La prima volta

Scritto da , il 2015-08-09, genere trans

LA PRIMA VOLTA (RACCONTO DI FANTASIA)
Avevo sedici anni, e già all’epoca mi piaceva travestirmi da donna.
A scuola non avevo nessun problema a farlo ed anche se ce ne fossero stati, col carattere che avevo me ne sarei abbondantemente fregata.
Il fatto di avere dei lineamenti marcatamente femminili rendeva pressoché impossibile capire che ero un maschio.
Era una bella giornata di primavera. Io indossavo una maglia a maniche lunghe nera, un kilt a quadri rosa, collant marroni e stivali neri bassi. All’epoca portavo i dreadlock in perfetto stile rasta che con i miei occhi azzurri ed un leggerissimo trucco mi rendevano un bel figurino.
Stavo tornando alla stazione con le mie amiche dell’autobus Chiara e Francesca. Facevamo tutto assieme: il tragitto casa scuola – scuola casa, il posto a sedere in classe, i compiti, il tempo libero, pure lo shopping (eravamo infatti vestite spesso e volentieri in modo quasi identico). A volte ci prendevano in giro dicendoci che eravamo delle fotocopie l’una dell’altra, in realtà eravamo semplicemente legatissime.
Stavamo aspettando l’autobus quando ci raggiungono alcuni ragazzi di nostra conoscenza. Iniziamo a scherzare con loro quando vedo che uno di loro mi mette una mano sul ginocchio. Le intenzioni sono subito chiare.
Lo conosco a malapena, so solo che abita non molto distante da lì. Mi propone di andare a casa sua che i suoi non ci sono. Accetto subito: anche perché quel giorno mia madre sarebbe tornata solo in serata e quindi non c’è nessuno che mi aspetta a casa.
Saluto Chiara e Francesca e seguo il ragazzo. Pranziamo con un pezzo di pizza al trancio e una birra ai giardini di fronte la stazione.
Lì scatta il primo bacio: la sensazione di umido fra le nostre due bocche è piacevole. Mi mette una mano sotto la maglietta e mi tasta il capezzolo del seno finto. Proseguiamo il nostro cammino abbracciati l’uno all’altra.
Saliamo in casa e lì vedo subito un divano estremamente comodo dove mi fiondo immediatamente e, con fare languido, lo guardo vogliosa.
Lui non se lo fa ripetere due volte. In pochi minuti si spoglia completamente.
Evidentemente non vede l’ora di scopare.
Si avvicina a me e continuiamo a limonare. Lo bacio sul petto (cosa che adoro fare agli uomini).
Mentre comincio ad abbassarmi, succede l’inaspettato.
Mi chiede di sedermi sul divano e mi toglie gli stivali. Mi bacia i piedi e continua a baciarmi lungo tutte le gambe. Evidentemente è un feticista del nylon. Perfetto, lo sono anch’io.
Mi bacia anche sul culetto e sento la sua lingua bagnata che mi titilla l’ano. Poi torna davanti e mi guarda il pacco palesemente in tiro. Mi bacia l’uccello e comincia a succhiarmelo dolcemente.
Non è esattamente quello che volevo, però è una sensazione estremamente piacevole.
Si sdraia sul pavimento e mi chiede di mettergli i piedi in faccia. Il feticista è ritornato all’attacco.
Faccio come desidera. Ho un po’ di timore per l’odore che possono avere, ma vedo che lui non ci fa proprio caso.
Mi domanda prima di camminare su di lui e poi di sedermi sulla sua faccia. Mai mi sarei aspettata qualcosa di lontanamente simile a questo. Lo conosco da pochissimo tempo ma sento che abbiamo un’infinità di passioni in comune. Anche qui obbedisco agli ordini, stando bene attenta a non fargli del male.
Quando gli poggio sul viso il mio sedere, lo sento ansimare di piacere. Torna a stuzzicarmi il buchetto con la sua lingua.
Ad un certo punto si alza e si mette prono col culo in alto: il messaggio è inequivocabile.
Pensavo cercasse la donna che c’è in me, e invece no, mi vuole proprio per quello che sono: un maschio travestito e ricchione. D’accordo, mi va anche bene, ma io volevo prenderlo non darlo!
Mi abbasso i collant e le mutandine, prendo l’uccello in mano, glielo poggio contro il buco del culo.
