Stupida e Incapace

di
genere
dominazione

Questo racconto nasce come approfondimento della porn-soap opera “le mie ex: Bruna”, ma è anche leggibile come opera autonoma, distribuita su un paio di puntate.

Stupida e imbranata

Era il 1993 e, da appena diplomata, non ne potevo più della vita asfissiante del mio paesino in Calabria e convinsi i miei genitori a mandarmi a studiare al nord, con la scusa di un’università più prestigiosa e della presenza di mia zia paterna, che da molti anni viveva in una cittadina nella provincia di XXX.

Sembrava la soluzione ideale per assaggiare un po’ di libertà, ma una volta trasferita, capii che le cose erano molto diverse.

Invece della vita spensierata di una studentessa fuori sede in una grande città, passavo la maggior parte della giornata su treni e bus per andare da casa a lezione e viceversa, ma soprattutto, i miei zii mi controllavano continuamente e, se ritardavo di un po’ al rientro a casa, erano scenate e la minaccia di chiamare mio padre per dirgli che razza di figlia avesse.

Paradossalmente quando vivevo giù, ero più libera di conoscere e frequentare ragazzi.
Mi bastava dire che andavo a trovare mia sorella Palma, che vive col marito a una ventina di km da casa dei nostri genitori, per poter uscire senza dare troppe spiegazioni.

Palma è un tesoro e copriva sempre le mie scappatelle dicendo che avevamo giocato a carte o che le avevo tenuto compagnia tutta la sera...

Nonostante il poco tempo libero, all’università legai con Tiziana che diventò la mia vicina di banco in tanti corsi e, in paese, con Federico, la cui famiglia condivideva la villetta bifamiliare con i miei zii.

Federico era un po’ più giovane di me, secco secco e bruttino, in paese lo consideravano un ritardato e non aveva mai avuto una morosa.

Mi trattava come una principessa e mi faceva una corte asfissiante, dicendomi che ero bellissima e tutte cose, ma a me dispiaceva soprattutto vederlo trattare sempre male dai suoi coetanei.

Fu così che un po’ la solitudine, un po’ la sua insistenza, un po’ la pena che provavo, dopo qualche tempo cedetti e iniziammo a vederci di nascosto.

Gli dissi subito che ero vergine e che volevo conservarmi per qualcuno davvero speciale, ma per lui, che non aveva mai visto prima una donna nuda dal vivo, era già un sogno poter baciare, palpare le tette o farsi toccare da una ragazza carina.
Almeno i primi tempi...

Presto propose di guardare insieme le sue VHS porno, per chiedermi di fare le cose che vedeva in video, pompini, spagnole, venire sulle tette...Cose del genere.

Tante cose le avevo già fatte coi ragazzi di giù, ma gli dicevo sempre che con lui era la prima volta, così si eccitava di più... Come il sesso anale o l’ingoio... Altre, come farsi venire in faccia, per me erano davvero nuove, ma sembravano far impazzire gli uomini ed ero curiosa di sperimentarle.

Andammo avanti un paio di mesi, passando diversi pomeriggi piacevoli, ma col tempo divenne aggressivo e arrogante: mi assillava perché gli concedessi di scoparmi e scoprii che raccontava in giro che si vedeva con un’universitaria che gli faceva i pompini.

All’inizio tutti pensavano fosse una delle sue solite cazzate, ma a furia di insistere, qualcuno iniziò a pensare che forse c’era del vero.

Visto che ero l’unica universitaria che frequentava, non ci volle molto per immaginare che fossi io la ragazza misteriosa e pensare che, se andavo con uno del genere, dovevo accontentare pure loro.

L’atmosfera in paese divenne pesante e non potevo uscire di casa senza che qualche ragazzino per strada mi molestasse o mi proponesse qualcosa di osceno.

Prima che la situazione andasse fuori controllo e arrivasse ai miei zii qualche pettegolezzo sul mio conto, mollai Federico, ritirai dalla posta tutti i miei risparmi e decisi di trasferirmi in città, con la scusa (nemmeno troppo falsa) che tutti quei viaggi per andare a lezione mi distraevano dagli studi.

