La ragazza delle Poste

di
genere
etero

Alle 8.30 di mattina la coda alla Posta è ancora più tremenda e fastidiosa, infestata dal solito branco di vecchi irritanti e petulanti. Se poi sai di essere di fretta e hai dormito poco, la situazione è insostenibile: una mina pronta ad esplodere.
Fino a quando, tra quelle pietose e piccole teste pelate e incanutite, intravedi le forme di quella che può dare una svolta alla tua prossima vita sessuale.
Rossa, non molto alta e di corporatura agile, con un seno turgido che lascia intravedere i suoi piccoli e succulenti bottoncini da sotto il maglione, la bocca maliziosa e lo sguardo che puoi definire con tutti i sostantivi più aggraziati, ma che in testa e nel pisello sempre da troia resta.
I vecchi che mi circondano gesticolanti mi danno ancor più fastidio, così ho deciso: lascio loro e le loro storie di malanni e di altri tempi e decido di tornare sotto chiusura, dove sono sicuro di poter strappare a fatica qualche parola con la mia dea.
“Manuela” – mi risponde senza guardarmi negli occhi e forse un po’ infastidita dalla mia intromissione nella sua privacy, ma io insisto: “Non ti ho mai visto. Ma come fai a sopportare l’orda di anziani a caccia di pensione, io ne avrei già scannato qualcuno”, sono conscio della banalità della frase, ma voglio che lei percepisca bene che finalizzata ad un primo approccio, così le sorrido e strizzo l’occhio cercando di essere il più accattivante possibile.
“Bhe, come vedi prima o poi arriva anche qualche giovanotto… e poi grazie a Dio mi salva la pausa pranzo”.
È la sua mossa. La mossa che aspettavo. Nell’intricato e incomprensibile gioco della seduzione, fatto di risatine insensate, frasi banali e occhiatine stupide col solo scopo di dimostrare interesse nei confronti dell’altro, arriva il momento in cui percepisci di dover passare al livello successivo, così mi offro di scortarla per il pranzo.
“A dire il vero io non esco per il pranzo. Mangio qua dietro, nel magazzino. Un pasto frugale e senza nessuno che mi rompe le scatole. Ma tu… se ti accontenti della sola mia compagnia e di un tramezzino…”
Non perdo occasione per ribattere che del tramezzino me ne tange davvero poco e che il fatto di non avere scocciatori intorno non può che favorire i miei intenti.
Lei sorride, mi prende la mano e mi accompagna nel retro. Ora, liberato dalla tensione dell’approccio, posso godermela in tutta la sua bellezza. Il vestitino leggero che le accarezza le cosce, il maglioncino aderente al suo seno, i cui capezzoli sembrano ancor più evidenti e gli stivaletti che delineano le sinuose curve delle sue caviglie.
Intuisco che sta per balbettare qualcosa, ma non è più il momento per le frasi di circostanza. La bacio. Lei si lascia andare ad un sospiro che diventa ansimo quando raggiungo l’arco tra il colle e le spalle.
La mia mano cerca automaticamente i suoi seni e, con piacevole stupore, vedo che anche la sua a già raggiunto il mio pacco, che ormai pulsa insistente.
Con destrezza da vera troia libera il mio cazzo dalla ormai insufficiente prigione e comincia a massaggiarlo con calma, forse per tranquillizzarlo ma ottenendo l’effetto contrario.
Si china. Lo annusa rubandone l’afrore. Sembra inebriata da quel palo di carne calda.
Ormai sono in preda all’eccitamento più estremo; la imploro di prenderlo in bocca. Lei sorride, si china ancor di più per mordicchiarmi le palle gonfie, passa delicatamente la lingua sul mio glande con piccoli mulinelli rapidi e decisi, poi si ficca in bocca il cazzo e comincia a pomparlo con una foga che avevo conosciuto solo indirettamente dai film porno.
D’istinto vorrei sborrarle in faccia, ma mi ravvedo. Voglio gustarmi quanto più possibile questa situazione.
Mi ritraggo e la sollevo. Lei sorpresa mi bacia. La sua lingua ora sa di sesso e questo contribuisce a eccitarmi ulteriormente.
La sdraio su un cumulo di sacchi postali sollevandole la gonna e scostando le sue mutandine di pizzo nero trasparente con la sinistra, comincio a leccarle la figa calda e umida, prima delicatamente poi sempre più a fondo, sempre più convulsamente.
Ora è lei che mi implora di sfondarla. Attendo. Ho il cazzo ancora troppo “voglioso” e pronto per esplodere, così prendo tempo continuando a succhiare le sue labbra verticali e il suo clitoride deformato dal piacere.
Il suo piacere ora è tangibile e scende lungo le sue cosce in rivoli di estasi. Salgo lungo il suo corpo in tensione e le passo un paio di volte la cappella turgida sull’imbocco della figa. Lei ansima. Il gioco dura poco perché, quasi calamitati, i due sesso si attirano l’uno dentro l’altra.
Non riesco più a controllarmi, la stantuffo con tale vigore da sentirla gemere di soddisfazione e dolore.
Non voglio esplodere senza aver prima esplorato il suo culo. Un culetto piccolo e fresco che non sembra quasi adatto alla morbosità del sesso. Con stupore non faccio granché fatica a farmi largo tra le sue viscere posteriori e sembra che la cosa le piaccia a tal punto da arrendersi ansimante, poggiando la testa di lato e mostrando il viso sudato e stanco e appagato.
Sono al massimo della tensione. Estraggo il mio membro dal suo sfintere dilatato e gocciolante, le sollevo la faccia e la inondo del mio succo di piacere.
Lei si abbandona alla inevitabile doccia, cercando di bere avidamente quanti più schizzi può intercettare.
Mi pulisco alla meglio sulle sue tette, la bacio, mi rivesto e la saluto. Ora in posta sono un po’ più tollerabile.
di
scritto il
2011-03-29
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