I piedi della mia ragazza (futura moglie) Parte 2

di
genere
feticismo

... CONTINUA

"Aspetta un attimo!" pensai, "che vuole dire con NON ABBIAMO ANCORA FINITO?!".
In quell'istante fui pervaso da una miriade di sensazioni e di pensieri che mi davano un piacere infinito, non sentivo più il freddo del pavimento perché ero come un vulcano in eruzione continua, un fuoco alimentato dalla benzina, un incendio in piena estate...
Nello stesso momento in cui iniziavo a farmi mille fantasie in testa su cosa sarebbe successo da lì a poco, sentii come una vocina lontana lontana nella testa che mi chiamava... Percepivo che voleva dirmi qualcosa di importante, ma cosa c'era di più importante in quel momento della mia DEA che realizzava ogni mia fantasia più sfrenata?
Eppure quella voce si faceva sempre più forte, sempre più forte, fino a prendere il sopravvento su tutti i pensieri sconci che avevo in testa: fu in quel momento che mi resi conto che era la mia coscienza che mi diceva a gran voce: "Max! Siete una bellissima coppia, forse un giorno vi sposerete! Vuoi veramente che la tua futura moglie, la futura madre dei tuoi figli, la nuora che tua madre da sempre ha voluto... Ti riduca ad una pezza da piedi?".
Ricordo quell'istante come la scena della pillola blu e la pillola rossa in Matrix. In quel momento ero di fronte ad una scelta: mi sarei potuto alzare dicendo a Francesca che era stato tutto bellissimo, ma che bastava così, perché volevo un rapporto basato sul rispetto reciproco e sulla parità; oppure sarei potuto rimanere a terra, in silenzio, mentre la mia ragazza mi fissava negli occhi con uno sguardo che non avevo mai visto, così sicuro, così superiore, così deciso, ed abbandonarmi a quello che sarebbe stata la mia prigione di delizia...
Tutto questo accadde nella mia testa nel giro di pochi secondi, quei pochi secondi tra quando mi ordinò di restare a terra e quando, infine... SCELSI LA PILLOLA ROSSA.

