La dissolutezza - Episodio 1 - Lucia

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etero

Aurora, una giovane insegnante di letteratura con capelli rossi fiammanti e occhi verdi penetranti, entrò nell'aula del Collegio di San Sebastiano, il cuore gravato dal peso di un segreto che non osava condividere con gli sguardi indagatori dei suoi devoti colleghi. Amava il suo lavoro da insegnante, ma il misero stipendio a malapena le permetteva di mantenere un tetto sopra la testa. Nelle ore tranquille della notte, aveva scoperto un mondo che offriva un tipo diverso di appagamento - un posto chiamato OnlyFans.

Il profumo dei vecchi libri e i soffici sussurri del vento fuori dalle antiche finestre della scuola facevano poco per alleviare la tensione che si era accumulata dentro Aurora. La sua mente era un turbine di terzine dantesche e di video audaci. Sapeva che la strada che aveva scelto era piena di pericoli, ma l'attrazione dell'indipendenza finanziaria era troppo allettante per resistere. Ancora non sapeva che i suoi due mondi stavano per scontrarsi nel modo più inaspettato.

Nell'ultima fila della classe, il cuore di Lucia batteva forte mentre guardava Aurora. La sua infatuazione si era trasformata in qualcosa di più dell'ammirazione—era un desiderio ardente che consumava ogni suo pensiero. All'età di 18 anni, Lucia era una ragazza sull'orlo della scoperta della della sessualità, e Aurora, con il suo spirito fiero e il suo fascino enigmatico, incarnava tutto ciò che desiderava. Lucia si morse il labbro, i suoi occhi seguivano le curve del corpo immaginando cosa ci fosse sotto al vestito.

Aurora, vestita con una gonna attillata e una camicetta che aderiva ai suoi generosi seni, emanava una sensualità sottile che non passava inosservata. Le sue gambe, formose e toniche, si allungavano davanti a lei mentre camminava per l'aula, declamando i sonetti di Petrarca. L'orlo della gonna le sfiorava le ginocchia, offrendo uno sguardo fugace ai bordi di pizzo delle sue calze. Lucia rimase senza respiro quando Aurora si chinò sulla cattedra per prendere un libro, il tessuto della gonna che si tendeva, rivelando la fessura ombreggiata del culo.

I bottoni della camicetta di Aurora erano posizionati strategicamente, suggerendo le morbide rotondità del suo décolleté senza rivelare troppo. Brillavano nella luce soffusa della classe, ciascuno un invito silenzioso ai tesori nascosti sotto. Il tessuto della camicetta sussurrava contro la sua pelle mentre si muoveva, il suono un richiamo irresistibile per le orecchie ansiose di Lucia. La scollatura era abbastanza bassa da far chiedere agli studenti se il movimento successivo avrebbe offerto uno sguardo più intimo.

A casa, Lucia era soffocata della fervente religiosità dei suoi genitori. Sua madre, una donna devota che non sorrideva mai si ritirava a letto alle 20:00 precise, lasciando Lucia e suo padre, Antonio, un uomo che predicava pietà e purezza e non mancava mai una messa, era un ipocrita della peggior specie, ed era talmente ingenuo da non saper aprire una finestra nascosta nel browser. La cronologia del browser sul loro computer di famiglia era una finestra su un mondo di lussuria e depravazione che Lucia trovava allo stesso tempo ripugnante e affascinante.

La vita segreta di suo padre era in netto contrasto con quella della parrocchia. Gli occhi di Antonio, che si illuminavano di indignazione virtuosa al solo menzionare il peccato, si facevano scuri e avidi mentre cliccava pagina dopo pagina i siti con contenuti espliciti. Lucia non poteva fare a meno di provare un pizzico di risentimento verso l'uomo che si proclamava il suo faro morale, ma trovava rifugio nei vizi che diceva di aborrire. Tutto questo serviva solo ad alimentare il fuoco della ribellione che covava dentro di lei.

