Accolto in famiglia (parte I)
di
Igor78
genere
bisex
Ho incontrato Paolo quattro mesi fa in un bar gay di Gallipoli, mentre eravamo in vacanza. Io ero seduto da solo al tavolo, in attesa dell'arrivo dei miei amici, mentre lui era al centro dell'attenzione del suo. Parlava, sorrideva, gli altri ridevano. Mi fissai a guardare i suoi occhi che sprizzavano gioia. A un certo punto lui mi vide e mi sorrise. Uno splendido sorriso a 40 denti. Io alzo la mia birra in segno di saluto. Arrivano i miei amici e la cosa sembra finire lì.
Un paio d'ore e parecchie birre dopo, ormai dimentico di quanto accaduto, dico agli amici che stanno salutando che mi sarei fermato a fare una pisciata e che non mi aspettassero. Scendo le ripide scale abbastanza buie fra l'altro, mi piazzo di fronte all'orinatoio e decido di slacciarmi i pantaloni, quel modello con i bottoni, per tirarlo fuori più facilmente. Mentre armeggio un poco alticcio con le mani incerte con i bottoni, qualcuno si apposta all'orinatoio di fianco al mio. Visti gli spazi angusti, siamo spalla a spalla. Resisto all'idea di sbirciare chi sia, riesco a slacciare l'ultimo bottone e di colpo i pantaloni mi scendono alle caviglie. Io imbarazzatissimo devo essere diventato tutto rosso. Decido che la cosa più macha sia lasciarli dove sono, pescare dal buco dei boxer il mio uccello e scaricare la vescica. "Ormai puoi togliere anche quelli, non nascondono quasi nulla!" seguito da una risata del mio compagno di pisciate. Subito mi colpisce il riso cristallino, gioioso e non colgo nessun segno di cattiveria nella sua voce. Mi volto e mi trovo a poche decine di centimetri dal viso quello radioso di Paolo, sorridente come prima e dagli occhi brillanti.
A questo punto, complice forse l'alcohol o la situazione, inizio a piegare la testa cercando con lo sguardo il suo pisello, ma lui è lesto a nasconderlo nei pantaloni e imitando la voce di un padre arrabbiato mi dice "EHI, NON SI SBIRCIA, RAGAZZINO!". Mentre le gote da rosse mi passano a bordeaux, si piega verso il mio orecchio e mi sussurra con il suo fiato caldo: "Bel pisello tieni, comunque". Poi mi dà una pacca sul culo e si allontana verso le scale.
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Finite le vacanze, dopo nemmeno un mese, mi sono trasferito da Milano a Brescia, a vivere in casa di Paolo. Come passai i giorni dopo il primo incontro a cercarlo su tutte le spiagge di Gallipoli, sempre sicuro di averlo riconosciuto in un ragazzo a 150 metri di distanza, è meglio che lo tralasci. Fra il sole a picco e le lunghe e sempre più disperate passeggiate avrò perso 3Kg. Proprio la sera prima di partire lo ritrovai nello stesso bar e lo presi come un segno del destino. Questa volta evitai di bere troppo e fui io a seguirlo quando scese a pisciare e non me lo lasciai sfuggire.
I tre mesi successivi furono fantastici. A parte i lunghi viaggi da pendolare per andare al lavoro, durante i quali ci scambiavamo messaggini su Whatsapp come due piccioncini, il sesso andava a gonfie vele e Paolo era semplicemente una persona fantastica con la quale condividere le giornate. Parlammo di tutto, ma notai ben presto che svicolava sempre quando si nominava la sua famiglia. Immaginai che fosse un tema doloroso per lui e che dovessi dargli tempo. Quasi fortuitamente mi rivelò una sera che la madre era morta da qualche anno e immaginai, non vedendolo mai telefonare a nessun parente, che fosse rimasto orfano. Oh quanto mi sbagliavo!
Un pomeriggio piovoso di dicembre eravamo sdraiati a letto assieme. Io gli avevo fatto un pompino con i fiocchi qualche ora prima, come testimoniava il resto di sborra seccata sulla mia barba. Lui invece si stava divertendo da ore a stuzzicarmi, farmi delle mezze seghe ogni tanto, soffiarmi nelle orecchie e accarezzarmi i capezzoli, inumidirsi il dito e infilarmelo nel buchetto, insomma rinnovare la mia eccitazione ogni volta che scemava mentre sorseggiavamo vino bianco e parlavamo. Ogni mio tentativo di scendere con le mani verso il mio cazzo veniva subito riguardito con uno schiaffetto sulla mano e un "CACCA, NON SI TOCCA, CACCA!" nel suo tono buffo con cui imitava un papà, stemperando poi sempre il tutto in una risata cristallina. Gli piaceva stuzzicarmi così per ore, per poi penetrarmi e fammi godere magari la sera, al momento di andare a letto. Non questa volta. A un certo punto mi accorgo che non mi sta più ascoltando e lo vedo pensieroso per la prima volta dopo tanti mesi. Vorrei chiedergli cosa abbia, ma sembra riaversi, con un movimento felino mi viene sopra, mi afferra le gambe portandosele sulle spalle, poi si piega in avanti costringendomi a piegarmi come un origami, sollevando il mio culetto peloso. Senza troppi convenevoli sento la punta del suo cazzo che si appoggia al mio buco del culo e con una spinta viene fatta entrare, giusto la cappella. Non riesco a trattenere un urletto e non di piacere: il cazzo di Paolo è di dimensioni del tutto normali, ma l'unica lubrificazione è stata l'inserimento ripetuto ma distanziato nel tempo di un dito con della saliva sopra. "Lo vuoi?" "Sì, lo voglio!" "Davvero lo vuoi tutto?" "CAZZO, spingimelo dentro e smettila con i tuoi giochetti!" "Per averlo defi fare una cosa per me!" "Tutto quello che vuoi, ma muoviti!" rispondo mentre cerco di inarcare ancora la schiena per prenderne di più. "Per Natale andiamo a trovare mio padre allora!" e mentre io sgranavo tanto di occhi a quella richiesta inaspettata Paolo spostò il peso e affondò tutto il suo cazzo dentro di me in un colpo solo.
