Liliana

Scritto da , il 2018-06-02, genere etero

Era una stanza buia, ma scostando le tende si potevano vedere le luci di fuori. Sentivo delle voci, delle risate, tutte le persone che erano giù, in strada, a divertirsi.
Appoggiato allo schienale del letto, con gli occhi stanchi, affaticati dalla lettura, dal sonno, leggevo "il libro di sabbia" di Jorge Luis Borges. Ricordo che mi colpì un racconto, si chiamava "Ulrica". Veniva descritta in un'atmosfera surreale l'incontro di un uomo con una donna. Tutto si conclude poi con un rapporto sessuale e la scoperta che la donna non era altro che un sogno.
Il racconto mi gettò nel malumore, vedevo me stesso nel protagonista, io che vivo nei libri, tra storie ed inganni, fino a confondere il reale con il fasullo.
Iniziai per la prima volta a percepire lo squallore della mia vita libresca. Fu come se improvvisamente fosse caduto un velo, come se avessi scoperto il trucco della letteratura. Niente mi affascinava più, le parole dei poeti, degli scrittori, non avevano su di me più alcun effetto; era tutto finito.
Decisi, d'impulso, di gettarmi in strada, tra le persone, con la speranza di conoscere qualcuno.
Si sentiva la musica già da lontano, l'estate era alle porte, e i dj pompavano quelle canzonacce spagnole che odio. "Fa niente" pensai, "questa sera me le farò piacere".
Entrai in un bar dove vidi movimento, mi sedetti vicino al bancone. Dopo aver ordinato un drink, con un certo imbarazzo, dal momento che non ne conoscevo nessuno, presi a guardarmi un po' intorno.
Ragazzi e ragazze da tutte le parti, legati stretti, lingue che si intrecciano, sguardo perso. V'erano poi alcune ragazzine giovani, forse ancora del liceo, e le guardai con curiosità. Le trovavo molto più sensuali di quelle più grandi. È vero, premetto, che sono un ragazzo del liceo anche io, quindi in un certo senso è normale che preferisca le mie coetanee; tuttavia la differenza che intendo far notare, che le conferisce maggiore bellezza, o mistero, come se poi non fossero la stessa cosa, era la loro timidezza, il loro pudore femmineo provocato dall'inesperienza.
Tra qualche anno, avranno anche loro perso quel fascino, come tutte le ragazze più grandi.
Una ragazza scura di pelle, Liliana, stava ordinando un drink, a solo qualche passo da me. Mi ricordai d'averla vista a scuola, d'averci anche parlato una volta, per qualcosa che riguardava la lezione di inglese, mi pare, così mi avvicinai e le diedi a parlare.
Sembrò contenta di vedermi, prese a raccontarmi un sacco di cose, come se ci conoscessimo da sempre, e si interrompeva solo per tirare un sorso dalla cannuccia. Io ovviamente ricaddi a parlare di libri. Fortunatamente scoprii che anche lei era una lettriche accanita, dunque non le risultai pesante.
Insomma, dopo aver chiacchierato, la invito a ballare, ma lei mi dice che non le va, non ama ballare, ed in più non lo sa fare neanche bene; decidiamo così di uscire, di farci un giro.

- L'altro giorno, quando a scuola hanno sradicato l'abete ci sono rimasta malissimo, ci ero molto affezionata. Io e le mie amiche, non so se le conosci, quelle che stavano con me pure dentro, le hai viste? Comunque ci sedevamo lì sotto, parlavano dei libri e dei film... in genere decidiamo di leggere lo stesso libro, tutte insieme, così poi ne parliamo... ora dobbiamo trovare un nuovo posto. Ti piace John Green?
- Bleah - feci sorridendo - io leggo roba seria.
- E quale sarebbe questa "roba seria"?
- Non so, per esempio Borges... oppure mi piacciono molto i romanzi di Dostoevskij; ma leggo anche saggistica, tipo mi sono letto Rousseau ultimamente.
E continuammo così per un po', con lei che cercava di convincermi a leggere Green, ed io di convincerla a leggere Dostoevskij. Poi, come preso da una spavalderia improvvisa, la invitai a salire a casa. Sorprendentemente accettò.
Le offrii da bere, poi la condussi in stanza, invitandola a fare piano per non svegliare i miei genitori. Lei ridacchiando mi seguì, ed arrivati si gettò sul letto, con innocenza. Prese a rovistare nella mia libreria, e lesse "le copule e gli specchi sono abominevoli, perché moltiplicano il numero degli uomini". Non capii bene perché, ma scoppiò a ridere.
Con lentezza, le avvicinai le labbra, e presi a baciarla, cingendole la schiena. Ero tremendamente impacciato, fortuna che lei era brilla, così non avrebbe ricordato il mio imbarazzo. Lei prese a sfilarsi la maglietta, ed io restai un attimo perplesso; non pensavo fosse così facile.
Mi slacciai il pantalone, tirai fuori il preservativo, l'unico che avevo, conservato da chissà quanto. Per paura di non riuscire ad infilarmelo, non ci avevo mai provato, chiesi di farlo a lei. Con maestria lo infilò rapida, senza troppi problemi.
Avvicinai le labbra alle sue gambe, le sfilai con i denti la mutanda, mentre lei rideva, e presi a massaggiarla con la lingua sul clitoride. Amavo sentire la sua peluria sul volto, che non era troppo folta, e quindi non mi dava fastidio. Mi mantenne con una mano, con forza, e prese poi a gridare, forte per il piacere.
Alzai allora la testa dal foglio. Accorgendomi allora che Liliana non era reale, che non leggeva Green, che non le stavo leccando la fica!, presi a piangere, ininterrottamente. E pensai che forse per me era troppo tardi, avrei per sempre confuso realtà e fantasia, scappando nella finzione ogni qualvolta la realtà fosse dolorosa.

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