Dogging: Irrefrenabile desiderio

Scritto da , il 2016-12-11, genere etero

Sposati da otto anni, Alice e Daniele erano sempre stati una coppia profondamente innamorata e affiatata sessualmente. Si accoppiavano, ancora, più volte durante la settimana ma il tempo, si sa, gioca contro la sessualità cosicché i loro rapporti erano divenuti ripetitivi. Non che ad Alice non piacesse farsi montare in posizioni diverse, avere talvolta rapporti anali, oppure non gradisse prendere tra le labbra il cazzo di Daniele ma, piuttosto che farsi eiaculare in bocca gli intimava di avvisarla un attimo prima perché preferiva che le scaricasse lo sperma tra i seni, sull’addome, o chiavarla e riversarglielo direttamente in vagina. Il desiderio di sentirsi schizzare lo sperma sul viso talvolta l’aveva anche invogliata a provare. Mai, però, si era azzardata a chiederglielo per timore che Daniele la giudicasse troppo libidinosa, molto di più che se si fosse fatta eiaculare in bocca, come se una donna che se avesse accettato quella pratica potesse essere ritenuta una donna troppo viziosa perciò predisposta più di altre al tradimento. Lui, da parte sua, sebbene il desiderio di farlo alloggiasse spesso nella sua mente mai glielo lo aveva proposto, perciò nemmeno sapeva se Alice avrebbe accettato.
Insomma sebbene la loro intimità potesse apparire come un perfetto affiatamento, certi desideri erotici rimanevano imprigionati dentro di loro per timori reciproci, ma come spesso capita, per caso, ci fu una svolta.

Una sera, guardando assieme la TV, capitò che scegliessero un canale in cui era affrontato un particolare comportamento sessuale, quello di coppie sposate che praticavano il sesso promiscuo all’aperto con persone anonime, prevalentemente maschi che montavano donne fruendone gratuitamente e con libidinosa foga.
Fu così che Alice e Daniele, seduti sul divano del salotto, mano nella mano, seguirono con attenzione quel servizio televisivo in cui, pur con censura soft, erano riprese persone che praticavano, al calare della notte, sesso all’aperto e ascoltarono interviste (specialmente a coppie sposate) che commentavano, celando il volto con grosse maschere pittoresche, le loro vicende sessuali e i loro incontri, con gruppi di altre persone in quegli approcci sessuali chiamati DOGGING.

Ascoltarono l’intervista, dettagliata, fatta a un uomo sulla quarantina che raccontava le sue vicende riguardo quelle esperienze sessuali. Egli accompagnava spesso la sua procace moglie trentacinquenne a incontri al buio e sosteneva di provare sensazioni sublimi che gli facevano rimanere duro il cazzo, senza nemmeno aiutarlo con qualche aiutino di mano, per tutto il tempo in cui osservava sua moglie montata da gruppi di uomini, tutti con i calzoni calati sulle ginocchia, che se la facevano a turno e in posizioni diverse, persino con lei collocata in un bagagliaio d’auto, oppure presa da dietro con lei chinata sui cofani dei vani motore, ancora caldi.
Infine l’uomo confidò all’intervistatore che chiedeva a sua moglie di fargli un pompino davanti a tutti, ma soltanto a sarabanda conclusa perché non voleva, con l’eiaculazione, abbassare il livello della sua libido che gli consentiva di sostenere, anzi goderne, dello spettacolo che la sua “disponibile” consorte gli donava mentre la vedeva posseduta da un maschio dopo l’altro. Al giornalista che gli chiese se quella pratica sessuale non fosse pericolosa per la loro incolumità, gli rispose che più gente c’era, più si sentivano sicuri.

Il servizio terminò con un’intervista fatta a uno tale, con la faccia oscurata, che frequentava certi luoghi. Il tizio gli riferì che a volte era tanto fortunato da trovare cinque o sei donne, scortate dal loro compagno, fidanzato o marito, che si appartavano in auto per attendere di essere montate da chi fosse gradito al loro sguardo. Altre volte ti dovevi accontentare di sodomizzare qualche gay, altre volte (specialmente nei giorni feriali) andavi in bianco. I giorni più propizi erano il venerdì e il sabato sera.

