La mamma dell’asino 2 Non ci posso credere
di
Vanna Verdi
genere
incesti
Sempre io, Vanna, moglie e mamma…troia. Dopo quello che vi raccontato l’altra volta possiamo anche dirlo. Ammettiamolo, sono una troia.
Ho un figlio che ha un cazzo da cavallo (il male dell’asino) e quando mi ha confessato che provava anche lui attrazione per me…gliel’ho data.
E come è andata mi hanno chiesto in molti dopo la prima storia?
A porcelli che siete, volete i dettagli e va bene. Vi scrivo i dettagli e intanto ne approfitto per raccontarvi il finale a sorpresa dopo la nostra prima scopata che davvero ho urlato “nooo non ci posso credere”.
Allora torniamo a due anni fa. Ho appena detto a mio figlio che ho trovato la sua sborra sul mio collant, lui è scappato in camera imbarazzato, io sono andata a cuccarlo.
Apro la porta, lui, il mio Giacomo, è sotto alle lenzuola e probabilmente si stava facendo una sega.
Lo metto alle strette per questa cosa che si fa una marea di pippe che forse sono troppe e lui mi confessa che si sega pensando a me.
Vi assicuro che sono quelle frasi che ti arrivano dritte al petto come un pugno ma poi ti scivolano giù sotto alle mutande. Sarà che un po’ ci avevo fantasticato anche io quando gli ho visto l’uccello, sarà che per la rabbia ha buttato ai piedi le lenzuola e me l’ha messo davanti duro come un palo…
Insomma come fa a non venirti voglio davanti a un uccello così che ti balla davanti agli occhi a neanche mezzo metro?
“Giacomo ma stai scherzando? Ti è partita la brocca?”.
“No, non mi è partito niente. L’hai voluto sapere e te l’ho detto. Mi ti farei!”.
“Parole grosse per un segaiolo” hahahaha.
“Ei piano…non offendere”.
“Giacomo ti fai tante di quelle pippe che che un giorno o l’altro ti sloghi un braccio come devo chiamarti?”.
“Ma chiamami come cazzo vuoi porca che non sei altro”.
“Cosa? Porca a chi! Oi giovane ma come ti permetti”.
“Mamma ma secondo te perché mi sono ridotto così. Con quelle minigonne, quelle calze velate con le gambe sempre al vento, le scollature basse”.
“Ma quella è moda che c’entra…”.
“E i ditalini?” ribatte.
Li mi blocco un attimo impacciata.
“I cosa?”.
“Ma si dai ti ho vista, quando ti fai la doccia ti ficchi le dita nella fica e ti sgrilletti”.
A questo punto non so perché non ho uno specchio ma secondo me ero rossa come un semaforo. Soprattutto perché era vero.
È si, è il mio relax, dopo una dura giornata da casalinga la sera mi faccio una bella doccia calda con annesso ditalino. All’inizio è capitato per caso, giusto con un ditino, adesso lo faccio quasi ogni sera con due dita o anche tre.
“A quindi sei anche uno spione. Che fai guardi dalla serratura porco?”.
“Io…”.
“Ma non ti vergogni a spiare tua madre?”.
“Guarda credi ciò che vuoi ma la prima volta non l’ho fatto apposta. Sono entrato ed eri lì sotto la doccia con le dita dentro che ci davi. Avevi gli occhi chiusi e non mi hai neanche visto tanto eri presa dal…farti”.
“Davvero?” sgrano gli occhi.
“Si, sarà stato tre anni fa. Ti ho vista così e sono scappato”.
“A farti una sega immagino”.
“No. Me ne sono fatte tre. Una non è bastata. Avevo così in mente le tue tette e la tua fica che non mi veniva molle”.
Quindi mio figlio mi starebbe dicendo che questa sua mania di segarsi a raffica alla fine è colpa mia che gli ho fatto questo show. E cavolo, se ci penso, ha pure un po’ ragione. Lui così innocente ma carico di ormoni vede la madre che si trastulla la gnocca che deve pensare poverino. Da rabbiosa adesso mi sento in colpa.