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In volo sull'oceano, su un aereo diretto in Australia, mentre Paolo russa sommessamente con la testa appoggiata sulla mia spalla e un rivolo di bava che mi bagna la camicia, ripenso alle rivelazioni che seguirono la memorabile scopata di quella domenica piovosa, quando Paolo scaricò su di me, e dentro di me, una tensione di cui non mi ero reso conto prima. Dopo la morte della madre il padre di Paolo ebbe un periodo di depressione, anche dovuto come disse il suo psicologo ai sensi di colpa per avere nascosto alla moglie certe sue scappatelle che avevano anche portato alla nascita di un figlio bastardo. Quando aveva saputo dalla sgualdrina che si era sbattuto che era rimasta incinta di lui, cosa di cui non dubitò nemmeno per un secondo, la inviò in Australia dal fratello a insaputa di sua moglie, affinchè se ne prendesse cura. Tutto questo successe quando Paolo era ancora un neonato di due anni. I due fratelli erano cresciuti ignorando l'uno l'esistenza dell'altro all'altro capo del mondo. Lo zio di Paolo, minatore, aveva provveduto con il padre di Paolo a dare abbastanza denaro alla madre affinchè crescesse il figlio senza problemi economici, ma il figlio non aveva mai saputo chi fosse il padre e nemmeno chi fosse l'uomo che ogni tanto aiutava la madre quando c'erano da fare dei lavori in casa. Tutto questo cambiò repentinamente dopo la morte della madre di Paolo. Uscito dalla depressione il padre raccontò tutta la storia a Paolo e gli disse che si sarebbe trasferito in Australia dal fratello per conoscere il figlio. Successivamente lo informò dall'Australia di avere svoltato vita. Un nuovo lavoro innanzi tutto, segno che non sarebbe più rientrato in Italia. Il fatto di non volersi più sposare, ma di volersi trombare liberamente tutte le passere che poteva allo scoperto. E il fatto che la madre del figlio bastardo di lì a un anno si ammalò di tumore e morì anche lei. Il fratellastro di Paolo ora viveva con il padre e lo zio in Australia e Paolo ovviamente non la prese bene. Superato rapidamente anche lui un periodo di depressione, difficile da immaginare per un ragazzo così solare, si era ripromesso prima o poi di rispondere positivamente all'invito del padre ad andare a trovarlo in Australia. Ed eccoci quindi in volo: io, che dovrei essere quello più rilassato in quanto estraneo alla vicenda, che non riesco a prendere sonno e Paolo che se la dorme profondamente, nonostante quando sia sveglio si noti una certa ansia. "Almeno lo sa che gli stai portando a far conoscere il tuo ragazzo gay?" "Non sa nemmeno che io sia gay!" la risposta agghiacciante che mi ha dato mentre eravamo in fila in attesa del bus che ci conducesse all'aereo.
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Siamo sul taxi che ci sta portando a casa del suocero, se posso chiamarlo così. Stanchi, sporchi e sudati dai due voli intercontinentati, 34 ore in tutto, un inferno. Vorrei solo una stanza d'hotel, un bagno rilassante e una lunga dormita. Invece siamo diretti direttamente verso la tempesta perfetta. Già mi immagino di assistere a una litigata del secolo fra padre e figlio, nonchè allo shock del primo incontro fra Paolo e il fratellastro. Paolo di fianco a me sul taxi sembra ora irriconoscibile: faccia tesa e stanca, nemmeno l'ombra di un sorriso o di una battuta. Ho rinunciato diversi kilometri fa a cercare di intavolare una discussione. Ce ne stiamo ognuno immerso nei propri pensieri.
