I nuovi vicini
di
Lascivo
genere
gay
Questa è una storia accaduta veramente e talvolta ancora non me ne capacito.
Era da quasi un anno che mi ero trasferito nella casa nuova, un grazioso appartamento al piano terreno con un po' di giardino, quando mi resi conto che nell'alloggio dirimpetto al mio erano cambiati gli inquilini.
Dopo alcuni giorni di trambusto, spostamenti e andirivieni, era calato un insolito silenzio. Gli inquilini precedenti erano studenti, ovvero tre ragazze spagnole e un unico ragazzo nero, purtroppo nemmeno particolarmente avvenente.
Tra me e me avevo sempre pensato a quale sfiga fosse avere un ragazzo nero come vicino di casa ma non attraente, inoltre con tre coinquiline particolarmente chiassose. Pazienza.
Tuttavia non avevo notizie dei nuovi vicini, ma quasi sicuramente sarebbero stati di nuovo altri studenti, poiché il proprietario di quell'appartamento affittava soltanto stagionalmente a universitari.
Alcuni giorni dopo la dipartita dei vecchi vicini avevo intravisto di sfuggita alcuni giovani che mi parevano anch'essi neri, però non vi avevo fatto caso più di tanto, perché immaginavo fossero amici dell'inquilino accorsi ad aiutarlo a traslocare.
In un caldo sabato pomeriggio di fine luglio stavo leggendo sulla mia poltrona, quando sentii un vociare insistente proprio sotto una delle mie finestre. Essendo a pian terreno, ogni rumore risulta particolarmente amplificato, pertanto socchiusi una delle finestre e vidi due bei ragazzi neri che parlavano animatamente in francese vicino al portone chiuso del palazzo. Riflettendoci bene potevano essere due dei ragazzi che avevo visto nell'appartamento accanto i giorni scorsi e quindi sorrisi loro chiedendo se fossero i miei nuovi dirimpettai. Loro mi risposero affermativamente e mi dissero di essere chiusi fuori, perché avevano dimenticato le chiavi dentro ma il loro coinquilino sarebbe arrivato soltanto la sera, dopo alcune ore. Io allora dissi loro che avrei potuto aprire il portone e farli accedere in cortile, per vedere se la loro finestra sul retro fosse stata lasciata aperta, consentendo loro di entrare scavalcando la ringhiera del balcone al piano terreno. I due entrarono e controllarono l'accesso dal cortile ma erano chiuse anche tutte le loro finestre. Al che colsi la palla al balzo e li invitai da me, in attesa che arrivasse il loro coinquilino, uno dei due lo aveva anche chiamato ma lui aveva risposto che era ancora a lavoro e sarebbe rincasato non prima di due ore.
Li feci accomodare nel mio soggiorno e loro si sedettero entrambi sul divano. Erano indubbiamente due bei ragazzi, alti, neri, atletici, nemmeno trentenni, immaginavo io. Sì, la mia immaginazione correva veloce e vedere quei due maschi neri in casa mia fece scattare in me un irresistibile desiderio di realizzare le fantasie erotiche più spinte, tuttavia dovetti moderarmi e trattenni i miei impulsi. L'unica cosa che azzardai a fare fu riporre il libro che stavo leggendo in libreria dando loro le spalle e mostrando civettuolamente il mio sedere che appariva sodo grazie ai pantaloncini estivi che indossavo. Avvertivo i loro sguardi su di me ma poi divagai subito dicendo che faceva particolarmente caldo ma fortunatamente da me l'aria condizionata era un vero sollievo. I due annuirono lamentando che nella loro abitazione non c'era e che pativano un po' il caldo, al che chiesi da dove venissero e come si chiamavano. Loro risposero che provenivano dalla vicina Francia ma erano originari del Senegal, si chiamavano Manuel e Ronald, avevano entrambi 27 anni ed erano in città per un progetto universitario di Esasmus, mentre l'altro loro amico coinquilino lavorava.
Io preparai da bere e ci sorbimmo le nostre toniche con uno spruzzo di gin chiacchierando del più e del meno, mentre loro di tanto in tanto si guardavano intorno, sbirciando fotografie, libri, quadri o miei soprammobili che effettivamente rivelavano molto della mia vera natura. Tuttavia dissero nulla e nemmeno io ebbi la necessità di sottolineare alcunché, mi chiesero soltanto se abitavo da solo e io risposi di sì.