Dopo avere visto quella sorta d’indagine sui comportamenti sessuali di alcune particolari persone, Alice e Daniele rimasero attoniti. Lui si era persino eccitato perché quando lei aveva mosso la mano per tastargli i pantaloni, all’altezza del pube, si era resa conto di quanto eretto gli fosse divenuto il cazzo e tanto duro che sembrava come il batacchio di marmo con il quale sminuzzava i pinoli per preparare il pesto.
«Amore», gli disse lei «quel servizio ti ha eccitato un bel po’.»
«Beh», rispose lui un po’ imbarazzato «era un servizio che affrontava testimonianze di comportamenti sessuali alquanto anomali. A parte il fatto che abbia notato molto esibizionismo perverso, le scene degli accoppiamenti sessuali erano molto conturbanti e si prestavano ad eccitare i sensi, anche se le parti intime rimanevano censurate dalla nebbiolina.» Poi commentò:
«Non riesco a comprendere come facciano certi uomini, mariti, fidanzati o compagni che siano, a portare le loro donne, di notte, in mezzo ai boschi, perché si concedano ad altri maschi e ne traggano forti emozioni mentali e fisiche. È inconcepibile e mi chiedo come facciano, quegli uomini, a fare l’amore con le proprie donne, dopo esperienze simili.»
«Insomma» gli chiese lei «se ti confidassi che a me piacerebbe, almeno una volta nella vita, fare un’esperienza del genere, me la rifiuteresti?»
«Alice» rispose lui «stasera ti va di scherzare, oppure hai trovato un modo un po’
particolare per eccitarmi?»
Traendogli fuori il cazzo dai jeans e iniziando a menarglielo, lei gli rispose:
«Tu che cosa pensi?»
«Penso che… Alice se continui così mi farai venire…»
«È quello che voglio», rispose lei rivolgendogli in risolino malizioso. «Adesso alzati, Daniele «lo invitò lei cessando di masturbarlo.
«Che cosa mi vuoi fare?
«Alzati», ripeté lei.
Assecondando sua moglie, lui si sollevò dal divano e si mise in piedi, di fronte a lei. Alice gli calò jeans e boxer fino alle ginocchia, si tolse T-shirt, reggiseno e rimase a petto nudo. Gli disse che così, con calzoni e boxer calati sotto le ginocchia, somigliava a uno di quelli che sul filmato fottevano le signore in presenza dei loro accompagnatori. Per un attimo lo vide socchiudere gli occhi, come se si immedesimasse con uno di quelli. Gli prese in mano il cazzo per iniziare la masturbazione. Vide una grossa goccia di liquido prespermatico fuoriuscirgli dall’imboccatura dell’uretra e colare sul pavimento del salotto, lasciandosi dietro un lungo filo sottile, prima di staccarsi dal glande.
Lei aveva imparato a conoscere le reazioni di suo marito. Sapeva, dalla quantità di produzione del liquido preseminale, quali fossero i vari gradi di eccitazione che lui provava. Gli strinse la base dell’asta con la destra, movendola poi verso il glande e spremendo con un dito il canale dell’uretra. Un’altra goccia di liquido preseminale fuoriuscì dal forellino uretrale e colò anch’essa verso il pavimento. Allora capì che suo marito, sebbene si fosse dimostrato piuttosto critico verso il servizio televisivo, non solo, osservando quelle scene, si era eccitato ma addirittura arrapato. Gli prese in bocca l’uccello e cominciò a fargli una pompa con un desiderio tanto ardente, che mai aveva provato. Mentre glielo succhiava con foga, prendendoglielo tutto in bocca, si domandò se quel filmato non avesse eccitato pure lei. Sì l’aveva eccitata, molto, forse più di quanto avesse acceso suo marito. Stava scoprendo un’inclinazione particolare della sua sessualità, oppure era soltanto un fatto passeggero dovuto alla visione di quel filmato ma che sarebbe svanito presto? Rifletteva e allo stesso tempo pompava il cazzo di Daniele in modo sentito e con il desiderio struggente di consentirgli, per la prima volta, di venirle in bocca. Decise che quando lui l’avesse avvertita, che stava per sborrare, avrebbe seguitato a ciucciarglielo. Poi ci ripensò improvvisamente: Voleva verificare se il grado di eccitazione provata dal marito potesse avere influito non solo sulla quantità di secrezioni pre-seminali ma anche sulla quantità di sperma che avrebbe emesso. Quando lui la avvisò che stava per venire, lei si tolse l’uccello di bocca e le disse di seguitare a menarselo.
«Voglio che mi sborri sulle mammelle, Daniele.» Affinché il marito centrasse meglio il bersaglio, sollevò i polposi seni, che riempivano una quarta di reggiseno e si preparò ad accogliere gli schizzi di sperma.
Così fu. Una sborrata, tanto copiosa, suo marito non l’aveva mai fatta. I fiotti di sperma, che gli fuoriuscivano dall’uretra, sembravano non volersi esaurire. Lo sentiva godere, gemere e mugolare mentre se lo menava incalzando gli zampilli perlacei a bagnarle i capezzoli, le aureole, l’incavo tra i seni, il petto fino a giungerle sul collo.
Nel momento in cui, dal movimento più lento della sua mano, le sembrò che Daniele avesse esaurito la scorta idrica, Alice lo vide nuovamente imprimere alle dita rapidità di movimento. Sentì che gli diceva:
«Alice sto per venire un’altra vol…uhhh!»
Lei udì Daniele emettere un gemito soffocato, poi si sentì giungere sul petto altri schizzi di sperma, non copiosi come la prima volta ma sufficienti per farle capire che lui aveva avuto una rimonta orgasmica.
«Mamma mia Alice, è la prima volta che ho un orgasmo multiplo», disse lui emettendo un lungo sospiro per sottolineare quanto avesse goduto.

Da quella sera Alice iniziò a riflettere su quel servizio televisivo e domandarsi che cosa spingesse una donna sposata a decidere di fare un’esperienza del genere. Come poteva una signora, compagna o fidanzata, dopo essere stata montata da un gruppo di maschi, a riprendere una vita di relazione normale, andare a fare compere, recarsi al lavoro, parlare con la gente come se niente fosse accaduto e celare la sua indole lussuriosa?
Più i giorni passavano, più rivedeva davanti agli occhi quella bella signora, nuda stravaccata in ogni dove, farsi un maschio dopo l’altro e riuscire a stare anche a quattro zampe e farsi montare a ripetizione, come una cagna in calore. Lo aveva fatto con la massima disinvoltura, chiamandoli ad uno a uno con un cenno della mano.
«Si faccia avanti il sesto e se nel frattempo al primo si fosse ancora drizzato il cazzo, gli concedo una seconda chance.»
Ciò che maggiormente la agitava era quella subdola eccitazione mentale che le faceva infradiciare la fica nel ripensare alle immagini di quel filmato.
«Non è possibile», pensava «che pure io desideri fare quelle esperienze. È assurdo, inconcepibile. Io non sono così, non voglio andare in cerca di altri maschi, addirittura a gruppi come una ninfomane alla vana ricerca di un orgasmo che non riesce ad avere.» Poi rimuginava:
«Le donne che si concedono in quel modo, riescono ad avere orgasmi e se li hanno, quanti ne provano? Basta Alice, non pensarci più. Caccia dalla mente questi pensieri torbidi altrimenti ti ossessioneranno.»
Ma il giorno successivo, mentre in ufficio lavorava, tornava ad essere assillata dai medesimi pensieri lussuriosi.
Iniziò ad immaginarsi nuda, di notte, circondata da tre o quattro auto, ad attendere che scendesse dalla sua vettura il primo dei pretendenti e, seguito dagli altri, si facesse avanti per montarla. Siccome lei sapeva di essere molto bella, chissà per quanti maschi avrebbero rappresentato il richiamo quei suoi capelli lunghi, i seni naturali abbondanti ed eretti, i suoi glutei sodi, le cosce snelle la sua pelle vellutata e il bel triangolo di pelo folto e bruno come la notte che le adornava la fica. Che lei fosse una fica da schianto (pensava) si sarebbe diffuso tra i frequentatori del dogging cosicché i pretendenti sarebbero stati sempre più numeri. Si chiese a quanti maschi fosse stata in grado di concedere la fica durante una sola serata, prima di stancarsi e quanti orgasmi le avrebbero fatto provare.
Il suo pensiero, rispetto al DOGGING, era divenuto talmente martellante che tornava a casa con le mutandine fradice e finiva per masturbarsi. Le capitò persino di avere un orgasmo mentre era seduta alla sua scrivania di lavoro. Era bastato che muovesse un po’ il bacino sulla sedia per trasmettere ai suoi sensi un’ondata di piacere. Nonostante fosse riuscita a non gemere, dovette chiedere ai colleghi di lavoro di alzare un po’ l’aria condizionata per giustificare il rosseggiare del suo volto. Pure nel bagno di un supermercato era dovuta andare a sfogarsi.