Il taxi si ferma davanti alla classica casetta indipendente, con un magnifico giardino davanti, prato verde, piante rigogliose, un gigantesco SUV parcheggiato nel viottolo e chissà cosa nel retro. Tutto intorno sui lati e probabilmente sul retro della casa si erge una siepe molto alta e le villette confinanti sono parecchio distanti. Penso subito che potremmo essere uccisi e interrati in giardino in quel posto senza che nessuno lo venga mai a sapere. Sempre se sopravviviamo ai ragni velenosi. Scendiamo, paghiamo al taxista una cifra esorbitante, ci facciamo scaricare i bagagli, fra i quali nemmeno un pensiero di Natale, ci guardiamo negli occhi e facciamo un bel respiro. "Ti amo" gli dico, qualcosa che non siamo solidi dirci. "Grazie di essere qui" risponde. Arriviamo davanti alla porta della villetta e dopo un attimo di esitazione Paolo suona il campanello. Da dentro mi sembra di sentire provenire delle gridolina o qualcosa del genere, ma penso sia la mia immaginazione. Poi un vocione cavernoso (ecco quale voce imita Paolo quando fa il paparino!) sbotta in un "COME IN!". Ci guardiamo ancora negli occhi, poi Paolo gira la maniglia e la porta si apre. Entriamo e la scena che si presenta ai mie occhi è quanto meno mi sarei mai aspettato!
mo piano, comprensiva di divani, una enorme cucina a isola e una splendida vetrata sul giardino posteriore che mi sembra avere anche una piscina. Ma soprattutto non posso no notare che sull'isola della cucina si trova una ragazza più o meno dell'età di Paolo, completamente nuda, aggrappata con le mani al bordo per non cadere. E' di schiena, con le gambe sollevate e un omone di non meno di 180cm per 90kg, magnificamente peloso e nudo, se la sta chiavando lentamente. Solleva il suo faccione barbuto nella nostra direzione e gli si stampa in viso un sorriso magnifico, lo stesso di Paolo. Il tutto senza smettere di affondare lentamente e ritirare fuori il cazzo, senza accelerare. La poverina, che sembra ignorare il nostro arrivo o fregarsene, continua a piagnucolare implorandolo di darci dentro e farla venire: "Fuck me, fuck me please, oh please, FASTER, FASTER, let me cum baby, please". Ripensando a come a Paolo piaccia fare lo stesso con me, inizio a pensare che il modo di scopare sia genetico. Nel frattempo l'omone continua a sorridere a quaranta denti e Paolo è rimasto a bocca aperta e non dice nulla. "DAVIDE, PIETRO, VENITE SUBITO, È ARRIVATO PAOLO!" ruggisce quello e sento le palle che mi si stringono nello scroto dalla paura di vederne la reazione quando saprà chi sono.
Quasi subito si apre la porta a vetri ed entra nell'ambiente un altro orsone, simile al padre di Paolo ma forse leggermente più giovane, sbarbato ma con due grandi baffoni. Anche lui completamente nudo e, visto che non è indaffarato con il suo cazzo a differenza del fratello, noto subito un arnese flaccido che promette grandi dimensioni. "Paolo! Ma ti sei fatto uomo!" "Zio Davide, da quanto tempo!". Davide si avvicina rapidamente a Paolo, incurante di essere completamente nudo e del fratello che si sbatte la ragazzina sul tavolo, e lo avvinghia in un abbraccio stretto. Poi lo sbaciucchia sulle guance e gli dice "Che meraviglia vederti, grazie di essere venuto, mi fa veramente piacere!". Poi Davide si stacca da Paolo, si gira verso di me aggrottando un poco le ciglia e sta per dire qualcosa, quando il padre di Paolo lo interrompe: "DAMMI IL CAMBIO CHE DEVO SALUTARE MIO FIGLIO!". Con questo fa due passi indietro estraendo dalla figa della ragazza un arnese enorme per larghezza, meno per lunghezza. Lei emette come un latrato, "Nooooo!", ma Davide la rassicura "a te ci penso io, bambolina!" mentre già si sta avvicinando a lei sparandosi una sega, con il cazzo che inizia vistosamente a irrigidirsi. La scena che segue ha del surreale: la ragazza che appena penetrata inizia a urlare "FUCK ME, FUCK ME, FUCK ME" a ripetizione come un'indemoniata, mentre Davide a differenza del fratello inizia subito a martellarla con gusto. Contemporaneamente il padre di Davide, con il cazzone in tiro da cui sgocciolano gli umori della troietta, in due falcate raggiunge il figlio e come già fatto dal fratello lo avvinghia in un abbraccio. "Finalmente, finalmente sei venuto" e nel giro di pochi secondi gli occhi di entrambi si riempono di lacrime e le loro bocche si aprono in larghi sorrisi, mentre la tipa esplode in un orgasmo che non sembra finire mai condito da ululati e urla, mentre Davide se ne sbatte e continua a fotterla nonostante quella sembri uscita dall'esorcista e cerchi di stringere le gambe per fermare la penetrazione ora che è diventata super-sensibile. Il padre di Davide, infastidito dal frastuono, ruggisce nuovamente "FALLA STAR ZITTA! Mettiglielo in bocca, no?", cosa che Davide fa senza farselo ripetere due volte.