Fu durante una di queste sessioni clandestine che Antonio si imbatté nella pagina OnlyFan di Aurora. Il suo volto si contorse in un misto di rabbia e lussuria quando riconobbe la donna che avrebbe dovuo insegnare la morale a sua figlia. Che audacia! Un'insegnante del Pio Collegio di San Sebastiano che si vendeva online come una puttana! Sbatté il pugno sulla scrivania, il suono riecheggiò nella casa silenziosa, scuotendo le fondamenta della facciata che aveva costruito con tanta meticolosità.

Lo schermo davanti a lui era un tableau delle pose audaci di Aurora, ciascuna più sfacciata della precedente. Le sue labbra, piene e invitanti, erano dipinte di un rosso scuro che sembrava chiamarlo più vicino. Le donne e uomini con cui faceva sesso. Le immagini erano in netto contrasto con l'innocente professoressa di sua figlia, eppure, accendavano la lussuria che ardeva dentro di lui. La stanza si fece più calda, l'aria densa del suo respiro affannoso e dell'odore della sua stessa eccitazione. Non riusciva a staccare gli occhi dallo schermo, nonostante la sua mente fosse travolta dalle implicazioni della sua scoperta.

Antonio sapeva di dover agire. Il codice morale di San Sebastiano era in pericolo. Non poteva sopportare il pensiero di Aurora che corrompeva le menti dei suoi studenti—soprattutto non di Lucia. Doveva salvarla dalle grinfie di quella sgualdrina. Dopo esser venuto nel fazzoletto di carta, con dita tremanti, copiò il link alla sua pagina e compose un'email furiosa al preside Padre Remo. La intitolò "Urgenza: Corruzione Morale tra il Corpo Docente" e affermò di aver ricevuto una soffiata anonima. La bugia era uno scudo, un modo per mantenere la sua stessa dignità a brandelli.

La mattina dopo, l'ufficio di Padre Remo era una tempesta di indignazione. Antonio, una maschera di rabbia, raccontò i dettagli sordidi delle avventure online di Aurora. Le guance del preside tremavano mentre ascoltava, i suoi occhi che si allargavano per orrore a ogni parola. Il solo pensiero di uno scandalo simile che colpiva la sua scuola lo faceva stare male. Sapeva di dover agire rapidamente e con decisione.

Fece convocare immediatamente Aurora nel suo ufficio, riusciva a malapena a contenere la rabbia. Aurora abbassò gli occhi sapendo cosa l'attendeva.
"Signorina" iniziò, la voce bassa e tremante, una furia a malapena contenuta. "Che significa? Come osa portare tale discredito su questa santa istituzione?"

"Mi dispiace, Padre," iniziò, la voce ferma e ribelle. "Ma la mia vita privata non è di sua competenza."

Gli occhi di Padre Remo si sgranarono per l'incredulità. "La sua vita privata è un indegno spettacolo pubblico! Non ha il diritto di definirsi un'insegnante di questa santa scuola!"

"Lei è licenziata! Sparisca e non si faccia più vedere" tuonò, l'eco della sua dichiarazione che rimbalzava sulle pareti del suo ufficio. Aurora sentì il pavimento crollare sotto di lei. Il mondo che aveva costruito, quello che le permetteva di condividere il suo amore per la letteratura con menti giovani e ansiose, era svanito in un istante. Rimase in piedi tra le macerie, il cuore che batteva all'impazzata, gli occhi che si annebbiavano di lacrime non versate.

La notizia si diffuse attraverso i sacri corridoi di San Sebastiano come un incendio. I sussurri crebbero in mormorii, che a loro volta crebbero in esclamazioni di shock e sdegno. In poche ore, l'intero corpo studentesco venne a sapere del licenziamento di Aurora. Lo stomaco di Lucia si strinse in un nodo mentre i suoi compagni di classe si scambiavano sguardi d'intesa e sorrisi. Sentì il colore svanire dal suo viso mentre i sussurri si facevano più forti, e il peso del tradimento di suo padre si posò come un macigno nel suo stomaco.

