel suo modo, quel modo che mi ha mostrato una volta di più, dopo tanto tempo.
Hanno suonato alla porta, è scesa, dopo avermi salutato. “Forse faccio un po’ tardi”.
Ho passato la prima parte della serata a ipotizzare, a farmi delle idee su cosa avesse davvero in mente uscendo così, su dove sarebbe andata, su cosa avrebbe fatto. Poi ho smesso, qualche bicchiere di vino, due sigarette. Poi un sms: “tardo, ma se sei sveglio…”. Ho aspettato. Ha tardato. Ero sveglio, già nel letto. L’ho sentita andare in bagno. Poi è entrata in camera. “Ciao”. Ho abbassato il libro che stavo tenendo davanti agli occhi, solo un po’. Le ho sorriso. “Vi siete divertite?”. Ha tolto la camicia bianca aprendo bottone per bottone. Ha tolto il reggiseno, guardandomi. Ha sfilato la gonna. Non aveva le mutandine. È rimasta così qualche secondo, per farmi guardare, per farmi eccitare. Ancora di più. Poi ha sfilato le calze, una per volta, lentamente. Si è avvicinata, mi ha tolto il libro dalle mani e lo ha posato per terra, ha sfilato i pantaloni di cotone che indossavo, mi ha tolto la maglietta. Mi ha guardato ancora un attimo, nudo, sdraiato davanti a lei. Nuda, in piedi davanti a me. È salita sul letto, mettendosi a cavalcioni sulle mie gambe, per farmi sentire il calore della sua fica. Ha sfiorato il mio cazzo con le dita. Sfiorato e basta. Poi è risalita. Passando sopra tutto il mio corpo, sfiorandolo appena ogni tanto. Guardandomi negli occhi. In quel modo. Quel modo che mi ha mostrato. È salita fino a trovarsi la mia bocca tra le gambe. Con le mani ha preso la mia testa. Ho cominciato a leccarla. Bagnata. Molto. Buona. Molto. Calda. Molto. Si è presa la mia lingua, le mie labbra. Si è presa l’orgasmo. Se lo è preso tutto, fino in fondo, me lo ha fatto sentire. Tutto. Poi è tornata indietro, lentamente. Scendendo sul mio corpo. Fino a tornare con il calore della sua fica sulle gambe strette. Su una coscia. Ha messo le mani sul mio cazzo. Molto lentamente. Ha cominciate a muoverle, con gli occhi sui miei. E si è presa anche il mio. Orgasmo. Glielo ho fatto sentire.
Mi ha rimesso i pantaloni e la maglietta, ha indossato i suoi e si è sdraiata accanto a me. Un bacio con le labbra calde.

“Ci siamo divertite molto”