Quel paio d'ore trascorsero più in fretta del previsto e, quando Manuel ricevette la chiamata del loro coinquilino di ritorno, ci avviamo verso l'ingresso del mio appartamento. Io aprii la porta in attesa di sentire suonare il mio campanello e terminammo la nostra conversazione, quando colsi l'occasione per dire che se ne avessero avuto ancora bisogno, io ero a pochi passi da loro e, dicendo questo, azzardai ad accarezzare appena le loro le braccia all'altezza di spalle e bicipiti, come segno di amicizia, quasi a simulare un fugace abbraccio. Loro ricambiarono e mi diedero anche la mano per salutarmi. Quando il loro coinquilino entrò nell'androne, noi eravamo sulla soglia della mia porta di casa e salutai pure lui, notando con piacere che era un altro gran bel ragazzo, dopodiché chiusi la mia porta ma i miei pensieri erano ancora lì, tra loro.
Anche dopo cena, gli stessi pensieri insistenti mi spinsero a sbirciare dalla finestra della cucina più volte per vedere se riuscivo a incrociare nuovamente i loro sguardi. Vidi soltanto uno di loro, forse Manuel, a petto nudo che stendeva il bucato, mostrando il suo bel fisico atletico e asciutto. Inutile aggiungere che quella notte dormii in preda alla mia immaginazione, sognando di fare sesso con quei ragazzoni neri.
L'indomani la domenica trascorse in fretta, ne approfittai per fare una corsa al parco, pranzai fuori con alcuni amici e in seguito ebbi pure il tempo per fare un po' di spesa al vicino supermercato, mentre nel pomeriggio mi dedicai alla lettura, terminando il libro che stavo leggendo il giorno prima.
Mentre i miei pensieri tornarono insistentemente a quel ben di Dio di ragazzoni che erano a pochi metri da me, nell'appartamento accanto, mi preparai un po' di cena, sbirciando di tanto in tanto dalla mia finestra sul cortile per vedere se erano in casa, ma non vidi nessuno.
Terminato di cucinare mi feci una rapida doccia, dopodiché sentii suonare alla porta. Quando andai ad aprire, rividi il mio vicino Manuel con addosso soltanto dei pantaloncini grigi sportivi. Io avevo l'asciugamano in vita, che cercai di riannodare più stretto. Lui mi chiese se volevo unirmi a loro per cena, come ringraziamento dell'ospitalità dimostrata loro il giorno precedente. Io ero come ipnotizzato dal suo sguardo, dai suoi pettorali e balbettai qualcosa di simile a un sì, dicendogli che mi sarei vestito e li avrei raggiunti in pochi minuti.
Quando richiusi la mia porta ero quasi in preda al panico, con lo stomaco in subbuglio ma eccitato e contento, avrei trascorso la serata con loro, non mi sembrava vero.
Mi preparai rapidamente, indossai soltanto una canottiera nera leggera e un paio di pantaloncini bianchi che esaltassero le forme dei miei glutei, tanto per presentarmi al meglio, chissà che la serata non evolvesse realizzando quei pensieri che tanto mi avevano accompagnato durante la notte...
Una spruzzata del mio profumo preferito ed ero pronto, presi le mie chiavi di casa, una bottiglia di rosé dal frigorifero, chiusi la mia porta e, attraversato l'androne quasi furtivamente, bussai alla loro.
Sentivo della musica francese di sottofondo provenire dal loro appartamento, mentre un istante dopo la porta si aprì e mi apparve Jacques, il loro vicino che ancora non conoscevo bene. Anche lui era a petto nudo e il suo fisico appariva atletico pur senza essere esageratamente scolpito, i capelli rasati ai lati pure lui ma raccolti all'indietro con un codino e dei pantaloncini neri aderenti da bicicletta, che non lasciavano proprio nulla all'immaginazione, mostrando un pacco voluminoso e abbondante, mio Dio.
Oltre alla musica di Stromae si avvertiva nell'aria un aroma speziato di cibo particolarmente inebriante, i ragazzi avevano preparato una cena tipica senegalese e il mio posto a tavola era proprio in mezzo a loro tre.
