Costretta, ma non troppo

di
genere
tradimenti


Sono una donna di 37 anni, moglie e madre, con una vita apparentemente stabile e serena. Lavoro in ufficio, immersa nella routine quotidiana tra scartoffie, scadenze e riunioni. Mio marito, invece, lavora per una banca, gestendo tutto da casa con il suo computer, monitorando programmi e dati finanziari. A volte, il suo lavoro lo porta a viaggiare, lasciandomi sola per giorni, immersa nei miei pensieri e nella gestione della casa.
Con mio marito ci concediamo qualche serata con amici, ma sono le uscite con le mie amiche quelle che aspetto di più. Dopo una cena in un ristorante, spesso ci dirigiamo in qualche disco pub, per bere un drink, ballare, sentirci ancora leggere, ancora vive, lontane – almeno per qualche ora – dalla routine di ogni giorno.
Una sera sono in discoteca con le mie amiche, la musica è forte e l’atmosfera calda. Mi lascio trasportare dal ritmo, sento il corpo che si muove da solo, come se la musica avesse preso il controllo. Non mi interessa nulla di quello che succede fuori da queste mura, in questo momento sono solo io, il suono e la danza. Le risate delle ragazze mi arrivano come un’eco lontana. Mi sento libera, forse più libera che mai. Non so se sia l’alcol che scivola nelle vene o il ritmo della musica che mi entra sotto pelle, ma la verità è che non mi sono mai sentita così. Poi lo vedo. Carlos . È un ragazzo che non avevo mai visto prima, scopriró dopo che é colombiano ma in qualche modo i suoi occhi mi trovano subito. Il suo sguardo è fisso su di me, mi sembra quasi che mi stia studiando. Un brivido mi corre lungo la schiena. Lui si fa strada tra la folla, avvicinandosi con passo sicuro, e con un sorriso invitante mi chiede: "Vuoi ballare?" Per un attimo, il cuore mi batte più forte. Sono sposata. È solo un ballo, mi dico. Eppure, un'energia strana mi attraversa. Senza pensarci troppo, annuisco e accetto. Il suo corpo si muove con il mio, i nostri passi si sincronizzano. Il calore della sua pelle mi avvolge, la sua mano che sfiora la mia vita mi fa sentire qualcosa che non mi aspettavo. Il ritmo diventa sensuale, i nostri movimenti si fanno più vicini, più audaci. L’alcol ha abbassato ogni inibizione, il mio respiro è più veloce e il ritmo della musica si confonde con quello del mio cuore. Le nostre mani si cercano, si incrociano, e senza che nemmeno ce ne accorgiamo, siamo così vicini che posso sentire il calore del suo corpo contro il mio. I nostri bacini si toccano, sento la sua erezione, dentro di me si accende qualcosa, passione, desiderio, lussuria, voglia di trasgredire Un passo indietro, un sorriso. Lui mi guarda, io lo guardo. Non so cosa stia cercando nei miei occhi, ma sento che anche lui è preso da questa attrazione che cresce tra noi. Poi, senza preavviso, i suoi occhi si abbassano sulle mie labbra e, quasi come se fosse un invito, mi bacia. È un bacio improvviso, intenso, che mi fa perdere il controllo per un attimo. Mi lascio andare, lascio che il bacio mi trascini. Il suo sapore mi inebria, il suo corpo si muove con il mio in un ballo che non ha più parole. Siamo in un altro mondo. Non c’è più nulla intorno a noi, solo la musica e il mio respiro che magicamente si allaccia al suo. Quando finalmente ci separiamo sento come se dentro di me si fosse svegliato qualcosa che avevo dimenticato. Il mio respiro è affannato, eppure non riesco a smettere di sorridere. Ho voglia di giocare, gli prendo la mano, e lo porto in un angolo poco illuminato del locale, e continuiamo dove avevamo lasciato. Iniziamo a “limonare” come due adolescenti, la mia mano scende sul suo desiderio, sento ingrossarsi la tensione nei suoi pantaloni. Lui approfitta dell'assenza del reggiseno per palparmi, la mano non basta per afferrare tutto il seno, il capezzolo duro contro il suo palmo, sento tutto il desiderio e la fame del predatore da discoteca, e in me brucia la voglia della preda sacrificale, come quando da giovane me ne facevo quasi uno a settimana. Le lingue si intrecciano in un gioco febbrile, si cercano, si sfiorano, mentre lui mi stringe a sé con un desiderio ardente. Il battito accelera, il respiro si fa corto. Socchiudo leggermente gli occhi, persa nel momento ma un brivido gelido mi percorre la schiena. Tra le luci soffuse del locale intravedo un volto familiare. È un uomo che conosco bene, un amico di mio marito, uno con cui gioca spesso a squash. Il suo sguardo si incrocia con il mio, e in quell’istante il tempo sembra fermarsi. Lui mi vede, mi riconosce. Mentre la lingua di Carlos danza con la mia e la mia mano stringe il suo cazzo duro, mentre le sue dita torturano il mio seno con una maestria crudele. E io, intrappolata tra il piacere e l’adrenalina, resto lì, sospesa in quell’istante che sembra infinito. Cerco di staccarmi da lui con fatica, il suo corpo ancora incollato al mio, le sue mani che indugiano un istante di troppo sulla mia pelle ardente. Il respiro è affannato, il cuore mi martella nel petto. Con uno sforzo mi allontano, cercando di ricompormi in fretta mentre mi avvio verso il tavolo delle mie amiche. «Scusate, vi ho lasciate sole» dico con un sorriso forzato, cercando di sembrare disinvolta. Ma il battito accelerato e il calore sulle guance mi tradiscono. Lucia mi guarda con un sopracciglio sollevato, le labbra incurvate in un sorriso furbo. «Oh, tranquilla, abbiamo visto bene con chi eri...» mormora, con quel tono malizioso che mi fa venire i brividi. La sua frase mi paralizza per un istante. Mi ha vista. Magari anche le altre. Cerco di ridere, di scrollarmela di dosso. «Non è niente... solo un gioco» dico, ma persino a me suona poco convincente. Poco dopo una delle ragazze guarda l’orologio e sospira. «Si sta facendo tardi.» Annuisco, anche se la mia mente è ancora annebbiata, il corpo teso, segnato dal tocco di Carlos . Ci avviamo verso l’uscita, il locale è ancora affollato, la musica vibra nelle pareti, ma io sento solo il battito frenetico del mio cuore. Carlos si avvicina, il suo sguardo carico di desiderio. Sento il calore della sua presenza prima ancora che possa parlarmi. Mi blocco, sollevo una mano tra noi, imponendo una distanza. «Devo andare,» dico in fretta, la voce più ferma di quanto mi senta dentro. Lui inclina la testa, un sorriso divertito sulle labbra, ma non insiste. Mi volto ed esco. L’aria notturna mi colpisce il viso come uno schiaffo, fresca e pungente. E poi lo vedo. È lì, appoggiato a un lampione, con le mani infilate nelle tasche e un sorriso enigmatico stampato sul volto. L’uomo che conosco. L’uomo che ha visto tutto. Il suo sguardo si pianta nel mio, penetrante, quasi divertito. Il mio stomaco si attorciglia in un nodo di paura e adrenalina. Sta aspettando. Lucia mi raggiunge e mi sussurra all’orecchio: «Anche lui ha visto.» Un pensiero mi colpisce come un pugno: lo dirà a mio marito. Senza aspettare oltre, mi giro di scatto, alzo una mano e fermo il primo taxi che passa. «Portami a casa,» dico, la voce leggermente tremante. Salgo e mi lascio sprofondare nel sedile mentre l’auto si allontana nella notte. È l’una e mezza. Il cuore ancora non ha ripreso un ritmo normale. Quando entro in casa, la porta si chiude dietro di me con un suono che sembra