All’inizio lo sfintere oppone una leggera resistenza, poi comincia a dilatarsi. Sento il calore del suo corpo a contatto con le pareti del cazzo. Lui geme di piacere.
Essendo la prima volta, faccio pari pari quello che ho visto fare nei filmini porno su Internet: mi limito ad andare avanti ed indietro col bacino, fermandomi quando sento che sta per uscire lo sperma.
Improvvisamente avverto che siamo vicini al punto di non ritorno: aumento il ritmo della scopata.
Mi sembra di essere uno stantuffo umano. Alla fine c’è l’esplosione, la prima di tante.
È una sensazione indescrivibile. Non sono mai stata una gran credente ma credo che il paradiso sia qualcosa di molto simile. Mi sento sciogliere dentro e fuori.
Tiro fuori il mio uccello ormai molle. Lo blocco prima che posso alzarsi.
“Adesso tocca a me”.
Prendo il suo membro in bocca e comincio a succhiare. Lo sento ingrandirsi sempre più. Lo gusto in tutto il suo sapore. Descrivo con la lingua i contorni del suo profilo, senza tralasciare dei teneri bacetti sui coglioni.
Quando lo vedo turgido a sufficienza, smetto. Mi abbasso collant e mutandine e me lo infilo per bene su per il culo.
Finalmente. Finalmente tutte le mie solitarie fantasie vengono messe in pratica. Non mi dà neanche fastidio più di tanto.
Mi alzo e mi abbasso sempre tenendomelo ben stretto dentro fino a quando non sento la sua cappella così grossa da non lasciare adito a dubbi: sta per venire. Lo faccio trepidare ancora un po’, poi c’è la nuova esplosione, questa volta dentro di me.
Per la seconda volta nel giro di un’ora, mi sento in paradiso.
Facciamo appena in tempo a rivestirci che la porta. Entra una ragazza che conosco perché frequenta la mia stessa scuola. Scopro essere la sorella, Maria.
Una breve presentazione, poi esco. Ha uno sguardo enigmatico, di chi ha il forte sospetto di aver capito tutto ma nessuna prova per dimostrarlo.
Il giorno dopo a scuola la ritrovo per purissimo caso nei bagni delle femmine.
Andiamo in un ampio sgabuzzino sul retro, dove nessuno può sentirci.
Parla poco ma le sue parole sono chiare.
“Non so cosa tu abbia fatto ieri ma te lo dico una volta sola: lascia stare mio fratello, finocchio del cazzo, o farai una brutta fine”.
Fa per uscire ma la blocco subito.
“Lasciami”.
“Nessuno ha il diritto di chiamarmi così, men che meno una troietta come te!”
“Lasciami, ho detto!”
Le tappo subito la bocca.
“E visto che mi credi un finocchio, voglio subito toglierti questo dubbio”.
La spingo contro il muro e col mio corpo faccio pressione sul suo, per non lasciarla scappare.
Anche lei ha la gonna, e sento le mie gambe strisciare suadenti sulle sue: collant su collant.
Cerco di vincere ogni sua resistenza.
Le metto subito la lingua in bocca per intercettare la sua.
Le abbasso i collant e le mutandine e le tasto la peluria sul pube. Lei ha uno scatto nervoso, quasi isterico, direi. Poi infilo il mio membro nella sua vagina.
Con la mano sinistra le palpo i seni di medie dimensioni ma molto, molto sodi.
Con la destra infine le infilo due dita su per il culo. Tanto per non lasciare nulla di intentato.
Non so se con quest’ultima mossa abbia sbloccato qualche cosa dentro di lei, sta di fatto che la sento molto più disinibita, non cerca più di scappare. Anzi, mi spinge forte a lei e sussurra:
“Ancora, ancora, ancora!”
Andiamo avanti per un po’, poi ci stacchiamo.
Lei mi butta a terra per poi buttarsi su di me. Prende il mio cazzo e comincia a succhiarlo vogliosa, poi se lo infila nuovamente nella figa. La storia insomma si ripete ma, come sempre, mai uguale a sé stessa.
Si muove ritmicamente su e giù fino all’apoteosi, fino a farmi venire dentro di lei.
Ci rivestiamo in fretta e furia: ormai siamo in bagno da un po’, ed è meglio non far insospettire nessuno.
Prima di uscire mi bacia un’ultima volta, poi si congeda con queste parole:
“Mi sa tanto che questo è l’inizio di una bella amicizia”.

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