I miei non volevano che andassi a convivere con altri studenti, perché “gira la droga e poi ti trovi disonorata”, per cui dovevo trovare una casa tutta mia ed essere in grado di mantenerla da sola, visto che quello che mi mandavano con mille sacrifici i genitori, che non avevano idea del costo della vita in città, nemmeno bastava per le bollette.

Fattori decisivi per la loro approvazione, il fatto di aver dato qualche esame (non avendo un cazzo da fare in giro, studiavo tutto il tempo) e le buone parole che spese da mia zia sul fatto che mi fossi sempre comportata da ragazza matura e responsabile (e questo fa pensare che anche lei non vedesse l’ora che mi levassi dai coglioni).

Trovai una mansarda male arredata in centro a 5 minuti a piedi dall’università.
Bilocale con angolo cottura, 5° piano senza ascensore.

Non aveva l’abitabilità e, per questo, costava poco rispetto alle altre case della zona universitaria, ma per me era comunque una fucilata.

Tra caparra e spese per renderlo presentabile, mi bruciai quasi tutti i risparmi e chiedere soldi a casa era impossibile: dovevo trovare un lavoro che mi permettesse di mantenermi e mi lasciasse il tempo di studiare... e dovevo trovarlo presto.

Ho conosciuto Franco tramite un annuncio di lavoro qualche tempo dopo essermi trasferita in città.
Era calabrese delle mie parti e gestiva diversi locali in città, dove aveva un continuo va e vieni di cameriere e bariste.

Non è che mi ispirasse molta simpatia: una cinquantina d’anni, tarchiato, con la pelle butterata e radi capelli tinti con il codino.
Si atteggiava da guappo, con abiti vistosi, orologio rolex e mercedes.

Di tipi così, dalle mie parti, ne avevo visti parecchi e avevo imparato a evitarli, ma qui era l’unico che “per aiutare una brava ragazza di giù”, come diceva lui, mi offrisse subito un lavoro come cameriera in una discoteca in periferia, senza richiedere esperienza e impegni rigidi.
Ed io ne avevo un gran bisogno.

Presto però sono iniziati i problemi.
Il lavoro era faticoso e, soprattutto, umiliante: passavo le serate a schivare le mani su seni e culo dai tamarri che venivano nel locale.

Spesso facevano cadere apposta i drink, così mi dovevo chinare e loro potevano toccarmi il culo e, a volte, se mi trovavo in mezzo a un gruppo, in due mi bloccavano le braccia mentre gli altri mi palpavano le tette, o provavano ad alzarmi la gonna per toccarmi sotto.

Se protestavo, Franco se ne fregava perché “i clienti tornano solo se si divertono” mentre, di ragazze che gli chiedevano di lavorare, c’era la fila...

Per farti capire, una volta lì dentro faceva caldissimo perche l’aria condizionata funzionava male ed io, da completa cretina, a metà turno mi levai il reggiseno, che mi dava davvero fastidio. Appena rientrai in sala, un gruppo di ragazzi mi mise in mezzo e mi trovai il top slacciato con le tette di fuori e le mani di tutti a toccarmele.
Successe un gran casino.

Franco e la sicurezza dovettero intervenire e cacciare i ragazzi prima che succedesse di peggio ma poi se la prese con me, perché ero stata una ragazzina scema a farmi mettere in mezzo, costringendolo a buttare fuori dei clienti.

I tamarri, però, non erano il problema peggiore: dopo una settimana che lavoravo lì, accettai un passaggio in macchina di Franco.

Lui era mezzo ubriaco e forse aveva preso qualcosa: dopo qualche isolato mi ha iniziato a toccare i seni, poi mi ha spinto la testa in basso per fargli un pompino mentre guidava.

