Notte insonne

Scritto da , il 2016-05-31, genere etero

Sono una giovane lavoratrice a tempo pieno, senza un compagno o una famiglia da mantenere e vivo a Milano già da un paio d'anni. Da sempre ho amato l'aria che si respira nelle grandi città, la libertà che si prova a vivere in un luogo dove è difficile incontrare amici, colleghi o conoscenti di ogni genere; spesso mi sposto in metro e mi abbandono ad osservare e immaginare la vita delle persone che mi si presentano davanti ogni giorno.

Quel giorno finii tardi di lavorare e, dopo un lungo aperitivo con i colleghi, andai verso la stazione della metro per tornare a casa.
Essendo passata da poco la mezzanotte, riuscii a prendere l'ultima corsa e salii a bordo di un vagone apparentemente vuoto.
Ho gambe infinite e lunghi capelli che lasciano intravedere solo le mie belle natiche sode. Quel giorno indossavo tacchi vertiginosi e un tailleur blu scuro, che risaltava la mia pelle candida e il colore dei miei capelli. Sotto la giacca del tailleur indossavo un top bianco, che lasciava ben poca fantasia a coloro il cui sguardo ricadeva sul mio seno.
Vidi, seduto in un angolo, un uomo dall'aspetto distinto, vestito con un bel completo blu chiaro e una camicia bianca; la sua pelle era di un nero così intenso da sembrare ricoperto da delizioso cioccolato fuso. Subito sentii una scossa di eccitazione pervadermi il ventre; il mio battito cardiaco aumentò vertiginosamente e cominciai a sentir caldo.
Ho sempre provato una forte attrazione per il sesso occasionale e il mio amore per gli uomini con la pelle scusa si sposava perfettamente con la situazione di quel momento. Decisi di mettermi in gioco, avrei avuto proprio un bel premio da guadagnare.

Mi sedetti di fronte a lui; la temperatura del mio corpo aumentò vertiginosamente, quindi decisi di sfilarmi la giacca. Lo sorpresi a guardarmi; iniziò dal seno, carezzando con lo sguardo pian piano tutto il mio corpo, giungendo presto all'orlo della gonna. Sentivo il suo pensiero toccarmi insistentemente le gambe. Rimasi a fissarlo, aspettando piena di eccitazione che riportasse i suoi occhi sul mio viso. Incrociammo gli sguardi; i suoi occhi nascondevano cenni di vergogna misti a eccitazione.
Capii che entrambi avremmo voluto toccarci in quel momento; l'aria del vagone iniziava a farsi sempre più calda, anche per lui che non perse tempo a sfilarsi a sua volta la giacca. La camicia bianca sulla sua pelle d'ebano lasciava intravedere ogni singolo scorcio del suo petto e adesso fui io a carezzare il suo corpo, fino a giungere alla cintura. Mi soffermai lì con lo sguardo e immaginai la succulenta sorpresa che si celava per me sotto quei caldi indumenti. Mi leccai le labbra e riportai lo sguardo sui suoi occhi che, a loro volta, non avevano smesso di guardarmi un secondo.
Cominciò ad agitarsi scompostamente, si stava eccitando e questo in parte lo indisponeva. Sapere di eccitarlo così tanto, mi rendeva la pelle tutta un fuoco. Il silenzio rendeva il tutto ancora più eccitante; come se non esistesse nient'altro, in quel momento l'unico nostro pensiero era possederci selvaggiamente in uno scorcio qualsiasi.

Arrivò il momento di scendere dalla metro, ma cercai di non mollare lo sguardo, sperando che scegliesse di seguirmi. Mi alzai e andai davanti le porte scorrevoli. Lui rimase ancora seduto, ma io lo guardai tutto il tempo. La vista dei capelli che scendevano fino alle mie natiche succulente lo eccitarono ancora di più e, non appena si aprirono le porte, gli lancia un sorriso. Lui guizzò dal suo posto a sedere e mi seguì senza alcuna esitazione. Adesso sentivo l'eccitazione bagnarmi sotto la gonna, pensando fosse meglio rallentare il passo affinché sentissi il suo fiato il più vicino possibile. Uscimmo dalla metropolitana, senza parlare, senza toccarci.
Lui mi stava dietro ed io cercai di sfoderare una camminata felina, affinché continuasse a desiderarmi sempre di più.
Dopo pochi isolati arrivammo al mio palazzo; sul suo viso sbocciò un'espressione accigliata che non nascondeva una punta di titubanza ma, dopo che aprii il portone e stetti lì ferma ad aspettare che entrasse, sparì anche il minimo segno di esitazione e mi seguì.
Decisi di prendere le scale. Volevo che stesse dietro di me e guardasse sotto la mia gonna, già molto corta e che avevo precedentemente sollevato un po' per far intravedere il perizoma che decisi di indossare quel giorno.

