Il desiderio è la pazzia
di
VogliaAnonima
genere
etero
Ero già pronta da mezz’ora, ma aspettavo che Luca finisse di annodarsi la cravatta. Mi guardavo allo specchio del corridoio: minigonna di pelle nera strettissima, appena sotto il sedere, camicetta di seta bianca con i primi tre bottoni slacciati, tacchi a spillo rossi. Sotto? Solo le autoreggenti velate e un filo di profumo tra le cosce. Niente mutandine. L’idea mi era venuta nel pomeriggio e da allora non avevo fatto altro che stringere le gambe per contenere il calore che mi saliva dentro.
Luca esce dal bagno, mi vede e si blocca.
«Cristina… sei sicura di voler uscire così?»
Gli passo accanto sfiorandolo con il seno, prendo le chiavi della macchina.
«Sicura. Anzi, sicurissima.»
In macchina guido io. Lui è già teso, lo vedo dallo sguardo che continua a fissarmi le cosce ogni volta che cambio marcia e la gonna sale di qualche altro centimetro. Accendo l’aria condizionata al massimo: l’aria fredda mi accarezza lì sotto e mi fa venire la pelle d’oca. Serro il volante, inspiro piano. Sono già bagnata.
Arriviamo al ristorante sul lungomare. Scendo dall’auto lentamente, consapevole che se qualcuno guardasse dal basso vedrebbe tutto. Luca mi prende per la vita come se volesse proteggermi, ma in realtà le sue dita tremano.
Ci sediamo a un tavolo esterno, luce soffusa, musica bassa. Il cameriere ci porta il menù; mentre ordino, appoggio una mano sulla coscia di Luca sotto il tavolo e con l’altra mi sistemo i capelli, lasciando che la gonna scivoli ancora un po’. Sento l’aria della sera sulla pelle nuda, fresca, elettrica.
Luca mi stringe la mano forte, quasi a farmi male.
«Sei pazza,» mi sussurra.
«Lo so,» rispondo, e gli passo un dito sul polso. «Ma ti piace.»
A metà cena mi alzo per andare in bagno. Passo tra i tavoli con il più lentamente possibile, sento decine di occhi addosso. Quando torno, invece di sedermi al mio posto, mi fermo dietro di lui, gli appoggio le mani sulle spalle e mi chino per parlargli all’orecchio.
«Senti quanto sono bagnata,» gli sussurro, prendendo la sua mano e portandomela rapidamente sotto la gonna per un secondo, solo un secondo, giusto il tempo che le sue dita sentano il calore e l’umido. Lui inspira di colpo, chiude gli occhi.
Non finiamo nemmeno il dolce. Paghiamo in fretta e usciamo. Nel parcheggio buio mi spinge contro la macchina, mi alza la gonna e mi bacia con una violenza che non gli vedevo da anni. Le mie gambe tremano sui tacchi mentre le sue mani mi esplorano senza più freni.
«A casa,» ansima, «o non rispondo di me.»
«No,» gli dico, aprendo la portiera posteriore. «Qui. Adesso.»
E così, sotto le luci lontane del lungomare, con il rischio che chiunque potesse passare, quella sera la mia minigonna è finita arrotolata in vita e Luca ha scoperto esattamente quanto può essere eccitante una moglie quarantenne che decide di non indossare solo il desiderio.
Luca esce dal bagno, mi vede e si blocca.
«Cristina… sei sicura di voler uscire così?»
Gli passo accanto sfiorandolo con il seno, prendo le chiavi della macchina.
«Sicura. Anzi, sicurissima.»
In macchina guido io. Lui è già teso, lo vedo dallo sguardo che continua a fissarmi le cosce ogni volta che cambio marcia e la gonna sale di qualche altro centimetro. Accendo l’aria condizionata al massimo: l’aria fredda mi accarezza lì sotto e mi fa venire la pelle d’oca. Serro il volante, inspiro piano. Sono già bagnata.
Arriviamo al ristorante sul lungomare. Scendo dall’auto lentamente, consapevole che se qualcuno guardasse dal basso vedrebbe tutto. Luca mi prende per la vita come se volesse proteggermi, ma in realtà le sue dita tremano.
Ci sediamo a un tavolo esterno, luce soffusa, musica bassa. Il cameriere ci porta il menù; mentre ordino, appoggio una mano sulla coscia di Luca sotto il tavolo e con l’altra mi sistemo i capelli, lasciando che la gonna scivoli ancora un po’. Sento l’aria della sera sulla pelle nuda, fresca, elettrica.
Luca mi stringe la mano forte, quasi a farmi male.
«Sei pazza,» mi sussurra.
«Lo so,» rispondo, e gli passo un dito sul polso. «Ma ti piace.»
A metà cena mi alzo per andare in bagno. Passo tra i tavoli con il più lentamente possibile, sento decine di occhi addosso. Quando torno, invece di sedermi al mio posto, mi fermo dietro di lui, gli appoggio le mani sulle spalle e mi chino per parlargli all’orecchio.
«Senti quanto sono bagnata,» gli sussurro, prendendo la sua mano e portandomela rapidamente sotto la gonna per un secondo, solo un secondo, giusto il tempo che le sue dita sentano il calore e l’umido. Lui inspira di colpo, chiude gli occhi.
Non finiamo nemmeno il dolce. Paghiamo in fretta e usciamo. Nel parcheggio buio mi spinge contro la macchina, mi alza la gonna e mi bacia con una violenza che non gli vedevo da anni. Le mie gambe tremano sui tacchi mentre le sue mani mi esplorano senza più freni.
«A casa,» ansima, «o non rispondo di me.»
«No,» gli dico, aprendo la portiera posteriore. «Qui. Adesso.»
E così, sotto le luci lontane del lungomare, con il rischio che chiunque potesse passare, quella sera la mia minigonna è finita arrotolata in vita e Luca ha scoperto esattamente quanto può essere eccitante una moglie quarantenne che decide di non indossare solo il desiderio.
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