Sotto i suoi piedi

di
genere
feticismo

(Piccolo consiglio, prima di iniziare: Preparate vicino a voi una foto di piedi. Per sentirvi ancora più coinvolti dalla storia, sceglietene una che raffiguri i piedi che vi piacciono di più. Preparate anche un pezzo di gruviera vicino a voi. Vi tornerà utile.)

Era un estate afosa del 2022. Io avevo 19 anni quando mio padre mi chiese di scendere per andare a comprare le sigarette, alla solita tabaccheria vicino a casa nostra. Ero felice di andarci, lo facevo sempre volentieri, perché la tabaccheria in questione era gestita da Ottilia, una signora che avrà avuto circa 50 anni, molto alta, bionda, e soprattutto con dei piedi che erano la fine del mondo. Portava una 45 e aveva delle unghie bellissime, smaltate di rosso, un po' più lunghe e ben curate. il tutto contornato dalle sue solite zeppe che gli incorniciavano i piedi come fossero un'opera di Leonardo da Vinci. Dio solo sa quante volte mi sono masturbato pensando di annusare quei piedi, alla fine di un suo turno di lavoro, magari d'estate, così da potermi ritrovare in faccia le sue piante calde, sporche e sudate, che puzzavano tanto. Era estate, il caldo si faceva mostruosamente torrido e in strada non c'era nessuno. Finalmente arrivai, aprii la porta, e, come mi aspettavo, lei era lì... in piedi dietro il bancone. "Hey Luca!" Mi sorrise lei, salutandomi con la solita simpatia. "Hey Oty!" Dissi, in risposta. "Le solite?" Mi chiese, allungando sul bancone l'ormai ovvio pacchetto di sigarette che mio padre mi mandava a comprare da sempre. "Le solite del vecchio" Le risposi, alludendo a mio padre. Rimanemmo a parlare per un po' del più e del meno, mentre lei si dava da fare a spostare scatoloni dall'aria pesante. Mi offrii di darle una mano. Alla mia domanda lei mi guardò con riconoscenza, abbozzando un sorriso. "Grazie, ma non serve... E poi, non sei un dipendente, se entrasse un controllo e ti trovasse a lavorare qua dietro, farebbero storie". "Non c'è nessuno in giro... Vengo ad aiutarti." Insistetti. Senza lasciarla replicare, feci il giro del bancone, ritrovandomi dall'altra parte con lei. Inutile dire che gli occhi mi caddero subito sui suoi bellissimi piedi. Appena mi guardò in volto però, distolsi subito lo sguardo. Ottilia, dopo averci pensato un attimo, disse: "Va bene allora, perché non riordini i cassetti qua sotto?." Dando un paio di calcetti a dei piccoli cassettini che stavano all'altezza delle sue caviglie. Deglutii a vuoto, per fare ciò che mi aveva chiesto, mi sarei dovuto abbassare ai suoi piedi, e al solo pensiero ebbi una piccola erezione, che grazie al cielo, lei non notò. mi chinai sulla pedana, e alzando lo sguardo, con la coda dell'occhio, potei osservarla per un attimo... Era davvero una donnona. Era più grande di me già da in piedi, prostrato a terra davanti a lei, sembravo solo un piccolo verme, che se solo avesse voluto, avrebbe potuto schiacciare senza troppi sforzi. Andammo avanti per un po', lei spostando scatoloni avanti e indietro, mentre io riordinavo come potevo le scatole di tabacco, accasciato a terra. Essendo in quella posizione, però, avevo distrattamente una mano poggiata sul pavimento, e Ottilia, tornando indietro con l'ennesimo scatolone che le impediva di vedere in basso di fronte a lei, la calpestò. Ci mise un po' a capire che aveva la mia manina sotto le sue scarpe, ma non appena se ne rese conto, si scansò. "Oh, cavolo! ti ho fatto male?!". Mi chiese, chinandosi su di me e appoggiandomi una mano sulla schiena. Com'era grande lei, anche le sua mani lo erano. Anch'esse erano ben curate, le unghie moderatamente lunghe, e lo smalto era lo stesso delle unghie dei piedi. Nonostante