Suonò la campanella, Lucia si precipitò a casa, con la testa confusa. Il cuore le martellava nel petto mentre spalancava la porta, l'eco dei suoi passi risuonava per tutta la casa. Trovò suo padre nel suo studio, circondato dai suoi sacri orpelli: una Bibbia aperta sulla scrivania, un rosario drappeggiato sulla sedia. La cruda realtà della sua ipocrisia la colpì in pieno viso, lasciandola senza fiato per la rabbia. "Papà", cominciò, con la voce tremante. "Come hai potuto?" Antonio alzò lo sguardo dalle sue scartoffie fingendosi sorpreso. “Di cosa stai parlando?” rispose, "A scuola tutti dicono che sei stato tu a far licenziare la prof. Aurora" Il viso di Antonio si arrossò, i suoi occhi guizzavano per la stanza come quelli di un animale in trappola. “Ho fatto quello che andava fatto” disse, con la voce sforzata. “Non fare il finto tonto con me!” La voce di Lucia era carica di rabbia e tradimento. Ho visto che razza di siti visiti di notte. Suo padre balbettò, portandosi la mano al petto in una drammatica dimostrazione di innocenza. "Lucia, ma che dici..."

"Lo so cosa fai qui ogni notte! Come puoi essere così ipocrita? Ti vanti di essere un uomo di Dio, ma indulgi nei peccati che affermi di disprezzare!"

Il volto di Antonio era un ritratto di orrore e colpa. I suoi occhi cercarono una via di fuga nella stanza, ma non ne trovarono nessuna. "Hai violato la mia privacy!" tuonò, sbattendo il pugno sulla scrivania. La stanza tremò per la forza delle sue parole, ma Lucia non si lasciò intimidire.

"E tu hai rovinato la vita della mia adorata professoressa di italiano." ribatté lei. "Sei un ipocrita, papà. Un ipocrita schifoso."

La stanza era un campo di battaglia di accuse, l'aria pesante della rabbia di Lucia e del senso di colpa acido di suo padre. Antonio barcollò all'indietro, gli occhi selvaggi di paura. "Come puoi dire questo?" ansimò.

"È vero!" urlò Lucia, la sua voce che riecheggiava nei corridoi della loro casa. "Sei un impostore, papà! Ti siedi lì, nel tuo trono sacro, dicendo a tutti come vivere, ma non riesci nemmeno a controllare i tuoi desideri!"

Il volto di Antonio divenne sempre più rosso a ogni parola, il respiro che arrivava in ansiti affannosi. Si sentiva schiacciato dalle sue stesse bugie. "Sono tuo padre," ringhiò, la voce bassa e minacciosa. "Mi mostrerai rispetto."

Ma Lucia era fuori di sé. La rabbia che covava dentro di lei da così tanto tempo aveva raggiunto il limite. "Vuoi rispetto?" sibilò. "Allora forse dovresti cominciare a non essere un ipocrita!"

Con quelle parole, uscì di casa sbattendo la porta con una forza tale che sembrò scuotere le fondamenta. Il mondo fuori era un luogo di possibilità e libertà dalla morsa soffocante della pietà di suo padre. Non aveva un posto dove andare, ma sapeva di non poter rimanere in quella casa che era diventata una prigione di bugie e giudizi.

Sua madre, che era emersa dalle sue preghiere per assistere alla discussione esplosiva, stava sulla porta, gli occhi sgranati per lo shock. Il rosario le scivolò dalle dita tremanti, ogni perla che rotolava via come una piccola, silenziosa lacrima. "Sei una peccatrice, andrai all'inferno!" gemette, la voce un misto di paura e disperazione.

"Forse ci sono già, o forse ne sto uscendo" ribatté Lucia, le sue parole una pugnalata al cuore. Si voltò, gli occhi asciutti ma l'anima in fiamme. Non aveva un posto dove andare, nessun piano, solo un desiderio ardente di fuggire via da quella casa soffocante.

Era ancora vestita come era uscita da scuola con la castissima divisa di S. Sebastiano, aprì il portafoglio e contò i soldi, 70 euro, voleva cambiare look, ma con quello che aveva non poteva certo andare nelle boutique del centro, entrò quindi in un negozio cinese, di quelli che vendono dall'abbigliamento alla ferramenta, acquistò degli abiti succinti e scarpe con tacco a spillo.