Fino a questo momento l'intero quadretto famigliare non sembra essersi curato di me. Come prima fece Davide, tuttavia, anche il padre di Paolo rompe l'abbraccio, viene verso di me e mi porge una mano che chiaramente è stata da poco dentro una passera. Io, che con uno sforzo disumano cerco al tempo stesso di non tremare, di ignorare cosa sgoccioli dalla mano e di tenere gli occhi puntati ad altezza faccia, gliela stringo solo per farmela schiacciare in una morsa da schiaccianoci: "PIACERE, BRUNO", "ahi! piacere, Giacomo". Subito dopo mi stringe in un abbraccio stritolandomi come se fossi un vecchio conoscente. Appena si stacca, con un sorriso radioso sulle labbra e la voce in cui non si avverte nemmeno un filo di cattiveria, mi dice "Puzzi!". "Anche lei non scherza" rispondo al volo, un poco perchè abituato a queste scaramuccie, un poco perchè era vero, ma pentendomene subito. "Ma il mio è il profumo celestiale della figa!" risponde quello, mettendomi le dita direttamente sotto il naso, mentre lo zio di Paolo pianta tutto il cazzo in gola alla troietta per lanciare il grido "VENGOOOO" che si trasforma presto in un rantolo mentre la poverina tenuta stretta da una mano sul collo cerca di svincolarsi per respirare. "Giacomo non è interessato alla figa papà. E' il mio ragazzo!"
Immaginatevi la scena! Io che fulmino Paolo con lo sguardo per poi portarlo sul viso di Bruno, rimasto letteralmente immobile a bocca aperta. Sotto al mio naso ancora le ditona che emettono una puzza rivoltante di rancido. Davide impietrito anche lui con la tipa che ne approfitta per sputare il cazzone e tossire, finendo per sputare sborra calda sulla bella isola della cucina. I colpi di tosse che si affievoliscono fino a smettere restano l'unico rumore per una quindicina di secondi buoni. Poi Bruno prorompe in un'enorme risata di pancia, che mi ricorda Babbo Natale nei film. "E da quando saresti gay?" "E tu da quando ti scopi tizie che potrebbero essere tua figlia?" Mentre la risposta di Paolo, questa volta, nasconde cattiveria e amarezza, la domanda del padre mi è sembrata semplicemente piena di curiosità. E, almeno, non ho più due dita puzzolenti sotto il naso. "Scusami" dice Bruno, guardando Paolo con gli occhi lucidi. Poi si gira verso di me e sfoderando un altro sorriso Durbans mi dice: "Benvenuto in famiglia! Ma sappi che se spezzerai il cuore del mio bambino ti ridurrò in poltiglia!" seguito da un'altra risata. "Benvenuto anche da parte mia" aggiunge Davide, cordiale. Nel frattempo la tizia, ignorata da tutti gli altri, sta raccogliendo qualche abito succinto da terra per poi dirigersi da un'altra parte della casa, probabilmente il bagno, per nulla interessata da chi siano i due estranei piombati in casa.
"Allora, Giacomo, le regole della casa sono semplici" mi dice Davide. "Fai come se fossi a casa tua e chiedi se hai bisogno di qualcosa. In casa stiamo tutti nudi, potete starci anche voi." "E, visto che sei gay, guarda pure quanto ti pare, di meglio da queste parti non trovi!" sbotta Bruno, che si è preso il cazzone ormai moscio in mano e sta facendo l'elicottero verso di me. "Papà!" esclama Paolo facendo finta di essere inorridito. "Paolo?" A parlare una voce flebile, proveniente dal fondo della stanza, vicino alla vetrata che dà sul giardino. In piedi si trova un ragazzo, sui 25 anni circa, completamente nudo anche lui, con qualcosa nel suo aspetto che mi ricorda Paolo. "Pietro?" chiede ugualmente con voce flebile Paolo. Cala nuovamente il silenzio nella stanza mentre i due fratellastri si guardano per la prima volta.
Un pomeriggio piovoso di dicembre eravamo sdraiati a letto assieme. Io gli avevo fatto un pompino con i fiocchi qualche ora prima, come testimoniava il resto di sborra seccata sulla mia barba. Lui invece si stava divertendo da ore a stuzzicarmi, farmi delle mezze seghe ogni tanto, soffiarmi nelle orecchie e accarezzarmi i capezzoli, inumidirsi il dito e infilarmelo nel buchetto, insomma rinnovare la mia eccitazione ogni volta che scemava mentre sorseggiavamo vino bianco e parlavamo. Ogni mio tentativo di scendere con le mani verso il mio cazzo veniva subito riguardito con uno schiaffetto sulla mano e un "CACCA, NON SI TOCCA, CACCA!" nel suo tono buffo con cui imitava un papà, stemperando poi sempre il tutto in una risata cristallina. Gli piaceva stuzzicarmi così per ore, per poi penetrarmi e fammi godere magari la sera, al momento di andare a letto. Non questa volta. A un certo punto mi accorgo che non mi sta più ascoltando e lo vedo pensieroso per la prima volta dopo tanti mesi. Vorrei chiedergli cosa abbia, ma sembra riaversi, con un movimento felino mi viene sopra, mi afferra le gambe portandosele sulle spalle, poi si piega in avanti costringendomi a piegarmi come un origami, sollevando il mio culetto peloso. Senza troppi convenevoli sento la punta del suo cazzo che si appoggia al mio buco del culo e con una spinta viene fatta entrare, giusto la cappella. Non riesco a trattenere un urletto e non di piacere: il cazzo di Paolo è di dimensioni del tutto normali, ma l'unica lubrificazione è stata l'inserimento ripetuto ma distanziato nel tempo di un dito con della saliva sopra. "Lo vuoi?" "Sì, lo voglio!" "Davvero lo vuoi tutto?" "CAZZO, spingimelo dentro e smettila con i tuoi giochetti!" "Per averlo defi fare una cosa per me!" "Tutto quello che vuoi, ma muoviti!" rispondo mentre cerco di inarcare ancora la schiena per prenderne di più. "Per Natale andiamo a trovare mio padre allora!" e mentre io sgranavo tanto di occhi a quella richiesta inaspettata Paolo spostò il peso e affondò tutto il suo cazzo dentro di me in un colpo solo.