il dolore, il suo grande palmo caldo che premeva contro la mia schiena, trasmettendomi calore e sudore attraverso la camicia, mi eccitò da morire. Mi fece molto male... Vi dico solo che quel giorno mi fratturò due dita. Le sorrisi, rassicurandola che stavo bene, cercando di trattenere qualsiasi tipo d'espressione che potesse tradire la mia vera condizione. "Sei sicuro? Davvero, non ti ho proprio visto, Luchino..." Ribatté lei con viso preoccupato. "Sul serio, sto bene!" Dissi, cercando di tirare fuori la faccia più serena che potetti. Ottilia si lasciò cadere sulla sedia di fronte a me. " Porca miseria, è troppo stretta questa pedana, se fosse stata più larga non sarebbe successo." Scusandosi per l'ennesima volta. "perché non facciamo una pausa?" Aggiunse infine. Annuii, ma mi resi conto che la mia erezione era esagerata, a causa di ciò che era appena successo. Quando Ottilia se ne accorse mi fissò per qualche istante. Rimanemmo a guardarci negli occhi finché il mio viso non divenne talmente rosso da farmi distogliere lo sguardo dal suo. "Oddio, Non è che... Ti è piaciuto?" Disse, inclinando leggermente la testa con un sorrisetto malizioso. Mi affrettai a rispondere come potevo, ma dato l'imbarazzo, proprio non mi uscivano le parole. Feci per alzarmi, ma lei mi mise una mano sulla spalla, spingendomi di nuovo in basso. "Che fai, Luca? Vai già via?" Mi schernì. "Sai mi fanno male i piedi... Hai detto di volermi dare una mano, vero? Potresti iniziare togliendomi le scarpe." Nel dire queste parole, mi appoggiò un piede contro il petto, Lasciando l'enorme impronta della sua zeppa contro la mia camicia bianca. In quel momento non riuscii a dire nulla. Mi limitai a levarle le scarpe, come mi aveva chiesto. Ottilia fece oscillare il suo bel piede nudo di fronte al mio naso, mandando un leggero aroma di formaggio. (Avete mai annusato un pezzo di gruviera? L'odore era esattamente quello.) Vedendomi fissare la pianta del suo piede, Ottilia rincarò la dose. "Ahh, allora è vero. Ti piacciono i miei piedi, non è così? Perché non me li annusi?" Ottilia spinse il piede contro il mio naso. Lo premette così forte che per un attimo non riuscii a respirare, il mio naso era intrappolato sotto le dita del suo piede. Subito dopo allentò leggermente la pressione, tenendolo sempre incollato al mio naso, ma consentendomi di dare una bella annusata, che mi serviva più per riprendere fiato che per altro. Oltre all'ossigeno che mi serviva per respirare, però, arrivò anche un fortissimo odore di formaggio, con una lieve nota di aceto. Non riuscii a trattenermi. Tirai fuori la lingua per leccarlo, ma fu lei a strofinarcelo contro con violenza, su e giù, senza aspettare che fossi io a farlo. Il suo piede era salato, sporco e terribilmente grande. La mia faccia era visibilmente più piccola rispetto alla sua pianta. "Luca, non credevo avessi certi gusti. Com'è? ti piace?" disse, con voce che presentava una leggera curvatura di seduzione. "Tieni fuori la lingua, al resto ci penso io." Concluse, mentre strofinava con ancora più pressione il suo piede contro la mia povera linguetta. Continuò cosi fino a quando non vide che stavo lacrimando. A quel punto mi afferrò per i capelli, tirandomi indietro la testa. "Apri bene." Non appena aprii un po' di più la bocca, commentò: "Guarda com'è diventata nera la tua lingua. Ci penso io a pulirtela." Detto questo, mi ci sputò dentro senza troppi complimenti. "Non ingoiare subito, tienilo lì fino a che non te lo dirò io." Concluse, con tono autoritario. Ad interrompere quella tortura entrò un cliente, che spingendo la porta, fece il suo ingresso. Ottilia mi spinse la testa a terra sulla pedana, per