Il pompino del re
di
Vixen
genere
incesti
Non so come dirlo, penso che sarò brutale, anche se la crudezza del linguaggio non rende per niente la realtà. Ho fatto un pompino a mio papà.
Forse dovrei dirlo in un altro modo, usare altre parole, non so quale sia l'espressione migliore, l'importante è dire che sono stata io, che lui con me non ci ha mai provato, che lui è un papà meraviglioso.
Ma adesso vi racconto tutto.
Intanto mi presento: mi chiamo Laura, ho ventuno anni, vivo a Roma con una compagna di studi, dividiamo un microappartamento di due stanze a S. Lorenzo.
Io non sono di Roma, vivo nella Capitale per studiare psicologia, e diciamo pure, vado anche abbastanza bene, i voti sono buoni e i tempi sono giusti.
La mia compagna si chiama Marta, è molto dolce, e ormai siamo amiche da tanto tempo, ci facciamo compagnia e non bisticciamo quasi mai.
L'altro giorno ho fatto una scoperta a dir poco sconvolgente.
Era arrivato a trovarci mio papà, che come tutti i mesi, approfittando del fatto che mi veniva a dare i soldini, si era fermato a passare una serata con noi.
Mi piace molto quando viene a trovarci. Mio padre è un uomo simpatico. Non gli daresti mai i suoi 49 anni, e non solo per l'aspetto giovanile, ma più di tutto per il carattere e il modo di fare.
Marta lo adora.
Quella volta però, mentre passavo davanti alla cucina, vidi con la coda dell'occhio mio padre dare qualcosa a Marta, era tipo una busta. Avrei voluto chiedere subito cosa stessero facendo, ma avevo avuto l'impressione che lo facessero quasi di nascosto.
E comunque non potevo resistere a lungo; appena mio padre uscì un attimo per comprare i suoi soliti sigari, andai di corsa da Marta e le parlai apertamente.
"Ho visto mio padre passarti una busta… dimmi, cos'era?".
"Ma no, Laura, chissà che hai visto…" rispose Marta. La risposta era la peggiore possibile, avevo visto benissimo, e il fatto che Marta negasse rendeva il tutto molto più misterioso.
"Ma dai, ti ho vista chiaramente, non negare… e poi cosa mai ci potrebbe essere di così segreto fra te e mio padre?!".
"Va bene, te lo dico… ma tu giura di mantenere il segreto!".
"Okay", risposi. "Ma tu non dimenticare che stai parlando di mio padre…".
Lei abbassò gli occhi, cosa che mi stupì (…di cosa si sarebbe mai potuta vergognare?!), e disse: "Tuo papà mi paga l'affitto…".
"Davvero?" dissi, meravigliata. "E come mai non mi avrebbe mai detto niente?".
La mia espressione era sinceramente sorpresa.
"Non è da moltissimo, solo da qualche mese, quattro o cinque, non di più. È successo tutto una sera che tu ancora non eri rientrata a casa; lui era già arrivato e ti aspettava, è passato nel corridoio e mi ha visto nella stanza che piangevo, si è avvicinato e mi ha chiesto cosa avessi. Io a te non ho mai detto niente, ma avevo ricevuto una mail dai miei, che mi spiegavano che non era più possibile per loro continuare a pagarmi gli studi e l'appartamento. Poverini, non è colpa loro, ma sai, non hanno molti soldi, e adesso la situazione è anche peggiorata. Mi sentivo perduta, piangevo piano, sentendomi sola e abbandonata.
Quando tuo papà è entrato nella stanza non ce l'ho fatta. Gli ho confidato tutto, ero disperata. Lui è stato un tesoro come sempre, mi accarezzava i capelli, cercava di calmarmi, poi mi ha sorriso e mi ha detto: «Non ti preoccupare, per i prossimi tempi ti aiuterò io, ma non devi dirlo a nessuno, c'è chi non capirebbe. So che tu sei una brava ragazza, e non ti meriti questo. Vai bene all'Università e non sarebbe giusto che tu debba interrompere tutto», poi mi ha dato un bacio sulla fronte cercando di calmarmi. «Adesso basta piangere, fra poco torna Laura e questo è un piccolo segreto che dovrà restare fra noi». Da allora, ogni mese mi passa di nascosto i soldi per sopravvivere qui a Roma. Ecco, tutto qui…".
Ero sollevata; mio padre come sempre si era rivelato un vero signore, un cavaliere, pronto ad aiutare senza chiedere nulla in cambio. C'era però qualcosa che non quadrava… Marta, dopo la confessione, continuava a tenere gli occhi bassi e a non guardarmi.