Mi abbandonai lentamente di nuovo al pavimento gelido, che mi fece di nuovo inarcare la parte dorsale della schiena al primo contatto, avvertendo lo stesso fremito di pochi minuti prima quando il suo piede mi spingeva con decisione in basso.
Lei mi sorrise maliziosamente: capì che avevo fatto la mia scelta, e quindi soddisfatta si ritirò indietro con la testa sparendo dalla mia vista: SILENZIO.
Ero in attesa.
"Adesso vedrai che succederà!" mi ripetevo nella testa un po' sghignazzando. "Chissà quali perversioni da padrona mi imporrà..." sempre tra me e me.
Sempre in attesa.
Lentamente l'euforia del momento iniziò ad abbandonarmi: non succedeva niente. Non riuscivo a vederla, e per non rovinare il momento, non volli muovermi dalla mia posizione.
Erano passati 15-20 minuti e non un rumore, non un movimento, non una parola: niente. In quel momento sentii il pene abbandonarsi sul mio ventre, anche lui demoralizzato e sfiduciato da quello che si era preannunciato come l'evento della vita, ma che invece era svanito. Ricordo che riuscii a sentire lo sperma che iniziava a "seccarsi" sulla pelle della mia pancia, sui testicoli, sui peli, sul pene... Mi sentivo abbandonato, mi sentivo usato, mi sentivo preso in giro... Ma nonostante tutto rimasi immobile in quella posizione, perché anche se avessi dovuto passare la notte nudo, sporco e infreddolito sul pavimento mentre la mia ragazza dormiva beata nel mio letto, io avrei compiuto il mio dovere da fidanz... DA SCHIAVO.
Fu a quel pensiero che il mio sistema si riavviò, facendo ripartire il sangue nelle vene e conseguentemente indurire il mio pene di nuovo. Quella sensazione di impotenza e di sfruttamento mi stava facendo impazzire e a quel punto mi resi conto che era proprio quello che lei aveva in mente: testare il mio livello di sopportazione e adorazione verso di lei. NON AVREI FALLITO NELL'IMPRESA!
Passò un'ora e a quel punto riuscii a sentire il suo respiro pesante e lento: la mia DEA dormiva. Il mio pene però non riusciva a calmarsi ed era agitato tanto quanto me. Fu in quel momento che girando leggermente la testa ebbi una visione mistica: le calze di Francesca a terra.
In inverno le piaceva vestire con abiti di lana al ginocchio, calze semicoprenti e stivali di pelle neri (le avevo detto io che mi piaceva quando vestiva così), ma non mi era mai capitato di trovarmi così faccia a faccia con quell'indumento così poeticamente carico di femminilità.
Ero davanti ad un bivio: restare immobile e magari arrivare al mattino con le ossa rotte e con un raffreddore da primato, oppure continuare la "serata" da solo in attesa che Francesca si risvegliasse. Inutile dirvi, che scelsi immediatamente la seconda possibilità.
Lentamente presi tra pollice e indice la calza e la tirai verso di me, ma sentivo che si allungava come se fosse impigliata: "Dannazione è sotto lo stivale" sussurrai. Iniziai a tirare con un po' più di forza, la calza stava cedendo; presi coraggio e tirai con un gesto secco e magicamente la calza mi arrivò in testa con un effetto molla.
Il cuore iniziò a pompare al doppio di prima, le vene del mio pene si ingrossarono e fui subito investito da un bisogno assurdo di masturbarmi annusando quel frutto proibito. Posizionai entrambe le parti dei piedi sotto al naso e poi presi in mano il mio tronco come se dovessi strapparlo dal corpo e iniziai una potente sega.
"Mio Dio, l'odore è quasi più concentrato che alla fonte stessa!" pensai, ma infondo era normale visto che le aveva indossate tutto il giorno ed eravamo stati al centro commerciale a fare shopping. Non mi sembrava vero, stavo facendo una cosa esageratamente sporca e la cosa mi eccitava da morire.
"Anche se la notte è finita così, non potevo chiedere di più. Voglio venire!!!": quello fu il mio ultimo pensiero poco prima di venire di nuovo in modo copioso su buona parte delle calze e di nuovo sulla mia pancia, che ormai era diventata una trappola per topi, tanto era appiccicosa.
Avevo raggiunto di nuovo il paradiso e mi stavo beando di quella sensazione che lascia una sega da manuale.
Aprì lentamente gli occhi per controllare il casino che avevo fatto, ma la cosa che notai immediatamente era che... Non ero stato l'unico spettatore di quello scempio!
Francesca aveva fatto di nuovo cucù dal letto e aveva uno sguardo che era un misto tra allegria, disappunto e sdegno: "Che cazzo fai Massimo! Ma sei normale?" mi disse strappandomi di mano le sue calze. "Guarda che schifo, le hai riempite di sborra, le hai leccate... Che cazzo mi metto io domattina per tornare a casa?" tuonò Francesca, stavolta decisamente con tono arrabbiato. Accese la piccola abat jour che avevo sul comodino e si alzò seduta sul letto guardando le calze schifata: "No aspetta... Sei proprio un coglione, me le hai addirittura strappate???". Probabilmente quando erano sotto allo stivale, tirando con troppa forza le avevo strappate, guarda caso proprio nella parte rinforzata che va a contatto con le mutandine.
"Io non ci posso credere! Ti ho concesso la serata che tanto volevi e tu mi ripaghi in questo modo? Sei proprio una merda guarda!".
Mi sentivo piccolo come una formica, sarei voluto sprofondare o meglio sparire. "Scusa amore, non so che mi è preso, tu mi hai detto quelle cose e io non ci ho capito più niente..." provai a giustificare goffamente. "Ma amore cosa? Tu non sei degno nemmeno di chiamarmi così brutto cretino!", e aggiunse "guarda che schifo che sei, tutto sporco di sperma, nudo per terra come un verme... Non ti fai schifo da solo?". A quella domanda, risposi con la verità: "Sì effettivamente mi faccio schifo, scusa. Vado a lavarmi e ti riporto a casa...".
