Un signore gentile (parte 1)

Scritto da , il 2017-04-22, genere etero

Quanto leggerete è un piccolo ricordo di un diario che con l'andare del tempo ho nascosto in soffitta e che ho preso ad aggiornare solo quando mio marito è via per lavoro per viaggi lunghi.
Con il matrimonio non avevo mai pensato di tradire mio marito; personalmente dubito che sia così per tutte le mogli, se siamo portate a farlo è per cause che si sviluppano mesi – se non anni – dopo che è iniziata la routine familiare. In molti casi inoltre si può dire che giocano un fattore determinante anche ciò che subentra nella vita di tutti giorni: noia, incomprensioni e frustrazioni sono gli esempi più semplici.
Con la mia famiglia viviamo a Napoli, io lavoro come fioraia part-time in un negozio della periferia mentre mio marito fa il camionista presso una ditta di trasporti, dall'arrivo dei nostri due bambini ha cominciato ad accettare tratte più lunghe in modo da ricevere così compensi maggiori: decisione che, come immaginerete, lo porta a stare lontano da casa.
Tutto è cominciato la mattina di un giorno che ero libera, ero stata chiamata da mio marito perchè mi recassi in ditta a portare dei documenti urgenti per cui mi vestii di corsa, presi il plico e mi recai in ditta. Nei documenti erano state richieste informazioni extra riguardo al partner in modo da avere un contatto in più in caso di bisogno e riguardo l'assicurazione in caso di incidenti. Prassi comuni penso, per cui arrivo tranquilla in sede e mi accomodo in sala di aspetto su una poltrona.
Come donna non sono niente di particolare, ho la classica corporatura mediterranea: capelli mori ricci, un viso un po' paffuto per i chili mai persi della gravidanza, una pancetta non troppo prominente e, per l'allattamento sono arrivata a portare una sesta abbondante. Personalmente non ho mai giudicato questi fattori molto importanti; ho il corpo che ha mediamente una buona percentuale delle signori meridionali per cui non mi danno poi fastidio sguardi prolungati o altro.

Poco dopo mi viene fatto segno dalla segretaria di entrare in ufficio per cui mi alzo e busso alla porta, aspetto la risposta ed entro chiudendomi la porta alle spalle. Davanti a me trovo il responsabile dei dipendenti – o almeno così si era definito lui – mi viene incontro sorridente e mi stringe la mano. ""Piacere Sandro, mi dice. Si accomodi.""
Mi siedo ad una poltrona davanti la scrivania e lo osservo mentre prende una cartelletta da uno schedario: un uomo sulla sessantina, vestito con una camicia bianca e pantaloni neri che sembravano scoppiare a contrasto con la pancia da birra. Il viso segnato dagli anni, capelli radi e una strana barba incolta: sul momento pensai che avesse un aspetto sciatto per il ruolo che diceva di ricoprire ma immaginai che per una ditta di piccole dimensioni come quella, non ci fosse niente di male a presentarsi in ufficio in quel modo.
Io indossavo una polo bianca e pantaloni neri, la tracolla della borsa, portata di traverso, metteva in evidenza i miei seni passandoci in mezzo. Accortami di questo la tolgo immediatamente poggiandola a terra sperando che lui non ci abbia fatto caso. ""Allora signora,"" dice lui sedendosi difronte a me ""grazie per essere venuta qua, questi sono una copia dei documenti richiesti, se fosse così gentile da completarli e firmarli, potremmo proseguire con le pratiche burocratiche.""
Dicendo questo fa scorrere la cartella verso di me, la apro e comincio a scorrere i fogli leggendoli. Ogni tanto alzo lo sguardo di sottecchi per vedere cosa faccia lui ma ogni volta lo trovo a portare avanti nuove pratiche. “Bene, non si è accorto di prima,” penso felice per non aver fatto figuracce.
I documenti che sfoglio sono prassi comune: nome cognome, data di nascita, numero di telefono; tutte informazioni comuni da allegare a quelle di mio marito. Prendo una BIC blu e compilo quanto richiesto in cinque minuti. ""A lei signore"" gli dico passando il plico.
Lui annuisce, si alza e si avvicina alla mia sedia. Anche io mi alzo e raccolgo la borsa da terra. Lui prende i fogli e li passa sul tavolo. ""Grazie, ma mi chiami Sandro. E scusi ancora per l'inconveniente e il disturbo.""
A quelle semplici parole arrossisco leggermente, specialmente a quella gentilezza quasi da film. ""Grazie Sandro, puoi chiamarmi Anna. Mi dia pure del tu.""
""Altrettanto signora Anna,"" dice lui scuotendomi la mano in segno amichevole. ""Scusami ma ho del lavoro da fare, grazie ancora"" si congeda lui frettolosamente.
Io, leggermente sorpresa dalla rapidità con sui si era congedato non posso che rispondere: ""grazie a te, buon lavoro.""
Senza attendere oltre apro la porta e me ne vado, saluto la segretaria e mi dirigo al parcheggio.

