Il treno

Scritto da , il 2014-11-15, genere dominazione

Il treno
di Stephen Roissy

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“Mi scusi, è libero?” La voce della donna, pacata e cordiale, la riportò alla realtà, al luogo. Così bruscamente, in verità, che per un attimo non si rese del tutto conto di cosa la donna volesse da lei. Si girò di scatto, la osservò come per metterla a fuoco per qualche istante, prima di rispondere. Ma non riuscì a pronunciare più di due o tre parole prima che la voce dell'altoparlante, inespressiva, rompesse il silenzio dello scompartimento semivuoto avvertendo “.....è in partenza dal binario....”. L'annuncio la colse alla sprovvista. La distrazione della donna che voleva sedersi le aveva tolto gli ultimi attimi – i più preziosi – per decidere. Ed ora, ormai, il treno era in movimento, lento e liscio scivolando sulle rotaie come risucchiato dall'inevitabilità di ciò che doveva accadere. Di ciò che, in fondo, ella sapeva da tempo sarebbe accaduto. Eppure aveva continuato a tormentarsi nel dubbio fino a un attimo prima. Sforzandosi di immaginare tutte le possibili varianti di ipotesi nel caso decidesse di partire, come nel caso in cui decidesse, invece, di scendere di corsa da quel treno. Di chiudere, una volta per tutte, con determinazione, con carattere, ciò che nel profondo sapeva bene di non volere - e non poter chiudere. “Non ti verrà mai ordinato nulla, nulla ti verrà imposto.” Le parole – alcune fra le infinite parole - le risuonavano nella mente, con il suono caldo, suadente, come se fosse la registrazione in cuffia. “Potrai tirarti indietro in qualsiasi momento. Ma lo scopo del gioco è che tu non vorrai poter rifiutare.”.
Se fosse scesa..... se la donna non l'avesse interrotta. Ora sarebbe in un bar sulla strada che dalla stazione va verso la città, la tazzina del caffè stretta a riscaldarle le mani e, un po', il cuore, una brioche..... e a respirare lo smog delle macchine. Sarebbe libera. Serena come una bambina, entusiasta della dolcezza della sua brioche. E invece era partita, se ne stava andando, andava verso ciò che in cuor suo – e in un istante libera da ogni ipocrisia, era disposta ad ammetterlo a sé stessa – aveva scelto. E il cuore le balzò nel petto.

“Lui ti aspetterà alla stazione. Non preoccuparti di cercarlo, sarà lui a riconoscerti. Non dimenticare che lui ha già visto le tue foto. Sarai sua per tutto il tempo che lui deciderà di tenerti con sé. Per tutto il tempo che vorrà usarti. Non ti è concesso discutere né avere esitazioni. Ti abbandonerai a lui con la stessa disponibilità con cui ti sei sempre data a me. Segui le indicazioni fedelmente e non prendere iniziative di nessun tipo.” Ripensava alle parole del suo amante. Le parole e le immagini di quel momento le scorrevano nella mente come le immagini della campagna le scorrevano davanti agli occhi mentre, girate le spalle allo scompartimento, le gambe accavallate, teneva o sguardo fisso fuori dal finestrino. Quel momento. Il momento in cui aveva saputo che sarebbe stata ceduta ad un altro uomo. Un uomo che non conosceva, che non aveva mai visto. Chi era? Perchè la voleva? E cosa avrebbe preteso da lei. Voleva il suo corpo? O voleva coinvolgerla in qualche situazione particolare? Se il suo amante aveva deciso così, era certo che sarebbe stata la cosa giusta. Questo doveva tranquillizzarla. Eppure era agitata. Sentiva il cuore sbatterle nel petto. Cosa voleva da lei? Cosa le avrebbe chiesto. E lei come avrebbe reagito? Ma soprattutto...... chi era costui? Che aspetto poteva avere? Sarebbe stato un giovane o un vecchio? Un uomo distinto? Un uomo gentile? Che sensazione avrebbe provato sentendo la sua voce? Che effetto le avrebbe fatto essere toccata da lui? E il pensiero si allargava come il fumo di una sigaretta, caldo, sinuoso, espandendosi e insinuandosi in ogni parte. Sentì un tuffo nella pancia, e subito dopo un tremore alle gambe e ai polsi. Era eccitata. Sentì di colpo i capezzoli inturgidirsi e premere nel reggiseno. Si sentì bagnata e gonfia e un calore improvviso le salì al volto.

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