Io porsi loro la mia bottiglia di rosé, che Manuel afferrò e stappò poco dopo.
La cena fu molto piacevole, gustai quel cibo speziato con grande piacere e ci scolammo insieme il rosé fresco che avevo portato. Io però non resistevo a non ammirare fugacemente i loro fisici e a osservare il pacco di Jacques ogni qualvolta si alzava da tavola per servire i piatti, a un certo punto non ne facevo nemmeno più mistero.
Parlammo della città, della Francia e del lavoro, Jacques disse che era l'unico a studiare e a lavorare, faceva l'interprete e parlammo anche un po' in francese.
In tutta la casa ora risuonava la musica di Bilal Hassani che apprezzavo anch'io, pur conoscendo soltanto alcune delle sue canzoni. L'appartamento era disseminato di ventilatori accesi per mitigare la calura estiva, tuttavia avvertivo che la temperatura si stava facendo bollente per ben altri motivi. Io, dopo aver mangiato anche il gelato, mi alzai dal tavolo e andai a sedermi sul grande divano dove, fugando un imbarazzo forse soltanto apparente, dissi: "mi piace Bilal Hassani, dicono che sia gay" dissi, "proprio come me", puntualizzai, "io lo sono di sicuro" dissi provocatoriamente.
I tre si guardarono e sorrisero tra loro, quasi a stemperare la tensione e forse contenti che fossi stato io ad aver rotto il ghiaccio per primo.
A quel punto Jacques, si alzò in piedi e si portò la mano sul pacco, quasi a celare qualcosa che ormai non poteva più nascondere. D'un tratto Manuel mi guardò e venne a sedersi accanto a me sul divano, subito dopo mi raggiunse anche Ronald, entrambi senza maglietta già durante la cena.
Io chiusi gli occhi e mi abbandonai a un bacio furtivo sul collo di Manuel, inebriato dal profumo della sua pelle, poi scesi al suo capezzolo e presi a leccarlo vogliosamente con la mia lingua.
Le danze erano iniziate, pensai, quella serata aveva finalmente preso la piega che mi auguravo e che probabilmente desideravano pure loro.
Mentre leccavo i pettorali di Manuel, con la mia mano sinistra stavo toccando Ronald e la introdussi nei suoi pantaloncini incontrando il suo cazzo tanto duro e grosso da non starmi in mano. Lo afferrai e lo segavo piano, mentre sentivo una sua mano che raggiungeva il mio culo. Mi girai verso Manuel un po' di più e proseguì leccargli anche l'altro suo capezzolo. Ma a un tratto sentii afferrarmi la testa, era Jacques che, ormai nudo e in piedi davanti a me mi costrinse a prendere in bocca il suo cazzo. Era nero ed enorme, forse il più grande dei tre e lo sentivo affondare in gola fino a farmelo andare di traverso ma resistetti. Spostai le mie mani sui suoi glutei, sodi come quelli di una statua di marmo, e continuai a succhiare avidamente quel cazzone.
Nel frattempo sentii armeggiare dietro di me, un rumore di plastica, intuivo le mosse di Manuel e Ronald, stavano indossando il preservativo e mi avevano appena sfilato i pantaloncini bianchi sotto cui non indossavo l'intimo. Stavo per essere inculato da quei due manzi, mentre io non staccavo la mia bocca dal cazzo turgido di Jacques, che con le sue grandi mani premeva sulla mia testa per farmelo ingoiare sempre tutto.
Ero la loro troia per quella sera, una cagna nelle loro mani, non c'era più alcun dubbio.
Sentivo delle dita umidificare il mio ano, ero pronto, un gesto lento ma deciso fece entrare il cazzo dentro al mio culo. "Ahhh" ansimai lievemente per quel dolore che fu subito un piacere, ora lo sentivo tutto dentro, ero praticamente seduto sul cazzo di Manuel. Capii che a scoparmi era lui perché Ronald si alzò e si posizionò accanto a Jacques. Alternai nel succhiare entrambi i loro cazzi apprezzando anche quello di Ronald, forse un po' meno grosso ma più largo.
Questi ragazzi erano comunque dei veri superdotati, come ogni nero che si rispetti e non riuscivo a credere a ciò che stava accadendo, mi stavo facendo scopare da tre ragazzi neri e fighi, un sogno.