Camminando in centro, Lucia sentiva gli occhi dei passanti indugiare su di lei, si sentiva libera a potente. Al primo cestino dei rifiuti che incontrò gettò la busta con la divisa di S. Sebastiano. La minigonna attillata e il top scollato che aderivano alle sue curve come una seconda pelle erano l'armatura della sua ribellione. I tacchi a spillo che indossava ticchettavano ritmicamente a ogni passo, una dichiarazione di guerra contro i vincoli che le erano stati imposti. Certo era che con l'acquisto dei nuovi abiti era rimasta senza un soldo, cominciava ad aver fame e si chiedeva come avrebbe passato la notte.

Le si avvicinò un uomo, era alto e magro, con una barba che sembrava disegnata con un pennarello a punta fine. I suoi occhi erano penetranti, di un blu intenso nella luce artificiale dei lampioni. Aveva un vago odore di menta, un profumo che fece contorcere lo stomaco di Lucia in un modo che non riusciva a comprendere.

"Quanto...?" chiese, la voce un pigro strascicato che sembrava rimanere sospeso nell'aria come un punto interrogativo.

Il cuore di Lucia saltò un battito. Quelle parole erano come uno schiaffo in faccia, un brusco promemoria della strada che aveva scelto. Fece un respiro profondo, preparandosi contro l'onda di emozioni che minacciava di sommergerla. "Duecento..." rispose, la voce sorprendentemente ferma. "E tu paghi l'hotel."

Gli occhi dell'uomo si illuminarono, un sorriso predatorio sulle sue labbra. "Affare fatto," disse, e la prese per il gomito, guidandola lungo la strada verso una pensione dall'aspetto losco. Le luci al neon lampeggiavano sopra di loro, gettando una luce inquietante sui marciapiedi crepati. L'aria era densa dell'odore di fritto da una tavola calda vicina e del vago odore di disperazione.

Una volta dentro la squallida stanza, Lucia si rese conto di quanto pesante era la descione che aveva preso. Il letto sembrava consumato e scomodo, le lenzuola di un rosso sgargiante che stonava con il tappeto di un marrone spento. L'uomo, di cui non si era neanche presa la briga di chiedere il nome, non perse tempo. Si slacciò i pantaloni, rivelando un'erezione che era allo stesso tempo terrificante e affascinante. Fece un respiro profondo, ricordando a se stessa che era quella la scelta che aveva fatto.

Le sue ginocchia colpirono il pavimento con un tonfo soffice, e si sporse in avanti, gli occhi fissi sul membro pulsante davanti a lei. L'odore della sua eccitazione riempì le sue narici mentre avvolgeva la mano intorno al membro, sentendo il calore e la potenza nella sua presa. Aprì le labbra e lo prese in bocca, la sensazione del cazzo sulla sua lingua era aliena eppure, eccitante. Lo succhiò con una fervore che sorprese persino lei, le guance che si incavavano a ogni movimento. I suoi gemiti riempirono lo spazio angusto, riecheggiando sulle pareti macchiate e mescolandosi al suono del loro respiro affannoso.

La mano dell'uomo si intrecciò nei suoi capelli, guidando i suoi movimenti con una fermezza che le fece correre un brivido lungo la schiena. Gli occhi di Lucia si riempirono di lacrime mentre lo prendeva più a fondo, la gola che si stringeva intorno a lui. Eppure, non si tirò indietro, spinta da una miscela di rabbia e da un nuovo, strano desiderio di avere il controllo. Poteva sentire il proprio desiderio crescere, il calore tra le gambe che diventava più insistente a ogni movimento della testa.

Lucia si mise a cavalcioni su di lui, spostò le mutandine di lato rivelando la fica bagnata e desiderosa. Si abbassò su di lui, la punta del suo pene che la penetrava pieghe con sorprendente facilità. Gli occhi dell'uomo si allargarono per lo shock e il piacere mentre lei si abbassava su di lui.

La sensazione era qualcosa che Lucia non aveva mai provato prima—una miscela di dolore e piacere che sembrava accendere tutto il suo corpo. Gettò la testa all'indietro, i capelli che le cadevano lungo la schiena mentre l'uomo la scopava, le sue pareti interne si stringevano intorno al cazzo. Lui le afferrò i fianchi, le dita che affondavano nella sua carne mentre spingeva verso l'alto, assecondando i suoi movimenti con un'urgenza primordiale che sembrava riflettere il suo stesso bisogno di possederla.