nascondermi alla vista del nuovo arrivato. Il suo tono tornò normale. "Salve! come posso aiutarla?" "Buongiorno, vorrei un pacchetto di Chesterfield." disse l'uomo. Nel frattempo da quella posizione, potevo ammirare i suoi bellissimi piedi di fronte ai miei occhi. Non capivo esattamente cosa stesse succedendo, ma mi piaceva. "Ecco le sue sigarette, signore!". Mi mossi leggermente per aggiustare la postura, ma a lei non piacque. Sollevò un piede, mentre stava ancora parlando con il cliente, e mi diede un pestone sulla guancia, schiacciandomi la faccia a terra e tenendola ferma sotto il piede. "Vorrei anche un gratta e vinci, per favore." Il tempo passava, e io avevo il suo enorme piede sulla faccia che non mi consentiva di alzarmi. Il cliente intanto non ne voleva sapere di andarsene. Iniziai a toccarmi, attraverso i pantaloni, e deglutii finalmente la sua saliva, anche se senza il suo permesso. Lei nel frattempo sollevò il piede e mi diede un paio di calcetti. Il messaggio era chiaro: Girati a pancia in su. Dopo essermi girato iniziò a tastare la mia bocca, pesticciandola alla ricerca della mia lingua. Resasi conto che avevo la bocca chiusa, appoggiò l'altro piede sulla mia gola, salendoci con tutto il peso. Per un attimo mi sentii come schiacciato da un gigante. Mi bloccò completamente il respiro, mentre mi veniva da tossire, cosa che cercavo di non fare, in quanto avrebbe rivelato la mia presenza al cliente appena arrivato, mettendo entrambi in una situazione parecchio discutibile. Tale strangolamento fece in modo da farmi uscire involontariamente la lingua, che subito venne presa di mira dall'altro piede e usata a mo' di zerbino. Quando finalmente il cliente uscì dal locale, lei scese da sopra la mia gola. Iniziai a tossire e a contorcermi dal dolore. "Suvvia, quante storie... Sono così pesante?" Chiese con tono canzonatorio. Poi, vedendo quanto ero bagnato, iniziò a tastarmi il pene attraverso i pantaloni, con la punta del piede. "L'hai ingoiato, vero? Il mio sputo. Ti avevo detto di aspettare, adesso dovrò punirti." Lo strofinare della sua pianta sul mio povero pene mi stava rapidamente portando all'orgasmo, mentre lei mi fissava, attendendo quel momento. Dopo qualche momento, nonostante avessi cercato di fare di tutto per non dare a vedere che stavo per venire, proprio nel momento dell'eiaculazione, mi diede una schiacciata sui testicoli spremendone fuori tutto il contenuto. "Guarda cos'hai combinato, Luca. Ti sei sporcato i pantaloni? Non puoi certo tornare da tuo padre in queste condizioni." Allungò la mano, afferrandomi per la camicia e tirandomi su. Poi avvicinò la sua bocca al mio orecchio, e sussurrando, disse: "Vai in bagno, dentro ad una borsa ci sono i pantaloni di ricambio di mio figlio, mettiti quelli." Il suo alito caldo contro il mio orecchio mi fece arrapare un'altra volta, sebbene avessi appena finito. Poi mi diede una spinta verso il bagno. "E quando esci non dimenticarti le sigarette per tuo papà!" Il suo tono era tornato quello di prima, come se tutto ciò non fosse mai successo. Come se quello che mi fece un attimo prima fosse stato tutto un sogno. Fu un giorno davvero indimenticabile, ancora oggi lo ricordo come se fosse successo ieri. Tornato a casa giustificai le dita fratturate raccontando di un improbabile caduta, dopo essere inciampato su un improbabile marciapiede. Purtroppo non riuscii a spiegare a mio padre il perché del mio sorriso da ebete stampato sulla faccia... Così come non riuscii a spiegargli come ho fatto a tornare a casa con i pantaloni di un altro.
di
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2025-09-18
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