Distolgo lo sguardo. Vorrei fissarlo negli occhi per parlargli ma c’è li il coso duro che se non lo vedo è meglio “Giacomo senti io sono tua madre. Tu sei un ragazzo, devi trovarti quelle della tua età non pensare a me”.
“C’è l’hai la ragazza Giacomo?” strano ma non gliel’ho mai chiesto che stronza insensibile che sono.
“Esco con alcune compagne di scuola, ogni tanto”.
“E ci fai… si insomma ci fai roba?”.
“Una quando ha visto come è grosso è scappata, un altra mi ha fatto un pom… si con la bocca poi quando abbiamo provato appena ho messo la punta ha urlato è finita lì. Sono vergini mamma, vergini e strette, con questo coso non posso” e tanto per essere chiaro lo afferra saldo e lo agita tipo asta della bandiera. “Che fai dai il via al Gran Premio?” rido.
“Se ci metti sopra un fazzoletto potrei farlo” ride anche lui.
Meno male che ci ridiamo sopra così ci calmiamo un po’. In effetti non so dargli torto. Per una Verginella quella trave deve essere un massacro. Anche io che vergine non sono probabilmente all’inizio sentirei un po’ di dolore. Ma che sto dicendo, ma che vado a pensare? L’uccello di mio figlio dentro? Calma Vanna, calma che stai perdendo il controllo.
Provo a tornare in me “Magari crescendo troverai delle donne più sai…esperte. Cioè che sono già un po’ abituate capisci? Sarà solo questione di pazienza. Ma se ti fissi su di me non le troverai mai. Invece di stare qui in camera a farti pugnette su tua madre esci, magari conosci una”.
“Ma io voglio te!”.
“Balle. Tu vuoi me perché hai solo me. Sono l’unica donna che vedi un po’ scollacciata qui a casa e hai quella immagine della doccia e ti sei fatto tutti i tuoi film. Fidati non vuoi me”.
“No, non è così. Io voglio te. Non sai neanche quanto!”.
Provo a ridere ma è una risata forzata e si sente “hahahaha secondo me è solo il fascino del proibito. Se solo potessi farlo il giorno dopo ti passerebbe ogni voglia. Come sempre vuoi le cose che non si possono avere ma se poi le hai ti stufi subito, come la chitarra. Hai fatto due balle così a tuo padre per la chitarra elettrica e l’avrai usata tre giorni poi è finita in cantina. E lo skateboard? Morivi se non l’avevi poi sei caduto due volte e l’hai messo in garage a far polvere e se vuoi vado avanti: il gioco del piccolo chimico…”.
“Mamma avevo otto anni cazzo”.
“Non c’entra. È il concetto. Guarda Giacomo davvero ne sono convinta. Io sono come quella chitarra fidati”.
“È si magari potessi strimpellarti con questo plettro di carne” e di nuovo se lo prende in mano.
Stavolta però non molla subito. La sua mano inizia a fare su e giù.
“Oi ma che facciamo…”.
“Mamma con le calze nere sei così sexy. Sono quelle autoreggenti vero?”.
“Ma ti sembra una cosa da dire?”.
“Sono autoreggenti dai…” e si sega più forte.
“Si, si. Da maggio settembre autoreggenti e gli altri mesi collant non è mica un segreto.
“Ummm come vorrei che alzassi la gonna per vedere la giarrettiera… oddio mamma”.
“Giacomo ma fermati!”.
“Non posso… non posso… esci se vuoi ma non mi fermo”.
“E se resto che fai mi sborri davanti al naso”.
“Non resisto” geme lui con la mano che sega a tutto spiano.
Io non so perché (o forse lo so) ma resto a guardare.
“Alza la gonna cazzo, fammi vedere le calze, le mutande….”.
“Tu sei scemo”.
“Alza sta cazzo di gonna cazzo!”.
Sembra una furia. Non mi ha mai parlato così.
“Comunque non posso sto senza slip…”.
Non l’avessi mai detto. Però che ci posso fare? A casa spesso non le metto, sto più comoda.
“Cristoooooooo” urla Giacomo. Sembra un pazzo.
“Sborro, sborro, sborro… alza la gonna cazzo”.
Lo faccio, con rabbia, tiro su secca la gonna fin quasi all’ombelico “to maiale è questa che volevi vedere? Sei contento schifoso? La fregna di tua madre to accomodati”.