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Un paio d'ore e parecchie birre dopo, ormai dimentico di quanto accaduto, dico agli amici che stanno salutando che mi sarei fermato a fare una pisciata e che non mi aspettassero. Scendo le ripide scale abbastanza buie fra l'altro, mi piazzo di fronte all'orinatoio e decido di slacciarmi i pantaloni, quel modello con i bottoni, per tirarlo fuori più facilmente. Mentre armeggio un poco alticcio con le mani incerte con i bottoni, qualcuno si apposta all'orinatoio di fianco al mio. Visti gli spazi angusti, siamo spalla a spalla. Resisto all'idea di sbirciare chi sia, riesco a slacciare l'ultimo bottone e di colpo i pantaloni mi scendono alle caviglie. Io imbarazzatissimo devo essere diventato tutto rosso. Decido che la cosa più macha sia lasciarli dove sono, pescare dal buco dei boxer il mio uccello e scaricare la vescica. "Ormai puoi togliere anche quelli, non nascondono quasi nulla!" seguito da una risata del mio compagno di pisciate. Subito mi colpisce il riso cristallino, gioioso e non colgo nessun segno di cattiveria nella sua voce. Mi volto e mi trovo a poche decine di centimetri dal viso quello radioso di Paolo, sorridente come prima e dagli occhi brillanti.
A questo punto, complice forse l'alcohol o la situazione, inizio a piegare la testa cercando con lo sguardo il suo pisello, ma lui è lesto a nasconderlo nei pantaloni e imitando la voce di un padre arrabbiato mi dice "EHI, NON SI SBIRCIA, RAGAZZINO!". Mentre le gote da rosse mi passano a bordeaux, si piega verso il mio orecchio e mi sussurra con il suo fiato caldo: "Bel pisello tieni, comunque". Poi mi dà una pacca sul culo e si allontana verso le scale.
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Finite le vacanze, dopo nemmeno un mese, mi sono trasferito da Milano a Brescia, a vivere in casa di Paolo. Come passai i giorni dopo il primo incontro a cercarlo su tutte le spiagge di Gallipoli, sempre sicuro di averlo riconosciuto in un ragazzo a 150 metri di distanza, è meglio che lo tralasci. Fra il sole a picco e le lunghe e sempre più disperate passeggiate avrò perso 3Kg. Proprio la sera prima di partire lo ritrovai nello stesso bar e lo presi come un segno del destino. Questa volta evitai di bere troppo e fui io a seguirlo quando scese a pisciare e non me lo lasciai sfuggire.
I tre mesi successivi furono fantastici. A parte i lunghi viaggi da pendolare per andare al lavoro, durante i quali ci scambiavamo messaggini su Whatsapp come due piccioncini, il sesso andava a gonfie vele e Paolo era semplicemente una persona fantastica con la quale condividere le giornate. Parlammo di tutto, ma notai ben presto che svicolava sempre quando si nominava la sua famiglia. Immaginai che fosse un tema doloroso per lui e che dovessi dargli tempo. Quasi fortuitamente mi rivelò una sera che la madre era morta da qualche anno e immaginai, non vedendolo mai telefonare a nessun parente, che fosse rimasto orfano. Oh quanto mi sbagliavo!
Un pomeriggio piovoso di dicembre eravamo sdraiati a letto assieme. Io gli avevo fatto un pompino con i fiocchi qualche ora prima, come testimoniava il resto di sborra seccata sulla mia barba. Lui invece si stava divertendo da ore a stuzzicarmi, farmi delle mezze seghe ogni tanto, soffiarmi nelle orecchie e accarezzarmi i capezzoli, inumidirsi il dito e infilarmelo nel buchetto, insomma rinnovare la mia eccitazione ogni volta che scemava mentre sorseggiavamo vino bianco e parlavamo. Ogni mio tentativo di scendere con le mani verso il mio cazzo veniva subito riguardito con uno schiaffetto sulla mano e un "CACCA, NON SI TOCCA, CACCA!" nel suo tono buffo con cui imitava un papà, stemperando poi sempre il tutto in una risata cristallina. Gli piaceva stuzzicarmi così per ore, per poi penetrarmi e fammi godere magari la sera, al momento di andare a letto. Non questa volta. A un certo punto mi accorgo che non mi sta più ascoltando e lo vedo pensieroso per la prima volta dopo tanti mesi. Vorrei chiedergli cosa abbia, ma sembra riaversi, con un movimento felino mi viene sopra, mi afferra le gambe portandosele sulle spalle, poi si piega in avanti costringendomi a piegarmi come un origami, sollevando il mio culetto peloso. Senza troppi convenevoli sento la punta del suo cazzo che si appoggia al mio buco del culo e con una spinta viene fatta entrare, giusto la cappella. Non riesco a trattenere un urletto e non di piacere: il cazzo di Paolo è di dimensioni del tutto normali, ma l'unica lubrificazione è stata l'inserimento ripetuto ma distanziato nel tempo di un dito con della saliva sopra. "Lo vuoi?" "Sì, lo voglio!" "Davvero lo vuoi tutto?" "CAZZO, spingimelo dentro e smettila con i tuoi giochetti!" "Per averlo defi fare una cosa per me!" "Tutto quello che vuoi, ma muoviti!" rispondo mentre cerco di inarcare ancora la schiena per prenderne di più. "Per Natale andiamo a trovare mio padre allora!" e mentre io sgranavo tanto di occhi a quella richiesta inaspettata Paolo spostò il peso e affondò tutto il suo cazzo dentro di me in un colpo solo.
