Mari
di
Antonella1983a
genere
tradimenti
Mari – Capitolo 4
Mi scuso ma sono costretta proseguire con un altro pseudonimo (Antonella1983)
La domenica
La domenica scorreva lenta, con quella luce pigra che entrava dalle finestre e scivolava sulle pareti.
Laura, nonostante la stanchezza evidente e le occhiaie che nemmeno il trucco riusciva a nascondere, si mosse in cucina con una grazia che non sembrava umana. Preparò il pranzo con cura: un ragù profumato, la tavola apparecchiata con attenzione. Era il suo modo per dimostrare a Marco che era ancora la moglie che lui conosceva. Che, in fondo, non era cambiato nulla.
Marco, seduto al tavolo, la guardava. Ogni suo gesto era insieme dolce e straziante.
Quel grembiule, quel sorriso a metà, quella gentilezza forzata… era come guardare una persona che si stava recitando addosso.
Pranzarono insieme, senza dire troppo. I figli passavano e tornavano nelle stanze, ignari di quel silenzio saturo di sottintesi.
Dopo pranzo, Marco si alzò e cominciò a sistemare la cucina. Era il suo modo per ringraziare. O forse per espiare.
Laura, invece, si stese sul divano. Le bastarono pochi minuti per crollare in un sonno profondo.
Dormiva agitata. Sudava, si muoveva, mormorava frasi indistinte.
Marco la sentiva parlare nel sonno. Non capiva tutto, ma alcune parole erano chiarissime. Una, soprattutto.
«Fai piano… lì… mi fai male…»
Lui si fermò. Immobile. Il cuore in gola.
Non c’era più nulla da intuire. Solo da accettare.
E da soffrire, in silenzio.Erano le nove passate. Il sole cominciava a calare, proiettando ombre lunghe e rassicuranti nella casa.
Laura si era svegliata da poco, stropicciandosi gli occhi. Marco, che aveva sistemato cucina e soggiorno, le porse un caffè bollente. Lei sorrise appena, sedendosi accanto a lui sul divano.
«Grazie, amore,» mormorò, cercando un tono affettuoso.
Marco annuì in silenzio.
Decisero di ordinare una pizza per cena. Nessuno dei due aveva voglia di cucinare di nuovo. Mentre aspettavano, la TV trasmetteva il telegiornale.
Una voce monotona parlava di economia e tensioni internazionali. Nessuno ascoltava davvero.
All’improvviso, il telefono di Laura vibrò.
Marco lo notò subito. Il bip discreto, ma inconfondibile.
Lei prese lo smartphone, lesse il messaggio e, per un attimo, trattenne un sorriso. Poi spense lo schermo e lo poggiò sul tavolo.
Marco deglutì a vuoto. La sua espressione cambiò, ma si trattenne.
Avrebbe voluto chiedere. Avrebbe voluto sapere chi fosse, cosa diceva, se era Aldo…
Ma sapeva che la risposta gli avrebbe fatto troppo male.
Cenarono in silenzio. Qualche parola sui figli, sulla settimana da organizzare. Tutto appariva normale, persino sereno.
Dopo, andarono a letto. Come due bravi fratelli.
Laura si voltò dalla sua parte e gli diede due baci leggeri sulla guancia.
«Buonanotte amore.»
Quella sera, Marco si addormentò con gli occhi aperti. Ripensando a quel messaggio non letto.
E a tutto quello che, nel suo cuore, non avrebbe mai avuto il coraggio di dire.
Mi scuso ma sono costretta proseguire con un altro pseudonimo (Antonella1983)
La domenica
La domenica scorreva lenta, con quella luce pigra che entrava dalle finestre e scivolava sulle pareti.
Laura, nonostante la stanchezza evidente e le occhiaie che nemmeno il trucco riusciva a nascondere, si mosse in cucina con una grazia che non sembrava umana. Preparò il pranzo con cura: un ragù profumato, la tavola apparecchiata con attenzione. Era il suo modo per dimostrare a Marco che era ancora la moglie che lui conosceva. Che, in fondo, non era cambiato nulla.
Marco, seduto al tavolo, la guardava. Ogni suo gesto era insieme dolce e straziante.
Quel grembiule, quel sorriso a metà, quella gentilezza forzata… era come guardare una persona che si stava recitando addosso.
Pranzarono insieme, senza dire troppo. I figli passavano e tornavano nelle stanze, ignari di quel silenzio saturo di sottintesi.
Dopo pranzo, Marco si alzò e cominciò a sistemare la cucina. Era il suo modo per ringraziare. O forse per espiare.
Laura, invece, si stese sul divano. Le bastarono pochi minuti per crollare in un sonno profondo.
Dormiva agitata. Sudava, si muoveva, mormorava frasi indistinte.
Marco la sentiva parlare nel sonno. Non capiva tutto, ma alcune parole erano chiarissime. Una, soprattutto.
«Fai piano… lì… mi fai male…»
Lui si fermò. Immobile. Il cuore in gola.
Non c’era più nulla da intuire. Solo da accettare.
E da soffrire, in silenzio.Erano le nove passate. Il sole cominciava a calare, proiettando ombre lunghe e rassicuranti nella casa.
Laura si era svegliata da poco, stropicciandosi gli occhi. Marco, che aveva sistemato cucina e soggiorno, le porse un caffè bollente. Lei sorrise appena, sedendosi accanto a lui sul divano.
«Grazie, amore,» mormorò, cercando un tono affettuoso.
Marco annuì in silenzio.
Decisero di ordinare una pizza per cena. Nessuno dei due aveva voglia di cucinare di nuovo. Mentre aspettavano, la TV trasmetteva il telegiornale.
Una voce monotona parlava di economia e tensioni internazionali. Nessuno ascoltava davvero.
All’improvviso, il telefono di Laura vibrò.
Marco lo notò subito. Il bip discreto, ma inconfondibile.
Lei prese lo smartphone, lesse il messaggio e, per un attimo, trattenne un sorriso. Poi spense lo schermo e lo poggiò sul tavolo.
Marco deglutì a vuoto. La sua espressione cambiò, ma si trattenne.
Avrebbe voluto chiedere. Avrebbe voluto sapere chi fosse, cosa diceva, se era Aldo…
Ma sapeva che la risposta gli avrebbe fatto troppo male.
Cenarono in silenzio. Qualche parola sui figli, sulla settimana da organizzare. Tutto appariva normale, persino sereno.
Dopo, andarono a letto. Come due bravi fratelli.
Laura si voltò dalla sua parte e gli diede due baci leggeri sulla guancia.
«Buonanotte amore.»
Quella sera, Marco si addormentò con gli occhi aperti. Ripensando a quel messaggio non letto.
E a tutto quello che, nel suo cuore, non avrebbe mai avuto il coraggio di dire.
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