troppo forte, troppo presente. Sento il cuore battere in petto, il respiro che diventa più corto ad ogni passo. La serata con le amiche è stata più lunga di quanto avessi immaginato. Ho ballato, riso, mi sono sentita viva come non mi succedeva da tempo. Poi c’era Carlos . Il ragazzo che ho incontrato lì, tra la folla del locale. I suoi occhi brillavano di una luce che mi ha fatto dimenticare tutto. Ho cercato il suo sguardo, ho accettato il suo invito a ballare, senza pensare a niente, senza pensare a nessuno. E poi ci siamo baciati. Non è stato solo un bacio, però. È stato qualcosa di più. Le sue mani sulla mia pelle, la sensazione di essere desiderata, di essere qualcun altro, per un attimo. Non ho pensato, non ho fermato il mio corpo, non ho pensato a come tutto questo sarebbe cambiato. Ora che torno a casa, però, sento un peso che non riesco a scrollarmi di dosso. Il mio cuore è più pesante, la mente corre troppo veloce. Entro nel bagno, lascio cadere il vestito e apro la doccia. L’acqua calda mi investe, ma non mi purifica. Nulla può cancellare quello che ho fatto. Mi accorgo che qualcosa è cambiato. Il volto di Davide, l’uomo che conosce mio marito. “Ti ha visto, Claudia. Ha visto tutto” Ha visto me, ha visto lui, le nostre bocche unite, le nostre mani ad esplorare il corpo dell´altro, e ora tutto è diverso. Mi sciacquo velocemente, ma non mi sento più la stessa. Ogni goccia di acqua che scivola sulla mia pelle non porta via il peso del tradimento. L’immagine del ragazzo mi torna in mente, la sua pelle contro la mia, e il pensiero che forse tutto questo non è stato solo un errore, ma qualcosa che ho cercato. Ho cercato di essere qualcun altro, ho cercato di sentirmi viva, ma ora non so più chi sono. Esco dalla doccia, mi asciugo senza fretta, come se il tempo non dovesse esistere più. Mi vesto, ma è come se il mio corpo fosse distante, come se non fosse più mio. Mi sdraio nel letto, ma non riesco a chiudere gli occhi. Mi chiedo cosa succederà domani, quando forse la verità verrà a galla. Mi chiedo come guardarlo, come guardarlo negli occhi, senza sentire che tutto è stato rovinato. E nel buio della stanza, mi addormento con il cuore stretto, consapevole che niente sarà mai più come prima.
Dopo la serata in discoteca sono passati alcuni giorni senza novità nella routine quotidiana. Poi, un pomeriggio, sto camminando tra le corsie del supermercato per comprare alcune cose che mi mancano in casa, i passi lenti, gli occhi persi tra le etichette dei prodotti. Non ho voglia di stare lì, di fare le cose che faccio normalmente, ma ho bisogno di distrarmi, di pensare a qualcosa di diverso. Eppure, in qualche modo, mi sento osservata. Come se ogni gesto, ogni passo che faccio sia sotto l'occhio vigile di qualcuno. E poi lo vedo. Lui. L’amico di mio marito. Davide. Si avvicina con quel sorriso che non sembra mai del tutto sincero, e io subito mi congelo. Il cuore mi salta in gola, la mente inizia a correre. "Claudia..." la sua voce è bassa, quasi un sussurro, ma carica di un significato che non voglio ascoltare. Cerco di sembrare tranquilla, ma non ci riesco. "Ciao, Davide" rispondo, cercando di mantenere un tono indifferente. Ma dentro di me è come se una tempesta fosse appena esplosa. Non riesco a guardarlo negli occhi, so che sa. So che ha visto. Lui si avvicina un passo in più. "Ho visto quello che è successo, Claudia," dice, e le sue parole suonano come una sentenza. "Sai cosa succederebbe se dicessi qualcosa a tuo marito, giusto?" Mi sento scivolare in un baratro di gelo. Il mio respiro si fa più corto, e la mia mente cerca disperatamente una via d'uscita, ma non la trovo. Non c'è nessuna via d'uscita, ma provo a reagire. “Non hai nessuna prova” “Sei sicura?”. Prende il cellulare e fa partire un video, è buio ma.. “Mi sembra di riconoscere questa ragazza bruna..ma dove ha la mano? Sta forse giocando con l'uccello di questo ragazzo? Gli sta praticamente facendo una sega da sopra i pantaloni, o sbaglio?..e lui? Dove ha quella mano? Ti sta controllando il battito cardiaco? O sta calcolando il volume di una delle tue tette?..complimenti comunque! Ti osservo sempre quando ti vedo in palestra, con quei leggins aderenti, i top..non sai i commenti che facciamo” "Davide, ti prego..." mormoro, la voce che mi tradisce, tremante. "Non dire nulla." Lui sorride, ma non è un sorriso amichevole. È un sorriso che mi fa sentire vulnerabile, come se fossi sotto il suo controllo. "Non ti preoccupare!" dice con aria divertita "Non dirò nulla, se tu non lo vuoi. Ma c'è qualcosa che devi fare per me." Il mio stomaco si contorce. So cosa sta per dire, e non voglio sentirlo. Non voglio che mi ricatti, ma so che non ho scelta. "Se fai come ti dico, nessuno saprà mai nulla" continua, fissandomi con intensità. "Basta che tu faccia un favore a me, qualcosa che tu sai benissimo come fare." Un nodo mi si forma in gola. So che non posso fare altro che ascoltarlo. Il ricatto è chiaro, e il suo sorriso è l'ultima cosa che vedo prima che la paura mi paralizzi completamente. "Va bene," sussurro. "Cosa vuoi da me?" Davide annuisce, soddisfatto. "Lo scoprirai presto" dice con tono di chi ha appena vinto una partita. E io mi rendo conto, con un freddo brivido lungo la schiena, che quella partita non è mai stata mia. Mi passa il suo telefono “Digita qua il tuo numero, ci terremo in contatto” Mi allontano, le mani sudate e la mente che corre senza riuscire a fermarsi. La vergogna mi soffoca. Ma la cosa peggiore è che ora ho un debito con Davide, e temo che questo prezzo non lo pagherò mai completamente. La sera, a casa, mi sento inquieta. I pensieri mi ronzano in testa senza sosta, come un sottofondo fastidioso che non riesco a spegnere. Mio marito mi osserva con attenzione, il suo sguardo si sofferma su di me più a lungo del solito. Alla fine, rompe il silenzio. «Tutto bene? Sembri strana.» Sento il cuore accelerare, ma mi costringo a mantenere la calma. Abbasso lo sguardo sul piatto, spostando il cibo con la forchetta. «Solo stanchezza… e un po’ di mal di testa,» mento, cercando di sembrare credibile. Lui annuisce, anche se sembra poco convinto. Ceniamo in un silenzio carico, un’ombra invisibile che si insinua tra noi. Di solito, dopo cena, ci mettiamo insieme sul divano, magari guardiamo un film o semplicemente parliamo. Ma stasera, no. Stasera non riesco a stare vicino a lui senza sentire il peso di quello che ho fatto, senza avvertire il bruciore dello sguardo di quell’uomo che ha visto tutto. Mi alzo con un sorriso stanco. «Vado a farmi una doccia.» L’acqua calda scivola sulla pelle, ma non lava via il senso di colpa, l’agitazione. Mi infilo sotto le coperte molto prima di lui, sperando di addormentarmi in fretta, ma il sonno tarda ad arrivare. Il giorno dopo scorre con una lentezza esasperante. In ufficio provo a concentrarmi, ma i pensieri tornano sempre lì, alla stessa domanda: cosa devo fare? La sera precedente ho rimuginato a lungo sulle possibili conseguenze. Se negavo tutto, se trovavo un modo per giustificarmi, forse avrei evitato un litigio, forse avrei persino salvato il matrimonio. Ma se lui lo scopriva? Se quel Davide parlava? Non sapevo come l’avrebbe presa mio marito. Non sapevo se