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In volo sull'oceano, su un aereo diretto in Australia, mentre Paolo russa sommessamente con la testa appoggiata sulla mia spalla e un rivolo di bava che mi bagna la camicia, ripenso alle rivelazioni che seguirono la memorabile scopata di quella domenica piovosa, quando Paolo scaricò su di me, e dentro di me, una tensione di cui non mi ero reso conto prima. Dopo la morte della madre il padre di Paolo ebbe un periodo di depressione, anche dovuto come disse il suo psicologo ai sensi di colpa per avere nascosto alla moglie certe sue scappatelle che avevano anche portato alla nascita di un figlio bastardo. Quando aveva saputo dalla sgualdrina che si era sbattuto che era rimasta incinta di lui, cosa di cui non dubitò nemmeno per un secondo, la inviò in Australia dal fratello a insaputa di sua moglie, affinchè se ne prendesse cura. Tutto questo successe quando Paolo era ancora un neonato di due anni. I due fratelli erano cresciuti ignorando l'uno l'esistenza dell'altro all'altro capo del mondo. Lo zio di Paolo, minatore, aveva provveduto con il padre di Paolo a dare abbastanza denaro alla madre affinchè crescesse il figlio senza problemi economici, ma il figlio non aveva mai saputo chi fosse il padre e nemmeno chi fosse l'uomo che ogni tanto aiutava la madre quando c'erano da fare dei lavori in casa. Tutto questo cambiò repentinamente dopo la morte della madre di Paolo. Uscito dalla depressione il padre raccontò tutta la storia a Paolo e gli disse che si sarebbe trasferito in Australia dal fratello per conoscere il figlio. Successivamente lo informò dall'Australia di avere svoltato vita. Un nuovo lavoro innanzi tutto, segno che non sarebbe più rientrato in Italia. Il fatto di non volersi più sposare, ma di volersi trombare liberamente tutte le passere che poteva allo scoperto. E il fatto che la madre del figlio bastardo di lì a un anno si ammalò di tumore e morì anche lei. Il fratellastro di Paolo ora viveva con il padre e lo zio in Australia e Paolo ovviamente non la prese bene. Superato rapidamente anche lui un periodo di depressione, difficile da immaginare per un ragazzo così solare, si era ripromesso prima o poi di rispondere positivamente all'invito del padre ad andare a trovarlo in Australia. Ed eccoci quindi in volo: io, che dovrei essere quello più rilassato in quanto estraneo alla vicenda, che non riesco a prendere sonno e Paolo che se la dorme profondamente, nonostante quando sia sveglio si noti una certa ansia. "Almeno lo sa che gli stai portando a far conoscere il tuo ragazzo gay?" "Non sa nemmeno che io sia gay!" la risposta agghiacciante che mi ha dato mentre eravamo in fila in attesa del bus che ci conducesse all'aereo.
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Siamo sul taxi che ci sta portando a casa del suocero, se posso chiamarlo così. Stanchi, sporchi e sudati dai due voli intercontinentati, 34 ore in tutto, un inferno. Vorrei solo una stanza d'hotel, un bagno rilassante e una lunga dormita. Invece siamo diretti direttamente verso la tempesta perfetta. Già mi immagino di assistere a una litigata del secolo fra padre e figlio, nonchè allo shock del primo incontro fra Paolo e il fratellastro. Paolo di fianco a me sul taxi sembra ora irriconoscibile: faccia tesa e stanca, nemmeno l'ombra di un sorriso o di una battuta. Ho rinunciato diversi kilometri fa a cercare di intavolare una discussione. Ce ne stiamo ognuno immerso nei propri pensieri.
Il taxi si ferma davanti alla classica casetta indipendente, con un magnifico giardino davanti, prato verde, piante rigogliose, un gigantesco SUV parcheggiato nel viottolo e chissà cosa nel retro. Tutto intorno sui lati e probabilmente sul retro della casa si erge una siepe molto alta e le villette confinanti sono parecchio distanti. Penso subito che potremmo essere uccisi e interrati in giardino in quel posto senza che nessuno lo venga mai a sapere. Sempre se sopravviviamo ai ragni velenosi. Scendiamo, paghiamo al taxista una cifra esorbitante, ci facciamo scaricare i bagagli, fra i quali nemmeno un pensiero di Natale, ci guardiamo negli occhi e facciamo un bel respiro. "Ti amo" gli dico, qualcosa che non siamo solidi dirci. "Grazie di essere qui" risponde. Arriviamo davanti alla porta della villetta e dopo un attimo di esitazione Paolo suona il campanello. Da dentro mi sembra di sentire provenire delle gridolina o qualcosa del genere, ma penso sia la mia immaginazione. Poi un vocione cavernoso (ecco quale voce imita Paolo quando fa il paparino!) sbotta in un "COME IN!". Ci guardiamo ancora negli occhi, poi Paolo gira la maniglia e la porta si apre. Entriamo e la scena che si presenta ai mie occhi è quanto meno mi sarei mai aspettato!
