Posseduto...
di
George Morris
genere
trans
Difficile dimenticare quei giorni. Frequentavo "trans" da poco meno di un anno ed avevo già le idee molto chiare, avendo quasi da subito compreso quanto mi trovassi a mio agio nel ruolo di maschio (?) solo ed unicamente passivo. Di incontri ne avevo già avuti una decina ed erano tutti stati... gentili, tranquilli, fin troppo.
Sentivo che mancava qualcosa.
Erano i primi giorni del giugno 1987: abbandonai in tarda serata Ravenna, dove abitavo da poco, dirigendomi verso Rimini, allora ancora "terra incognita" per me.
Non era ancora caldo e le strade del lungomare erano poco frequentate. Girai a vuoto per un po', fermandomi giusto il tempo per un caffè, finché mi ritrovai a Riccione. Ormai era quasi mezzanotte; avevo già visto qualche "signorina" lungo la strada ma nulla che avesse colpito la mia fantasia. Infine, in una piazzetta adiacente agli ultimi stabilimenti balneari del paese, ancora silenti e bui, la vidi.
Era appoggiata ad un'auto parcheggiata e mi arrivò sullo stomaco come un pugno.
Alta quasi due metri, (poco) vestita in modo sguaiato, muscolosa... due tette non troppo grandi, palesemente d'origine chirurgica, ed un viso non particolarmente femminile, piuttosto spigoloso, pesantemente truccato.
Il tutto perdeva totalmente significato a fronte del mio vero motivo d'interesse: era nera, nerissima, puro ebano. Fino a quel momento avevo conosciuto solo delle italiane, all'epoca le uniche padrone dei pochi posti che avevo frequentato nel nord Italia, ed ero da tempo intrigato all'idea di una dea di colore. Onestamente il mio fetish per la pelle nera era di molto precedente: anni prima, da ragazzino, ero rimasto totalmente flashato da una foto vista in un vecchio numero di una rivista pornografica, recuperato chissà dove. L'immagine, piuttosto sgranata ed in bianco e nero, raffigurava questo nero, non giovanissimo, totalmente nudo sdraiato in un divano. Ostentava un cazzo enorme che, con mia grande sorpresa, mi aveva fatto venire le farfalle allo stomaco e... soprattutto, era ancora moscio! Su quell'uccello mi ero ritrovato, mio malgrado, a fantasticare non poco tanto che, il giorno stesso, iniziai a sperimentare qualche timida... inserzione...
Tornando a quella sera.
Mi fermai accanto a lei e mi sentì un po' intimidito; era davvero imponente, la voce era profonda, con un timbro inequivocabilmente carioca. Aveva delle mani enormi... Non senza esitazione, la invitai in macchina ed abbandonammo la piazzetta. Era amichevole, parlava molto e non dava minimamente l'idea di poter diventare problematica. Dopo essersi messi velocemente d'accordo mi indirizzò verso un parcheggio alla fine di Riccione, un parcheggio molto grande e ci imboscammo in una posizione il più possibile defilata. Non era facilissimo muoversi dentro la mia piccola auto di allora, una Fiat Uno talmente basica da non avere neppure i sedili reclinabili. Io ero molto magro all'epoca ma pur sempre alto 1.80, lei... un gigante. Iniziò a spogliarsi, tastandomi fortemente fra le gambe, ma le feci subito capire che stava perdendo tempo e che ero io quello che voleva frugare nei suoi slip. Rise, ed iniziò pian piano ad assumere un atteggiamento diverso, più... aggressivo. Inaspettatamente si tirò via di colpo le mutande e feci appena in tempo a vedergli l'uccello, nerissimo ed ancora semi moscio, che sulle prime non mi impressionò granché. Poi, di scatto, mi prese letteralmente fra le mani, forzandomi con la schiena al volante, malamente incastrato in quello spazio angusto. Prima che realizzassi le sue intenzioni si appoggiò al bordo del mio sedile, che occupava quasi completamente con le ginocchia, e mi ritrovai con tutto il viso immerso fra le sue natiche. Iniziò a sbattermi violentemente il culo in faccia. Ipnotizzato e confuso, guardavo la sua zona perianale che mi premeva sulla bocca, una zona bianchissima che faceva un enorme contrasto con il resto. Fortunatamente il tutto non emanava odori sgradevoli e sembrava pulito: "Lecca troia!"