avrei potuto gestire tutto senza far crollare la mia vita. Il messaggio arriva mentre sono al lavoro. È una vibrazione leggera sul mio telefono, un'eco che mi fa subito stringere lo stomaco. Apro la schermata e vedo il nome di Davide. Mi fermo un attimo, lo guardo. Non so se voglio aprirlo, se voglio sapere cosa c'è scritto. Ma lo faccio lo stesso. "Claudia, ti aspetto domani a mezzogiorno. Ho delle istruzioni precise per te. Sarà meglio che tu le segua..” e finisce con “Non farmi aspettare." Il cuore mi batte forte, e un brivido corre lungo la schiena. Le parole di Davide sono chiare e cariche di una tensione che non posso ignorare. Non posso sfuggire a ciò che ha in mente. E se non faccio ciò che mi chiede? Le conseguenze mi fanno tremare. Ho il controllo di niente, e so che, ancora una volta, lui sta usando il suo potere su di me. Passano le ore, ma il pensiero di quel messaggio mi accompagna. Cerco di distrarmi, ma non ci riesco. Ogni volta che guardo il telefono, mi sembra che la vibrazione si faccia più forte, che Davide stia aspettando, che mi stia scrutando da lontano. E poi arriva il giorno fatidico. Mi prendo un permesso. So che non dovrei farlo, ma non riesco a concentrarmi. Non posso ignorare quello che mi chiede, perché so che se lo faccio, perderò tutto. Mi cambio con calma, come se stessi entrando in un sogno da cui non posso svegliarmi. So che tutto questo è sbagliato, ma non posso fare nulla. Non ho scelta. Il vestito che ho scelto oggi è una combinazione di eleganza e seduzione, pur mantenendo un'apparenza che potrebbe sembrare normale in un ambiente d'ufficio. L'abito è di un blu scuro profondo, tagliato a tubino, con una lunghezza appena sopra il ginocchio, perfetto per non attirare troppa attenzione. La gonna scivola lungo le gambe, abbracciandole senza mai diventare troppo stretta, mantenendo un’aria sobria e professionale. Ma sotto la camicia, c'è qualcosa che nessuno può vedere. Ho deciso di indossare un corpetto nero, sottile ma ben strutturato, che stringe il busto e modella la mia figura in un modo che non avrei mai pensato di fare in un ambiente di lavoro. Il corpetto è nascosto sotto la camicia che, sebbene sobria, ne lascia intravedere la forma. La camicia stessa è di tessuto leggero e semi-trasparente, di un bianco freddo, quasi ghiacciato, che si adatta perfettamente alla linea del corpo. Il collo alto e la manica lunga rendono il look formale, ma la trasparenza e la morbidezza del materiale sfidano quella formalità, come se nascondessero un segreto. La parte superiore della camicia ha un taglio discreto, ma la trasparenza gioca un ruolo fondamentale nel lasciare intravedere il corpetto che porto sotto, e la profonda scollatura. La silhouette che ne risulta è quasi come un invito velato, un contrasto tra l’apparente sobrietà e il desiderio nascosto. Il corpetto è il vero punto focale, modellando il corpo senza essere esagerato, ma con un potere di seduzione che non può essere ignorato. Per completare il look, ho scelto delle calze autoreggenti nere, sottili e eleganti, con un delicato bordo di pizzo che emerge appena dalla linea della gonna. Sono calze discrete ma sensualmente provocanti, abbastanza eleganti per un ufficio, ma in grado di lasciare trasparire quel tocco di audacia. I tacchi neri, alti ma non troppo, aggiungono un ulteriore elemento di classe e sicurezza a ogni passo che faccio. Il look dovrebbe essere proprio come richiesto da Davide. Mi guardo nello specchio, e l’immagine che vedo è quella di una donna che non aveva mai pensato di essere così, ma che ora, incredibilmente, sembra perfettamente a suo agio nel proprio corpo. Nonostante la situazione, la combinazione di eleganza e sensualità mi fa sentire potente, come se stessi indossando una parte di me che avevo sempre ignorato. Eppure, qualcosa dentro di me sa che sto facendo un gioco pericoloso, che non posso fermarmi ora, e che le conseguenze saranno inevitabili. Ma sono anche eccitata. Prendo un respiro profondo, guardo ancora una volta l’immagine nello specchio. Non c’è nulla che sembri giusto, eppure non riesco a fermarmi. La mente corre veloce, mi chiedo se mio marito sospetti qualcosa, se lui senta un cambiamento nell'aria, nella mia voce, nei miei occhi. Esco di casa e mi dirigo verso l'indirizzo che Davide mi ha dato. Ogni passo è come un peso che si fa sempre più grande, ma non posso tornare indietro. Nell’auto c’è solo silenzio, e anche il mondo fuori sembra in attesa.
La casa è isolata, lontana dalla città, immersa nel nulla. Mi fermo davanti alla porta e mi sento come una preda che sta per essere catturata. Prendo un altro respiro, e poi suono il campanello. Il suono del campanello mi sembra eccessivo, troppo forte, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro. Il tempo sembra rallentare mentre aspetto che Davide apra. Quando la porta si apre, lo vedo. Il suo sguardo mi scruta immediatamente, come se mi stesse spogliando prima ancora che io faccia un passo dentro. Quella sensazione mi fa tremare, ma non è paura. È qualcosa di diverso, qualcosa che mi fa sentire viva, come se stessi finalmente vivendo una parte di me che avevo sempre ignorato. "Benvenuta, Claudia" mi dice con una voce che tradisce una certa soddisfazione nel vedermi. È sorpreso, ma non lo nasconde. Il suo sguardo è fisso su di me, quasi come se volesse leggere ogni pensiero che mi attraversa la mente. Lo guardo, senza distogliere lo sguardo. So cosa vuole, so cosa sta pensando, e in qualche modo mi piace. Non ho mai avuto così tanto potere su qualcuno, eppure, con lui, mi sento come se stessimo giocando una partita che è destinata a cambiare tutto. Il mio abito è ancora perfetto, ma so che lui lo vede in modo diverso, che i suoi occhi scrutano ogni dettaglio. Le calze autoreggenti, il corpetto nascosto sotto la camicia semi-trasparente, il modo in cui il vestito si adatta al mio corpo. È come se ogni centimetro di stoffa fosse un invito, ma non un invito qualsiasi. Un invito che lui non può ignorare. "Sei puntuale," dice, mentre fa un passo indietro per farmi entrare. Ma la sua voce è carica di una tensione che sento nell’aria. C'è qualcosa di magnetico nel suo atteggiamento, come se volesse che mi sentissi osservata, desiderata. E io lo sento, lo percepisco in ogni fibra del mio corpo, sento l'eccitazione tra le gambe, ma la devo tenere nascosta, non posso rivelarmi. Quando entro, chiude la porta dietro di me con una calma apparente, ma i suoi occhi non si staccano da me. È come se non avesse bisogno di dire nulla. Ogni movimento che faccio sembra essere studiato, ogni passo che faccio sembra essere un passo verso qualcosa che non posso più evitare. So cosa vuole. E so che, in fondo, anch'io lo voglio. L 'aria nella stanza è carica di tensione elettrica, ogni respiro più pesante dell’altro. Il sorriso di Davide è quello di un cacciatore soddisfatto, sicuro del suo dominio. "Lo sapevo" mormora con voce bassa e roca, avvicinandosi ancora. "Sotto sotto sei una gran porca. Penso che ti ecciti anche questa situazione. Ho visto bene come eri disponibile con quel ragazzo l'altra sera, se non ti vedevo lì probabilmente ti avrei trovato nel bagno, o nell'angolo dietro il pub con il suo