“Oooooooooooooo” riesce solo a dire lui e parte una sborrata che, mamma mia, qui allaghiamo la stanza. Il getto è talmente potente che me ne arriva un po addosso.
Mi passo due dita sulla coscia, appena sopra alla calza. C’è il suo schizzo, lo tiro su neanche fosse yogurt “ecco sei a posto, l’hai quasi presa, sei felice?”.
“No, io avrei voluto venirti dentro” ribatte lui mentre stantuffa ancora lentamente.
“Hahahaha sai che risate. Vabbè per oggi sei a posto, meglio che vado a lavarmi”.
“A posto un cazzo -dice lui- con quella gatta che ho visto”.
Lo guardo, sbatto le palpebre tipo zombie “ma scusa è ancora duro?”.
“Capita. A volte una non basta”.
“Per forza è così lungo il tubo che te ne resterà un bel po…” rido.
Anche lui sorride e toglie finalmente la mano dal suo uccellone. Si alza in piedi, si avvicina. Facciamo finta di niente ma sembra uno che sta andando a giocare a baseball…
Si avvicina. Tremo un po’ non so perché. Ho quasi il terrore che mi appoggi addosso quel coso.
Invece lui si china, proprio davanti a me. Mi mette le mani sulla coscia.
“Che fai?”.
“Ti pulisco mamma” e inizia a passare la mano dove ci sono i suoi residui di sperma. Quando mi tocca sento un brivido.
“Oi ma lì non sono mica sporca…”.
“Si, si che lo sei, sei bagnata”.
“Giacomo fermati”.
Nessuna risposta.
“Giacomooooo” protesto ma è inutile.
Quando realizzo che mi ha infilato la lingua nella fica è troppo tardi per tirarmi indietro.
Da lì in poi tutto diventa un po’ nebuloso. I dettagli me li sono lasciati alle spalle. Fatto sta che un attimo dopo sono senza vestiti, però ho le calze. Sul letto (il suo) a gambe larghe.
Sopra di me c’è il mio bel ragazzone che mi fissa negli occhi con lo sguardo iniettato di fuoco.
E poi lo sento.
Una trave di carne mi entra dentro. Un dolore atroce per qualche secondo e poi… Cristo Santo, apriti cielo, sono in paradiso.
Mio figlio mi ha ficcato dentro il suo cazzone! Alla fine è successo davvero.
E adesso che mi sta scopando come un pazzo non ricordo più nemmeno che sono sua madre. Tutto ciò che so è che non ho mai goduto così tanto.
Tutto ciò che riesco a urlare è “pompa, pompa, pompaaaaaaaa” e vengo non so nemmeno quante volte.
Dura un casino probabilmente anche perché se lo era già un po’ svuotato prima e a sorpresa dopo che mi viene dentro non si ferma. Parte il bis!
Lì in un attimo di lucidità realizzo che è un tris. Cavoli che energia penso!
Sfiancata crollo sul suo letto, lo so perché al mattino dopo mi sveglio li nuda, ancora in calze, accanto a lui che ronfa beato con una mano su una tetta.
Alla luce del mattino realizzo che cosa ho fatto. Mi do della troia da sola una dozzina di volte. Ma che altro ci posso fare?
Mi tocco sotto, mi sento ancora aperta come non mai e mi rendo anche conto che Giacomo mi ha fatto il pieno.
No, no tranquilli per fortuna non mi ha messa incinta. Ci mancava solo quella. Comunque appena ho potuto mi sono fatta scrivere la pillola dal dottore perché con le bordate di spermatozoi che escono da quel coso si sa mai.
Si sveglia, mi guarda “ciao mamma”.
Io sono lì paralizzata. Non ho nemmeno osato muovermi per non svegliarlo anche se mi scappava di pisciare. Gli faccio un sorriso “come va?”.
“Ho goduto tantissimo -sussurra lui- sei una fica della madonna mamma”.
“Grazie” dico mentre scivolo fuori dal letto e corro in bagno. Si lo so, grazie, è una stupidata ma che cavolo gli dovevo dire? Cosa dici a tuo figlio dopo che ti ha sbattuta come un tappeto? “Bravo?” e chi lo sa.