L'ordine era inequivocabile.
Non feci in tempo a protestare... ammesso che lo avessi voluto. Mi tenne a lungo quel culo sulla faccia, spingendomelo con quella che, ormai, era palese violenza ogni volta che rallentavo il mio slinguazzare frenetico. Infine, sempre tenendomi bloccato, si girò e mi infilò il cazzo in bocca. Di pompini ne avevo già fatti un bel po' ma nessuno come quello: quando lo presi in bocca era ancora semirigido e da subito me lo spinse fino in gola. Mi teneva la testa fra le mani, rendendo impossibile ogni tentavo di sganciarmi: non era un pompino, mi scopava letteralmente la bocca e quell'uccello era velocemente cresciuto, fino a soffocarmi. Mi ritrovavo un mostro nero, non molto lungo, forse 20 centimetri, ma decisamente largo che spingeva dentro senza alcuna delicatezza, fino alle palle, palle grosse e penzolanti. Non respiravo, quel continuo arrivarmi in gola mi provocava una nausea pazzesca ed avevo una salivazione estrema, che mi sgorgava dalla bocca ogni qual volta mi lasciava un secondo di respiro. Intanto, con un tono eccitato e canzonatorio, mi diceva che ero una bocchinara, una puttana, la "sua" puttana... quando il suo cazzo iniziò ad inumidirsi seriamente, interruppe il pompino, abbandonandomi per qualche secondo, già stremato ma libero dalla sua presa. La vidi poi spostarsi nel divano dietro, si mise a novanta gradi e mi invitò a scoparla. A dire il vero ci provai per qualche secondo ma, come al solito, non era il mio ruolo e non mi venne affatto duro. Contrariata ma non sorpresa, mi abbassò completamente i pantaloni mettendo me in posizione... adeguata. Con due colpi secchi mi ritrovai quel serpente nero nel culo, durissimo, ma la bloccai dopo pochi colpi. Malvolentieri le feci notare che volevo mettesse il profilattico... i tempi sono pericolosi anche oggi, ma all'epoca lo erano particolarmente e tutti sapete cosa intendo. Fortunatamente non ebbe da discutere molto e, controvoglia, indossò il condom. Fu veloce... e subito me lo ritrovai in culo, duramente, senza alcuna pietà. Mi faceva male, sulle prime: anche se avevo già sperimentato, con molta attenzione, oggetti più grandi, non avevo ancora mai preso un cazzo vero come quello. Il dolore durò poco, sostituito da una sensazione di calore che si diffondeva pian piano in tutto il mio corpo e da un orgasmo infinito. Lei si diede molto da fare, spesso appoggiandosi alla mia schienba e tormentandomi con le unghie tutto il busto, tanto da lasciarmi graffi che richiesero giorni per sparire. Intanto, facendomi ulteriormente impazzire, continuava a darmi della puttana, della "rottincula" ed altre simpatiche facezie del genere. La scopata era ancora di là da terminare quando venni una prima volta, ovviamente senza mani (me ne vanto) e poi una seconda... Infine emise una specie di urlo gutturale e si staccò finalmente dal mio povero culo martoriato. Il profilattico gli si stava quasi staccando per il peso, tanto era pieno di sperma. Solo a quel punto mi accorsi che stava albeggiando: osservai l'orologio... eravamo lì da più di quattro ore! La riaccompagnai nella sua postazione, non senza aver affrontato un piccolo dramma (provò goffamente a rubarmi il portafoglio ma la intercettai subito: rischiammo un alterco pericoloso ma, fortunatamente, tutto rientrò alla svelta). Lasciai una Riccione che, faticosamente, si stava svegliando. Io affrontai la strada per casa esausto, con la necessità imperante di una lunga dormita. L'esperienza mi aveva fatto capire ancora meglio quale era la mia posizione in questo gioco (in tutti i sensi, direi...), mi aveva insegnato quanti potenziali pericoli potessero esserci e, soprattutto, fu la consacrazione definitiva della mia devozione al cazzo nero... dopo di lei avrei avuto altre bianche, ma sarebbero state comunque un'assoluta minoranza sul totale. Mi era chiaro quanto fossi troia, e pure quanto mipiacesse esserlo...