Una sera, a giugno inoltrato, mentre con suo marito erano intenti ai preliminari, si fece coraggio e gli chiese di insultarla pesantemente.
Lui si prestò al gioco mormorandole all’orecchio:
«Sei una porca.»
«Di più Dany!»
«Sei una sgualdrina.»
«Di più, offendimi, oltraggiami», lo incalzò lei. «Dimmi che sono una troia.»
Preso dalla foga dei sensi e vedendo che sua moglie si contorceva sotto di lui, ripeté quella parola:
«Sei una troia, Alice!»
«Continua, Daniele.»
«Sei una puttana…»
«Sì, ancora, offendimi ancora!»
«Una vacca, una scrofa, una cagna in calore.»
«Dimmi che ti piacerebbe», seguitò lei, col respiro alterato dall’eccitazione «vedermi montata da un altro maschio.»
«Si mi piacerebbe.»
«Ti masturberesti?»
«Sì!»
A qual punto lei glielo prese in bocca, incominciò a ciucciarglielo, poi s’interruppe per dirgli:
«Gradiresti vedermi nella stessa situazione in cui si trovavano le signore del servizio televisivo che abbiamo visto qualche settimana fa, quello del dogging?»
Daniele esitò a rispondere poi le chiese:
«Perché vuoi che te lo dica Alice?»
Lei prese tutto il suo cazzo in bocca, fino a farselo giungere oltre l’ugola. Glielo aspirò per qualche secondo, poi seguitando a menarglielo con la mano, gli rivelò:
«Perché vorrei provare a farlo anch’io, Daniele.» Senza attendere la risposta tornò a succhiarglielo con foga sperando interiormente che quell’atto altamente erotico, potesse predisporlo ad una risposta condivisa, quantomeno conciliante. Lo sentì gemere ansimare, capiva che era prossimo ad avere un orgasmo. Cessò di succhiarglielo all’improvviso, lasciandolo senza fiato.
«Promettimi che mi porterai in uno di quei luoghi, Daniele. Lo voglio, lo voglio! Almeno una sola volta.» Alice abbassò il capo e riprese a succhiarglielo con impeto.
Daniele, che mai aveva visto e sentito sua moglie tanto infoiata e con l’orgasmo che gli stava per esplodere nel glande e nel cervello le rispose:
«Sì, ti accompagnerò in uno di quei posti.»
«Promettimelo, Daniele», ansimò Alice interrompendo per un istante il pompino «re me lo devi promettere anche dopo che mi avrai eiaculato in bocca. Lo so che dopo le tue velleità erotiche che avverti prima dell’orgasmo, si placano.»
«Sì te lo prometto adesso e te lo prometterò anche dopo», ripose lui, preso dall’impulso del pre-orgasmo. La sferzata del piacere fisico stava per giungergli al glande come un treno ad alta velocità. Sentì lo sperma lasciare i meandri dei suoi organi sessuali per imboccare il canaletto dell’uretra. Avvertì sua moglie che stava per eiaculare. «Vengo Alice, sollevati.» La vide seguitare a pomparglielo con maggiore foga. Cercò di trattenersi, poi un suo gemito acuto accompagnò i fiotti di sperma che inondavano, per la prima volta da quando si erano sposati, la bocca di sua moglie.
Alice, contenta di avere avuto il coraggio di confidare a Daniele il suo pensiero fisso, non tornò sull’argomento per alcuni giorni. Poi mentre, seduti sul divano, guardavano per l’ennesima volta un noto film di animazione, lei gli si strinse addosso e gli chiese di abbassare il volume. Dopo istanti di titubanza, si decise di chiedergli se avesse riflettuto sulla rivelazione che gli aveva fatto.
«Quale rivelazione?» chiese lui arcuando le sopracciglia.
«Dany, mi sentirei in imbarazzo se mi facessi ripetere da capo ciò che ti ho rivelato, prima di… insomma prima di praticarti quel rapporto orale completo.»
«Ah sì, adesso ricordo. Il tuo desiderio di fare sesso all’aperto, di notte con altri uomini.»
«Sì…»
«Pensavo volessi dare al nostro rapporto sessuale un po’ di peperoncino, ma che tutto finisse lì, come sempre è accaduto.»
«Non ripensaci adesso», gli rimproverò Alice «è un desiderio che mi assilla in continuazione, al punto che ho iniziato a masturbarmi da sola. Mantieni la promessa, Dany.»
«Alice», rispose il marito «l’ho promesso per accontentarti in un momento particolare, ma certi propositi sono pericolosi, non se ne parla nemmeno. Usarli come stimolo, a letto, è una cosa, praticarli è un altro paio di maniche.»
«Saresti geloso?» gli chiese la moglie.
«Suppongo di sì, Alice, ma non è solo questo il problema. Non mi va di portare mia moglie a farsi ingroppare, di notte, da gruppi di sconosciuti. Che diavolo ti è saltato in mente?»
«Di provare a farlo. Ecco che cosa mi è saltato in mente. Alice vedendo suo marito muovere la testa in segno negativo, gli propose:
«Almeno andiamoci in uno di quei posti, solo per vedere, dal vero, ciò che accade e farlo soltanto se lo decidiamo assieme.»
«Ascolta Alice», le propose il marito «suggeriscimi di accompagnarti in un club privè e vedrò di accontentarti.»
«Preferisco il dogging», reagì lei. «C’è più istinto animalesco, triviale, è più selvaggio.» Mise la mano sulla patta del marito e avvertì che aveva il pene semirigido al che gli disse:
«Perché il tuo amico si è mosso?»
«Alice, non giungere a conclusioni affrettate» rispose lui. «Lo sai bene che lì sono molto sensibile ed è inevitabile che reagisca così se si parla di sesso, che ne condivida il no il metodo.»
Alice non voleva demordere. Trasse in basso il cursore ai jeans del marito e glielo prese in mano. Iniziò a palpargli piano, ora l’asta, poi dando sfuggenti sfregamenti al frenulo, quindi accarezzandogli delicatamente i testicoli ma guardandosi bene di non esagerare perché non voleva rischiare di farlo eiaculare almeno fino a che non avesse fatto di tutto per convincerlo.
«Alice», sospirò Daniele «stai usando metodi sleali per convincermi ad accompagnarti in uno di quei posti. Tanto più che non so dove si trovino e se esistano dalle nostre parti.»
«Potremmo fare una ricerca sul web», disse lei scappellandogli il cazzo fino al punto di tendere il frenulo. Vide una lacrima di liquido prespermatico uscire dall’uretra, si chinò per strofinare le labbra sulla goccia, poi si rialzò e gli mostrò le labbra umide e lustre di quell’umore trasparente come cristallo.
«Alice, sei una canaglia», sospirò lui. Adesso il cazzo se lo sentiva duro come un pezzo di legno stagionato. Quel diavolo di sua moglie era capace di tenerlo sul filo dell’orgasmo senza fargli raggiungere l’orizzonte degli eventi, come a lui piaceva chiamare l’istante prima dell’eiaculazione.
«Prometti che almeno faremo quella ricerca», insisté lei fissandolo negli occhi per capire, prima che lo dicesse a voce, che cosa avrebbe risposto. Strofinò il pollice sul frenulo quel tanto da farlo sussultare sul divano.
«Alice, ti prego, avvolgilo con dei fazzolettini e fammi venire. Eviteremo che qualche goccia mi cada sui pantaloni e sul divano.»
«Invece», rispose lei «voglio prendertelo tra le labbra, succhiartelo fino a che tu non mi eiaculerai in bocca un’altra volta. Inghiottirò il tuo sperma fino all’ultima goccia così non sporcheremo niente ma prima dovrai promettermi che faremo una ricerca sul web per verificare che ci siano luoghi, entro cinquanta chilometri, in cui si diano appuntamento le persone interessate a fare quel tipo di sesso.»
«Canaglia, mi stai ricattando?»
«Sì!» replicò lei.
«Te lo prometto», capitolò lui. «ma giunti presso il luogo che sceglieremo dovremo indossare maschere che coprano molto il viso.»
«Mi sembra giusto», accettò Alice «ma facciamola subito la ricerca. Soltanto dopo, te lo riprenderò in bocca. Non voglio che tu ti metta a fare certe ricerche, scaricato.»
«Ne sai una più del diavolo, eh Alice?»
«Forse anche due», rispose lei sorniona.
Dieci minuti dopo navigavano in internet intenti a trovare le parole più appropriate per indirizzare i motori di ricerca all’individuazione di certi luoghi.
Individuarono diversi luoghi uno dei quali lontano una sessantina di chilometri dalla loro città. Così era descritto dalla pagina web:
«Luogo boscoso frequentato da persone dedite al dogging, dalle ventuno e trenta di sera fino alle prime luci dell’alba. I giorni maggiormente adatti sono il venerdì e il sabato sera.»
C’erano persino indicazioni per individuare il posto. Guardarono la mappa e videro che potevano percorrere, in superstrada, quasi tutta la distanza, uscire al casello di X…… percorrere tre chilometri in direzione Y, imboccare una boscosa strada sterrata alla loro sinistra, addentrarsi per un altro chilometro e mezzo fino a trovare una radura con una grossa quercia al centro.
Lui promise che ce l’avrebbe accompagnata ma solo per dare un’occhiata al posto.
Lei fu costretta a convenire che, tutto sommato, fosse prudente accertarsi del luogo e come avvenissero gli approcci, ma quella premessa fu sufficiente a bagnarle la fica ed eccitarla al punto propose a Daniele di sfogarsi dedicandosi ad un centellinato sessantanove.