"Marta…" le dissi, "…c'è qualche altra cosa che non mi stai dicendo? Mi hai detto tutto, vero?…".
"Non proprio tutto…" rispose con gli occhi bassi.
"Cosa c'è ancora?".
"Non so come dirtelo…".
"Provaci".
"In cambio, ogni volta che viene glielo succhio…". Vidi che dicendo questo Marta era preoccupatissima, e mi guardava aspettandosi una mia reazione.
Io mi infuriai.
"Eccolo lì, il cavaliere che sfrutta la sua posizione economica per insidiare le ragazzine… il porco…!". Ero imbestialita. Il pensiero che mio padre con i soldi costringesse Marta a praticargli sesso orale mi faceva impazzire.
"No, Laura, hai capito male…!", mi interruppe Marta. "Non è per lui, è per me!".
La guardavo sbalordita.
"Co…cosa intendi dire?".
"Sempre quel giorno, quando mi diede i soldi la prima volta, io piangevo a dirotto sulla sua spalla, mentre lui cercava di consolarmi. Ci sedemmo sul divano, io tenevo la testa sul suo petto mentre lui mi accarezzava i capelli. Ero veramente abbattuta, mi sentivo sola ed indifesa… lui mi dava baci sulla nuca, e ad ogni bacino io stavo meglio.
Non so come sia successo, fatto sta che cominciai fra le lacrime a guardare la cerniera dei suoi jeans, non capivo più niente, abbassai la testa e cominciai ad accarezzarlo all'altezza dell'uccello con la mia guancia. Lui all'inizio cercava di fermarmi con frasi tipo: «Marta, che stai facendo?». Ma in realtà lo sentivo incapace di reagire. Glielo tirai fuori, tuo padre ha un cazzo bellissimo, grosso e duro. Affondai la faccia su di lui e finalmente sentii che cominciavo a calmarmi, il suo odore mi stava restituendo la tranquillità.
Decisi di regalargli quello che io chiamo «un pompino da re», un pompino in cui lui non deve fare nulla, sta fermo e buono mentre io glielo succhio piano, in modo che si possa rilassare. Ero come ipnotizzata, succhiavo dolcemente quel cazzo che mi aveva restituito un futuro… glielo dissi chiaramente: non stavo pagando un debito, lo stavo ringraziando con tutto il cuore e tutto il mio affetto.
Da quel giorno è diventata come una droga, quando lo vedo mi sento una piccola bambina indifesa, ho bisogno del suo odore per stare bene. Quando viene a trovarci e lo saluto con un bacino, mi trovo a indugiare sul suo collo, chiudo gli occhi e aspiro forte… è come quando da bambina con mio papà affondavo la testa sulla nuca e mi sentivo sicura. Non so come spiegarti, lui è una persona dolce e comprensiva, una persona meravigliosa, ed io non desidero altro quando lo vedo che accucciarmi fra le sue gambe, farei qualunque cosa mi chiedesse…".
Dire che fossi sbalordita era dir poco! Conoscendo mio papà, capivo benissimo le sensazioni di Marta… non sapevo cosa dire, e me ne uscii con un: "Non ci credo". In realtà però ci credevo benissimo, ma non mi piaceva sembrare accondiscendente, specialmente trattandosi di una situazione del genere.
Marta mi guardava in silenzio con quei suoi occhioni spalancati.
"Non ci credo", ripetei. "Voglio vedere, voglio proprio vedere se è vero!".
"D'accordo… allora, la prossima volta che viene, prima che entri in casa, tu andrai a nasconderti nell'armadio a muro nella mia camera, io lascerò la porta socchiusa e così potrai vedere cosa succede quando siamo soli…" disse Marta.
"Okay, va bene…".
Dopo qualche mnuto il campanello suonò; era lui.
Corsi nella stanza di Marta e entrai nello stanzino, Marta si sedette sul letto per essere sicura che niente tradisse la mia presenza.
"A posto, è come se non ci fossi", mi disse. Io vedevo benissimo tutta la stanza, mi immobilizzai e aspettai in silenzio mentre lei andava ad aprire la porta.
Pochi secondi e Marta entrò nella stanza trascinando mio papà per una mano, lui sorrideva, Marta lo fece distendere sul letto.
La guardavo mentre gli sbottonava la camicia lasciandolo a petto nudo… cominciò ad accarezzarlo con i capelli che gli faceva scivolare addosso, muoveva la testa avvicinandosi ogni volta sempre più verso il basso, gli allargò le gambe e cominciò a strofinargli la faccia sull'uccello ancora chiuso nei pantaloni. Mio padre teneva gli occhi chiusi e aveva una faccia veramente beata.