Mi terrorizzava l’idea che, lottando con lui per oppormi, potesse distrarsi e fare un incidente... per questo ho finto di volerlo accontentare e gliel'ho preso in mano dicendo “Si ma non qui in mezzo alla strada...” fino a quando non si è fermato a un semaforo.

Per fortuna lui era poco lucido ed io mi sono liberata facilmente, fuggendo fuori dalla macchina e scappando via, mentre mi copriva di insulti.

Il giorno dopo mi ha chiamato cento volte per scusarsi, dicendo che era per colpa dell’alcool, che ero tanto carina e che mi dava un aumento e dei turni migliori se non me ne andavo.

L’idea di denunciarlo mi angosciava: avevo accettato un passaggio in macchina da un uomo del genere e dover spiegare ai miei parenti come mi ero trovata in quella situazione e perché avevo accettato quel lavoro indecente , significava essere rispedita a vivere giù e addio università e libertà della grande città.

Il buonsenso diceva di scappare via, ma i soldi che guadagnavo nel locale facevano una differenza enorme nel mio bilancio di studentessa fuori sede.

Franco, incoraggiato dal fatto che non mi fossi licenziata, iniziò a stuzzicarmi, prima con battute, poi assillandomi ogni volta che aveva l’occasione, dicendo che dovevo essere... più gentile.

"Devi imparare come va il mondo, io sono generoso, ti faccio lavorare, ti accompagno a casa e tu dovresti essere riconoscente...” sussurrava all’orecchio, quando a fine serata mi pagava...

Io mi illudevo che cane che abbaia non morde e rispondevo con battute ironiche alle sue proposte... finché una notte, dopo chiusura, vidi passare sotto il naso l’ultimo bus notturno per tornare verso il centro.

“Salta su, da queste parti i taxi non ci vengono la sera e a fartela a piedi chissà chi incontri” mi disse passando "casualmente" di lì sulla sua macchinona.

Sembrava sobrio e tranquillo e sul momento quella mi pareva la soluzione migliore, visto che quella era proprio una brutta zona, ma dopo pochi minuti, sentii la sua mano appoggiarsi al mio ginocchio, come se fosse una cosa naturale, per poi risalire verso la coscia.

“Franco, dai, mi hai promesso non facevi come l’altra volta...” gli dissi infastidita.
“Sto facendo il bravo, non vedi che ti sto accompagnando a casa?”
guardandomi negli occhi e sorridendo con i suoi denti d’oro, ma senza levare la mano.

“E’ una serata così bella, chissà che panorama c’è in collina!” disse, svoltando improvvisamente verso i boschi.

Il sangue mi si è gelato... Ma cercai di non farlo irritare quindi protestai poco. “No, dai, voglio tornare a casa...è tardi...magari la prossima volta”.

“Ti ci porto a casa, ma prima facciamo un giro da queste parti, è così rilassante, la sera. Conosco un paio di posti tranquillissimi”.

Persi la pazienza.
“Guarda che urlo!!!!” dissi arrabbiandomi.

“E cosa urli? Qui è tutto prati e boschi e non c’è anima viva” rispose descrivendo la realtà.

Mi giocai l’ultima carta: “Chiamo il 113 se non mi riporti subito a casa” lo minacciai col cellulare in mano.

“Brava denunciami, poi spieghi ai tuoi parenti che ci facevi a lavorare nel mio locale mezza nuda invece che stare a casa a studiare” rispose con voce calma... Aveva vinto, almeno al momento.

Dopo un po’ di curve accostò in una piazzola poco illuminata.
Io immediatamente cercai di aprire la portiera ma il bastardo si era organizzato e aveva inserito la sicura sulla porta del passeggero.
Ero nel panico.

“Dai se ti facessi così schifo non saresti ancora a lavorare da me...” mi disse viscidamente.
Non riuscivo a guardarlo negli occhi, tanto ero agitata...