Il sabato successivo fecero una frugale cena e partirono alle 20. L’estate era iniziata da una quindicina di giorni.
Sebbene quello fosse stato una sorta di sopralluogo, Alice aveva indossato una gonna a coste ampie, corta una decina di centimetri sul ginocchio, una camicetta blu notte, mutandine e reggiseno di pizzo, neri e semitrasparenti.

Non ebbero problemi a individuare lo sterrato che s’inoltrava in un bosco. A quel punto indossarono maschere dalla forma di una grossa farfalla Vanessa, che avevano acquistato in un sexi shop, lei dal colore rosa e tempestata lustrini, lui nera e completamente spoglia di ogni ornamento. Giunsero presso radura che il cielo era ancora piuttosto luminoso, a causa dell’ora legale. Nessuna auto o persona era sul luogo. Convennero che, forse, erano giunti troppo presto. Decisero di proseguire lungo la stradina, a bassa andatura, per attendere che calasse il buio e tornare indietro alle prime ombre della sera. Parcheggiarono su una rientranza della strada, un chilometro più avanti e attesero che il crepuscolo iniziasse a scurire il cielo. Un quarto d’ora dopo, videro i fari di un’auto approssimarsi. La grossa vettura rallentò alla loro altezza. L’imbrunire non era ancora tanto fitto da non poter scorgere chi ci fosse a bordo. Notarono i volti di due persone, un uomo sulla sessantina e una donna che non doveva essere molto più giovane.
La vettura si fermò qualche secondo. La coppia a bordo li osservò, commentò qualcosa, poi proseguì in direzione della radura.
Cinque minuti dopo sopraggiunse una vettura con un solo uomo a bordo. Poi, a seguire una grossa station vagon nera. All’interno scorsero un uomo, anch’esso sulla sessantina. Era accompagnato da una distinta signora che doveva essergli coetanea. Poi altre due utilitarie con una sola persona a bordo, quindi un pick up. Tutte le vetture si erano soffermate alla loro altezza, per osservarli qualche istante e proseguire, ma la persona che guidava il pick up fece retromarcia e posteggiò qualche metro dietro di loro.
Lasciando i fari accesi, l’uomo scese dal mezzo. Si approssimò al finestrino di Alice, abbassò mutande e pantaloni, senza il minimo pudore, e le fece vedere il suo cazzo già in piena erezione. Entrambi avvertirono che disse:
«Signora dica al suo accompagnatore di accendere la lucetta di cortesia, così che la veda meglio. Poi, per favore, abbassi di qualche centimetro il finestrino. Potremo conversare udendoci meglio.»
Alice lo fece.
«Adesso si scopra le cosce, signora, per favore.»
Lei avvertì un brivido lungo la spina dorsale. Sebbene desiderasse accontentare quell’uomo guardò il marito come per chiedergli se potesse esaudire quel desiderio. Lo vide accendere la lucetta di cortesia e muovere la testa per assentire, contravvenendo i suoi propositi.
Con l’emozione che le serrava la gola, Alice si trasse la gonna verso i fianchi scoprendo le cosce fin sopra il bordo delle autoreggenti. Sentì lo sconosciuto commentare:
«Caspita che belle cosce! E la sua bocca ha labbra disegnate così bene che immagino quanto sia affascinante il resto del volto coperto dalla maschera.» Poi aggiunse, iniziando a menarsi lentamente il cazzo:
«Mi dica il colore dei suoi occhi.»
«Verdi…»
«Magnifico!» esclamò lo sconosciuto, poi considerò:
«Lei, in questo luogo, sarà accettata come un dono meraviglioso perché quasi tutte le signore che vengono in questo posto superano i cinquanta anni, giunte in menopausa ma che hanno ancora tanta voglia di fare del sesso particolare, senza essere obbligate a prendere la pillola.» Poi si azzardò ad aggiungere:
«Si tiri la gonna, fin sopra le mutandine.»
Lei acconsentì, stavolta senza domandare l’assenso di Daniele.
«Caspita che spettacolo, signora! Le sue cosce, fasciate dalle autoreggenti, sono un tale spettacolo che lo farebbero drizzare anche a un gay», esclamò menandoselo con più vigore. Poi si scappellò il glande fino al limite che il frenulo gli consentisse. Signora, mi faccia vedere le mammelle, si sbottoni la camicetta.»
Alice si voltò verso Daniele, come per chiedergli se lo potesse fare. Vide che acconsentiva. Col volto in fiamme si sbottonò la camicetta. Udì l’uomo esclamare:
«Cazzo che spettacolo! Signora sono tre anni che frequento questo posto ma due seni belli come i suoi non mi era mai capitato di vederli. Adesso abbassi tutto il vetro del finestrino e sporga il viso per succhiarmelo. Sono talmente eccitato che le sborrerò in bocca in meno di un minuto.»
Daniele, che non poteva concedere di più, reagì mettendo in moto l’auto. Sentì l’uomo pregarlo di non partire.
Alice guardò il cazzo dell’uomo. Era talmente vicino al finestrino che ne sentiva l’odore. Il cuore iniziò a palpitarle ancora più veloce. Era un cazzo non particolarmente grosso, ma in uno stato di tale erezione che colava liquido prespermatico dal forellino dell’uretra.
L’uomo si rivolse alla signora e le disse:
«Non le piacciono i rapporti orali? Scenda, allora, la scoperò appoggiandola al cofano della sua auto. Il suo uomo può partecipare o guardare. Non sono pericoloso, o forse siamo troppo a ridosso della strada? Potremmo sdraiarci sul container del mio Pick up rimanendo qui. Il cassone è ampio e ho tre plaid per stare più comodi. Siete indecisi? Posso attendere salendo sul cassone per primo. Ci divertiremo in tre senza andare sulla radura. Ormai ci sarà troppa folla e per ogni donna presente ci saranno cinque o sei uomini ad aspettare il loro turno. Inoltre lei, stasera, così giovane, bella e nuova frequentatrice di questo luogo, sottrarrebbe troppi pretendenti alle altre.» L’uomo si trasse su gli abiti, raggiunse il suo mezzo, prese alcuni plaid dalla cabina di guida e salì sul cassone.»
Tenendo la vettura in folle, Daniele, col cazzo semieretto per la scena conturbante cui aveva assistito, accese la luce di cortesia per osservare meglio il volto di sua moglie. Notò che aveva il respiro alterato, era rossa in viso e si torturava un’unghia con la punta degli incisivi, segno dell’indecisione che la rodeva. Le disse:
«Ci eravamo proposti di fare soltanto un sopralluogo, stasera, rammentatelo Alice.»
Alice seguitò a stringersi l’unghia tra i denti senza rispondergli.
«Smettila altrimenti finirai per rompertela», la avvertì il marito. La fissò negli occhi e gli chiese:
«Hai intenzione di cambiare i nostri propositi, già stasera?»
Lei rimase dubitativa, come se il suo desiderio di provare il sesso sfrenato, combattesse per mantenere la parola data al marito, ma avvertiva la sua fica colare umori.
«Deciditi Alice», la sollecitò il marito.
Lei annuì con un breve cenno del capo.