Mi siedo sulla tazza esce fuori un miscuglio di piscio, roba sua e roba mia. Ero piena.
Mi faccio anche una doccia perché sono appiccicosa di sudore.
E lo sento entrare.
Non ci faccio nemmeno caso. Sarei una deficiente se dopo ieri sera borbottassi se mi vede nuda in doccia. Probabilmente dovrà farla anche lui, penso. Che faccia.
E in effetti se lo prende in mano e si svuota. Poverino aveva le palle piene mi sa. Io fingendo indifferenza gli do le spalle e mi lavo.
Poi lo sento. Sento il calore del suo corpo contro la schiena e la durezza del suo coso un po’ più giù… “Oi che facciamo?” borbotto.
“Tu non sei come la chitarra mamma. Io ti voglio, ti voglio ancora” sussurra e prima che possa davvero fare qualcosa sono già chinata in avanti contro le piastrelle.
Lui me la apre appena con una mano, lo ficca dentro deciso (e godo) e mi afferra salda ai fianchi.
Una scopata in piedi che non vi dico… stavolta però sono un pelo più lucida e lo faccio venire fuori. Lui obbedisce (come dicevo per la pillola sono passati ancora un po di giorni, facciamo almeno il minimo indispensabile per non allargare la famiglia).
Asciugati ci vestiamo uno davanti all’altro. Giacomo si gode ogni passaggio, specie quando mi infilo le calze pulite. “Sei così sexy mamma”,
“Sciocco” sorrido.
“Quando lo rifacciamo?”.
“Ei toro dammi tempo fino a stasera dai”.
“Sarà dura fino a stanotte” sospira lui.
“Dai caro capisco che eri un verginello e oggi hai scoperto la fica ma mica possiamo passare la giornata a scopare”.
Lui mi guarda e poi inizia a ridere.
“Ho detto qualcosa di buffo adesso?”.
“Mi hai chiamato verginello. Mica sono vergine mamma”.
“No?” sbotto.
“Ma no dai…”.
“Ma mi avevi detto che con le tue amiche a una non entrava e l’altra si è presa paura”.
“Infatti mica l’ho fatto con loro”.
Silenzio mio. Devo prendere fiato un attimo. Tutto il film che mi ero fatta in testa che aveva sto bisogno di farlo perché era vergine era una cazzata. Cavoli mi crolla pure l’alibi che mi ero data. La mamma che si sacrificava per far felice il figlio che non può scopare le altre perche c’è l’ha grosso era tutta una fregnaccia.
La dura realtà è che volevo quel cazzone e me lo sono preso. Nessun sacrifico. Solo tanta troiaggine mia devo ammetterlo.
“E con chi hai perso la verginità?”.
“Una donna matura. Una già aperta e abituata ai cazzi enormi che mi ha insegnato il resto”.
Inorridisco “Giacomo ma sarai mica andato a puttane? Lo sai che le battone portano malattie? E poi magari le hai prese tu e le hai pure passate a me”.
Ride “ma no mamma non vado a puttane tranquilla”.
“E allora dove l’hai trovata una matura da chiavare?”.
“Emmm insomma, la conoscevo, le ho spiegato il mio problema e il bisogno di imparare e mi ha aiutato”.
“E chi sarebbe sta buona samaritana? Sto troione che si scopa un ragazzino?”.
“Non dovresti chiamarla così mamma”.
“A perché la conosco? Non dirmi che è una del palazzo?”.
“No mamma non abita qui però la conosci”.
Adesso sono davvero curiosa.
Lui esita. “Allora? Dai dillo almeno se me la trovo davanti so cosa dire”.
“Mamma… io…. Insomma ecco… mi sono fatto la nonna. Mi ha sverginato lei capisci”.
E qui, vi giuro, mi è arrivata una botta al cervello che mi ha stesa, una immagine mentale del mio figliolo che montava quella vecchia troia di mia madre a pecora nel suo salotto. Non so perché l’ho immaginato così, forse perché è una posizione da porci.
Ero senza parole, lo fissavo.
Lui mi guarda “mamma? Tutto bene?”.