Poco dopo mi trovai a novanta per terra, sul tappeto di fronte al divano, Manuel stava accelerando, dandomi colpi sempre più forti, lo sentivo ansimare e stringermi i fianchi fino ad avvertire gli ultimi suoi affondi stantuffarmi il culo, godendo dentro di me. Era venuto.
Intanto io ripresi a succhiare il cazzo di Ronald, perché intuii Jacques spostarsi e prendere il posto di Manuel, dietro di me. Ormai era chiaro che volevano scoparmi il culo tutti e tre a turno e io ero lì, a loro completa disposizione, come inebriato da quella indigestione forzata di cazzi neri.
Jacques fu molto meno delicato, appena indossato il preservativo debitamente lubrificato, mi entrò dentro con violenza. "Ahhhhh" urlai più forte di prima ma lui mi tappò la bocca con la sua mano e mi sussurrò: "alè, tu est ma salòpe". Completamente sottomesso, mi abbandonai a quel dolore che lentamente si trasformò in un caldo piacere, non avevo scelta. Jacques mi scopò molto forte per alcuni minuti, decine di colpi decisi e poi mi girò al contrario, ritrovandomi in bocca i due cazzi di Ronald e Manuel. Jacques venne di lì a poco ma non era finita, subito dopo mi scopò anche Ronald, che però raggiunse l'orgasmo più velocemente.
Al termine di quei concitati minuti di sesso selvaggio e a tratti quasi brutale, mi ritrovai nudo sul loro tappeto etnico, abbracciato a tutti e tre, ai miei nuovi vicini. Quelli che molti dei miei amici, a saperlo, mi invidierebbero. Ero sfinito e con il culo sfondato, ma enormemente soddisfatto, seppur quasi incredulo per quanto accaduto.
Dopo aver sorseggiato una birra fresca che Jacques prese dal frigorifero, ridemmo e parlammo ancora un po' insieme, dopodiché mi rivestii, ci ricomponemmo tutti quanti e io li salutai con un bacio ciascuno, ricordando loro che però io ero proprio lì, a due passi dalla loro porta.
Forse non era necessario quel promemoria, perché dopo quella calda serata estiva ci rivedemmo ancora, e poi ancora.
Ma questa è un'altra storia.
Era da quasi un anno che mi ero trasferito nella casa nuova, un grazioso appartamento al piano terreno con un po' di giardino, quando mi resi conto che nell'alloggio dirimpetto al mio erano cambiati gli inquilini.
Dopo alcuni giorni di trambusto, spostamenti e andirivieni, era calato un insolito silenzio. Gli inquilini precedenti erano studenti, ovvero tre ragazze spagnole e un unico ragazzo nero, purtroppo nemmeno particolarmente avvenente.
Tra me e me avevo sempre pensato a quale sfiga fosse avere un ragazzo nero come vicino di casa ma non attraente, inoltre con tre coinquiline particolarmente chiassose. Pazienza.
Tuttavia non avevo notizie dei nuovi vicini, ma quasi sicuramente sarebbero stati di nuovo altri studenti, poiché il proprietario di quell'appartamento affittava soltanto stagionalmente a universitari.
Alcuni giorni dopo la dipartita dei vecchi vicini avevo intravisto di sfuggita alcuni giovani che mi parevano anch'essi neri, però non vi avevo fatto caso più di tanto, perché immaginavo fossero amici dell'inquilino accorsi ad aiutarlo a traslocare.
In un caldo sabato pomeriggio di fine luglio stavo leggendo sulla mia poltrona, quando sentii un vociare insistente proprio sotto una delle mie finestre. Essendo a pian terreno, ogni rumore risulta particolarmente amplificato, pertanto socchiusi una delle finestre e vidi due bei ragazzi neri che parlavano animatamente in francese vicino al portone chiuso del palazzo. Riflettendoci bene potevano essere due dei ragazzi che avevo visto nell'appartamento accanto i giorni scorsi e quindi sorrisi loro chiedendo se fossero i miei nuovi dirimpettai. Loro mi risposero affermativamente e mi dissero di essere chiusi fuori, perché avevano dimenticato le chiavi dentro ma il loro coinquilino sarebbe arrivato soltanto la sera, dopo alcune ore. Io allora dissi loro che avrei potuto aprire il portone e farli accedere in cortile, per vedere se la loro finestra sul retro fosse stata lasciata aperta, consentendo loro di entrare scavalcando la ringhiera del balcone al piano terreno. I due entrarono e controllarono l'accesso dal cortile ma erano chiuse anche tutte le loro finestre. Al che colsi la palla al balzo e li invitai da me, in attesa che arrivasse il loro coinquilino, uno dei due lo aveva anche chiamato ma lui aveva risposto che era ancora a lavoro e sarebbe rincasato non prima di due ore.