«Lo immaginavo», commentò lui scotendo la testa, ma l’intento che sua moglie volesse farlo quella sera stessa gli provocò una potente erezione. Com’era complicata la mente umana! Sua moglie voleva farsi montare da estranei e a lui si rizzava il cazzo.
«Vieni anche tu?» gli chiese Alice, la voce arrochita per la tensione emotiva. Si sentiva la salivazione azzerata.»
«Di certo», rispose lui «non ti lascerò sola anche se quel tipo non mi è parso avesse la faccia di una persona pericolosa, ma è meglio essere prudenti. L’abito non fa il monaco.» Gli tornò alla mente ciò che aveva detto quel tizio del filmato televisivo. “Più siamo, più io e mia moglie ci sentiamo sicuri perché le altre persone bloccherebbero il malintenzionato.” Quindi più persone c’erano più sicurezza c’era. Ingranò la marcia e partì lasciando sua moglie stupita.
«Daniele, perché non siamo saliti sul cassone?»
«Ascolta Alice», le rispose lui con un tono deciso e il cazzo che gli premeva sugli indumenti «Sei intenzionata di farlo veramente, già stasera?» Si voltò verso di lei e la vide assentire. «Allora è meglio andare sulla radura perché più saremo e più ci sentiremo al sicuro.»
Lei rimase muta. L’ansia, la tensione e l’eccitazione la portarono ancora a stringersi l’unghia tra i denti.
Con un gesto quasi brusco Daniele le allontanò la mano dalla bocca, poi ingranò la marcia, accese i fari e partì. Dallo specchietto retrovisore vide i fari del Pick up avvicinarsi. L’uomo al volante gli faceva i segnali con gli abbaglianti, segno evidente che gli chiedeva di fermarsi. Era indeciso su cosa fare, se seminare l’inseguitore e rimandare l’esperienza prendendo addirittura la strada del ritorno a casa, oppure esaudire il desiderio di Alice, iniziando quell’esperienza con una sola persona.
Sua moglie, rimasta a cosce scoperte e camicetta sbottonata, come se con quell’atteggiamento gli volesse far capire quanto fosse insopprimibile in lei il desiderio di fare quell’esperienza, lo fece decidere di fermarsi.
Il pick up sostò tre o quattro metri dal lunotto della sua auto. Vide spegnersi i fari ma non i fanalini di posizione. Qualche istante e vide l’uomo tornare presso il finestrino di sua moglie.
«Signora, per favore», tornò a chiederle l’uomo «Abbassi il finestrino, mi accontenterò che lei mi masturbi se proprio non vuole prendermelo in bocca o salire sul cassone del mio pick up.»
Senza indugiare Alice azionò il pulsante elettrico e abbassò il vetro. Vide l’uomo calarsi di nuovo pantaloni e mutande fino alle ginocchia. Il suo cazzo era eretto e il suo glande luccicava di umori lubrificanti. Allungò la mano fuori del finestrino, gli prese il cazzo tra le dita e incominciò a masturbarlo. Dapprima con titubanza, poi con più scioltezza. Eccitata così non era mai stata. La sua fica si trasformava in un laghetto.
«Me lo prenda in bocca signora, la prego», disse l’uomo. «So che ha voglia di farlo. L’avviserò quando starò per venire se a lei non piacesse che le venga in bocca.»
Alice sporse il viso da finestrino. Un istante dopo il cazzo dell’uomo se lo sentì tra la lingua e il palato. Iniziò a succhiarlo con delicata lentezza, come se le sue papille volessero assorbire il sapore di quel nuovo cazzo, duro e allo stesso tempo morbido e gonfio di sangue.
«Signora», le propose l’uomo «cessi di succhiarmelo e mi lecchi i testicoli. Non voglio sborrare troppo in fretta. Mi faccia rimanere sul filo per un po’.» L’uomo, sentendosi prendere in bocca tutto un testicolo, emise un gemito di soddisfazione. Le chiese di prendergli in bocca il testicolo sinistro. «È il più sensibile», sospirò gemendo. «Mi sta facendo un lavoretto da favola», le disse con un filo di voce. «Magari mia moglie fosse così brava!» Avvertendo che la signora gli leccava il testicolo con un tale libidinoso trasporto che, sebbene gli stringesse il cazzo senza alcun movimento della mano, avvertiva l’orgasmo galoppargli verso il glande ma volendo ancora ritardare gli zampilli e, pensando che l’attesa fosse il migliore dei piaceri mentali, si azzardò a proporle:
«Signora, mi premetta: La vedo così eccitata che se le chiedessi di leccarmi il buco del culo, forse non mi direbbe di no. È un modo efficace per godere di mente e allontanare l’orgasmo.»
Alice accennò un sì.
Quando l’uomo, sorpreso per quell’assenso, si ritrasse un po’, i faretti a led del suo pick up illuminarono un testicolo lustro e luccicante di saliva. Poi le disse, voltandosi e mostrandogli i glutei:
«Signora, non si preoccupi, sono pulitissimo perché quando vengo a fare dogging, faccio un bidet approfondito.»
«Accosti di più le natiche al finestrino», gli suggerì Alice. Qualche mese addietro, mai avrebbe pensato che il suo inconscio potesse celare desideri così sconci e adesso li sfogava senza provare vergogna e con trasporto emotivo. «Mi sento troia, mi sento una vacca e godo per queste sensazioni.» Vide l’uomo accostare i glutei al finestrino e chinarsi in avanti, tendendo le braccia sulle ginocchia. Lei gli allargò i glutei, ma l’altezza delle gambe dell’uomo non erano tali da consentirgli di avere una postura che permettesse al buco del culo di essere in linea con la sua bocca. Glielo disse. Vide l’uomo rivestirsi in fretta e raggiungere il suo Pick up. Lo vide tornare con un piccolo bancale alto una decina di centimetri e un avanzo di truciolato largo abbastanza da poterci appoggiare comodamente i piedi. Mise l’avanzo di truciolato sul bancale e ci salì sopra. La sua posizione chinata si sarebbe sollevata, forse più di tredici centimetri. Sperò che fossero sufficienti al fine di sollevare la sua postura in modo tale che il suo orifizio anale si potesse essere sufficientemente sollevato per consentire alla signora di leccarglielo senza che assumesse posizioni disagevoli. Si trasse di nuovo alle ginocchia calzoni, boxer e, poggiando le mani su entrambe le ginocchia, si chinò in avanti accostando i glutei al finestrino aperto e disse:
«Spero che così le vada bene, signora.» Si sentì rispondere:
«Perfetto, caro.»
«All’uomo, quel vezzeggiativo, detto da una sconosciuta che gli stava per leccare l’orifizio dal quale usciva la merda, fece bruciare le orecchie come se le avesse avvicinate ad un’intensa fonte di calore. Persino il volto se lo sentiva infiammato per la troppa eccitazione e quando avvertì la carezzevole lingua della signora leccarle lo sfintere e indurirla per cercare di infilargliela nell’orifizio, iniziò a mugolare senza soluzione di continuità. Vide i fari di un’auto approssimarsi ma lui era talmente preso dalla foia che rimase sopra le assi, chinato quasi ad angolo retto. con i glutei accostati al finestrino dell’auto e la faccia della donna tra essi.
Nemmeno Alice, sebbene suo marito l’avesse avvisata di ritrarsi, perché aveva notato una vettura approssimarsi, volle cessare di leccare lo sconosciuto.