I suoi gemiti diventarono più forti mentre lui la scopava, i fianchi che sbattevano contro il suo culo in un ritmo che faceva vibrare il letto. Poteva sentire la tensione che cresceva dentro di lei, un nodo stretto di desiderio che minacciava di scoppiare da un momento all'altro. Con gli occhi stretti, si sporse in avanti, i seni premuti contro il suo petto, i capezzoli duri. Iniziò a strusciarsi contro di lui, i suoi movimenti diventavano sempre più caotici mentre era prossima all'orgasmo.

Improvvisamente l'uomo uscì dalla sua fica, il suo pene viscido dei suoi umori in bella vista. "Il culo," ringhiò, la voce piena di lussuria. "Voglio farti il culo."

"Il culo costa 200 in più, tesoro" sussurrò Lucia, la voce un richiamo di sirena che lo fece tremare. Si era resa conto del potere che aveva su di lui, e ne godeva. L'uomo frugò nel suo portafoglio, porgendole le banconote stropicciate senza esitazione.

Con una grazia seducente, si voltò, presentandogli il suo culo rotondo e sodo. Si chinò sul letto, le mani che stringevano le lenzuola mentre lo sentiva muoversi dietro di lei. L'anticipazione era quasi insopportabile, il brivido dell'ignoto che le scorreva nelle vene come una corrente elettrica.

L'uomo non perse tempo, le sue mani le allargarono rudemente le natiche. Lucia ansimò quando sentì la sua lingua tracciare il suo buco di culo. Era una sensazione che non aveva mai provato prima, e le mandò ondate di piacere.

Fu sorprendentemente gentile, la leccò intorno all'ano premendo e esplorando finché Lucia non sentì il suo corpo rilassarsi, la tensione che lasciava il posto a un nuovo tipo di desiderio. La mano dell'uomo le sfiorava la fica, il pollice sfiorava il clitoride mentre continuava a leccarle il buco di culo. La combinazione era sublime, e si trovò a spingersi contro il suo viso, chiedendo silenziosamente di più.

L'uomo percepì il suggerimento, con un ringhio le appoggiò la cappella al buco di culo . Non chiese permesso, non ne aveva bisogno. La dinamica era chiara.

Con una singola, brutale spinta, le ficcò il cazzo in dritto nel culo, allargando Lucia fino al limite. Gli occhi le si spalancarono e urlò il nome di Aurora mentre il dolore si fondeva con il piacere, facendola volare nell'abisso. L'uomo non le diede il tempo di adattarsi, non gli importava se fosse pronta. Lui semplicemente la prese, pompando dentro di lei con una ferocia che fece scricchiolare il letto in segno di protesta.

Le afferrò i fianchi con forza, tenendola ferma mentre affondava sempre più in profondità, ogni spinta che mandava ondate di shock attraverso il suo corpo. Comiciava a sentire l'inizio di un'orgasmo, un maelstrom di sensazioni che sembrava provenire da ogni terminazione nervosa. Il dolore era sublime, e le ricordava che era viva e che era lei ad avere il controllo.

Finalmente, lo tira fuori. Si prende un momento per ammirarla, distesa davanti a lui, il suo corpo un'opera d'arte. Lucia lo guarda con occhi sgranati, il suo cazzo ancora duro e pulsante nella mano. La vista di lui così eccitato, così pronto, fa divampare il suo desiderio. Apre la bocca, la lingua che guizza fuori per assaporare la dolce salinità del suo stesso eccitamento che le rimane sulle labbra.

L'uomo sorride, i denti che brillano nella luce fioca. "Lo vuoi?" chiede, la voce carica di lussuria.

Lucia annuisce, gli occhi sempre fissi su di lui. Sente una strana eccitazione nel potere che ha su di lui, un senso di controllo che è inebriante. "Sì," sussurra. "Lo voglio."