Iniziò la solita tiritera...
“Sapevo che avevi bisogno, per questo ti ho aiutata, ma tu devi essere riconoscente...
Se ti serve qualche extra, basta che me lo dici...
Nemmeno te li chiedo indietro, se sai come trattarmi.
Fra compaesani ci si aiuta sempre...”
...bla bla bla...
Mentre si era girato nella mia direzione accarezzandomi i capelli.

“Mi serve il lavoro... e poi dopo quella volta mi avevi promesso che facevi il bravo” sussurrai arrabbiatissima.

“Sto facendo il bravo, sto addirittura offrendoti il mio aiuto, basta che lo accetti” facendo scivolare la mano dai miei capelli alla spalla scoperta.

“Non... Non sono quel tipo di ragazza” dissi in uno scatto d’orgoglio.

“No, certo...Per questo mi piaci... Ma è un mese che per una paga da fame ti fai palpare dai clienti, lo so, ti vedo.” disse insinuante.

“Non mi faccio palpare! Sono loro! Ed io protesto sempre...”

“Protesti... Protesti... intanto la settimana scorsa sei finita con le minne tutte di fuori in mezzo alla pista. Mi sono pure incazzato, che certe cose non devono succedere. Se tutto questo non ti andava bene, potevi sempre licenziarti.”

“Mi hanno spogliata loro, lo sai benissimo!!! E tu ne approfitti che il lavoro mi serve” piagnucolai.

“Non è il lavoro che ti serve, ti servono i soldi... ma ci sono tanti modi per trovarli...
Per esempio, tra pochi giorni so che ti scade l’affitto e questo mese hai qualche problema, me l’hanno detto le altre ragazze lamentandosi che chiedi sempre prestiti.
Bastava chiedere a me, senza rompere i coglioni alle ragazze, che hanno figli e un sacco di cazzi loro da mantenere ...”

Così dicendo prese una banconota da 50.000 e fece per infilarla nel reggiseno dalla scollatura del vestito.

Gettai via la banconota, ma Franco la prese dal pavimento della macchina, ne aggiunse altre 50.000 rifacendo il gesto di infilarle nella scollatura “Non si deve mai disprezzare i soldi, porta sfortuna. Quanti drink devi servire per 100.000?”

“Eh Quandu u diavulu t'accarizza, l'anima voli! Fai il generoso ma so cosa vuoi...” risposi levando dal reggiseno le banconote, ma, questa volta, appoggiandole sul cruscotto della Mercedes.

"Pensaci. Se fai la gentile e ti lasci andare, come fanno le altre cameriere quando hanno bisogno di qualche extra, finisce pure che ti diverti. ” disse, tirando fuori dal rotolo di banconote che teneva in tasca un’altro 50.000 che appoggiò sul cruscotto.

“Sei un bastardo...” gli dissi offesa, ma... quella somma sarebbe stata una boccata d’ossigeno: ero in ritardo con affitto e bollette e se non trovavo in fretta una soluzione rischiavo di essere cacciata via di casa e dover tornare dai miei.

“Ma comunque è impossibile... io non... non voglio...” gli dissi, anche per togliermi quel pensiero dalla testa.

“Non vuoi proprio scopare con me?” chiese Franco innervosito.
“Si, cioè non sei tu... è che proprio non posso... Sono una ragazza per bene... sono ancora vergine” gli confessai con gli occhi bassi, sperando che si impietosisse.

Fu un errore perché anziché tirarsi indietro gli spuntò un scintillio bastardo nello sguardo.
Affondò la mano verso le mutandine dicendo con un sorriso orribile “Ne ho fottute a centinaia delle mie ragazze ed erano tutte grandi puttane, la vergine mi mancava...”

Io andai in panico, ero in mezzo al nulla ed ero imprigionata in macchina con uno che con un pugno mi poteva mandare all’ospedale “Ti prometto che sarò... più gentile, ma non mi rovinare” lo implorai con gli occhi lucidi...

“Pensi che voglia stuprarti? Per chi m'hai preso, io sono bravo e generoso... vorrei poter dire lo stesso di te, ragazzina” mi rispose sprezzante, ormai sicuro di non finire la serata in bianco.