mo piano, comprensiva di divani, una enorme cucina a isola e una splendida vetrata sul giardino posteriore che mi sembra avere anche una piscina. Ma soprattutto non posso no notare che sull'isola della cucina si trova una ragazza più o meno dell'età di Paolo, completamente nuda, aggrappata con le mani al bordo per non cadere. E' di schiena, con le gambe sollevate e un omone di non meno di 180cm per 90kg, magnificamente peloso e nudo, se la sta chiavando lentamente. Solleva il suo faccione barbuto nella nostra direzione e gli si stampa in viso un sorriso magnifico, lo stesso di Paolo. Il tutto senza smettere di affondare lentamente e ritirare fuori il cazzo, senza accelerare. La poverina, che sembra ignorare il nostro arrivo o fregarsene, continua a piagnucolare implorandolo di darci dentro e farla venire: "Fuck me, fuck me please, oh please, FASTER, FASTER, let me cum baby, please". Ripensando a come a Paolo piaccia fare lo stesso con me, inizio a pensare che il modo di scopare sia genetico. Nel frattempo l'omone continua a sorridere a quaranta denti e Paolo è rimasto a bocca aperta e non dice nulla. "DAVIDE, PIETRO, VENITE SUBITO, È ARRIVATO PAOLO!" ruggisce quello e sento le palle che mi si stringono nello scroto dalla paura di vederne la reazione quando saprà chi sono.
Quasi subito si apre la porta a vetri ed entra nell'ambiente un altro orsone, simile al padre di Paolo ma forse leggermente più giovane, sbarbato ma con due grandi baffoni. Anche lui completamente nudo e, visto che non è indaffarato con il suo cazzo a differenza del fratello, noto subito un arnese flaccido che promette grandi dimensioni. "Paolo! Ma ti sei fatto uomo!" "Zio Davide, da quanto tempo!". Davide si avvicina rapidamente a Paolo, incurante di essere completamente nudo e del fratello che si sbatte la ragazzina sul tavolo, e lo avvinghia in un abbraccio stretto. Poi lo sbaciucchia sulle guance e gli dice "Che meraviglia vederti, grazie di essere venuto, mi fa veramente piacere!". Poi Davide si stacca da Paolo, si gira verso di me aggrottando un poco le ciglia e sta per dire qualcosa, quando il padre di Paolo lo interrompe: "DAMMI IL CAMBIO CHE DEVO SALUTARE MIO FIGLIO!". Con questo fa due passi indietro estraendo dalla figa della ragazza un arnese enorme per larghezza, meno per lunghezza. Lei emette come un latrato, "Nooooo!", ma Davide la rassicura "a te ci penso io, bambolina!" mentre già si sta avvicinando a lei sparandosi una sega, con il cazzo che inizia vistosamente a irrigidirsi. La scena che segue ha del surreale: la ragazza che appena penetrata inizia a urlare "FUCK ME, FUCK ME, FUCK ME" a ripetizione come un'indemoniata, mentre Davide a differenza del fratello inizia subito a martellarla con gusto. Contemporaneamente il padre di Davide, con il cazzone in tiro da cui sgocciolano gli umori della troietta, in due falcate raggiunge il figlio e come già fatto dal fratello lo avvinghia in un abbraccio. "Finalmente, finalmente sei venuto" e nel giro di pochi secondi gli occhi di entrambi si riempono di lacrime e le loro bocche si aprono in larghi sorrisi, mentre la tipa esplode in un orgasmo che non sembra finire mai condito da ululati e urla, mentre Davide se ne sbatte e continua a fotterla nonostante quella sembri uscita dall'esorcista e cerchi di stringere le gambe per fermare la penetrazione ora che è diventata super-sensibile. Il padre di Davide, infastidito dal frastuono, ruggisce nuovamente "FALLA STAR ZITTA! Mettiglielo in bocca, no?", cosa che Davide fa senza farselo ripetere due volte.
Fino a questo momento l'intero quadretto famigliare non sembra essersi curato di me. Come prima fece Davide, tuttavia, anche il padre di Paolo rompe l'abbraccio, viene verso di me e mi porge una mano che chiaramente è stata da poco dentro una passera. Io, che con uno sforzo disumano cerco al tempo stesso di non tremare, di ignorare cosa sgoccioli dalla mano e di tenere gli occhi puntati ad altezza faccia, gliela stringo solo per farmela schiacciare in una morsa da schiaccianoci: "PIACERE, BRUNO", "ahi! piacere, Giacomo". Subito dopo mi stringe in un abbraccio stritolandomi come se fossi un vecchio conoscente. Appena si stacca, con un sorriso radioso sulle labbra e la voce in cui non si avverte nemmeno un filo di cattiveria, mi dice "Puzzi!". "Anche lei non scherza" rispondo al volo, un poco perchè abituato a queste scaramuccie, un poco perchè era vero, ma pentendomene subito. "Ma il mio è il profumo celestiale della figa!" risponde quello, mettendomi le dita direttamente sotto il naso, mentre lo zio di Paolo pianta tutto il cazzo in gola alla troietta per lanciare il grido "VENGOOOO" che si trasforma presto in un rantolo mentre la poverina tenuta stretta da una mano sul collo cerca di svincolarsi per respirare. "Giacomo non è interessato alla figa papà. E' il mio ragazzo!"