cazzo in gola, vero?" Mentre parla, mi gira con decisione, il suo corpo caldo e prepotente dietro di me. Una sculacciata, decisa, seguita dalla presa forte delle sue dita sulla mia pelle nuda. Un piccolo gemito mi sfugge, incontrollabile. "Ti piace, vero?" Il suo respiro è vicino al mio orecchio, le parole lente, velenose. "Ti piace essere sottomessa? Su, rispondi. Dillo." Mi mordo il labbro, il cuore impazzito, il corpo che risponde più velocemente della mente. Il silenzio tra noi si fa denso, la sua attesa pesante. "Su, dillo." La sua voce è un comando. Le sue mani, un'arma contro la mia volontà. Alla fine, un "sì" leggero sfugge dalle mie labbra, quasi un sussurro. "Più forte." Un’altra sculacciata. "Non ti ho sentita. Dillo." "Sì" ripeto, la voce incrinata dall’emozione, dal desiderio che mi sta consumando. "Ancora." "Sì! Mi piace…" Il fiato si spezza. "È la prima volta che provo questa situazione." Davide sorride, soddisfatto, prendendomi per i fianchi con una sicurezza disarmante. "Sarà la prima di molte," sussurra prima di trascinarmi con sé. Mi guida in sala, senza esitazione. Le sue mani, calde e decise, percorrono il mio corpo con padronanza assoluta. La gonna scivola a terra in un soffio, le sue dita trovano i bottoni della mia camicia. Li slaccia con maestria, lentamente, guardandomi con occhi famelici mentre la stoffa cade. E’ troppo tardi per tornare indietro. E, a quel punto, non voglio più farlo, la mia maschera da preda sta cadendo. L’aria è densa di desiderio, ogni secondo sembra allungarsi, carico di tensione. Rimango lì, il respiro accelerato, vestita solo del mio corpetto, del perizoma sottile e delle calze che abbracciano le mie gambe. Davide mi osserva con un sorriso affilato, il predatore che ha finalmente accerchiato la sua preda. Si avvicina da dietro, il calore del suo corpo che sfiora il mio senza toccarmi davvero. Poi le sue dita scivolano lungo i miei fianchi, trovando il bordo delle mutandine. Non strappa nulla, non ha fretta. Al contrario, con una lentezza esasperante, fa scorrere il sottile pezzo di stoffa lungo la mia pelle, le labbra che sfiorano la mia spalla mentre lo fa. "Così," mormora, il fiato caldo contro la mia nuca. "Voglio che senti ogni secondo." Le mutandine scivolano lungo le mie cosce, accarezzandomi prima di cadere leggere ai miei piedi, lasciando il mio sesso esposto alla sua vista. L’attesa mi incendia dentro, il suo tocco appena accennato è un tormento. Mi fa piegare in avanti, le mani sulle ginocchia per mantenere l’equilibrio. Poi, con un movimento lento e studiato, si abbassa dietro di me. Sento il suo respiro sfiorarmi il sesso, il calore della sua bocca che si avvicina, il primo contatto delle sue labbra. Il suo corpo caldo si avvicina da dietro, le sue mani iniziano a scorrere sulle mie forme, stringendo, esplorando, prendendo possesso con naturale sicurezza della mia intimitá. Un brivido mi percorre la schiena mentre il suo tocco diventa più intenso, più profondo, sento le sue dita accarezzarmi le labbra della figa, sento quanto sono eccitata, sento quanto sono pronta.
Fa scivolare un dito dentro di me, lo muove lento, osservando ogni mia minima reazione. Ogni gesto è un comando silenzioso, una danza perfetta tra il piacere e il controllo. "Adesso fammi vedere cosa aveva tanto da toccare il tuo amico”. Rimango in silenzio "Fallo" sussurra con voce roca tra un bacio e l’altro. "Fammi vedere quanto lo vuoi." Con le dita tremanti, slaccio i bottoni del corpetto, liberando i seni. Li prendo tra le mani, strizzando i capezzoli come mi ha ordinato, mordendomi il labbro per non lasciar sfuggire un gemito troppo forte. Davide ride piano, soddisfatto, prima di tornare a prendersi esattamente ciò che vuole.
Davide si prende il suo tempo. Le sue mani percorrono la mia pelle con lentezza esasperante, mi accarezza i seni, sfiorandomi senza mai concedermi abbastanza. Ogni tocco è un tormento, ogni respiro che sento contro la mia pelle accende ancora di più il fuoco dentro di me. “Guarda come tremi…” sussurra divertito, le labbra appena sopra il mio orecchio. “Vuoi che continui?” Annuisco incapace di parlare. Ma lui non vuole cenni. “Dimmi cosa vuoi, Claudia” insiste, le dita che tracciano una linea invisibile lungo la mia schiena, giù fino ai fianchi. Deglutisco, il cuore in gola. “Voglio che mi tocchi.”
Davide sorride contro la mia pelle, un bacio leggero sulla mia spalla nuda. “Dove?” E’ un gioco crudele, lo sapevo. Mi sta portando esattamente dove voleva lui, costringendomi ad ammettere ogni desiderio prima ancora di soddisfarlo. Mi volto appena, cercando il suo sguardo. E’ scuro, acceso da qualcosa di pericoloso e irresistibile. “Lo sai già…” “Voglio sentirlo,” risponde lui, le mani che si muovono con lentezza studiata, sfiorandomi ovunque tranne che dove lo desidero di più. Un sospiro frustrato mi sfugge dalle labbra. “Toccami lì, Davide.” La sua risata è bassa, soddisfatta. “Brava ragazza.” E finalmente smette di trattenersi. Le sue dita finalmente si muovono, scivolando lungo le mie cosce con una lentezza studiata, mentre il suo respiro caldo si infrange contro la mia pelle sensibile. Ogni tocco è una provocazione, un assaggio di ciò che avrebbe potuto darmi ma che ancora si divertiva a negarmi. “Così impaziente,” mormora, le labbra sfiorando la mia schiena nuda. “Eppure ti piace aspettare, vero? Ti piace sapere che sei alla mia mercé.” Non rispondo. Il mio corpo parla per me: il respiro spezzato, il tremore leggero delle gambe ancora piegate, la pelle accesa di desiderio, l´eccitazione che si materializza tra le mie gambe. Davide sorride. Lo sento nel modo in cui mi accarezza, nel modo in cui mi fa fremere con un tocco sapiente, troppo leggero, troppo breve nella mia figa. “Dimmi ancora cosa vuoi,” insiste, il suo tono più basso, più oscuro. Deglutisco, mordendomi il labbro. Lui vuole sentirmelo dire, vuole farmi cedere completamente. Ma questa è una guerra, e io non voglio arrendermi senza combattere. Mi volto lentamente, i miei occhi che cercano i suoi, il mio corpo ancora offerto a lui. Sorrido appena, giocando con il confine tra sottomissione e sfida. “Voglio che mi prendi,” dico con voce roca, volutamente lenta. I suoi occhi brillano di qualcosa di pericoloso, le sue mani finalmente serrano la presa sui miei fianchi, tirandomi a sé con una decisione che mi fa mancare il fiato. “Finalmente,” sussurra contro le mie labbra. “Ora sei pronta.” Sento il brivido attraversarmi la pelle quando Davide si avvicina ancora di più, il calore del suo corpo avvolgente, il profumo della sua pelle. Prigioniera di quell’energia, di quel gioco in cui lui detta il ritmo e io non posso fare altro che seguirlo. Le sue mani scivolano lungo i miei fianchi con una lentezza esasperante, esplorando, testando la mia resistenza. Ogni tocco è una promessa non ancora mantenuta, un confine che lui sposta sempre un po’ più avanti, facendomi aspettare, facendomi bramare di più. “Ti piace stare sotto il mio controllo, vero?” sussurra Davide, le labbra sfiorando il mio orecchio. Chiudo gli occhi, cercando di non cedere del tutto. Ma è inutile. Il mio corpo risponde prima ancora che possa trovare le parole giuste. Lui mi prende il polso e se