Io l’ho guardato e ho urlato: “noooo, non ci posso credere” poi, non so perché ci siamo messi a ridere tutti e due.
Ho un figlio che ha un cazzo da cavallo (il male dell’asino) e quando mi ha confessato che provava anche lui attrazione per me…gliel’ho data.
E come è andata mi hanno chiesto in molti dopo la prima storia?
A porcelli che siete, volete i dettagli e va bene. Vi scrivo i dettagli e intanto ne approfitto per raccontarvi il finale a sorpresa dopo la nostra prima scopata che davvero ho urlato “nooo non ci posso credere”.
Allora torniamo a due anni fa. Ho appena detto a mio figlio che ho trovato la sua sborra sul mio collant, lui è scappato in camera imbarazzato, io sono andata a cuccarlo.
Apro la porta, lui, il mio Giacomo, è sotto alle lenzuola e probabilmente si stava facendo una sega.
Lo metto alle strette per questa cosa che si fa una marea di pippe che forse sono troppe e lui mi confessa che si sega pensando a me.
Vi assicuro che sono quelle frasi che ti arrivano dritte al petto come un pugno ma poi ti scivolano giù sotto alle mutande. Sarà che un po’ ci avevo fantasticato anche io quando gli ho visto l’uccello, sarà che per la rabbia ha buttato ai piedi le lenzuola e me l’ha messo davanti duro come un palo…
Insomma come fa a non venirti voglio davanti a un uccello così che ti balla davanti agli occhi a neanche mezzo metro?
“Giacomo ma stai scherzando? Ti è partita la brocca?”.
“No, non mi è partito niente. L’hai voluto sapere e te l’ho detto. Mi ti farei!”.
“Parole grosse per un segaiolo” hahahaha.
“Ei piano…non offendere”.
“Giacomo ti fai tante di quelle pippe che che un giorno o l’altro ti sloghi un braccio come devo chiamarti?”.
“Ma chiamami come cazzo vuoi porca che non sei altro”.
“Cosa? Porca a chi! Oi giovane ma come ti permetti”.
“Mamma ma secondo te perché mi sono ridotto così. Con quelle minigonne, quelle calze velate con le gambe sempre al vento, le scollature basse”.
“Ma quella è moda che c’entra…”.
“E i ditalini?” ribatte.
Li mi blocco un attimo impacciata.
“I cosa?”.
“Ma si dai ti ho vista, quando ti fai la doccia ti ficchi le dita nella fica e ti sgrilletti”.
A questo punto non so perché non ho uno specchio ma secondo me ero rossa come un semaforo. Soprattutto perché era vero.
È si, è il mio relax, dopo una dura giornata da casalinga la sera mi faccio una bella doccia calda con annesso ditalino. All’inizio è capitato per caso, giusto con un ditino, adesso lo faccio quasi ogni sera con due dita o anche tre.
“A quindi sei anche uno spione. Che fai guardi dalla serratura porco?”.
“Io…”.
“Ma non ti vergogni a spiare tua madre?”.
“Guarda credi ciò che vuoi ma la prima volta non l’ho fatto apposta. Sono entrato ed eri lì sotto la doccia con le dita dentro che ci davi. Avevi gli occhi chiusi e non mi hai neanche visto tanto eri presa dal…farti”.
“Davvero?” sgrano gli occhi.
“Si, sarà stato tre anni fa. Ti ho vista così e sono scappato”.
“A farti una sega immagino”.
“No. Me ne sono fatte tre. Una non è bastata. Avevo così in mente le tue tette e la tua fica che non mi veniva molle”.
Quindi mio figlio mi starebbe dicendo che questa sua mania di segarsi a raffica alla fine è colpa mia che gli ho fatto questo show. E cavolo, se ci penso, ha pure un po’ ragione. Lui così innocente ma carico di ormoni vede la madre che si trastulla la gnocca che deve pensare poverino. Da rabbiosa adesso mi sento in colpa.
Distolgo lo sguardo. Vorrei fissarlo negli occhi per parlargli ma c’è li il coso duro che se non lo vedo è meglio “Giacomo senti io sono tua madre. Tu sei un ragazzo, devi trovarti quelle della tua età non pensare a me”.
