Resta con me

di
genere
saffico

Il suono del citofono mi trapassa come una scossa. Il cuore accelera, già sa chi è.
Apro il portone e attendo. Quando la vedo varcare la soglia, l’aria si fa più densa. Ci abbracciamo con la foga di chi ha contato i minuti, e il suo corpo contro il mio è già promessa di quello che verrà.

«Siamo sole» le sussurro, appena il tempo di chiudere la porta.
Il suo sorriso è complice, inclinato. «Quanto tempo abbiamo?»
«Un paio d’ore.»
Non aggiunge altro: gli occhi le brillano e già sento il suo respiro più vicino. Le nostre bocche si incontrano e il bacio è immediato, umido, pressante. Mi spinge con decisione contro il muro, la sua mano che mi stringe il fianco mentre le labbra scivolano sul mio collo. Un brivido mi percorre la schiena.

«Avrei dovuto immaginare le tue intenzioni quando ti ho vista con questa canottiera…» la sua voce vibra bassa, a pochi centimetri dal mio orecchio.
Le rispondo senza fiato: «Sai che mi eccita vederti indossarla.»
Sorride contro la mia pelle. «Ma mi eccita di più togliertela.»

Il tessuto scivola via, lasciandomi nuda di difese. La afferro per il polso e la guido verso la mia stanza. Il suo passo è sicuro, il mio impaziente. Una volta dentro, mi stendo sul letto e la guardo: resta immobile per un attimo, occhi fissi su di me, mentre si lascia scivolare il vestito dalle spalle. Il tessuto cade al suolo. Poi, lenta, fa scivolare via anche le mutandine.
Non dice nulla. Non serve. Mi basta il suo sguardo per capire che sta per reclamarmi tutta.
Lei rimane in piedi davanti al letto, nuda, e si prende il tempo di guardarmi come se stesse assaporando ogni centimetro della mia pelle. Io resto immobile, distesa, ma il respiro già mi tradisce.

Poi si muove, si piega verso di me e si lascia cadere con grazia sul materasso. Il suo corpo caldo mi avvolge e la sua bocca si impossessa del mio seno, mordicchiando piano un capezzolo prima di passare all’altro. Un gemito mi sfugge, e le mie dita si intrecciano ai suoi capelli.

Scivola con i baci giù per il mio ventre, la lingua che disegna traiettorie lente, troppo lente. Si ferma un istante, proprio sopra l’elastico dei miei slip, e solleva lo sguardo su di me. «Sei già così bagnata…» dice con un mezzo sorriso, notando la macchia che li ha inumiditi.

Sorrido di rimando, la voce spezzata: «Toglimeli con la bocca.»
Non se lo fa ripetere. Afferra l’elastico coi denti e lo tira giù piano, centimetro dopo centimetro. Io inarco la schiena per aiutarla, mentre sento il tessuto che scivola via e resta a terra, dimenticato.

Ora non ho più nulla a difendermi dal suo sguardo. Mi sollevo un poco e apro le gambe, le ginocchia piegate, offrendole la visione completa di me. Lei si avvicina senza fretta, il respiro caldo che sfiora la mia pelle. Le mani mi afferrano le cosce e la lingua comincia a scorrere su di me, lenta, esasperante.

«Non fare la stronza… più veloce,» le sibilo, ansimando.
Ride contro la mia carne, la vibrazione mi scuote. «L’attesa del piacere è essa stessa il piacere.»
Vorrei insultarla, ma la frase si spezza in un gemito quando un dito entra dentro di me, deciso, seguito da un altro che allarga e affonda. Mi aggrappo alle lenzuola, i fianchi che si muovono da soli contro la sua mano.

«Mi sei mancata,» le sussurro, la voce rotta.
Lei alza lo sguardo, le labbra lucide, e si avvicina a baciarmi. La sua lingua invade la mia bocca mentre le dita continuano a muoversi dentro di me, più veloci, più profonde.
Il bacio si rompe quando i nostri corpi chiedono di più. Lei si muove sopra di me, incastriamo le gambe, pelle contro pelle, il calore che si moltiplica. Il contatto delle nostre vagine è un’esplosione immediata, un attrito che ci fa gemere entrambe.

Ci stringiamo forte, il respiro corto, le labbra che cercano ancora baci veloci, sporchi, interrotti dal piacere. Muovo il bacino contro di lei, sento le sue contrazioni, la sua umidità che si mescola alla mia.
«Ti amo,» mi sussurra tra un gemito e l’altro.
«Ti amo,» rispondo senza esitazione, graffiandole la schiena mentre il ritmo si fa più frenetico.

Ci ribaltiamo, ci intrecciamo di nuovo, fino a stenderci in una sforbiciata decisa. Le cosce che si tendono, i muscoli che tremano. Ogni spinta è più forte, più urgente, fino a quando i nostri gemiti si trasformano in grida strozzate.
Lei mi fissa, gli occhi socchiusi, e so che sta per venire: i suoi movimenti diventano irregolari, il corpo si tende e poi un urlo le esplode dalla gola. La sento tremare contro di me, e l’onda del suo piacere trascina anche me. Mi lascio andare, strusciando più forte, il mio orgasmo che mi scuote tutta, violento, liberatorio.

Restiamo lì, sudate, con il cuore che martella. Mi afferro alla sua gamba, ancora pulsante contro la mia, e ci lasciamo cadere esauste sul letto.
Lei si gira, poggia la testa sul mio petto. Le passo un braccio attorno alle spalle e una gamba la stringe a me. La stanza profuma di noi, l’aria è densa, ma non importa.
Non serve parlare. Restiamo nude, intrecciate, finalmente insieme.
di
scritto il
2025-08-17
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