Li feci accomodare nel mio soggiorno e loro si sedettero entrambi sul divano. Erano indubbiamente due bei ragazzi, alti, neri, atletici, nemmeno trentenni, immaginavo io. Sì, la mia immaginazione correva veloce e vedere quei due maschi neri in casa mia fece scattare in me un irresistibile desiderio di realizzare le fantasie erotiche più spinte, tuttavia dovetti moderarmi e trattenni i miei impulsi. L'unica cosa che azzardai a fare fu riporre il libro che stavo leggendo in libreria dando loro le spalle e mostrando civettuolamente il mio sedere che appariva sodo grazie ai pantaloncini estivi che indossavo. Avvertivo i loro sguardi su di me ma poi divagai subito dicendo che faceva particolarmente caldo ma fortunatamente da me l'aria condizionata era un vero sollievo. I due annuirono lamentando che nella loro abitazione non c'era e che pativano un po' il caldo, al che chiesi da dove venissero e come si chiamavano. Loro risposero che provenivano dalla vicina Francia ma erano originari del Senegal, si chiamavano Manuel e Ronald, avevano entrambi 27 anni ed erano in città per un progetto universitario di Esasmus, mentre l'altro loro amico coinquilino lavorava.
Io preparai da bere e ci sorbimmo le nostre toniche con uno spruzzo di gin chiacchierando del più e del meno, mentre loro di tanto in tanto si guardavano intorno, sbirciando fotografie, libri, quadri o miei soprammobili che effettivamente rivelavano molto della mia vera natura. Tuttavia dissero nulla e nemmeno io ebbi la necessità di sottolineare alcunché, mi chiesero soltanto se abitavo da solo e io risposi di sì.
Quel paio d'ore trascorsero più in fretta del previsto e, quando Manuel ricevette la chiamata del loro coinquilino di ritorno, ci avviamo verso l'ingresso del mio appartamento. Io aprii la porta in attesa di sentire suonare il mio campanello e terminammo la nostra conversazione, quando colsi l'occasione per dire che se ne avessero avuto ancora bisogno, io ero a pochi passi da loro e, dicendo questo, azzardai ad accarezzare appena le loro le braccia all'altezza di spalle e bicipiti, come segno di amicizia, quasi a simulare un fugace abbraccio. Loro ricambiarono e mi diedero anche la mano per salutarmi. Quando il loro coinquilino entrò nell'androne, noi eravamo sulla soglia della mia porta di casa e salutai pure lui, notando con piacere che era un altro gran bel ragazzo, dopodiché chiusi la mia porta ma i miei pensieri erano ancora lì, tra loro.
Anche dopo cena, gli stessi pensieri insistenti mi spinsero a sbirciare dalla finestra della cucina più volte per vedere se riuscivo a incrociare nuovamente i loro sguardi. Vidi soltanto uno di loro, forse Manuel, a petto nudo che stendeva il bucato, mostrando il suo bel fisico atletico e asciutto. Inutile aggiungere che quella notte dormii in preda alla mia immaginazione, sognando di fare sesso con quei ragazzoni neri.
L'indomani la domenica trascorse in fretta, ne approfittai per fare una corsa al parco, pranzai fuori con alcuni amici e in seguito ebbi pure il tempo per fare un po' di spesa al vicino supermercato, mentre nel pomeriggio mi dedicai alla lettura, terminando il libro che stavo leggendo il giorno prima.
Mentre i miei pensieri tornarono insistentemente a quel ben di Dio di ragazzoni che erano a pochi metri da me, nell'appartamento accanto, mi preparai un po' di cena, sbirciando di tanto in tanto dalla mia finestra sul cortile per vedere se erano in casa, ma non vidi nessuno.