Cominciò a sbottonargli i pantaloni, li tirò via e mio papà rimase con i boxer.
Quante volte lo avevo visto in mutande, ma mai avevo pensato al suo uccello, che invece adesso stavo per vedere come mai avevo fatto. Certo qualche volta mi era capitato di intravederlo, ma sempre a riposo, in maniera innocente. Adesso lo avrei visto al suo massimo, eccitato, duro e desideroso di scopare.
Mi accorsi di essere eccitata. Di colpo lo vidi, Marta aveva sfilato i boxer e adesso si trovava col cazzo duro di mio padre a pochi centimetri dalla faccia; lanciò uno sguardo di sbieco verso di me, spostò i capelli per permettermi di vedere meglio e comincio a leccarglielo… leccatine lente, alternate a puntate sulle palle.
Papà gemeva, lei sempre piano lo prendeva in bocca e lo succhiava, la vedevo fare su e giù, vedevo l'asta entrare e uscire dalla sua bocca.
Mi ritrovai a pensare con orgoglio al cazzo di papà, era veramente bello grosso e io mi sentivo fiera di lui.
Un gemito più forte, un colpo di bacino e mio padre venne nella bocca di Marta, che sembrava la persona più felice di questo mondo.
Lui restava disteso senza muoversi, lei lo leccava sempre più piano, stava raccogliendo le ultime gocce, mentre lo chiamava paparino e gli diceva frasi del tipo: "Sono stata una brava bambina? Ho fatto contento il mio bel papi?".
Marta lasciò passare qualche minuto, poi disse: "Adesso è il caso di ricomporsi e andare di là, che Laura può tornare da un momento all'altro. È stato bellissimo, come sempre".
"Tu lo sai, non sei obbligata a farlo…" rispose mio padre, "…la promessa che ti ho fatto è indipendente da questo".
"Lo so, ma io adoro succhiartelo, mi fa sentire donna come mai in vita mia, da quando lo facciamo ho difficoltà ad andare con ragazzi della mia età. Quando affondo la faccia fra le tue gambe ho la certezza che niente di brutto mi possa accadere. Quando qualcosa mi va male chiudo gli occhi, ripenso al tuo odore, e mi sento meglio. So che prima o poi tornerai da me, mi accarezzerai i capelli e mi dirai che va tutto bene. Ed io aspetto felice il momento in cui posso toglierti i pantaloni e poggiare la mia faccia sulle tue palle…".
Si rivestì e uscirono dalla stanza. Rimasi nascosta lì per un po', fino a ché, con una scusa, Marta lo spedì a comprare il latte per noi. Io ero talmente scioccata che non mi accorgevo di quanto fossi eccitata.
Uscii dalla stanza a mia volta. Marta mi vide, osservandomi con occhioni imploranti, sperando forse in una parola che la tranquillizzasse sul mio stato d'animo. Io la guardai e scappai nella mia stanza senza dire niente.
Rimasi chiusa finchè non sentii il campanello. Avevo deciso che comunque avrei fatto finta di niente; del resto, in fondo, avrei dovuto non saperne nulla. Quanto a Marta, non era una situazione che potevo affrontare apertamente; ne avrei forse parlato con lei in seguito, ma sicuramente non guardando mio padre in faccia.
Riuscii in qualche maniera ad apparire normale. Marta all'inizio era davvero preoccupata, la vedevo tesa e nervosa… poi, vedendo che tutto sembrava normale, cominciò a rilassarsi. Dopo poco, tutto cominciò a scorrere come sempre.
Mio padre a un tratto ci propose di andare a cenare tutti insieme nel ristorantino sotto casa; noi, che normalmente non potevamo permetterci tanto lusso, accettammo contente; io in realtà titubavo, avevo sperato che mio padre ci lasciasse al più presto, ma non avevo scelta.
Dovete sapere che nella mia stanza ci sono due letti: in uno dei due dorme mio papà, quando, come ho detto, viene a trovarci oppure quando deve restare a Roma qualche giorno per lavoro. La notte si corica nella mia stanza. Fino ad allora non avevo quasi fatto caso alla sua presenza, era il mio paparino, magari russava un poco, ma mi sentivo come a casa. Dopo quello che avevo visto, invece, non sapevo se avrei avuto ancora la forza di dormire nella stessa stanza con lui.
Avevo bisogno di stare sola.
Capitava anche che andassimo a cena assieme, e mio papà, avendo magari bevuto un pochino, anche se non lo fa mai fino ad ubriacarsi, preferiva dormire da noi per ripartire la mattina dopo.