Aprii la porta con calma, lui rimase dietro di me, senza ancora proferire parole. Mi fermai sul ciglio della porta e mi voltai. Ci guardammo per pochi secondi e poi mi saltò addosso lasciando borsa e giacca per terra. Feci lo stesso e cominciai a baciarlo insistentemente. Non andammo lontano, ma decise di spingermi sul bancone della cucina. Mi fece voltare con forza, annusandomi i capelli, leccandomi e mordendomi il lobo destro fino al collo, per poi scendere sulle scapole e la schiena. Non ci privammo ancora nemmeno di un vestito, ma potei sentire premermi addosso la sua eccitazione in modo così forte, come se avessi un bastone duro in mezzo al culo.
Me lo strinse con una mano e con l'altra cominciò a palparmi il seno. Mi divincolai dalla presa e mi voltai, ma non mi lasciò prendere in mano la situazione. Voleva possedermi con forza; era lui a dettare le regole. Sentivo la sua forza e la sua virilità farmi ribollire il sangue della fica, ormai completamente fradicia. Abbassò le bretelle della maglietta, continuando a leccarmi tutta la schiena. Tutto questo mi fece gemere e rabbrividire, soprattutto quando mi slacciò il reggiseno e mi strinse le tette fra le mani, continuando a strusciarmi il suo enorme cazzo duro addosso.
Desiderai solo che finisse con quella lenta, meravigliosa tortura e mi sfondasse senza alcuna esitazione. Mi sfilò in un solo colpo la gonna, facendola cadere per terra; mi palpò, alternando carezze e sculacciate, si godette il mio bel culetto sodo e mi girò verso di lui.
Prese a leccarmi le tette, le desiderava un sacco, le succhiava, le leccava, le mordicchiava in maniera così dolce e allo stesso tempo eccitante che sentivo che la mia fica succosa sarebbe esplosa da un momento all'altro.
Con le mani gli sbottonai la camicia, cominciai a prendere anch'io il controllo su di lui. Gli leccai il collo e, con la lingua, scesi fino alla vita cominciando a sbottonargli i pantaloni.
Glielo tirai fuori e non resistetti nemmeno un attimo prima di prenderglielo in bocca tutto quanto. Era un enorme cazzo nero, tutto per me e sentirlo nella bocca, così grosso, ritto ed eccitato mi fece subito esplodere di piacere, sentendo di non poter resistere all'idea di averlo tutto nella fica e nel culo.
Glielo succhiai con foga, infilandomelo tutto fino alla gola, non lasciando nulla fuori. Me lo sbattei fino in fondo, dedicandomi a tratti alla cappella ingrossata e alle palle succulente. Nel frattempo, spostai il perizoma e cominciai a toccarmi la mia meravigliosa fica succosa e accogliente.
Mi prese con forza, mi alzò, mi tolse il perizoma e, prendendomi di peso, mi girò al contrario e cominciò a leccarmi la fica mentre io, a testa in giù, continuavo a succhiarglielo. Era così duro che potevo sentire le vene sulla superficie ogni volta che con la lingua guizzavo sulla punta del suo pene. Si concentrò sul clitoride, sgrillettando la fica con la lingua, con movimenti veloci e quasi impercettibili e mi fece venire due volte in poco tempo.
Le sue mani sulle natiche, la sua lingua insolente sulla mia fica, il suo cazzo grosso e ritto mi fecero sentire in totale estesi. Il resto del mondo non esisteva più.
Mi avvicinò al bancone, vi poggiai sopra i gomiti e lui posò le mie gambe sulla sedia. Se lo prese in mano e me lo infilò nella fica senza alcuna esitazione, facendomi emettere un urlo di sorpresa e goduria allo stesso tempo.
Lo sentivo fino in fondo, provando piacere e dolore allo stesso momento per le sue enormi dimensioni, ma tutto questo mi faceva godere sempre di più. Mi sbatté forte, sculacciandomi, toccandomi, baciandomi, leccandomi. Lo sentivo così tanto da non poter fare a meno di urlare incessantemente. Le mie tette ballavano sotto le sue grandi mani calde; con le dita mi stringeva delicatamente i capezzoli, provocando in me delle leggere scosse che mi attraversarono il ventre.
Si fermò, mi voltai e mi sdraiai sul bancone, sollevando le gambe. Glielo presi in mano e me lo infilai dentro, gli posi una mano sul seno e l'altra me la portai alla bocca, iniziando a succhiargli le dita. Nel frattempo mi ti masturbavo, mentre lui affondava la sua eccitazione sempre più a fondo. Godei così tanto che il mio orgasmo fu palpabile; urlai e i miei umori inzupparono interamente il suo corpo e il suo cazzo, già ben bagnato dalla mia fica. Questo lo eccitò ancora di più e mi sbatté con più veemenza.
Si fermò per riprendere fiato e bere la mia eccitazione, leccandomi e succhiandomi di nuovo la fica. Ero ormai satura, avevo goduto un sacco e per questo decisi di portarlo a sedere sul divano. Mi misi sopra di lui, dandogli le spalle e, cogliendolo di sorpresa, glielo presi in mano e me lo infilai dritto nel culo. Entusiasta, gemette forte, affondò le mie mani sui miei fianchi e il viso nei miei capelli.
Non riusciva più a trattenere l'eccitazione, io cominciai a muovermi e ad affondarlo fino in fondo al culo, urlando come non mai. Gli presi la mano e ma la portai nella fica per farmi sgrillettare ancora. Ancora, ancora, ancora le sue dita guizzavano sulla mia fica bollente e ancora, ancora, ancora il suo cazzo enorme mi sfondava il culo fino in fondo. Non facevo altro che urlare, non potevo smettere, non riuscivo. Godevo troppo.
E ancora di più godetti a sentirlo ansimare sempre più forte, fino a che non raggiunse l'orgasmo. La sua mano continuò a toccarmi incessantemente e, sentendo le dita premere sempre forte, il suo pene che pulsava di piacere e la sborra calda dentro il mio culo, venni per una quarta volta.
Non smisi di muovermi, come lui non smise di toccarmi la fica, dal momento che il mio continuo su e giù gli lasciarono il cazzo eretto. Mi alzai e sentii la sborra scivolare sul culo e sulle gambe. Mi misi in bella mostra e me la spalmai sul culo. Lui me lo baciò, succhiò ancora e riprese a leccarmi la fica.
La sua eccitazione era sempre lì e decise di non andarsene. Capii subito che quella notte sarebbe stata ancora molto lunga.

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