Ero paralizzata, col cuore in gola, incapace di rispondere.

“Hai detto che sarai gentile? Inizia dandomi un bacio, che, con tutto quello che faccio per te, me lo merito.”

Si avvicinò alle mie labbra, ma provavo troppo disgusto per quel vecchio viscido.

“Ho detto dammi un bacio, stronza" mi ripetè coi denti stretti tirandomi i capelli .
Mi misi a piangere mentre aprivo un pochino le labbra.

Lui intanto con una mano mi toccava i seni, mentre con l’altra si infilava tra le mie cosce, nonostante il mio tentativo di tenerle chiuse.
“Non fare la cretina, sennò finisce male stasera” mi ringhiò in faccia tirando di nuovo i capelli.

La sua mano callosa entrò nelle mutandine... “Non sei depilata come ti ho ordinato quando ti ho assunta... i clienti non vogliono tutto questo pelo quando ti toccano” sibilò incazzato.

Io ero terrorizzata che facesse qualcosa di terribile e lui lo sapeva.

“Tranquilla, non ti voglio rovinare... Comunque non mi hai dato una cattiva idea: ti potrei davvero scopare adesso e sono sicuro che non mi denunceresti, per paura dei tuoi parenti... e anche tu lo sai.”

Io non riuscivo a pensare, ma forse non aveva torto...

“Ma io sono un uomo per bene e se inizi a fare la brava e mi fai contento poi te ne torni a casa ancora tutta intera e ti faccio pure un regalino, che fa sempre comodo...” disse viscidamente.

Senza aspettare la risposta mi levò top e reggiseno mentre io non avevo la forza di protestare o resistere.

“Gran belle tette... E’ un mese che mi fanno impazzire! Vediamo anche il resto.”

Con la mano si infilò nelle mutandine, accarezzandomi... e il bastardo ci sapeva fare... all’inizio ero asciuttissima per la tensione, ma lentamente, cretina come sono, ripresi a bagnarmi.
Capendo che mi ero eccitata, provò di nuovo a baciarmi e questa volta, un pochino, ricambiai.

“Che bel laghetto lì sotto, allora un po’ ti inizio a piacere?” mi chiese ormai padrone della situazione.

“No, cioè.. Non lo so... Però non smettere...” confessai, mentre mi lasciavo un po’ andare col suo bacio.

“Brava calabresella iniziamo a ragionare” sussurrò soddisfatto per poi aggiungere “Adesso che siamo di nuovo amici, ho bisogno di un po’ di carica...tu tiri?

Senza ragione arrossii mentre gli rispondevo “Non...non ho mai provato, ho solo fumato qualche canna con gli amici”.

“Le sfigate si fanno le canne e i ditalini, le ragazze fighe sniffano e sanno scopare” mi spiegò, mentre arrossivo ancora di più.
Godeva a farmi sentire la ragazzina di campagna che va in città e fa continuamente la figura della cretina.

Lui si preparò due strisce, prese una banconota, l’arrotolò e tirò da professionista.

Per me ne preparò solo una perché “Se non l'hai mai fatto, meglio non esagerare”.

Io non volevo, ma lui spingeva la nuca verso le strisce dicendo di non fare la sfigata.
Non mi piaceva essere trattata così e per dispetto soffiai via la polvere.
Tempo zero sentii un ceffone fortissimo in faccia.

“Cretina, mi hai fatto sprecare un tiro di quella buona, hai idea di quel che costa?!”
Fece un'altra striscia e mi ordinò di tirare... Questa volta feci come mi ordinava... Avevo paura di quello che poteva farmi se si fosse arrabbiato davvero.

All’inizio non sentivo niente di particolare, mentre lui mi succhiava i capezzoli e riprese a toccarmi lì sotto.

Però mi accarezzava bene, in modo differente dai ragazzetti che avevo conosciuto fino ad allora.

Dopo pochi minuti iniziai a sentirmi strana, prima un senso di calore, poi di rilassatezza che mi faceva apprezzare sempre di più le sue attenzioni.