Temevo che, andando a cena, sarebbe successo proprio questo.
Tuttavia, una volta seduti al tavolo del ristorante all'aperto, in un bel vicoletto romano, è bastato poco tempo per tornare alla normalità. Due ore dopo chiacchieravamo e ridevamo felici, io mi sentivo come se non fosse successo niente, forse mi ero abituata all'idea… fatto sta che tutti tornammo a casa contenti e un po' alticci.
Mentre mio padre andava in bagno per prepararsi per la notte, rimasi in cucina sola con Marta.
"Tutto a posto? Sei ancora arrabbiata con me?" mi chiese.
"No" risposi. "Non ti preoccupare, ero solo un po' gelosa".
Dicendo queste parole sapevo di non essere del tutto sincera, ma era stato uno shock troppo grande, e avevo bisogno di un po' di tempo per riflettere, per capire.
Mio padre entrò in cucina, diede un bacino a entrambe e andò a dormire. Era sempre così, lui andava a dormire per primo, penso lo facesse per addormentarsi e lasciare me libera di coricarmi con tranquillità, come se fossi sola; era un atto di delicatezza per farmi sentire più libera, immagino.
Quando entrai nella stanza lo sentii russare leggermente, era più un respiro pesante. Mi spogliai e andai sotto le lenzuola… finalmente ero sola, potevo ripensare a quello che avevo visto, potevo cercare di capirlo. Rivedevo Marta che sfilava i pantaloni a mio papà, il suo sguardo luminoso mentre gli apriva i boxer, e rivedevo l'arnese di papà.
Era effettivamente bello grosso, Marta aveva ragione.
Ripensavo a quello che mi aveva detto, al senso di sicurezza e tranquillità che le dava.
Sentii una fitta… era quello il punto dolente che mi aveva fatto imbestialire. Ricordo perfettamente le sensazioni di cui parlava Marta.
Ricordo di tutte le volte che in motorino con papà affondavo la testa nei suoi capelli e respiravo il suo odore, di come mi sentivo la sua bambina, di come mi sentivo protetta. Odiavo il pensiero che Marta stesse oggi provando le stesse emozioni di quando io ero piccola.
Quello è il mio papà, che andasse a farsi dare sicurezza dal suo.
Sono io la sua bambina, non lei.
Pensavo e ripensavo… e senza accorgermene mi ritrovai bagnatissima, rivedevo l'uccello di papà, immaginavo il suo odore.
Non avrei mai potuto fare sesso con lui. Mai!
Eppure in quel letto, con la luce della strada che filtrava dalle persiane, mi pareva di essere in un altro mondo… cominciai a toccarmi, dovevo essere leggera, non dovevo fare rumore, se se ne fosse accorto mi sarei vergognata come una ladra.
Lo sentii girarsi nel letto, aprii gli occhi per guardarlo e vidi che si era scoperto. Dormiva sulla schiena, con solo i boxer addosso, il lenzuolo era scivolato a terra. Mi chiesi se ce l'avesse duro. Provai a scacciare il pensiero, ma più mi toccavo più non riuscivo a non pensarci.
Ero eccitatissima… mi alzai come ipnotizzata per andare in bagno, se dovevo farlo andava fatto, non potevo passare tutta la notte a torturarmi.
Forse un orgasmo mi avrebbe calmata.
Passai davanti al suo letto e, mi vergogno a dirlo, provai a sbirciare. Vidi i boxer lievemente aperti, da cui si intravedeva il pisello. Mi avvicinai, silenziosissima e terrorizzata, con la punta del dito allargai l'apertura delle mutande e sfiorai il suo uccello.
Nessuna reazione da parte sua. Aprii delicatamente il bottoncino e vidi il suo cazzo grosso e duro uscire deciso… sembrava puntarmi.
Mi feci coraggio. Lo sfiorai, nessuna reazione, allora lo afferrai con delicatezza.
Stavo tenendo stretto in pugno il cazzo di papà. Cominciai a masturbarlo piano, molto piano. Avrei voluto vederlo venire, vedere lo sperma schizzare da quel buchino da dove tanti anni fa ero uscita io.
In realtà desideravo affondare la faccia su di lui, volevo respirare il suo odore, come aveva fatto Marta. Feci uscire dai boxer anche le palle. Mi sedetti al bordo del letto, e delicatissima avvicinai le labbra alle sue palle.
Cominciavo a sentire il suo odore… ero preoccupatissima. Avevo il suo cazzo in mano e la mia faccia sulle sue palle, se si fosse svegliato sarei morta di vergogna.