Nella vettura che sopraggiungeva c’erano due uomini sulla quarantina e una donna. Il guidatore, che alla luce dei fari si era accorto di quel che stava accadendo, dapprima rallentò, poi si fermò ad una decina di metri e mise gli abbaglianti per godersi, in piena luce, la conturbante scena erotica che accadeva, non sulla radura ma addirittura ai margini della strada a più di un chilometro da essa.
«Cazzo», esclamò ad alta voce, rivolgendosi ai suoi accompagnatori «vedete quel che vedo io?»
«Sì!» esclamarono all’unisono gli altri due.
«Stasera si preannuncia una nottata campale. Scendiamo voglio vedere più da vicino la signora che lecca il culo a quel tizio.»
Pochi istanti dopo i due uomini e la donna (una signora sulla trentacinquina che indossava un gonnellino a pieghe, simile a quello delle tenniste e una T-shirt molto scollata) si fermarono a meno di un paio di metri dalla scena della fellatio (se così si può chiamare) anale.
I due uomini trassero fuori i loro cazzi e presero a masturbarsi lentamente. La donna, invece, senza che nessuno glielo avesse chiesto, si chinò presso l’uomo che si faceva leccare il culo e prese a masturbarlo rapidamente.
Mezzo minuto dopo l’uomo iniziò a schizzare sperma sulla strada.
«Scendi dalle assi, voglio prendere il tuo posto», disse la donna spostandolo di lato quando ancora aveva mutande a calzoni calati sulle ginocchia.
Alice, che nemmeno di un millimetro aveva spostato la faccia, vide accostarsi due bei glutei femminili. Non ci pensò due volte a leccare anche quel bel culo di donna. Dieci minuti buoni durò la leccata, poi la donna lasciò il posto ai suoi due accompagnatori, dicendolo loro:
«Questa troia in maschera non l’ho mai vista da queste parti, ma da come mi ha leccato con trasporto il buco del culo, credo sarà accolto bene anche sulla radura se volesse frequentarla, ma prima facciamocela noi.» Chiese al proprietario del pick up se potessero utilizzare il cassone del suo mezzo per farsela tutti e quattro. Ricevette un assenso immediato. La donna disse all’uomo che accompagnava la “leccatrice” di sfinteri, se fosse il suo ragazzo, il suo compagno o il marito.
Lui, talmente disorientato da sentirsi istupidito per ciò che aveva visto, le disse di essere il marito farfugliando la parola come se si vergognasse.
«Vuole salire con noi sul cassone del pick up, per godersi lo spettacolo?»
«Meglio di no.» Si rivolse a sia moglie dicendole:
«Se vuoi andare vai. Ti aspetto qui.»