Senza rendermi conto iniziai a sospirare e a ricambiare i suoi baci.
Anche lui adesso era preso bene e scese a leccarmela.

Nessuno me lo aveva mai fatto prima e lui lo faceva benissimo.
Nonostante la violenza e i ceffoni, mi stavo lasciando andare e mi sentivo sempre più eccitata.

Venni in pochi minuti, godendo tanto e senza capire un cazzo, farfugliavo parole, ansimavo, tremavo, gemevo come una cagna.

Lo implorai di fermarsi perché mi scoppiava il cuore, ma lui non mi ascoltò e, tempo un paio di minuti, ebbi un altro orgasmo, solo poco meno travolgente del primo... Anche questo non mi era mai successo prima e mi mandò ancora fuori di testa.

Mi rendevo conto che, se in quel momento mi avesse chiesto di scopare, avrei spalancato le gambe dicendo pure grazie, con un inchino.

La testa mi girava tantissimo e sentivo di avere ancora voglia, ma lui, dopo aver dato, adesso voleva qualcosa in cambio.

Aprì la zip dei pantaloni uscendo il cazzo.
Dimensioni normali, non del tutto duro, io ero stordita e sentivo un po’ di paura.
Lui me lo mise in mano e mi guidò per iniziare a segarlo.

“Ce l’hai u’zito?” mi chiese

“No, cioè si, qui ce l’avevo ma l’ho lasciato da un po’...” risposi confusa, pensando a Federico...

“E perché vi siete lasciati?”

“Voleva scopare e non mi sentivo pronta e poi rischiava di mettermi nei guai” risposi sinceramente, anche perché in quello stato non ero in grado di inventarmi bugie

“E se non scopavi, tu che gli facevi? I bucchini?”

Annuii con la gola secca, intuendo cosa voleva ora da me.
Mi prese i capelli dietro la nuca e mi spinse verso il basso..

“Vediamo che sai fare... se sei brava ti regalo 100.000 lire, ma solo se sei brava”

Il cazzo in bocca fu come una scossa elettrica... All’inizio ero in difficoltà mentre mi strattonava tirandomi i capelli, ma lentamente presi fiducia, per dimostrargli che non ero la ragazzina incapace che pensava.

Mi concentravo sulla cappella per poi scendere sul tronco.
Dopo un po’ di questo massaggio con la lingua, mi dedicai alle palle leccandole a lungo.
Notai che pube e testicoli erano rasati e trovai la cosa strana, ma piacevole, mentre lo sentivo diventare duro sotto la mia lingua.
Fu allora che Franco mi prese di nuovo forte i capelli per spingerlo fino in fondo alla gola.

Non mi spaventai.
Me l’avevano già fatto fare in passato e il suo cazzo non era nemmeno fra i più grossi, ma comunque respiravo male e gli occhi mi lacrimavano.

Mi tirò di nuovo i capelli in su per permettermi di respirare qualche secondo e poi di nuovo me lo ficcò in gola, ancora più a fondo, ancora più a lungo.

Sentivo che mi diceva qualcosa, sicuramente insulti o complimenti, che in certi casi sono la stessa cosa, mentre usava la mia bocca come un buco da scopare a piacere ma... la sensazione non mi disturbava... Mi sembrava una cosa figa, da ragazza che ci sa fare.

Mi fissai sull’idea di fargli un pompino speciale che valesse davvero le 100.000 lire promesse... Volevo dimostrare che, almeno a succhiare il cazzo, non ero una ragazzina imbranata.

Lui ansimava e sembrava apprezzare e iniziò a farmi domande volgari “Brava brava, le ragazze di paese sono le meglio bucchinare, ne hai sucati tanti eh?”

"Qualcuno..." risposi vaga mentre ero concentratissima a leccarlo.

“Seee, avrai iniziato da ragazzina e come tutte l’avrai sucato a mezzo paese”.

