La gara di pesca

di
genere
orge

Il sole del tardo pomeriggio tingeva l'acqua del lago di un arancione malato, un colore che sembrava preannunciare qualcosa di sbagliato. Petra camminava sulla riva frastagliata, i suoi pensieri persi nella nebbia dorata della luce. Il suo vestino di lino bianco, quasi traslucido, si attaccava al suo corpo sudato, disegnando le curve con una voluttà involontaria. Non era l'attrazione a cercare, ma l'attrazione la trovò. Dall'altra parte di un piccolo promontorio, un'insenatura nascosta, vide il fumo di un fuoco e sentì rimbombare una risata gutturale, il suono di pietre che si scontrano e di bottiglie di vetro. Curiosità, la sua più grande fatale dote, la spinse ad avvicinarsi.

Lì, in un piccolo anfiteatro naturale, c'erano loro. Quindici uomini. Non erano i pescatori idilliaci delle cartoline. Erano creature primordiali, uscite dal fango e dalla birra. Vestiti di stracci sporchi di grasso e sangue di pesce, con barbe incolte e occhi che brillavano di una fame antica e selvaggia. L'aria era densa, un miscolo puzzolente di pesce marcito, sudore rancido e alcool cheap. Notarono Petra non come una donna, ma come un'offerta sacrificale apparsa dal nulla. Il rumore cessò all'improvviso, solo il crepitare del fuoco e il fruscio del vento riempirono il silenzio opprimente. Quindici paia di occhi la divorarono, spogliandola già con lo sguardo.

"Guarda un po' cosa si è persa l'acqua," gracchiò uno, un gigante con una cicatrice a forma di serpente sul viso, indicandola con il collo di una bottiglia vuota. "Una sirena in cerca di guai."

Petra indietreggiò, ma la sua via di fuga era già tagliata. Due di loro, muovendosi con una rapidità che non avrebbe immaginato, sbucarono da dietro i cespugli e le afferrarono le braccia. Il contatto delle loro mani callose e unte la scosse come una scossa elettrica. Il suo sussulto fu il segnale. In un attimo fu circondata, un cerchio di corpi maschili sudati e aggressivi che la chiudevano come una trappola.

"Che odorino buono che hai, pulitina," le sibilò un altro in faccia, il suo alito era un vapore fetido di aglio e vino rosso. Le sue mani non chiesero il permesso. Strapparono il tessuto del suo vestito come fosse carta, i bottoni volarono via, il lino si lacerò con un suono straziante. I suoi seni, pieni e bianchi, balzarono fuori, contrastando con la loro pelle scura e i loro vestiti luridi. Fu un contrasto che li eccitò all'istante.

"Please... per favore, lasciatemi andare," la sua voce era un filo debole, quasi inudibile nel ruggito che saliva dal loro petto.

La risposta fu un risata collettiva, un suono bestiale e sprezzante. La trascinarono a forza verso il loro covo, una baracca di legno marcia e lamiere ondulate che puzzava di umido e segreti sepolti. La sbatterono su un tavolo di legno unto, dove solo poco prima avevano squamato e pulito i loro pesci. La schiena di Petra si bagnò con il sangue e le viscere ancora fresche. Il brivido del disgusto fu soppiantato dal terrore quando le aprirono le gambe con violenza.

Il primo a possederla fu il capo, l'uomo con la cicatrice. Non ci furono preliminari, solo un atto brutale di possesso. Le si infilò dentro con un urlo di trionfo, piantandosi fino in fondo con una forza che le tolse il fiato. Petra gridò, un suono acuto e disperato che si trasformò in un gorgoglio soffocato quando un altro cazzo le fu infilato in gola, così a fondo che le lacrime le sgorgarono dagli occhi, mescolandosi con lo sporco sul suo viso.

Da quel momento, cessò di essere una persona. Divenne un oggetto, un cumulo di carne calda e buchi da riempire. Mentre uno la sfondava da dietro, colpendola sui glutei fino a farle sanguinare la pelle, un altro le si arrampicava sul petto, infilando il suo cazzo tra le sue mammelle e scopandole con foga fino a sborrare copiosamente sul suo collo e sul suo viso. "Bevi tutto, puttana di lusso," le ordinò un altro, e la sua bocca, già piena, non poté fare altro che ingoiare il sapore salmastro, denso e umiliante del loro sperma.

La usarono in ogni combinazione possibile, una sinfonia di perversioni volgari. La dpinaarono a terra, uno sotto di lei nella figa, uno dietro di lei nel culo, muovendosi in un ritmo che la lacerava e la scuoteva fino alle ossa. Un terzo le teneva la testa per i capelli, costringendola a succhiare mentre lei gemeva, un suono che era un misto di dolore e un piacere involontario e osceno. Il suo corpo la tradiva, contraddendosi in orgasmi violenti e umilianti che la facevano sentire ancora più sporca, più colpevole, più loro.

Ma la vera degradazione era ancora venire. La portarono fuori, sotto il cielo che ora era di un viola cupo. La legarono a un vecchio palo della banchina, nuda e tremante, ricoperta di strati di sborra, sudore e sporcizia. La usarono come un orinatoio, pisciandole addosso mentre lei, sconfitta, chiudeva gli occhi. La sfilarono nel fango melmoso della riva, dove la costrinsero a mettersi a quattro zampe. La presero da dietro, uno dopo l'altro, mentre il fango freddo e umido si attaccava alla sua pelle e ai suoi capelli. Ogni spinta la faceva affondare di più, trasformandola in una creatura primordiale come loro.