Immaginatevi la scena! Io che fulmino Paolo con lo sguardo per poi portarlo sul viso di Bruno, rimasto letteralmente immobile a bocca aperta. Sotto al mio naso ancora le ditona che emettono una puzza rivoltante di rancido. Davide impietrito anche lui con la tipa che ne approfitta per sputare il cazzone e tossire, finendo per sputare sborra calda sulla bella isola della cucina. I colpi di tosse che si affievoliscono fino a smettere restano l'unico rumore per una quindicina di secondi buoni. Poi Bruno prorompe in un'enorme risata di pancia, che mi ricorda Babbo Natale nei film. "E da quando saresti gay?" "E tu da quando ti scopi tizie che potrebbero essere tua figlia?" Mentre la risposta di Paolo, questa volta, nasconde cattiveria e amarezza, la domanda del padre mi è sembrata semplicemente piena di curiosità. E, almeno, non ho più due dita puzzolenti sotto il naso. "Scusami" dice Bruno, guardando Paolo con gli occhi lucidi. Poi si gira verso di me e sfoderando un altro sorriso Durbans mi dice: "Benvenuto in famiglia! Ma sappi che se spezzerai il cuore del mio bambino ti ridurrò in poltiglia!" seguito da un'altra risata. "Benvenuto anche da parte mia" aggiunge Davide, cordiale. Nel frattempo la tizia, ignorata da tutti gli altri, sta raccogliendo qualche abito succinto da terra per poi dirigersi da un'altra parte della casa, probabilmente il bagno, per nulla interessata da chi siano i due estranei piombati in casa.
"Allora, Giacomo, le regole della casa sono semplici" mi dice Davide. "Fai come se fossi a casa tua e chiedi se hai bisogno di qualcosa. In casa stiamo tutti nudi, potete starci anche voi." "E, visto che sei gay, guarda pure quanto ti pare, di meglio da queste parti non trovi!" sbotta Bruno, che si è preso il cazzone ormai moscio in mano e sta facendo l'elicottero verso di me. "Papà!" esclama Paolo facendo finta di essere inorridito. "Paolo?" A parlare una voce flebile, proveniente dal fondo della stanza, vicino alla vetrata che dà sul giardino. In piedi si trova un ragazzo, sui 25 anni circa, completamente nudo anche lui, con qualcosa nel suo aspetto che mi ricorda Paolo. "Pietro?" chiede ugualmente con voce flebile Paolo. Cala nuovamente il silenzio nella stanza mentre i due fratellastri si guardano per la prima volta.
Un pomeriggio piovoso di dicembre eravamo sdraiati a letto assieme. Io gli avevo fatto un pompino con i fiocchi qualche ora prima, come testimoniava il resto di sborra seccata sulla mia barba. Lui invece si stava divertendo da ore a stuzzicarmi, farmi delle mezze seghe ogni tanto, soffiarmi nelle orecchie e accarezzarmi i capezzoli, inumidirsi il dito e infilarmelo nel buchetto, insomma rinnovare la mia eccitazione ogni volta che scemava mentre sorseggiavamo vino bianco e parlavamo. Ogni mio tentativo di scendere con le mani verso il mio cazzo veniva subito riguardito con uno schiaffetto sulla mano e un "CACCA, NON SI TOCCA, CACCA!" nel suo tono buffo con cui imitava un papà, stemperando poi sempre il tutto in una risata cristallina. Gli piaceva stuzzicarmi così per ore, per poi penetrarmi e fammi godere magari la sera, al momento di andare a letto. Non questa volta. A un certo punto mi accorgo che non mi sta più ascoltando e lo vedo pensieroso per la prima volta dopo tanti mesi. Vorrei chiedergli cosa abbia, ma sembra riaversi, con un movimento felino mi viene sopra, mi afferra le gambe portandosele sulle spalle, poi si piega in avanti costringendomi a piegarmi come un origami, sollevando il mio culetto peloso. Senza troppi convenevoli sento la punta del suo cazzo che si appoggia al mio buco del culo e con una spinta viene fatta entrare, giusto la cappella. Non riesco a trattenere un urletto e non di piacere: il cazzo di Paolo è di dimensioni del tutto normali, ma l'unica lubrificazione è stata l'inserimento ripetuto ma distanziato nel tempo di un dito con della saliva sopra. "Lo vuoi?" "Sì, lo voglio!" "Davvero lo vuoi tutto?" "CAZZO, spingimelo dentro e smettila con i tuoi giochetti!" "Per averlo defi fare una cosa per me!" "Tutto quello che vuoi, ma muoviti!" rispondo mentre cerco di inarcare ancora la schiena per prenderne di più. "Per Natale andiamo a trovare mio padre allora!" e mentre io sgranavo tanto di occhi a quella richiesta inaspettata Paolo spostò il peso e affondò tutto il suo cazzo dentro di me in un colpo solo.
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