“C’è l’hai la ragazza Giacomo?” strano ma non gliel’ho mai chiesto che stronza insensibile che sono.
“Esco con alcune compagne di scuola, ogni tanto”.
“E ci fai… si insomma ci fai roba?”.
“Una quando ha visto come è grosso è scappata, un altra mi ha fatto un pom… si con la bocca poi quando abbiamo provato appena ho messo la punta ha urlato è finita lì. Sono vergini mamma, vergini e strette, con questo coso non posso” e tanto per essere chiaro lo afferra saldo e lo agita tipo asta della bandiera. “Che fai dai il via al Gran Premio?” rido.
“Se ci metti sopra un fazzoletto potrei farlo” ride anche lui.
Meno male che ci ridiamo sopra così ci calmiamo un po’. In effetti non so dargli torto. Per una Verginella quella trave deve essere un massacro. Anche io che vergine non sono probabilmente all’inizio sentirei un po’ di dolore. Ma che sto dicendo, ma che vado a pensare? L’uccello di mio figlio dentro? Calma Vanna, calma che stai perdendo il controllo.
Provo a tornare in me “Magari crescendo troverai delle donne più sai…esperte. Cioè che sono già un po’ abituate capisci? Sarà solo questione di pazienza. Ma se ti fissi su di me non le troverai mai. Invece di stare qui in camera a farti pugnette su tua madre esci, magari conosci una”.
“Ma io voglio te!”.
“Balle. Tu vuoi me perché hai solo me. Sono l’unica donna che vedi un po’ scollacciata qui a casa e hai quella immagine della doccia e ti sei fatto tutti i tuoi film. Fidati non vuoi me”.
“No, non è così. Io voglio te. Non sai neanche quanto!”.
Provo a ridere ma è una risata forzata e si sente “hahahaha secondo me è solo il fascino del proibito. Se solo potessi farlo il giorno dopo ti passerebbe ogni voglia. Come sempre vuoi le cose che non si possono avere ma se poi le hai ti stufi subito, come la chitarra. Hai fatto due balle così a tuo padre per la chitarra elettrica e l’avrai usata tre giorni poi è finita in cantina. E lo skateboard? Morivi se non l’avevi poi sei caduto due volte e l’hai messo in garage a far polvere e se vuoi vado avanti: il gioco del piccolo chimico…”.
“Mamma avevo otto anni cazzo”.
“Non c’entra. È il concetto. Guarda Giacomo davvero ne sono convinta. Io sono come quella chitarra fidati”.
“È si magari potessi strimpellarti con questo plettro di carne” e di nuovo se lo prende in mano.
Stavolta però non molla subito. La sua mano inizia a fare su e giù.
“Oi ma che facciamo…”.
“Mamma con le calze nere sei così sexy. Sono quelle autoreggenti vero?”.
“Ma ti sembra una cosa da dire?”.
“Sono autoreggenti dai…” e si sega più forte.
“Si, si. Da maggio settembre autoreggenti e gli altri mesi collant non è mica un segreto.
“Ummm come vorrei che alzassi la gonna per vedere la giarrettiera… oddio mamma”.
“Giacomo ma fermati!”.
“Non posso… non posso… esci se vuoi ma non mi fermo”.
“E se resto che fai mi sborri davanti al naso”.
“Non resisto” geme lui con la mano che sega a tutto spiano.
Io non so perché (o forse lo so) ma resto a guardare.
“Alza la gonna cazzo, fammi vedere le calze, le mutande….”.
“Tu sei scemo”.
“Alza sta cazzo di gonna cazzo!”.
Sembra una furia. Non mi ha mai parlato così.
“Comunque non posso sto senza slip…”.
Non l’avessi mai detto. Però che ci posso fare? A casa spesso non le metto, sto più comoda.
“Cristoooooooo” urla Giacomo. Sembra un pazzo.
“Sborro, sborro, sborro… alza la gonna cazzo”.
Lo faccio, con rabbia, tiro su secca la gonna fin quasi all’ombelico “to maiale è questa che volevi vedere? Sei contento schifoso? La fregna di tua madre to accomodati”.