Sentivo che mancava qualcosa.
Erano i primi giorni del giugno 1987: abbandonai in tarda serata Ravenna, dove abitavo da poco, dirigendomi verso Rimini, allora ancora "terra incognita" per me.
Non era ancora caldo e le strade del lungomare erano poco frequentate. Girai a vuoto per un po', fermandomi giusto il tempo per un caffè, finché mi ritrovai a Riccione. Ormai era quasi mezzanotte; avevo già visto qualche "signorina" lungo la strada ma nulla che avesse colpito la mia fantasia. Infine, in una piazzetta adiacente agli ultimi stabilimenti balneari del paese, ancora silenti e bui, la vidi.
Era appoggiata ad un'auto parcheggiata e mi arrivò sullo stomaco come un pugno.
Alta quasi due metri, (poco) vestita in modo sguaiato, muscolosa... due tette non troppo grandi, palesemente d'origine chirurgica, ed un viso non particolarmente femminile, piuttosto spigoloso, pesantemente truccato.
Il tutto perdeva totalmente significato a fronte del mio vero motivo d'interesse: era nera, nerissima, puro ebano. Fino a quel momento avevo conosciuto solo delle italiane, all'epoca le uniche padrone dei pochi posti che avevo frequentato nel nord Italia, ed ero da tempo intrigato all'idea di una dea di colore. Onestamente il mio fetish per la pelle nera era di molto precedente: anni prima, da ragazzino, ero rimasto totalmente flashato da una foto vista in un vecchio numero di una rivista pornografica, recuperato chissà dove. L'immagine, piuttosto sgranata ed in bianco e nero, raffigurava questo nero, non giovanissimo, totalmente nudo sdraiato in un divano. Ostentava un cazzo enorme che, con mia grande sorpresa, mi aveva fatto venire le farfalle allo stomaco e... soprattutto, era ancora moscio! Su quell'uccello mi ero ritrovato, mio malgrado, a fantasticare non poco tanto che, il giorno stesso, iniziai a sperimentare qualche timida... inserzione...
Tornando a quella sera.
Mi fermai accanto a lei e mi sentì un po' intimidito; era davvero imponente, la voce era profonda, con un timbro inequivocabilmente carioca. Aveva delle mani enormi... Non senza esitazione, la invitai in macchina ed abbandonammo la piazzetta. Era amichevole, parlava molto e non dava minimamente l'idea di poter diventare problematica. Dopo essersi messi velocemente d'accordo mi indirizzò verso un parcheggio alla fine di Riccione, un parcheggio molto grande e ci imboscammo in una posizione il più possibile defilata. Non era facilissimo muoversi dentro la mia piccola auto di allora, una Fiat Uno talmente basica da non avere neppure i sedili reclinabili. Io ero molto magro all'epoca ma pur sempre alto 1.80, lei... un gigante. Iniziò a spogliarsi, tastandomi fortemente fra le gambe, ma le feci subito capire che stava perdendo tempo e che ero io quello che voleva frugare nei suoi slip. Rise, ed iniziò pian piano ad assumere un atteggiamento diverso, più... aggressivo. Inaspettatamente si tirò via di colpo le mutande e feci appena in tempo a vedergli l'uccello, nerissimo ed ancora semi moscio, che sulle prime non mi impressionò granché. Poi, di scatto, mi prese letteralmente fra le mani, forzandomi con la schiena al volante, malamente incastrato in quello spazio angusto. Prima che realizzassi le sue intenzioni si appoggiò al bordo del mio sedile, che occupava quasi completamente con le ginocchia, e mi ritrovai con tutto il viso immerso fra le sue natiche. Iniziò a sbattermi violentemente il culo in faccia. Ipnotizzato e confuso, guardavo la sua zona perianale che mi premeva sulla bocca, una zona bianchissima che faceva un enorme contrasto con il resto. Fortunatamente il tutto non emanava odori sgradevoli e sembrava pulito: "Lecca troia!"
L'ordine era inequivocabile.