Annuii, senza staccare la bocca dal cazzo, perché sentivo che stava per venire e non volevo rovinare il mio lavoro sul più bello.

“Ingoi, vero?”

“Si, si, ingoio tutto...” risposi a bassa voce, imbarazzata ma con una punta d’orgoglio.

Avevo fatto diversi pompini in macchina in Calabria e sapevo che se si sporcava il sedile con qualche schizzo, la serata finiva in tragedia.
Sono cose che giù impari presto, quando inizi a vederti coi ragazzi.

“Brava troietta e allo zito davi anche il culo?”

Non avevo la lucidità di mentire e feci cenno di si mentre continuavo a succhiare. Mi resi conto che se mi avesse proposto di incularmi in quel momento e senza lubrificante... Non avrei opposto la minima resistenza...

“Voi cuntadinedde pigghiereste nu cavaddru ‘ntu culo, piuttosto che perdere la verginità, eh?” disse dandomi una pacca fortissima sulle chiappe.

“E’ che se la perdo e i miei parenti lo scoprono... Mi spaccano la testa e non mi fanno mai più uscire di casa da sola.” risposi mentre con la lingua continuavo a darmi da fare.

“Lo so, lo so... è questa la mentalità che mi ha fatto trasferire qui... Ma mi mancano le ragazze di giù... Ti sucano anche l’anima”

Il cazzo iniziò ad avere dei sussulti e il suo respiro appesantirsi.
Stava per esplodermi in bocca.
Ero pronta e concentrata, mi schizzò in gola mentre mi strizzava forte le tette...
Era tanta, tanta...

Rallentai il ritmo dopo i primi schizzi per rendere più dolce il suo piacere, mentre facevo del mio meglio per non fare cadere nemmeno una goccia.
Mi alzai e aprii la bocca per mostrargli che era piena della sua roba per poi ingoiare tutto con un sorriso, come mi aveva insegnato a fare il mio moroso Federico.

Mi sentivo bravissima e volevo che lo pensasse anche lui.

Mi diede in mano le banconote da 50.000 lire, come promesso.
Ci ho pagato la bolletta Enel, con quei soldi.

“Brava brava, si vede che sei ‘na bbona bucchinara... invece di togliermi la voglia me l’hai fatta aumentare... La prossima volta andiamo in motel e vediamo quanto ti piace in culo...” disse ancora col fiatone.

“Mi giuri che ti prendi solo il culo?” chiesi preoccupata.

“Certo... anzi è un peccato che vai in giro vestita così male, io ti voglio elegante... domani tieniti libera, andiamo a prendere qualcosa di carino e ti porto da parrucchiere ed estetista che ne hai bisogno... Poi motel carino e pulito di amici miei e finiamo la serata in bellezza...”

“Mi regali tutto questo?” gli chiesi incredula.

“Certo, ma tu devi fare tutto quello che ti dico di fare. Tutto.” mi disse riprendendo a darmi ordini dopo l’euforia dell’orgasmo.

“Mi regali anche... un’altra striscia?” chiesi timidamente, vergognandomi.
“Se vuoi ti faccio un altro pompino... anche subito” aggiunsi arrossendo senza nemmeno sapere da dove mi uscivano quelle parole.

“Così mi piaci, stai iniziando a pensare da ragazza figa e non da sfigata... Un ultimo tirello con te lo faccio volentieri, ma per il bocchino ci pensiamo domani... mi hai appena prosciugato le palle e domani voglio essere bello carico...”.

Mentre pippavo, pensai che era la prima volta che qualcuno rifiutava un mio pompino. Mi sentivo ferita nell’orgoglio.
Forse non ero stata brava come pensavo e per soddisfare un uomo esperto come Franco non bastavano le cose che facevano impazzire i ragazzi con cui ero stata.

Mentre mi accompagnava a casa tornai a sentirmi la contadinotta stupida e imbranata che ero, ma non mi scoraggiai: domani avrei fatto di più e meglio...

contatti: atmosphere.ottanta@gmail.com

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2025-09-07
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