“Oooooooooooooo” riesce solo a dire lui e parte una sborrata che, mamma mia, qui allaghiamo la stanza. Il getto è talmente potente che me ne arriva un po addosso.
Mi passo due dita sulla coscia, appena sopra alla calza. C’è il suo schizzo, lo tiro su neanche fosse yogurt “ecco sei a posto, l’hai quasi presa, sei felice?”.
“No, io avrei voluto venirti dentro” ribatte lui mentre stantuffa ancora lentamente.
“Hahahaha sai che risate. Vabbè per oggi sei a posto, meglio che vado a lavarmi”.
“A posto un cazzo -dice lui- con quella gatta che ho visto”.
Lo guardo, sbatto le palpebre tipo zombie “ma scusa è ancora duro?”.
“Capita. A volte una non basta”.
“Per forza è così lungo il tubo che te ne resterà un bel po…” rido.
Anche lui sorride e toglie finalmente la mano dal suo uccellone. Si alza in piedi, si avvicina. Facciamo finta di niente ma sembra uno che sta andando a giocare a baseball…
Si avvicina. Tremo un po’ non so perché. Ho quasi il terrore che mi appoggi addosso quel coso.
Invece lui si china, proprio davanti a me. Mi mette le mani sulla coscia.
“Che fai?”.
“Ti pulisco mamma” e inizia a passare la mano dove ci sono i suoi residui di sperma. Quando mi tocca sento un brivido.
“Oi ma lì non sono mica sporca…”.
“Si, si che lo sei, sei bagnata”.
“Giacomo fermati”.
Nessuna risposta.
“Giacomooooo” protesto ma è inutile.
Quando realizzo che mi ha infilato la lingua nella fica è troppo tardi per tirarmi indietro.
Da lì in poi tutto diventa un po’ nebuloso. I dettagli me li sono lasciati alle spalle. Fatto sta che un attimo dopo sono senza vestiti, però ho le calze. Sul letto (il suo) a gambe larghe.
Sopra di me c’è il mio bel ragazzone che mi fissa negli occhi con lo sguardo iniettato di fuoco.
E poi lo sento.
Una trave di carne mi entra dentro. Un dolore atroce per qualche secondo e poi… Cristo Santo, apriti cielo, sono in paradiso.
Mio figlio mi ha ficcato dentro il suo cazzone! Alla fine è successo davvero.
E adesso che mi sta scopando come un pazzo non ricordo più nemmeno che sono sua madre. Tutto ciò che so è che non ho mai goduto così tanto.
Tutto ciò che riesco a urlare è “pompa, pompa, pompaaaaaaaa” e vengo non so nemmeno quante volte.
Dura un casino probabilmente anche perché se lo era già un po’ svuotato prima e a sorpresa dopo che mi viene dentro non si ferma. Parte il bis!
Lì in un attimo di lucidità realizzo che è un tris. Cavoli che energia penso!
Sfiancata crollo sul suo letto, lo so perché al mattino dopo mi sveglio li nuda, ancora in calze, accanto a lui che ronfa beato con una mano su una tetta.
Alla luce del mattino realizzo che cosa ho fatto. Mi do della troia da sola una dozzina di volte. Ma che altro ci posso fare?
Mi tocco sotto, mi sento ancora aperta come non mai e mi rendo anche conto che Giacomo mi ha fatto il pieno.
No, no tranquilli per fortuna non mi ha messa incinta. Ci mancava solo quella. Comunque appena ho potuto mi sono fatta scrivere la pillola dal dottore perché con le bordate di spermatozoi che escono da quel coso si sa mai.
Si sveglia, mi guarda “ciao mamma”.
Io sono lì paralizzata. Non ho nemmeno osato muovermi per non svegliarlo anche se mi scappava di pisciare. Gli faccio un sorriso “come va?”.
“Ho goduto tantissimo -sussurra lui- sei una fica della madonna mamma”.
“Grazie” dico mentre scivolo fuori dal letto e corro in bagno. Si lo so, grazie, è una stupidata ma che cavolo gli dovevo dire? Cosa dici a tuo figlio dopo che ti ha sbattuta come un tappeto? “Bravo?” e chi lo sa.