Con un gemito, l'uomo si avvicina, il suo cazzo puntato dritto verso il suo viso. Si accarezza lentamente, gli occhi fissi nei suoi, in cerca di qualsiasi segno di esitazione. Ma Lucia è decisa. Apre la bocca, la lingua che guizza fuori per assaporare la perla di liquido pre-eiaculatorio che brilla sulla punta del suo membro.

Il primo fiotto le arriva dritto in gola, caldo e denso, e lei deglutisce istintivamente. Lui viene a fiotti, ciascuno più potente del precedente, e lei accetta tutto, le guance che si incavano mentre lo svuota. Il sapore è muschiato e salato. Lo ingoia avidamente, sentendo il calore riempirle la bocca e la gola. È una sensazione inebriante.

Dopo essersi rivestito, con un ultimo cenno del capo, l'uomo uscì dicendo "scusa ma mia moglie mi aspetta", lasciando Lucia sola nella stanza d'albergo poco illuminata. Il silenzio è assordante dopo il caos del loro incontro, ma lei non ha tempo per rifletterci su. Conta le banconote stropicciate sul comodino—400 euro, più soldi di quanti ne abbia mai avuti in vita sua. È un inizio, un assaggio della libertà che bramava.

Ma è quella frase che dà a Lucia il coraggio di tornare a battere in strada. "mia moglie mi aspetta", un duro promemoria dell'ipocrisia che l'ha portata a questo punto. Ma non ci pensa, piuttosto le usa come carburante, una scintilla che accende il fuoco della ribellione. Sa che sta giocando a un gioco pericoloso, ma il brivido di tutto ciò è irresistibile.

I suoi tacchi risuonano sul marciapiede mentre cammina per la strada, la sua sicurezza cresce a ogni passo. Non è più timida e obbediente. Ora, è la sirena della notte, che attira gli uomini con la promessa di frutti proibiti.

Incontra un uomo un uomo d'affari in giacca e cravatta, questa volta è lei che audacemente si propone. "Sono tua per 200...," dice, la voce bassa e suadente, senza lasciare spazio a fraintendimenti. "E se me ne dai 400, puoi farmi il culo." I numeri le scivolano dalla lingua come un incantesimo.

La notte è lunga, un vortice di volti, mani e cazzi. Ogni incontro è un nuovo campo di battaglia, un luogo dove può affermare il suo potere e fare le sue regole. Passate le due di notte dopo che l'ultimo clente se ne fu andato si adormentò in quel letto dove aveva sfogato tutta la sua passione e dove era diventata puttana.

Si sveglia a mezzogiorno, conta con cura i soldi guadagnati nella notte, sono 2000 euro. Si fa una doccia ed esce.

Lucia ancheggia lungo la strada, i fianchi che ondeggiano con la sicurezza di una donna che sa esattamente ciò che sta facendo. L'insegna al neon del tatutore la chiama come il canto di una sirena. Spinge la porta, il campanello suona un benvenuto che echeggia nel negozio vuoto. L'artista, un uomo robusto con un braccio tatuato, la guarda con un sorriso pigro.

"Cosa posso fare per te, tesoro?" le chiede, squadrandola da capo a piedi.

"Voglio una croce capovolta, contornata dalla scritta Peccatrice" la voce ferma. "Proprio qui," aggiunge, indicando la base del collo.

Lui solleva un sopracciglio ma non fa domande. Annuisce e si mette al lavoro, il ronzio dell'ago è una ninnananna confortante. Il dolore è una catarsi, una manifestazione fisica della rabbia e del dolore che le scorrono nelle vene. Con ogni pizzico dell'ago, sente la tensione nel suo corpo allentarsi, la rabbia dissiparsi nell'inchiostro che ora macchia la sua pelle.

Quando ha finito, si guarda allo specchio, il riflesso mostra una ragazza trasformata. Il tatuaggio è netto, una dichiarazione di guerra contro il mondo che cerca di controllarla. Passa le dita sull'inchiostro fresco, sentendo le linee rialzate che scrivono la sua nuova identità. Lucia, la peccatrice, la puttana, la ribelle. Sorride, un sorriso un po' feroce e un po' spaventato. Ma soprattutto, si sente viva.
di
scritto il
2025-06-27
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