Terminato di cucinare mi feci una rapida doccia, dopodiché sentii suonare alla porta. Quando andai ad aprire, rividi il mio vicino Manuel con addosso soltanto dei pantaloncini grigi sportivi. Io avevo l'asciugamano in vita, che cercai di riannodare più stretto. Lui mi chiese se volevo unirmi a loro per cena, come ringraziamento dell'ospitalità dimostrata loro il giorno precedente. Io ero come ipnotizzato dal suo sguardo, dai suoi pettorali e balbettai qualcosa di simile a un sì, dicendogli che mi sarei vestito e li avrei raggiunti in pochi minuti.
Quando richiusi la mia porta ero quasi in preda al panico, con lo stomaco in subbuglio ma eccitato e contento, avrei trascorso la serata con loro, non mi sembrava vero.
Mi preparai rapidamente, indossai soltanto una canottiera nera leggera e un paio di pantaloncini bianchi che esaltassero le forme dei miei glutei, tanto per presentarmi al meglio, chissà che la serata non evolvesse realizzando quei pensieri che tanto mi avevano accompagnato durante la notte...
Una spruzzata del mio profumo preferito ed ero pronto, presi le mie chiavi di casa, una bottiglia di rosé dal frigorifero, chiusi la mia porta e, attraversato l'androne quasi furtivamente, bussai alla loro.
Sentivo della musica francese di sottofondo provenire dal loro appartamento, mentre un istante dopo la porta si aprì e mi apparve Jacques, il loro vicino che ancora non conoscevo bene. Anche lui era a petto nudo e il suo fisico appariva atletico pur senza essere esageratamente scolpito, i capelli rasati ai lati pure lui ma raccolti all'indietro con un codino e dei pantaloncini neri aderenti da bicicletta, che non lasciavano proprio nulla all'immaginazione, mostrando un pacco voluminoso e abbondante, mio Dio.
Oltre alla musica di Stromae si avvertiva nell'aria un aroma speziato di cibo particolarmente inebriante, i ragazzi avevano preparato una cena tipica senegalese e il mio posto a tavola era proprio in mezzo a loro tre.
Io porsi loro la mia bottiglia di rosé, che Manuel afferrò e stappò poco dopo.
La cena fu molto piacevole, gustai quel cibo speziato con grande piacere e ci scolammo insieme il rosé fresco che avevo portato. Io però non resistevo a non ammirare fugacemente i loro fisici e a osservare il pacco di Jacques ogni qualvolta si alzava da tavola per servire i piatti, a un certo punto non ne facevo nemmeno più mistero.
Parlammo della città, della Francia e del lavoro, Jacques disse che era l'unico a studiare e a lavorare, faceva l'interprete e parlammo anche un po' in francese.
In tutta la casa ora risuonava la musica di Bilal Hassani che apprezzavo anch'io, pur conoscendo soltanto alcune delle sue canzoni. L'appartamento era disseminato di ventilatori accesi per mitigare la calura estiva, tuttavia avvertivo che la temperatura si stava facendo bollente per ben altri motivi. Io, dopo aver mangiato anche il gelato, mi alzai dal tavolo e andai a sedermi sul grande divano dove, fugando un imbarazzo forse soltanto apparente, dissi: "mi piace Bilal Hassani, dicono che sia gay" dissi, "proprio come me", puntualizzai, "io lo sono di sicuro" dissi provocatoriamente.
I tre si guardarono e sorrisero tra loro, quasi a stemperare la tensione e forse contenti che fossi stato io ad aver rotto il ghiaccio per primo.
A quel punto Jacques, si alzò in piedi e si portò la mano sul pacco, quasi a celare qualcosa che ormai non poteva più nascondere. D'un tratto Manuel mi guardò e venne a sedersi accanto a me sul divano, subito dopo mi raggiunse anche Ronald, entrambi senza maglietta già durante la cena.
Io chiusi gli occhi e mi abbandonai a un bacio furtivo sul collo di Manuel, inebriato dal profumo della sua pelle, poi scesi al suo capezzolo e presi a leccarlo vogliosamente con la mia lingua.
Le danze erano iniziate, pensai, quella serata aveva finalmente preso la piega che mi auguravo e che probabilmente desideravano pure loro.