Mi siedo sulla tazza esce fuori un miscuglio di piscio, roba sua e roba mia. Ero piena.
Mi faccio anche una doccia perché sono appiccicosa di sudore.
E lo sento entrare.
Non ci faccio nemmeno caso. Sarei una deficiente se dopo ieri sera borbottassi se mi vede nuda in doccia. Probabilmente dovrà farla anche lui, penso. Che faccia.
E in effetti se lo prende in mano e si svuota. Poverino aveva le palle piene mi sa. Io fingendo indifferenza gli do le spalle e mi lavo.
Poi lo sento. Sento il calore del suo corpo contro la schiena e la durezza del suo coso un po’ più giù… “Oi che facciamo?” borbotto.
“Tu non sei come la chitarra mamma. Io ti voglio, ti voglio ancora” sussurra e prima che possa davvero fare qualcosa sono già chinata in avanti contro le piastrelle.
Lui me la apre appena con una mano, lo ficca dentro deciso (e godo) e mi afferra salda ai fianchi.
Una scopata in piedi che non vi dico… stavolta però sono un pelo più lucida e lo faccio venire fuori. Lui obbedisce (come dicevo per la pillola sono passati ancora un po di giorni, facciamo almeno il minimo indispensabile per non allargare la famiglia).
Asciugati ci vestiamo uno davanti all’altro. Giacomo si gode ogni passaggio, specie quando mi infilo le calze pulite. “Sei così sexy mamma”,
“Sciocco” sorrido.
“Quando lo rifacciamo?”.
“Ei toro dammi tempo fino a stasera dai”.
“Sarà dura fino a stanotte” sospira lui.
“Dai caro capisco che eri un verginello e oggi hai scoperto la fica ma mica possiamo passare la giornata a scopare”.
Lui mi guarda e poi inizia a ridere.
“Ho detto qualcosa di buffo adesso?”.
“Mi hai chiamato verginello. Mica sono vergine mamma”.
“No?” sbotto.
“Ma no dai…”.
“Ma mi avevi detto che con le tue amiche a una non entrava e l’altra si è presa paura”.
“Infatti mica l’ho fatto con loro”.
Silenzio mio. Devo prendere fiato un attimo. Tutto il film che mi ero fatta in testa che aveva sto bisogno di farlo perché era vergine era una cazzata. Cavoli mi crolla pure l’alibi che mi ero data. La mamma che si sacrificava per far felice il figlio che non può scopare le altre perche c’è l’ha grosso era tutta una fregnaccia.
La dura realtà è che volevo quel cazzone e me lo sono preso. Nessun sacrifico. Solo tanta troiaggine mia devo ammetterlo.
“E con chi hai perso la verginità?”.
“Una donna matura. Una già aperta e abituata ai cazzi enormi che mi ha insegnato il resto”.
Inorridisco “Giacomo ma sarai mica andato a puttane? Lo sai che le battone portano malattie? E poi magari le hai prese tu e le hai pure passate a me”.
Ride “ma no mamma non vado a puttane tranquilla”.
“E allora dove l’hai trovata una matura da chiavare?”.
“Emmm insomma, la conoscevo, le ho spiegato il mio problema e il bisogno di imparare e mi ha aiutato”.
“E chi sarebbe sta buona samaritana? Sto troione che si scopa un ragazzino?”.
“Non dovresti chiamarla così mamma”.
“A perché la conosco? Non dirmi che è una del palazzo?”.
“No mamma non abita qui però la conosci”.
Adesso sono davvero curiosa.
Lui esita. “Allora? Dai dillo almeno se me la trovo davanti so cosa dire”.
“Mamma… io…. Insomma ecco… mi sono fatto la nonna. Mi ha sverginato lei capisci”.
E qui, vi giuro, mi è arrivata una botta al cervello che mi ha stesa, una immagine mentale del mio figliolo che montava quella vecchia troia di mia madre a pecora nel suo salotto. Non so perché l’ho immaginato così, forse perché è una posizione da porci.
Ero senza parole, lo fissavo.
Lui mi guarda “mamma? Tutto bene?”.
Io l’ho guardato e ho urlato: “noooo, non ci posso credere” poi, non so perché ci siamo messi a ridere tutti e due.
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