Qualche minuto dopo Daniele cominciò ad avvertire i gemiti di Alice, mescolati agli altri, voci smozzicate, complimenti osceni, intenzioni turpi. Aprì lo sportello per percepire meglio le frasi. Gli scurrili complimenti indirizzati a sua moglie gli giunsero più chiari.
«Questa troia ha un paio di cosce favolose e la natura le ha donato mammelle fantastiche che meglio non avrebbe potuto fare il migliore chirurgo estetico», disse la voce femminile. Come desideri essere chiamata?»
«Elena», rispose Alice falsificando il suo nome.
«Elena», le chiese una voce maschile «ho una gran voglia di incularti, me lo permetti?»
«Prima chiaviamola in due contemporaneamente», propose un’altra voce maschile «Accertiamoci se questa vacca li regge due cazzi piantati nella fica, poi le lavoreremo il culo, anche lì contemporaneamente.»
«Mentre voi le allargherete gli orifizi inferiori, io le metterò la mia lingua in bocca», disse la voce femminile. «Sono ghiotta della saliva femminile, poi mi farò leccare la fica.» Si rivolse ad Alice e gli chiese:
«Elena, desideri che ti facciamo tutte queste cose, che ti trattiamo come una maiala, una troia, una vacca, un cesso, un gran bel cesso di donna?»
«Sì, fatemi tutto ciò che volete.»
«Brava, così mi piaci, disponibile a qualsiasi maialata», commentò la donna che parlava come se avesse l’acquolina in bocca. «Sei un’esordiente di questo modo libero di fare sesso, che noi chiamiamo “come gli animali”. Oppure aggiunse», hai fatto tirocinio in qualche altro luogo?»
«È la prima volta che lo faccio», rispose alice.
«Allora sei una che impara presto e caspita» seguitò a dire la donna dopo avere debordato le mammelle dalla maglietta «come sei bella, tanto bella da farmi venire voglia di mortificare il tuo splendore di corpo urinandoti tra i seni, poi fare un pompino al proprietario di questo pick up e colarti in bocca lo sperma che gli è rimasto da sparare. L’occasione di trovare una bella gnocca come te non capitano di frequente. Questo luogo è sì frequentato da donne in calore, ma a volte troppo formose, altre troppo in là con l’età, altre hanno un bel corpo ma sono brutte di viso ma tu sei una bellezza da calendario. Acconsentiresti se ti…»