Non feci in tempo a protestare... ammesso che lo avessi voluto. Mi tenne a lungo quel culo sulla faccia, spingendomelo con quella che, ormai, era palese violenza ogni volta che rallentavo il mio slinguazzare frenetico. Infine, sempre tenendomi bloccato, si girò e mi infilò il cazzo in bocca. Di pompini ne avevo già fatti un bel po' ma nessuno come quello: quando lo presi in bocca era ancora semirigido e da subito me lo spinse fino in gola. Mi teneva la testa fra le mani, rendendo impossibile ogni tentavo di sganciarmi: non era un pompino, mi scopava letteralmente la bocca e quell'uccello era velocemente cresciuto, fino a soffocarmi. Mi ritrovavo un mostro nero, non molto lungo, forse 20 centimetri, ma decisamente largo che spingeva dentro senza alcuna delicatezza, fino alle palle, palle grosse e penzolanti. Non respiravo, quel continuo arrivarmi in gola mi provocava una nausea pazzesca ed avevo una salivazione estrema, che mi sgorgava dalla bocca ogni qual volta mi lasciava un secondo di respiro. Intanto, con un tono eccitato e canzonatorio, mi diceva che ero una bocchinara, una puttana, la "sua" puttana... quando il suo cazzo iniziò ad inumidirsi seriamente, interruppe il pompino, abbandonandomi per qualche secondo, già stremato ma libero dalla sua presa. La vidi poi spostarsi nel divano dietro, si mise a novanta gradi e mi invitò a scoparla. A dire il vero ci provai per qualche secondo ma, come al solito, non era il mio ruolo e non mi venne affatto duro. Contrariata ma non sorpresa, mi abbassò completamente i pantaloni mettendo me in posizione... adeguata. Con due colpi secchi mi ritrovai quel serpente nero nel culo, durissimo, ma la bloccai dopo pochi colpi. Malvolentieri le feci notare che volevo mettesse il profilattico... i tempi sono pericolosi anche oggi, ma all'epoca lo erano particolarmente e tutti sapete cosa intendo. Fortunatamente non ebbe da discutere molto e, controvoglia, indossò il condom. Fu veloce... e subito me lo ritrovai in culo, duramente, senza alcuna pietà. Mi faceva male, sulle prime: anche se avevo già sperimentato, con molta attenzione, oggetti più grandi, non avevo ancora mai preso un cazzo vero come quello. Il dolore durò poco, sostituito da una sensazione di calore che si diffondeva pian piano in tutto il mio corpo e da un orgasmo infinito. Lei si diede molto da fare, spesso appoggiandosi alla mia schienba e tormentandomi con le unghie tutto il busto, tanto da lasciarmi graffi che richiesero giorni per sparire. Intanto, facendomi ulteriormente impazzire, continuava a darmi della puttana, della "rottincula" ed altre simpatiche facezie del genere. La scopata era ancora di là da terminare quando venni una prima volta, ovviamente senza mani (me ne vanto) e poi una seconda... Infine emise una specie di urlo gutturale e si staccò finalmente dal mio povero culo martoriato. Il profilattico gli si stava quasi staccando per il peso, tanto era pieno di sperma. Solo a quel punto mi accorsi che stava albeggiando: osservai l'orologio... eravamo lì da più di quattro ore! La riaccompagnai nella sua postazione, non senza aver affrontato un piccolo dramma (provò goffamente a rubarmi il portafoglio ma la intercettai subito: rischiammo un alterco pericoloso ma, fortunatamente, tutto rientrò alla svelta). Lasciai una Riccione che, faticosamente, si stava svegliando. Io affrontai la strada per casa esausto, con la necessità imperante di una lunga dormita. L'esperienza mi aveva fatto capire ancora meglio quale era la mia posizione in questo gioco (in tutti i sensi, direi...), mi aveva insegnato quanti potenziali pericoli potessero esserci e, soprattutto, fu la consacrazione definitiva della mia devozione al cazzo nero... dopo di lei avrei avuto altre bianche, ma sarebbero state comunque un'assoluta minoranza sul totale. Mi era chiaro quanto fossi troia, e pure quanto mipiacesse esserlo...
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