2

La giornata è andata via normalmente. Sveglia, saluti, vestirsi di corsa. Nemmeno il tempo di ripensare a quanto successo ieri. Solo un’aria di tranquillità. All’ora di pranzo le mando un sms proviamo a vedere se vengono a cena G. e P.?. Due amici recentemente conosciuti, abitano piuttosto vicini, ci troviamo bene con loro.. “Però devi preparare tu qualcosa, io farò tardi al lavoro e arriverò appena in tempo per una doccia”. Accettano Riesco a liberarmi un’ora prima dal lavoro per passare a comprare qualcosa. La tabaccaia è da parecchio tempo una mia passione nemmeno troppo nascosta, la scruto, le sorrido, la desidero. Lei lo sa e fa altrettanto. Passiamo alcuni minuti a parlare, ogni volta che passo da lei non di fretta. Sarebbe bello passarle una mano sulla schiena un giorno, prima di baciarle il collo.
Cucino, preparo la tavola, sistemo. Arriva lei. Sorridente, felice. Si spoglia mentre mi chiede cosa ho preparato. La guardo nello specchio nuda che apre l’acqua della doccia per farla scorrere. Il cazzo mi diventa duro. Rimango a guardarla farsi la doccia. Dopo cena ti scopo.
Suonano, sono già qui. Termina la doccia e comincia ad asciugarsi i capelli. Quando arrivano in casa, esce dal bagno per salutarli, indossa solo l’accappatoio. Un saluto veloce e va a finire di prepararsi. Torna dopo qualche minuto vestita con un pantacollant e un maglione ampio sopra. La cena è buona, ci divertiamo, beviamo parecchio. Vino buono. Vado al bagno a un certo punto. Sento bussare, è lei, apro. Entra. “Devo fare pipì”, dice abbassando i pantacollant. Non hai messo niente sotto… “No, pensavo al dopo cena”, risponde. Esce dal bagno. Rimango ancora un attimo poi vado anche io. Ricominciamo a bere. La coppia di amici è su di giri. Scherzano, ridono, vino. Accennano vagamente a quanto gli piace tornare a casa dopo serate come queste, con la voglia che gli mette addosso il bere qualche bicchiere in più. Sorrisi. Mi cresce ancora di più la voglia. Guardo l’amica. Sorrido. Sorride. Mi guarda. Lei parla, ride. Si diverte molto, sembra.
Si è fatto tardi, ci salutiamo, G. e P. vanno via. Prendo altri due bicchieri di vino. La guardo, le passo il suo. Mi avvicino, le tolgo i pantacollant e la faccio appoggiare al tavolo. Beve un sorso, guastandolo.
“Ieri sera ho fatto un po’ la scema”. Avvicino la mia bocca alla sua, le lecco le labbra che sanno di rosso. Appoggio le mie gambe alle sue, con le mani la aiuto a sedersi sul bordo del tavolo. Cosce tra le mani. “Ho cazzeggiato con il proprietario del locale. Mi guardava da un po’”. Lingua sulla sua, sento il sapore entrarmi in gola. Con una mano apro i miei pantaloni, con l’altra entro sotto il maglione largo. Vado sul seno. Prendo il capezzolo tra le dita. Lo stringo mentre la voce si fa più debole e calda. “Ho capito che gli era piaciuto il modo in cui mie ero seduta, dopo essere andata a chiedere un’altra bottiglia al banco, ho sentito il suo sguardo addosso. È stato simpatico, si è seduto un po’ con noi. Con me, direi”. Faccio uscire il cazzo dalle mutande, i pantaloni vanno giù, li lascio cadere e li sfilo. Tolgo la camicia.
- Continua - “Mi sono divertita a giocare con gli sguardi, qualche doppio senso poco esplicito, sai com’è, le altre stavano al gioco quando intervenivano, ma più che altro ci hanno lasciati fare…” Metto la mano tra le sue gambe, la voglio sentire prima. La voglio sentire così bagnata. Chiude gli occhi, chiude la bocca, la riapre, cerca la mia, sente la mia lingua, le mie labbra. La guardo così, seduta, con la mia mano tra le gambe, le mie dita che scorrono, che toccano, che entrano poco a poco.
Le sue parole si confondono ma arrivano ancora. Più lente, meno frequenti. Il viso cambia espressione. Chiede di essere scopata. Chiedo di scoparla con lo sguardo. Stringo il seno ancora di più. Prendo il cazzo in mano e lo avvicino. La sfioro. Con la punta. Giro intorno. Tocco, appoggio, sposto, sento.
- Continua. - “Quando non mi guardava negli occhi guardava le mie labbra, guardava le gambe, guardava l’apertura della camicia. Appena lo guardavo, rialzava lo sguardo. Era divertente sapere che lo faceva”. La prendo, la faccio scendere, la giro, la faccio appoggiare con le mani sul tavolo. Guardo quel culo, alzo il maglione che ne copre parte. Una mano sulla schiena, la spingo in avanti. L’altra tra le gambe. Avvicino e rimango ancora a toccare con la punta. Poi entro. Piano. Piano. Entro poco a poco dentro di lei. Ora le parole sono poche, diradate.
- Come hai detto che è stato? Divertente? - “Sì, divertente”. Spingo.
- Come? Divertente? - “Sì… ” Spingo ancora, tutto. Mano sul culo, cazzo tra le gambe. Stringo. Spingo e stringo.
- Come è stato? - “Eccitante…”
eccitante… “Sì, molto. Molto eccitante…” Sì. Sbattere, spingere, stringere, sentire, godere. “Mi ha lasciato il numero”. Spingo ancora. Di più, fino in fondo. Muovo, tutto. Dentro.
- Che ci farai? - “Non so non lo so”.
Un bicchiere cade in terra. Godo. Gode.

Non lo so.

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