lo porta dietro la schiena, il gesto sicuro, deciso. “Voglio che resti così,” ordina piano, con quella voce che è una miscela perfetta tra comando e seduzione. Davide mi sfiora il collo con le labbra, poi scende lungo la spalla, lasciandole addosso la sensazione di un fuoco lento, bruciante. “Ora non devi far altro che aspettare… aspettare che sia io a decidere quando e come.” Una tortura, una dolce agonia. Ogni fibra del mio essere vuole più di quei tocchi sfiorati, più di quei comandi sussurrati. Ma Davide mi tiene esattamente dove vuole, sospesa tra il piacere e la resa totale. Con il cuore impazzito nel petto, capisco che non voglio più combattere. Il suo respiro sfiora la mia pelle, il calore del suo corpo è così vicino al mio che ogni fibra di me vibra nell’attesa. Non posso muovermi. O meglio, potrei… ma non lo faccio. Davide mi ha detto di restare così, con i polsi dietro la schiena, e io obbedisco. Non perché devo, ma perché voglio. Perché il suo controllo su di me è qualcosa di più profondo della semplice forza. È nella voce bassa e sicura, nel modo in cui gioca con i miei desideri, spingendomi oltre il limite solo per vedere quando cederò del tutto. Mi sfiora la spalla con le labbra, un tocco leggero che manda un brivido giù per la schiena. Poi sorride, lo sento senza nemmeno doverlo guardare. Sta assaporando ogni secondo di questa mia resa, prendendosi tutto il tempo per farmi implorare senza bisogno di parole. “Brava ragazza,” sussurra contro la mia pelle, e il modo in cui lo dice mi fa tremare. Il mio respiro è spezzato, il cuore mi martella nel petto. Voglio di più, ma lui lo sa già. Mi sta spingendo esattamente dove vuole, nel punto in cui non esiste più il gioco, non esiste più la sfida. Solo il bisogno, crudo e incontrollabile. Poi all´improvviso sento la sua presa allentarsi, i polsi liberi, il calore del suo corpo che si allontana di qualche centimetro. Il mio respiro è ancora spezzato, il cuore batte forte mentre mi giro a guardarlo. I suoi occhi brillano di qualcosa di pericoloso, qualcosa che mi sfida. Sta aspettando. Vuole vedere cosa farò adesso, vuole capire fin dove sono disposta a spingermi. Per un attimo mi sembra di avere il potere nelle mani. Non mi tocca più, non mi comanda, non mi tiene più ferma. Eppure, sono io che lo voglio. Sono io che lo desidero così tanto da farmi tremare. Mi giro, faccio un passo avanti, accorcio la distanza tra noi, mi avvicino finché non sento il suo respiro contro la mia pelle. Le mie mani salgono sul suo petto, scivolano sulle spalle, sulle braccia. Lo tocco io, questa volta. Decido io. O almeno, è quello che lui mi lascia credere. Perché appena cerco di prendere davvero il controllo, Davide muove appena la testa e sorride. Un sorriso lento, sicuro, che mi dice esattamente cosa sta per succedere. In un attimo, mi afferra i fianchi e mi gira, e mi fa appoggiare faccia al muro, ribaltando completamente la situazione. Sono di nuovo contro di lui, stretta nel suo controllo. Il suo respiro è caldo contro il mio collo, le sue mani ferme sulla mia pelle. “Ti ho lasciato giocare,” sussurra, la voce bassa, vellutata. “Adesso tocca a me.” Il suo sguardo brucia sulla mia pelle, le sue dita ancora sul mio mento, ferme, decise. Sento il respiro farsi più corto, l’aria tra noi diventare elettrica, insostenibile. Davide non si muove subito, mi lascia in sospeso, godendosi ogni secondo di questa tensione perfetta. Poi, senza preavviso, mi tira più vicino, costringendomi a sentire il suo controllo in ogni gesto, in ogni centimetro che ci separa. “Dimmi di nuovo cosa vuoi,” ordina, la sua voce bassa, un sussurro che mi sfiora il collo. Un brivido mi attraversa. Il mio corpo risponde prima di me, inclinandosi verso di lui, cercando più contatto, più di tutto. Ma Davide non me lo concede così facilmente. Le sue mani mi sfiorano, ma non abbastanza. È una tortura consapevole, studiata. Mi tiene esattamente dove vuole: sul filo del desiderio, incapace di pensare ad altro. “Dillo,” insiste, più vicino ora, il tono più scuro, più profondo. Il mio orgoglio è già crollato, e lo sa. Sa che ormai non posso più resistergli. “Ti voglio,” sussurro di nuovo, con più impazienza, con più bisogno. Davide sorride. “Ancora.” Chiudo gli occhi un istante, mordendomi il labbro. È un gioco crudele, eppure non voglio che smetta. Non voglio nient’altro. “Ti voglio” ripeto, e questa volta la mia voce è più sicura, più disperata. Davide mi lascia un battito di cuore per assaporare la mia resa. Poi, finalmente, smette di trattenersi. Mi afferra con una sicurezza che mi toglie il fiato, un braccio intorno alla vita che mi fa perdere ogni equilibrio, ogni resistenza. Il suo controllo ora è assoluto, ogni movimento deciso, ogni gesto un segno di potere. Il mondo si riduce a lui, al suo tocco, alla sua voce bassa che mi tiene intrappolata. Sono prigioniera del suo sguardo, della sua presa salda, del modo in cui il suo corpo mi sovrasta senza lasciarmi scampo. Il gioco tra noi è stato una battaglia silenziosa, una danza fatta di provocazioni e attese, ma adesso non c’è più niente da combattere. Lo voglio. E voglio che lui lo sappia. Le mie mani si stringono sulle sue braccia, sento i muscoli tesi sotto le dita, la forza trattenuta, il controllo che ha sempre avuto su di me e che ora voglio che spezzi. “Scopami!.” La parola esce dalle mie labbra come un respiro, e mentre lo dico sento il cuore martellare nel petto, il corpo che si arrende completamente al bisogno di lui. Davide mi guarda, e nei suoi occhi vedo qualcosa cambiare. La sua espressione diventa più scura, più intensa. Non ha più bisogno di giocare, di provocarmi, di aspettare. Ha vinto. Lo sa. E adesso si prende tutto. Mi afferra con decisione, le sue mani calde sulla mia pelle, il suo respiro che si mescola al mio. Sento il mio corpo sollevarsi, la presa salda intorno alla mia vita mentre mi spinge contro di sé, divarico le gambe, e sento il suo cazzo entrare con facilità dentro di me, il glande bollente che schiude la labbra, si insinua nella vagina, facendomi sentire ogni millimetro del tronco di carne che entra in me. Un brivido mi attraversa, la pelle in fiamme, ogni fibra di me tesa verso di lui. Non c’è più distanza tra noi. I suoi movimenti sono sicuri, decisi, eppure c’è qualcosa di selvaggio nel modo in cui mi prende, come se finalmente potesse lasciarsi andare completamente. E io mi lascio travolgere, senza più resistenza, senza più esitazioni. Sento la sua forza, il modo in cui mi guida senza incertezze, ogni suo movimento studiato, sicuro, carico di una tensione che ci ha consumati per troppo tempo. È dominio puro, controllo assoluto, e io non voglio più scappare. Mi arrendo completamente, il mio corpo si muove con il suo, seguendo il ritmo che impone. È un crescendo, un’ondata che ci avvolge, ci trascina sempre più in alto. I nostri respiri si fondono, il calore tra noi aumenta, ogni fibra del mio essere vibra sotto il suo tocco. Lui lo sente, lo sa. E non si ferma. Ogni suo gesto mi porta oltre, mi spinge al limite, e proprio quando credo di non poter sopportare oltre, quando ogni muscolo è teso, ogni nervo acceso, un ultimo movimento, un ultimo attimo sospeso nell’aria, e poi….