Tornata a casa chiamai mio marito per raccontargli di quanto era successo e poi restammo a parlare del più e del meno; era partito da quasi un giorno ormai e sarebbe andato in Romania a scaricare della merce. Secondo le sue previsioni, sarebbe rimasto fuori almeno altri tre giorni. Ci salutammo e cominciai a rassettare la casa intanto che i bambini erano a scuola.
Fu solamente verso mezzogiorno che il mio telefono diede un nuovo segno di vita. Era il suono di un messaggio di WhatsApp da un numero che non avevo in rubrica: “Ciao Anna, sono Sandro. Spero di non disturbarti, ti scrivo per lasciarti il mio numero in caso di necessità. Grazie e buona giornata.”
“Grazie a te,” rispondo e invio. Senza pensarci lascio il telefono e continuo con la mia routine.
Durante il passare delle ore i suoni del telefono continuarono ad avvicendarsi ma fra i tanti avvisi e messaggi Sandro non aveva mai risposto. Trovai curioso quel comportamento, era stato così cortese nei miei confronti e non mi rispondeva? Il messaggio si limitava a chiudersi con virgolette blu e basta. Erano ormai le quattro del pomeriggio, i bambini stavano facendo i compiti in camera e io stavo seduta sul divano a guardare annoiata la tv. Stavo chattando con alcune amiche e mio marito, classica routine da casalinga con un lavoro precario. Nella lista contatti Sandro riposava tranquillo in quarta posizione, mio marito nella prima. Da quanto mi raccontava era alla guida ma presto si sarebbe fermato per fare rifornimento: commentai quella notizia con un pollice alto e un occhiolino.
Mi ero abituata a quella routine, così come mi ero abituata agli sguardi delle persone e ai tentativi di altri uomini di entrare nelle mie grazie. Ormai non mi facevano né caldo né freddo e, devo dirlo, l'indifferenza gentile di Sandro mi lasciava perplessa: davvero avevo trovato un uomo gentile?
Incuriosita e stuzzicata dall'idea di trasgredire leggermente presi il coraggio a due mani e gli scrissi un messaggio molto breve: “scusa se stamattina sono stata rapida a risponderti ma aveva da stare dietro ai bambini,” mentii. Rimasi in attesa di una risposta ma non ricevetti niente, la giornata passò come ogni altra e arrivò la sera.
Come sempre, la telefonata serale con mio marito non durò più di mezz'ora: mi aggiornava costantemente sul viaggio, su cosa avesse mangiato, su dove avrebbe dormito e così via. Terminata la chiamata lasciai il telefono sul letto e mi recai in bagno per una doccia veloce, poi mi mi misi un accappatoio e tornai in camera per una breve occhiata al calendario dove vidi che l'indomani al lavoro avrei avuto il turno pomeridiano.
Mi sdraia sul letto, stanca, in cerca di relax prima di infilarmi il pigiama per dormire. Tornai a chiacchierare con le amiche su WhatsApp e fu allora che Sandro, inaspettatamente, rispose: “ciao Anna, scusa il ritardo ma ho avuto delle pratiche urgenti. Non ti preoccupare nessun problema, un saluto.””
Lessi quel messaggio un paio di volte, chiedendomi se fosse un invito a cominciare una conversazione o meno. Avrei potuto chiedere consiglio a qualche amica ma temevo di dar così adito a pettegolezzi, così evitai di parlarne con altri. Avrei voluto rispondere, ma cosa prima di pensare a cosa digitare mi arrivò un altro suo messaggio: “Non mi ero accorto dell'ora, se ti ho svegliata ti chiedo scusa.”
Stuzzicata dall'idea di metterlo alla prova allora proseguii: “figurati, nessun disturbo. Comunque grazie del pensiero e della gentilezza.”
Avevo scelto una frase breve e concisa, pensai che fosse abbastanza stringata per decretare la fine della conversazione e vedere come si sarebbe comportato. Nuovamente, la sua risposta si fece attendere. Le virgolette blu erano spuntate da diverso tempo ormai ma di lui nessuna nuova notizia. Immaginai, allora, che la sua fosse solo mera cortesia da parte di un uomo che aveva almeno trent'anni più di me.
Stanca, mi alzai infilando nella tasca il telefono e mi diressi in bagno per indossare il pigiama. Mi denudai e, togliendo lo smart-phone con cura per non farlo cadere mi accorsi che Sandro aveva risposto solo che questa volta c'era la foto di una rosa con scritto: “a te. Buona notte.”
Una nuova emozione mi esplose nel petto: uno strano miscuglio gi felicità e sorpresa mi travolsero guardando quell'immagine. Da anni io e mio marito scambiavamo messaggi chilometrici e mai una volta si era degnato di darmi la buona notte in quel modo. Istintivamente gli inviai la faccia di uno smile con i cuori al posto degli occhi.
Completamente nuda e con i capezzoli turgidi mi guardai allo specchio osservandomi le aureole scure, in me una piccola parte avrebbe voluto mandare a Sandro una foto fatta in quel momento ma desistetti. Attendendo un suo messaggio mi infilai il pigiama e andai a letto contenta.

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