Mentre leccavo i pettorali di Manuel, con la mia mano sinistra stavo toccando Ronald e la introdussi nei suoi pantaloncini incontrando il suo cazzo tanto duro e grosso da non starmi in mano. Lo afferrai e lo segavo piano, mentre sentivo una sua mano che raggiungeva il mio culo. Mi girai verso Manuel un po' di più e proseguì leccargli anche l'altro suo capezzolo. Ma a un tratto sentii afferrarmi la testa, era Jacques che, ormai nudo e in piedi davanti a me mi costrinse a prendere in bocca il suo cazzo. Era nero ed enorme, forse il più grande dei tre e lo sentivo affondare in gola fino a farmelo andare di traverso ma resistetti. Spostai le mie mani sui suoi glutei, sodi come quelli di una statua di marmo, e continuai a succhiare avidamente quel cazzone.
Nel frattempo sentii armeggiare dietro di me, un rumore di plastica, intuivo le mosse di Manuel e Ronald, stavano indossando il preservativo e mi avevano appena sfilato i pantaloncini bianchi sotto cui non indossavo l'intimo. Stavo per essere inculato da quei due manzi, mentre io non staccavo la mia bocca dal cazzo turgido di Jacques, che con le sue grandi mani premeva sulla mia testa per farmelo ingoiare sempre tutto.
Ero la loro troia per quella sera, una cagna nelle loro mani, non c'era più alcun dubbio.
Sentivo delle dita umidificare il mio ano, ero pronto, un gesto lento ma deciso fece entrare il cazzo dentro al mio culo. "Ahhh" ansimai lievemente per quel dolore che fu subito un piacere, ora lo sentivo tutto dentro, ero praticamente seduto sul cazzo di Manuel. Capii che a scoparmi era lui perché Ronald si alzò e si posizionò accanto a Jacques. Alternai nel succhiare entrambi i loro cazzi apprezzando anche quello di Ronald, forse un po' meno grosso ma più largo.
Questi ragazzi erano comunque dei veri superdotati, come ogni nero che si rispetti e non riuscivo a credere a ciò che stava accadendo, mi stavo facendo scopare da tre ragazzi neri e fighi, un sogno.
Poco dopo mi trovai a novanta per terra, sul tappeto di fronte al divano, Manuel stava accelerando, dandomi colpi sempre più forti, lo sentivo ansimare e stringermi i fianchi fino ad avvertire gli ultimi suoi affondi stantuffarmi il culo, godendo dentro di me. Era venuto.
Intanto io ripresi a succhiare il cazzo di Ronald, perché intuii Jacques spostarsi e prendere il posto di Manuel, dietro di me. Ormai era chiaro che volevano scoparmi il culo tutti e tre a turno e io ero lì, a loro completa disposizione, come inebriato da quella indigestione forzata di cazzi neri.
Jacques fu molto meno delicato, appena indossato il preservativo debitamente lubrificato, mi entrò dentro con violenza. "Ahhhhh" urlai più forte di prima ma lui mi tappò la bocca con la sua mano e mi sussurrò: "alè, tu est ma salòpe". Completamente sottomesso, mi abbandonai a quel dolore che lentamente si trasformò in un caldo piacere, non avevo scelta. Jacques mi scopò molto forte per alcuni minuti, decine di colpi decisi e poi mi girò al contrario, ritrovandomi in bocca i due cazzi di Ronald e Manuel. Jacques venne di lì a poco ma non era finita, subito dopo mi scopò anche Ronald, che però raggiunse l'orgasmo più velocemente.
Al termine di quei concitati minuti di sesso selvaggio e a tratti quasi brutale, mi ritrovai nudo sul loro tappeto etnico, abbracciato a tutti e tre, ai miei nuovi vicini. Quelli che molti dei miei amici, a saperlo, mi invidierebbero. Ero sfinito e con il culo sfondato, ma enormemente soddisfatto, seppur quasi incredulo per quanto accaduto.
Dopo aver sorseggiato una birra fresca che Jacques prese dal frigorifero, ridemmo e parlammo ancora un po' insieme, dopodiché mi rivestii, ci ricomponemmo tutti quanti e io li salutai con un bacio ciascuno, ricordando loro che però io ero proprio lì, a due passi dalla loro porta.
Forse non era necessario quel promemoria, perché dopo quella calda serata estiva ci rivedemmo ancora, e poi ancora.
Ma questa è un'altra storia.
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