L’apice arriva come un’esplosione silenziosa, un incendio che ci consuma entrambi. Il mio corpo si piega sotto l’intensità, il respiro si spezza mentre mi perdo completamente in lui. Davide mi stringe ancora di più, i suoi movimenti si fanno più rapidi, più profondi, finché non lo sento cedere e sento il suo piacere invadermi dentro, finché il mondo intorno scompare e restiamo solo noi, persi in questa vertigine che ci lascia senza fiato. Restiamo immobili per un istante, il cuore che batte all’unisono, la pelle calda, il silenzio carico di tutto quello che abbiamo appena condiviso. Poi, lentamente, Davide allenta la presa, le sue dita sfiorano la mia pelle con una carezza quasi distratta, come se stesse assaporando ogni ultimo istante prima che la realtà torni a riprendersi ciò che è stato solo nostro, sento il suo membro scivolare fuori da me lento, come se stesse gustando un ultimo abbraccio delle mie labbra, sento il suo sperma colare fuori, sulle cosce, marcando le autoreggenti di lui. Io chiudo gli occhi e mi lascio andare contro di lui, ancora prigioniera della sua presenza, della sensazione che non voglio ancora lasciar svanire e capisco che sará solo l´inizio. Il silenzio tra noi è denso, carico del calore che ancora vibra nell’aria. Il mio corpo è ancora incandescente, il respiro irregolare, la mente annebbiata dal piacere che mi ha travolta senza pietà. Davide mi tiene ancora per un istante, come se volesse imprimere nella mia pelle il marchio della sua vittoria. Poi, con la stessa sicurezza con cui ha guidato ogni cosa fino a questo momento, allenta la presa e si allontana di poco. Il suo sguardo scivola su di me, soddisfatto, possessivo. So cosa sta per dire prima ancora che le parole escano dalle sue labbra. “Adesso rivestiti.” La sua voce è ferma, priva di esitazioni. È un comando, non una richiesta. Il mio respiro si blocca per un istante. Il mondo intorno torna a farsi più nitido, la realtà si insinua come una lama affilata tra le fessure di questa bolla in cui mi ero persa.
“Rivestiti. Torna a casa. Da tuo marito.” La tensione mi stringe il petto mentre lo guardo. Lui è perfettamente a suo agio, rilassato, quasi divertito dalla mia reazione. Ha ottenuto esattamente ciò che voleva, e ora ha deciso che è il momento di chiudere la porta su questo momento, senza voltarsi indietro. Mi sento nuda in un modo che non ha nulla a che fare con i vestiti sparsi a terra. Non si lascia intenerire, non mi dà nessun appiglio. Mi ha portata fino a questo punto, mi ha spinta oltre ogni limite, e adesso si riprende il controllo con la stessa precisione chirurgica con cui lo ha esercitato fino a pochi minuti fa. Non c’è bisogno di parole in più. Raccolgo i miei vestiti con mani leggermente tremanti, il cuore che batte in un ritmo confuso, troppo veloce e troppo lento allo stesso tempo. Sento il suo sguardo su di me mentre mi ricompongo, come se stesse osservando il risultato del suo capolavoro, il suo trionfo finale. Quando finalmente sono pronta, sollevo lo sguardo per incontrare il suo. Un sorriso appena accennato gioca sulle sue labbra. “Brava ragazza.” Non so perché quelle due parole mi colpiscano più di tutto il resto. Non rispondo. Non posso. Faccio un passo indietro, poi un altro. Ogni fibra del mio corpo vorrebbe restare, ma so che non posso. Perché Davide ha già deciso. E io, ancora una volta, non posso fare altro che obbedire. Ma mentre mi avvio verso la porta, con il cuore ancora in subbuglio, sento la sua voce raggiungermi un’ultima volta, bassa e sicura, con una promessa che mi brucia addosso più di ogni suo tocco. “Non pensare che sia finita. Ti vorrò di nuovo.” Il mio respiro si blocca. Non ho bisogno di voltarmi per sapere che sta sorridendo. E il peggio è che io lo so. So che, quando succederà, non avrò la forza di dirgli di no.
Per almeno due mesi sono stata la sua amante. Mi prendeva ovunque, senza esitazioni, senza freni, come se fossi una necessità, un vizio a cui non poteva rinunciare. Il desiderio tra noi era selvaggio, impaziente, un fuoco che divampava ogni volta che ci sfioravamo. Nell’appartamento segreto, dove l’aria era satura dell’odore del nostro sesso e delle sigarette spente in fretta, mi schiacciava contro il muro, le sue mani strappavano via i vestiti con foga, la sua bocca divorava la mia, togliendomi il respiro. “Ti voglio adesso,” sussurrava con voce roca, e prima ancora che potessi rispondere, mi sollevava tra le sue braccia e mi faceva sua con una brutalità dolce, insaziabile. In auto, tra il cuoio bollente dei sedili e il vapore denso che appannava i vetri, il mondo esterno si dissolveva. Mi trascinava sopra di lui, le sue mani risalivano lungo le mie cosce nude mentre il mio vestito si arrampicava pericolosamente in alto. “Sei impaziente,” lo provocavo, mordendomi il labbro, godendo di quel potere su di lui. “Con te lo sono sempre,” ringhiava in risposta, mentre le sue dita scivolavano sotto la stoffa sottile, facendomi gemere prima ancora di essere completamente sua. Persino fuori, nei parcheggi isolati, l’aria notturna gelida sulla mia pelle nuda mentre lui mi spingeva contro il cofano, il contrasto tra il freddo pungente e il calore della sua bocca che esplorava ogni centimetro di me mi faceva impazzire. “E se qualcuno ci vedesse?” sussurravo con un brivido, ma dentro di me sapevo che era quella possibilità a rendere tutto ancora più travolgente. “Lascia che guardino,” rispondeva con un sorriso perverso, stringendomi più forte contro di sé, facendomi dimenticare ogni altra cosa. E quando non potevamo spingerci oltre, bastava un tocco. Le sue dita sotto la mia gonna durante una cena affollata, il suo respiro caldo sul mio collo mentre sussurrava, “Non riesco a smettere di pensarti nuda.” Uno sguardo carico di promesse proibite, il battito accelerato mentre cercavo di restare composta, le ginocchia deboli per il desiderio. Mi faceva sentire viva, sfrontata, libera. E in quei momenti, non esisteva altro. Solo noi. Solo il fuoco che ci divorava. Una notte, sotto un cielo senza stelle, successe qualcosa che non avrei dimenticato. Eravamo in un parcheggio deserto, l’eco lontana della città come un sussurro nella notte. Davide mi aveva già sollevata contro la portiera, il mio vestito arricciato sui fianchi, le sue mani decise che mi tenevano ferma mentre mi scopava con la foga di chi non conosceva il significato dell’attesa. Poi lo vidi. Un uomo nell’ombra, poco distante. Gli occhi puntati su di noi, la mano che si muoveva tra i pantaloni. Il respiro pesante, il ritmo sincopato della sua eccitazione che si confondeva con il suono delle nostre pelvi che si scontravano. Davide lo notò, ma non si fermò. Al contrario, il gioco si fece ancora più spinto. Mi trascinò sul cofano della macchina, il metallo freddo che contrastava con il calore febbrile della mia pelle. Lo sentii premere contro di me, la presa salda sulle mie anche, il suo respiro caldo sulla mia nuca. Poi, senza preavviso, spinse dentro. Un’ondata di dolore mi attraversò, cruda e improvvisa, con il suo cazzo che si fece largo nel mio retto. Il mio corpo si tese, cercando di adattarsi a quella intrusione, mentre un gemito strozzato mi sfuggiva dalle labbra. Mi mancò il respiro, il cuore impazzito nel petto, le mani aggrappate al