Quando l'ultimo di loro la svuotò dentro, la lasciarono lì. Non era più un corpo umano, era un'installazione di degradazione, un trofeo della loro vittoria. Petra giaceva nel fango, semi-svenuta, i suoi orifi stillanti ancora il seme dei suoi aggressori. Il fuoco del loro bivacco crepitava all'orizzonte, un'unica stella calda e crudele in una notte che aveva inghiottito la sua anima. Non sapeva per quanto tempo rimase lì, quando si risvegliò era sola. Il sole stava sorgendo, dipingendo il mondo di una luce fredda e indifferente. Si rialzò, zoppicando, il suo corpo un'unica macchia di dolore. Si guardò le mani, sporche di fango e di sé stessa. E per la prima volta, non provò più nulla. Solo il vuoto.

Ma non era finita. L'istinto animale dei pescatori era sazio solo temporaneamente. La videro rialzarsi, un fantasma bianco nel grigiore dell'alba, e una nuova, più feroce eccitazione prese il sopravvento. La catturarono di nuovo, questa volta con una risata ancora più crudele, e la trascinarono verso il molo, un'intera struttura di legno che tremava sotto il loro peso collettivo.

La stesero supina sulle assi calde e scheggevoli, le sue braccia e le sue gambe divaricate e legate ai pali di sostegno con funi grezze che le tagliavano la pelle. Era esposta, un'offerta al sole nascente e alla loro libido insaziabile. Il primo si gettò su di lei, non più con la furia brutale di prima, ma con una calcolata violenza. Le infilò il cazzo nella figa già aperta e gonfia, iniziando a scoparla con colpi lenti ma profondi, che le urtavano la cervice. Ogni spinta era un promemoria del suo possesso. Petra gemeva, un suono basso e continuo, il suo corpo un arco teso di dolore e piacere distorto. Mentre lui la riempiva, un altro si inginocchiò vicino alla sua testa, dirigendo il suo cazzo eretto verso il suo seno. Lo scopò tra le sue tette, premendole forte finché il suo capezzolo non le dolebbe, fino a che con un ringhio sussultò, schizzando un getto denso e caldo che le colpì il mento e il collo, una collana di perle volgari.

Poi iniziò il vero assalto. Due uomini presero il suo posto. Uno si infilò sotto di lei, il suo cazzo che la penetrava nella figa, mentre l'altro, con una lentezza sadica, le aprì le chiappe del culo e le infilò il suo membro dentro. Petra urlò, un suono straziato di lacerazione. Erano in due dentro di lei, separati solo da un sottile lembo di carne. Iniziarono a muoversi, prima in disordine, poi trovando un ritmo sadico, un'andata e un ritorno simultaneo che la spingeva oltre ogni limite umano. Un terzo uomo le si mise in ginocchio accanto alla sua testa, le aprì la bocca e la riempì fino a farla soffocare. Era piena. Piena di cazzo da ogni parte, un contenitore umano per la loro violenza.

E allora successe. Il dolore, la frizione, l'umiliazione, tutto collassò in un punto bianco e incandescente dentro di lei. Un orgasmo così potente, così violento da non essere più suo. Il suo corpo si contrasse, si arcò contro le funi che la legavano, e un getto liquido schizzò da lei, inondando l'uomo che era sotto e le assi del molo. Stava squirting, un'esplosione involontaria e umiliante che li fece impazzire di gioia. "La troia sta venendo come una fontana!" urlarono, ridendo e applaudendo.

Quell'orgasmo fu solo il primo. Ne seguirono altri, una ondata incessante che la travolse. Ogni volta che un uomo le sborrava dentro, un nuovo orgasmo la scuoteva, facendola sbrodolare di nuovo. Le sborrate erano copiose e volgari. Uno le venne in faccia, coprendola da un occhio all'altro con un velo bianco e denso. Un altro, mentre la prendeva da dietro, si tirò fuori all'ultimo e le scaricò tutto il carico sulla schiena, facendola scivolare lungo le assi bagnate. Le sue tette, il suo ventre, i suoi capelli, ogni centimetro del suo corpo diventò una tela per il loro sperma.

La usarono per ore, finché il sole fu alto nel cielo. La girarono come un arrosto, la presero in ogni posizione immaginabile, appoggiandola alle corde, facendola inginocchiare, piegandola in due. La sua voce si era ridotta a un sibilo roco, il suo corpo non obbediva più, si limitava a subire e a reagire con spasmi involontari e getti di liquido. I suoi orgasmi non erano più piacere, erano convulsioni, scosse elettriche di un sistema nervoso in cortocircuito.

Videro che stava cedendo. I suoi occhi erano vitrei, il suo corpo tremava incontrollabilmente. L'ultimo atto fu il più crudele. La sollevarono, due uomini per braccio e gamba, tenendola sospesa in aria come una bambola di pezza. Il capo, l'uomo con la cicatrice, si posizionò sotto di lei e la fece calcolare lentamente sul suo cazzo, mentre un altro le si infilava nel culo da dietro. Erano di nuovo in due, ma questa volta lei non reggeva più il suo peso. La sentirono cedere, un lamento finale che morì sulle sue labbra. Con un'ultima, violenta spinta simultanea, mentre entrambi la riempivano del loro sperma caldo, il corpo di Petra si rilassò del tutto, la sua testa ricadde all'indietro e svenne, un guscio vuoto e esanime.

Lasciarono cadere il suo corpo inerte sulle assi del molo. Era un ammasso di carne livida, ricoperta di sborra secca e fresca, fango, sudore e i suoi stessi fluidi. Il suo respiro era flebile, quasi impercettibile. Senza nemmeno guardarla, si rialzarono, si sistemarono i pantaloni e tornarono verso la loro baracca per un'altra birra, lasciandola lì, al sole, un trofeo della loro notte di selvaggina. Petra era svanita, sostituita da una cosa usata, rotta e dimenticata.
scritto il
2025-11-14
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