Alice era talmente eccitata dai propositi carnali dei suoi occasionali amanti che la sua libido le sembrava avvitarsi su se stessa. Rispondeva con un sì a tutte le proposte che facevano. Si sentiva stregata da quella situazione e da ciò che le stavano per fare, ovvero trasformare il suo corpo in uno scurrile ricettacolo di sperma e urina. Aveva il corpo completamente nudo, sdraiato sui plaid che attenuavano il duro impatto della schiena con il fondale metallico del container. Col fiato mozzo e il palato asciutto per l’emozione attendeva che il gruppo, infoiato, trasformasse il suo corpo in un veicolo per il suo sfrenato, bestiale piacere per se e per gli altri.

Daniele, rimasto in auto, sentiva e udiva tutto. Persino lui aveva il palato prosciugato per l’emozione. Bramava un boccale d’acqua come un assetato sotto il sole del deserto ma il suo cazzo svettava, duro, fuori della patta e la sua mano destra lo carezzava con leggerezza. Voleva tenersi sul filo dell’orgasmo, attento a non superare l’orizzonte degli eventi. Non voleva precipitare nel buco nero della reattività post orgasmica. Temeva che il periodo refrattario del post orgasmo, gli avrebbe ridotto il picco di quel bizzarro piacere mentale che portava non pochi uomini a pensare la propria donna come oggetto di piacere per altri. La sua mente era pervasa da un miscuglio di sensazioni contrastanti, gelosia, eccitazione, esaltazione psicologica di una sessualità liberata dagli orpelli dei freni morali. Intanto, nel silenzio della notte, seguitava ad avvertire distintamente le voci del gruppo che suggerivano a sua moglie di cambiare posizione e lei che mugolava, gemeva, li pungolava ad alta voce:
Sì…così…ahhh che sensazione meravigliosa sentire due cazzi insieme nella vagina…ohhh ne voglio un altro in boc…ahjhjaaaa…godo un’altra volta!»
«Tornerai a trovarci bella troiona?
«Sì!»
«Se esistesse una posizione che lo potesse permettere, la fica di questa maialona inghiottirebbe anche tre cazzi insieme. Una femmina così in calore non mi era mai capitato di incontrar… ahhh ti schizzo il mio seme nell’utero!»

Daniele non ce la fece più a seguitare la masturbazione controllata. La sua mano aumentò il movimento e i fiotti dello sperma, contratti fino a quel momento all’imbocco interno dell’uretra, schizzarono tanto in alto da raggiungere il volante dell’auto, per poi colargli sui jeans, senza che lui, preso dalla foia, se ne preoccupasse.
Ed ecco che il temuto periodo refrattario gli spazzò via tutte le fantasie sessuali che lo avevano indotto a portare sua moglie in un posto simile: «Accidenti a me, che cosa ho fatto!» Preso dal rammarico, ebbe l’impulso di scendere dall’auto, saltare sul cassone del pick up e portare via sua moglie da quella turpe orgia di sesso ma si trattenne. Si coprì il volto con le mani vergognandosi di avere consentito ad Alice che facesse quell’esecrabile esperienza.
Passarono dieci minuti, venti, la sua mente incominciò ad assorbire la vergogna. Mezz’ora dopo la sua libido incominciò a pareggiare il senso di ripulsa, tre quarti d’ora dopo il suo cazzo diede segnali di risveglio. Un’ora dopo sentì sua moglie che diceva:
«È meraviglioso sentire due cazzi infilati nel culo e tu bel moretto, con il pube depilato, avvicinati, voglio ancora leccare i tuoi grossi testicoli.»
A quella frase, il cazzo di Daniele ebbe una nuova, formidabile erezione. Prese a masturbarsi con un ritmo rapido e incessante. Impiegò forse più di dieci minuti per avvertire il suo glande richiamare un secondo orgasmo. Eiaculò ancora. Gli schizzi, meno prepotenti, gli colarono giù per l’asta e sulla mano. Esausto si strizzò la base del canale uretrale e fece scorrere la mano verso il glande spremendo l’asta, perché fuoriuscisse anche l’ultima goccia di sperma. Si pulì alla meglio con alcuni fazzolettini di carta, posò la nuca sul poggiatesta, chiuse gli occhi e attese che Alice tornasse.

Un’ora e tre quarti dopo, che ne era uscita, Daniele vide sua moglie aprire lo sportello e rientrare in auto. Accese la lucetta di cortesia per osservarla. Si era rivestita alla meglio, aveva i capelli scarmigliati e il trucco devastato, però dai suoi occhi un po’ cerchiati, traspariva il sorriso della sublimazione. Non le proferì parola, si limitò ad osservarla mentre rifaceva il trucco e ricomponeva i capelli alla meglio. Lei Emanava odore muschiato di sperma, sudore e l’inconfondibile aroma dei feromoni maschili del cazzo. Vide il pick up e l’auto partire. Attese che Alice si pronunciasse.
«Adesso puoi mettere in moto Dany», gli disse lei semplicemente.
Daniele procedette con la seconda marcia. Erano giunti ad un centinaio di metri dalla stradina che portava al noto spiazzo in cui si svolgeva il principale ritrovo per il dogging, quando videro comparire un’auto che procedeva nel senso inverso al loro, ma invece di incrociarli, imboccò la stradina che rimaneva alla sua destra e si diresse verso la radura.
Giunti ad una decina di metri dall’incrocio, Alice disse a suo marito di fermarsi. Scorsero le masse brune di cinque o sei vetture, alcune con i fanalini di posizione accesi e figure che si muovevano tra esse. Rimasero a osservare quei movimenti furtivi di ombre, poi Alice disse a suo marito:
«Dany, vogliamo andarci, solo per un’occhiata?»

FINE

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