cofano come unica ancora di stabilità. Era troppo, troppo intenso, troppo forte. Eppure, sotto la prima scossa di dolore, si insinuava qualcos’altro. Un brivido lungo la spina dorsale, una sensazione primitiva che si mescolava alla paura, al calore, all’adrenalina del momento. L’essere esposta, il sapere che quel guardone ancora ci osservava, che si stava toccando mentre assisteva a quella scena oscena… tutto rendeva l’esperienza ancora più brutale, ancora più eccitante. Davide non si fermò. Mi prese con una ferocia che non avevo mai conosciuto prima, come se volesse marchiarmi, come se volesse spingermi oltre ogni limite. E io lo lasciai fare. Il dolore si trasformò lentamente in qualcos’altro, in una pulsazione profonda che mi faceva mordere il labbro, che mi faceva desiderare che non smettesse mai. Quando tutto finì, rimasi per qualche secondo piegata sul cofano, il fiato corto, il battito ancora impazzito. Sentivo ancora la pelle bollente, i muscoli tesi, l’eco del piacere mescolato a un dolore sordo che mi avrebbe ricordato quella notte per giorni, l'immancabile traccia del suo seme che scivola all' interno delle mie gambe. Davide si sistemò i pantaloni, accese una sigaretta e mi guardò con quel sorriso sporco e compiaciuto che conoscevo fin troppo bene. «Brava ragazza.» E io, con le gambe ancora tremanti e il cuore in gola, sorrisi. Perché sapevo che quella era solo l’inizio. Ma non fu l’unica volta. Ci furono sere in cui mi trascinava nei bagni di locali affollati, il respiro ancora caldo sul mio collo mentre mi spingeva contro la porta, chiusa a malapena. Le sue mani esploravano ogni centimetro della mia pelle con una fretta impaziente, sollevandomi la gonna senza esitazioni. Il rischio che qualcuno bussasse o che sentisse i miei gemiti soffocati contro la sua spalla non faceva altro che accendermi di più. “Zitta,” sussurrava con un sorriso perverso, mentre affondava dentro di me, le sue dita serrate sulla mia bocca per impedirmi di gridare il suo nome. Ricordo una volta, nel camerino di un negozio, le sue mani che scivolavano sotto la mia gonna, le sue dita che trovavano la mia pelle già calda, già umida di attesa. “Guarda quanto sei pronta per me,” mormorò contro il mio orecchio, la sua voce un veleno dolce che mi faceva tremare. Intanto, fuori, altre donne provavano vestiti, inconsapevoli del piacere che mi stava travolgendo a pochi metri di distanza. “Non fare rumore,” mi avvertì, mentre le sue dita affondavano più in profondità, ma il suo sguardo sfidava il mio, godendo della mia lotta per trattenermi. Un’altra notte, nel vicolo dietro un bar, la pioggia ci inzuppava i vestiti, rendendo tutto ancora più sensuale, più disperato. Mi spinse contro il muro ruvido, il freddo della pietra contro la mia pelle in contrasto con il calore ardente del suo corpo che mi incatenava a lui. Mi sollevò una gamba intorno ai suoi fianchi, il tessuto fradicio del mio vestito che si incollava alla pelle mentre le sue mani si infilavano sotto di esso. “Sei mia,” ringhiò contro le mie labbra prima di prendermi lì, senza freni, senza preoccuparsi di nulla. Il suono del traffico a pochi passi, il rischio di essere scoperti, il brivido di essere completamente alla sua mercé mi fecero venire ancora prima che lui affondasse del tutto dentro di me. Eppure, dopo ogni notte di follia, di desiderio e di trasgressione, tornavo a casa. Indossavo la mia maschera di moglie impeccabile, tornavo a recitare la parte della moglie perfetta. Sedevo a cena con mio marito, lo ascoltavo parlare della sua giornata mentre in bocca riassaporavo il gusto dello sperma di Davide. Lui non sospettava nulla. Nemmeno quando mi sfiorava il collo e io trattenevo un brivido, perché ancora sentivo le labbra di un altro uomo sulla pelle, senza neanche sospettare che le mie gambe tremassero ancora per il piacere ricevuto da un altro. Era un gioco pericoloso. Eppure, notte dopo notte, non riuscivo a fermarmi. Poi, in un pomeriggio domenicale come tanti, nel silenzio del suo appartamento, rotto solo dai miei gemiti. Il calore della sua pelle contro la mia, il ritmo dei nostri corpi che si muovevano in sintonia, il respiro affannato che riempiva la stanza. Io sopra di lui. D’improvviso, una sensazione estranea. Un tocco inaspettato. Un brivido mi percorse la schiena quando sentii mani diverse, mani che non erano le sue, sfiorarmi il sedere con una delicatezza inquietante. Il tempo sembrò fermarsi. Il cuore mi martellava nel petto mentre un’ondata di paura mi raggelò il sangue. Mi bloccai di colpo, il respiro sospeso nell’aria pesante della stanza. Lui mi strinse con decisione, facendomi chinare su di lui, il mio seno che si schiaccia contro il suo petto caldo, le braccia forti a impedirmi di voltarmi. "Shh… Tranquilla," sussurrò, le labbra sfiorandomi la tempia. "Lasciati andare… è solo un gioco." Ma il terrore mi serrava la gola, perché quelle altre mani, sconosciute, continuavano a esplorarmi con una lentezza inquietante, indugiando sulla mia pelle come se avessero tutto il tempo del mondo. Un profumo dolce e avvolgente si diffuse nell’aria—vaniglia e legno di sandalo, intenso e seducente. Solo allora mi resi conto che quelle mani sconosciute erano cosparse di un olio tiepido, scivoloso, che faceva scorrere le carezze con una fluidità ipnotica sulla mia pelle. Le sentivo scivolare tra le natiche, sentivo che indugiava sull´ano, per poi penetrarlo con un dito, poi il secondo. Ero ancora restia nel lasciarmi andare del tutto a questo sconosciuto, a questo gioco che il mio amante mi aveva portato a giocare. Sì, ormai avevo un amante. Un uomo capace di farmi tremare con un solo sguardo, di accendere ogni mio senso con il tocco deciso delle sue mani. Ogni incontro con lui era un'esplosione di piacere, un’esperienza travolgente che mi lasciava esausta e appagata. Con lui mi sentivo libera, desiderata, esplorata in ogni modo possibile. Più volte aveva accennato all'idea di coinvolgere altri, di condividere quei momenti intensi con i suoi amici. Lo diceva con leggerezza, quasi fosse un’estensione naturale di ciò che già vivevamo insieme. Ma dentro di me si accendeva un’ombra di dubbio. L'idea mi intrigava e al tempo stesso mi metteva a disagio. Non ero del tutto favorevole. Quella sera, però, senza che ne fossi consapevole, mi ritrovai immersa esattamente in quella situazione. Un brivido mi percorse la schiena mentre tocchi estranei indugiavano su di me, come se stessero assaporando ogni linea del mio corpo prima ancora di toccarmi. Il battito del cuore accelerò, il respiro si fece più corto. Un misto di tensione e curiosità si intrecciava dentro di me, confondendomi. Poi sentii le mani di Davide, calde e sicure, posarsi sulla mia pelle. Il suo respiro sfiorò il mio orecchio, mandando un fremito lungo la mia colonna vertebrale. "Va tutto bene," mormorò, con quel tono basso e rassicurante che mi aveva sempre fatto cedere. "Lasciati andare… fidati di me." Mi resi conto che il mio corpo stava rispondendo prima ancora che la mia mente prendesse una decisione. Le dita di lui tracciavano percorsi familiari sulla mia pelle, accendendo ogni nervo, eppure c’era un nuovo elemento, che sembrava comunque familiare, il calore, le mani più grandi, più lente, che esploravano con una curiosità