A quel punto Francesca tornò con il suo tono deciso e sicuro: "No, tu non fai niente se non sono io a dirtelo". Rimasi di sasso. "Adesso dovrai fare delle cose per me, perché mi hai fatto proprio incazzare per le calze. Intesi?". Io annuii senza nemmeno parlare. Francesca continuò: "bene, allora visto che ami tanto le mie calze, anzitutto voglio che le metti in bocca adesso".
COSA? Mi stava veramente chiedendo questo? Siccome io non feci un mossa, lei sbuffò quasi scocciata della mia mancanza di rispetto quindi si alzo dal letto poggiando entrambi i piedi sul mio petto e scese di peso sopra di me: capirete che 1,70m di donna completamente in piedi sopra al petto non sono uno scherzo. Iniziati infatti a boccheggiare vistosamente, ma la scena non la toccò minimamente. Si accovacciò e iniziò ad appallottolare le sue calze davanti la mia faccia, per poi iniziare a spingerle in bocca una volta soddisfatta della forma. Credetemi, anche se le calze sono molto leggere e sembrano non avere volume, provate a tenerne un paio in bocca, vedrete che non è così semplice come sembra. Avvertii un senso di costrizione e di impossibilità di fare qualsiasi movimento con la lingua. Una volta che Francesca riuscì a spingerle tutte dentro la mia bocca serrò le mie labbra e mi chiuse la bocca con la mano. La pressione del suo peso sui polmoni e l'impossibilità di inspirare con la bocca per via della calze mi stava rendendo difficile respirare. Lei se ne accorse e mi disse: "stai calmo, non ti agitare e vedrai che non farai fatica a respirare". Vedendo però che ero in difficoltà, alzo gli occhi al cielo e di nuovo sbuffò dicendo: "mamma mia che pippa che sei... Ok ok mi tolgo" e sposto quindi i piedi per terra a fianco della mia testa, restando però seduta sul mio petto: finalmente un po' d'aria arrivò ai miei polmoni, anche se la sua presenza sopra di me era ancora persistente.
"Adesso che facciamo?" mi disse con lo sguardo malizioso. Fece una piccola torsione e girando la testa guardo il mio pene, ancora duro come il marmo. "Allora non è così male, se Mr cazzo quì dietro è ancora in piedi"...
Dicendo questo si alzò e approfittai della situazione per prendere più aria possibile. "Sputa fuori ste calze che ormai sono da buttare!" mi ordinò.
Io non riuscivo nemmeno a fare forza con la lingue per sputarle fuori tanto erano state incalzate nella bocca. Si accovacciò di nuovo e infilandomi l'indice in bocca le tirò via lentamente.
"Adesso, facciamo questa cosa..." e si girò verso la sedia che era ai piedi del mio letto. "Per le calze rimediamo, puoi darmente un paio di tua sorella... Solo che purtroppo mi sono dimenticata di portare le mutandine di ricambio per domani... Come facciamo?" ed ecco di nuovo il sorriso malizioso...
Si avvicinò alla sedia cercando Dio solo sa cosa. Poi esclamò "Ah! Eccole!" e mi mostrò le sue mutandine come un trofeo.
Si mise di nuovo seduta sopra al mio petto; potevo sentire i peli della sua vagina che strusciavano sul mio sterno, per non parlare del forte odore di umori che emanava.
Iniziò a muovere le sue mutandine sopra la mia faccia, erano delle semplici mutandine in cotone di colore viola, con dei piccoli merletti di pizzo sulla parte dell'elastico. L'odore di umore era ancora più forte adesso, un po' acre e dal lieve sentore di urina.
"Non posso proprio rimettere queste domani, mi sentirei troppo sporca..." mi disse continuando a far veleggiare le mutandine sempre più vicine alla mia faccia. "Visto che non ho portato il cambio e che non si possono lavare a quest'ora... Penso proprio che la soluziona migliore sia..." dicendo queste parole avvicinò le mutandine alla mia bocca, inserendo la parte con il rinforzo intimo sopra la mia lingua. L'odore era talmente forte che dalla bocca mi arrivò al naso in un istante, facendomi quasi ritrarre.
Lei se ne accorse e prima che io potessi avvicinare la mano per togliere le mutandine, con le cosce scivolò attorno alle mie braccia, stringendole contro il mio torso: ero immobilizzato.
"Ecco, da bravo tesoro... Prima inizi e prima ti togli il pensiero..." mi disse Francesca sorridendo. "Ah, lo ricordi sì che sono in ovulazione vero? Ricordi che in questi periodi la mia bimba è molto PRODUTTIVA vero?" disse quasi ridendo. Effettivamente con la lingua iniziai a sentire una consistenza gelatinosa in quantità decisamente imporanti, e riconobbi il sapore della mia DEA. Stavo leccando i suoi umori e scarti vaginali. Ero suo.
"Che bravo il mio lava biancheria, dai dai che stai andando bene".
Ormai ero di nuovo in preda alla sua dominazione completa. La mia lingua si muoveva a destra e sinistra con una rapidità ed un'ingordigia che anche io mi meravigliai di tanta devozione.
A un certo punto sentii Francesca tirare le mutandine, per controllare il mio operato: "Wow! Sembrano appena uscite dalla lavatrice! Bravo stronzetto mio." mi disse soddisfatta. Mi sentivo come un cagnolino al quale grattano la pancia perché ha riportato la palla.
"Bene, bene, ti sei quasi ripreso dalla brutta figura di prima" disse dandomi degli schiaffetti sulla guancia.
"Ora che le mutandine sono pulite, ti resta solo di terminare il lavoro e poi ti darò una ricompensa" disse mentre si alzava sopra di me mostrandosi in tutta la sua supremazia.
"Che vuoi dire con TERMINARE IL LAVORO? Che altro vuoi ancora scusa?" chiesi stanco e provato da quella nottata.
Mi diede un calcio con il dorso del piedi sul fianco che mi tolse il respiro per un attimo: "NON DEVI FARE DOMANDE, sennò mi fai incazzare di nuovo eh!"
Rimanendo in piedi si piegò in avanti e avvicinò la sua faccia alla mia e mi disse: "Adesso vado in bagno e poi finisci il lavoro!".
Poi si rimise dritta con la schiena e vidi un guizzo nei suoi occhi. "Ma... Adesso che ci penso perché andare in bagno..."

CONTINUA...
scritto il
2025-02-21
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