quasi riverente. Un fremito di esitazione mi serrò la gola, ma il piacere si insinuava già sotto la pelle, confondendosi con il timore. Chiusi gli occhi per un istante, cercando di afferrare cosa stessi provando davvero. Confusione? Eccitazione? Entrambe? Il tempo sembrava essersi dilatato, lasciandomi sospesa tra la paura di perdere il controllo e il desiderio di scoprire fin dove potevo spingermi, ma il tempo non era l´unica cosa che si stava dilatando In un attimo, il mio corpo smise di opporsi. Ogni resistenza si sciolse, come neve al sole, sotto il calore delle loro mani, sotto la sicurezza del loro tocco. Mi abbandonai completamente, lasciando che fossero loro a guidarmi, a prendere il controllo, a portarmi dove non ero mai stata prima. La paura si trasformò in un brivido sottile che si mescolava al piacere, amplificandolo, rendendolo più intenso, più profondo. Il mio respiro si fuse con il loro, i miei sensi si aprirono come mai prima. Il mio ano stava accogliendo il membro di questo corpo senza volto, di questo sconosciuto. In quel momento capii cosa significava davvero lasciarsi andare Davide allentò lentamente la presa sul mio viso, lasciandomi libera di voltarmi. Il cuore mi martellava nel petto mentre, con un misto di esitazione e curiosità, giravo lentamente la testa. E fu in quell’istante che il respiro mi si mozzò in gola. Davanti a me, con uno sguardo intenso e un sorriso appena accennato sulle labbra, c'era Marco, mio marito. I suoi occhi brillavano di un’emozione indecifrabile, un misto di complicità e desiderio. Senza dire una parola, avvicinò il viso al mio e iniziò a baciarmi dolcemente, prima sulle guance, poi lungo la mascella, lasciando sulla mia pelle il calore e il sapore familiare delle sue labbra. Quel bacio fu l’innesco di un pomeriggio che si trasformò in un vortice inarrestabile di desiderio. Ogni carezza incendiava la pelle, ogni respiro si mescolava in un ritmo sempre più intenso, inarrestabile. La capacità di accogliere entrambi dentro di me contemporaneamente, sentirli muovere in un moto sincronizzato, alternando impeto e delicatezza, possesso e devozione. Il tempo sembrava dissolversi attorno a noi mentre il piacere cresceva, si propagava come un’onda che travolgeva ogni resistenza, ogni pensiero. Le mani esploravano, le labbra cercavano, i corpi si intrecciavano in un crescendo febbrile, spingendosi sempre oltre, fino al limite dell’estasi. E poi, l’apice. Un’esplosione totale, assoluta, che fece tremare ogni fibra del mio essere. Il loro piacere si riversò in me come un fiume in piena, strappandomi il fiato, lasciandomi in balia di un’estasi così intensa da annullare tutto il resto. I nostri gemiti si fusero nell’aria carica di elettricità, mentre il mondo intero sembrava implodere in quell’istante perfetto. Esausta, il corpo ancora percorso da fremiti sottili, mi abbandonai tra le loro braccia, il cuore ancora frastornato dalla violenza di ciò che avevamo vissuto. Ero distesa sul letto, la pelle ancora calda dai brividi del piacere, mentre il suono dell'acqua scrosciante annunciava che Davide si stava facendo la doccia. La stanza era avvolta in una penombra complice, le lenzuola stropicciate e umide, testimoni di ciò che era appena accaduto. Marco, sdraiato accanto a me, mi osservava con uno sguardo indecifrabile, un misto di eccitazione e rivelazione negli occhi. Poi, con voce calma ma carica di sottintesi, mi disse che Davide gli aveva parlato di ciò che aveva visto qualche sera prima: il bacio con quel ragazzo al disco bar. Per un istante il cuore mi balzò in gola, ma lui continuò senza alcuna traccia di rabbia o gelosia, anzi, con una nota di desiderio sottile che mi fece rabbrividire. Mi confessò che, sentendo quella storia, si era finalmente deciso a parlarmi di qualcosa che desiderava da tempo. "Da tempo volevo vederti con un altro uomo," disse, il tono basso e carico di aspettativa. "È un pensiero che mi eccita da sempre." Rimasi in silenzio per un istante, mentre il mio respiro si faceva più lento, più profondo. Non era una confessione improvvisa: c’erano stati momenti, occasioni in cui avevo avvertito il suo sguardo su di me in modo diverso, più intenso, quasi voyeuristico. E poi mi svelò un dettaglio che mi lasciò senza parole: più di una volta, mentre ero con Davide nel suo appartamento, Marco mi aveva spiata da una fessura nell’armadio, nascosto nell’ombra, osservandomi con un desiderio incontrollabile, mentre il suo stesso piacere cresceva segretamente. Quelle parole accendevano qualcosa dentro di me. Un brivido mi percorse la schiena, un misto di sorpresa e di eccitazione proibita. Lo fissai, cercando le parole giuste, mentre dentro di me si faceva strada un’ammissione che fino a quel momento avevo soffocato. "Anche io l’ho sempre desiderato," confessai infine, la voce appena un sussurro. "Un’esperienza con un altro uomo... ma ho sempre avuto paura di dirtelo." Marco sorrise, accarezzandomi il viso con una tenerezza che contrastava con il fuoco evidente nei suoi occhi. "Da adesso in poi, niente più segreti tra noi," mormorò, sfiorandomi le labbra con un bacio leggero, ma carico di promesse. "Certo, amore," risposi, mentre dentro di me si accendeva una fiamma nuova, un desiderio ancora inesplorato pronto a essere vissuto Ma non fui del tutto sincera con lui. Una parte di me sapeva che avrei dovuto confessarlo, ma il brivido del segreto e l’eccitazione del proibito mi trattennero dal farlo. Accadde in una di quelle notti in cui il desiderio prendeva il sopravvento sulla ragione. Ritrovai il ragazzo del disco bar, proprio nello stesso locale dove tutto era iniziato. Gli sguardi si incrociarono tra le luci soffuse e la musica pulsante, e in quell’istante capii che non c’era bisogno di parole. Il richiamo del proibito era troppo forte, l’attrazione troppo intensa per essere ignorata, la voglia di riprendere il discorso dove si era rotto. Senza esitazione, mi lasciai guidare da lui verso il bagno del locale, il cuore che martellava di eccitazione e adrenalina. Fu veloce, intenso, carico di passione bruta. Il nostro respiro si mescolava nel calore soffocante di quello spazio angusto, le mani che esploravano con urgenza, i corpi che si cercavano senza freni. In quell’attimo, persi completamente il controllo, lasciandomi travolgere dal piacere clandestino, come già era successo con Davide. Quella notte segnò l’inizio di un cambiamento radicale nella nostra vita. Ormai non si trattava più solo di Davide: nuovi incontri si susseguirono, ognuno con la sua carica di eccitazione e trasgressione. Le regole che un tempo avevamo seguito senza metterle in discussione si sgretolarono, lasciando spazio a qualcosa di più libero, più selvaggio. Non c’erano più limiti, solo desideri da esplorare. Ci furono altre esperienze, nuovi partner, e due volte anche una ragazza. Era un mondo che si spalancava davanti a noi, fatto di sensazioni amplificate, di sguardi complici, di piaceri condivisi e segreti sussurrati tra lenzuola disfatte. La nostra vita sessuale era cambiata completamente, trasformandosi in un viaggio senza ritorno, dove il confine tra fantasia e realtà si faceva sempre più sottile, fino a dissolversi del tutto.
scritto il
2025-07-23
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