Come l'aveva chiamato Marta, il «pompino del re». Anch'io volevo sentire mio papà venire nella mia bocca… cominciai a succhiarlo dolcemente. Aveva un cazzo favoloso, avrei voluto svegliarlo per dirglielo, avrei voluto dirgli che ero io, la sua bambina, che avrei voluto che usasse la mia bocca ogni volta che avesse voluto, avrei voluto dichiarargli il mio amore totale. E intanto succhiavo, sperando che non si svegliasse. Sentivo il cazzo ormai durissimo e pronto a esplodere. Succhiavo piano e aspettavo…
Mi prese quasi un colpo quando sentii la sua mano accarezzarmi i capelli… ma ormai che potevo fare…?! Forse dormiva, forse pensava che ero Marta. Sicuramente non potevo fermarmi in quel momento.
Sentivo la sua mano accarezzarmi, e la sua voce mormorare: "…la mia bambina…".
Esplose nella mia bocca, inondandola di sperma caldo e denso… lo sperma di papà. Lo mandavo giù succhiando le ultime goccioline, e lo tenevo in bocca sperando che si riaddormentasse.
Così fu. Lo sentii russare nuovamente, beato.
Non ne parlammo mai.
Non ho mai saputo se avesse capito che ero io e non Marta, ma non ho mai neanche fatto niente per scoprirlo.
Preferisco pensare che possa capitare ancora. A volte, quando sono particolarmente triste, mi metto a letto e penso a lui, a come mi farebbe bene addormentarmi fra le sue gambe, con la lingua sulle sue palle.
A volte penso anche a come sarebbe sentirlo dentro di me, ma questo è un desiderio che, sono sicura, non si realizzerà mai. Una cosa è certa: quando mio papà viene a trovarci faccio sempre in modo di trovare una scusa per lasciarlo solo con Marta. So che lei ne ha bisogno, e da quello che ho visto, anche a papà non dispiace proprio per niente.
Forse dovrei dirlo in un altro modo, usare altre parole, non so quale sia l'espressione migliore, l'importante è dire che sono stata io, che lui con me non ci ha mai provato, che lui è un papà meraviglioso.
Ma adesso vi racconto tutto.
Intanto mi presento: mi chiamo Laura, ho ventuno anni, vivo a Roma con una compagna di studi, dividiamo un microappartamento di due stanze a S. Lorenzo.
Io non sono di Roma, vivo nella Capitale per studiare psicologia, e diciamo pure, vado anche abbastanza bene, i voti sono buoni e i tempi sono giusti.
La mia compagna si chiama Marta, è molto dolce, e ormai siamo amiche da tanto tempo, ci facciamo compagnia e non bisticciamo quasi mai.
L'altro giorno ho fatto una scoperta a dir poco sconvolgente.
Era arrivato a trovarci mio papà, che come tutti i mesi, approfittando del fatto che mi veniva a dare i soldini, si era fermato a passare una serata con noi.
Mi piace molto quando viene a trovarci. Mio padre è un uomo simpatico. Non gli daresti mai i suoi 49 anni, e non solo per l'aspetto giovanile, ma più di tutto per il carattere e il modo di fare.
Marta lo adora.
Quella volta però, mentre passavo davanti alla cucina, vidi con la coda dell'occhio mio padre dare qualcosa a Marta, era tipo una busta. Avrei voluto chiedere subito cosa stessero facendo, ma avevo avuto l'impressione che lo facessero quasi di nascosto.
E comunque non potevo resistere a lungo; appena mio padre uscì un attimo per comprare i suoi soliti sigari, andai di corsa da Marta e le parlai apertamente.
"Ho visto mio padre passarti una busta… dimmi, cos'era?".
"Ma no, Laura, chissà che hai visto…" rispose Marta. La risposta era la peggiore possibile, avevo visto benissimo, e il fatto che Marta negasse rendeva il tutto molto più misterioso.
"Ma dai, ti ho vista chiaramente, non negare… e poi cosa mai ci potrebbe essere di così segreto fra te e mio padre?!".
"Va bene, te lo dico… ma tu giura di mantenere il segreto!".
"Okay", risposi. "Ma tu non dimenticare che stai parlando di mio padre…".
Lei abbassò gli occhi, cosa che mi stupì (…di cosa si sarebbe mai potuta vergognare?!), e disse: "Tuo papà mi paga l'affitto…".
"Davvero?" dissi, meravigliata. "E come mai non mi avrebbe mai detto niente?".
La mia espressione era sinceramente sorpresa.
"Non è da moltissimo, solo da qualche mese, quattro o cinque, non di più. È successo tutto una sera che tu ancora non eri rientrata a casa; lui era già arrivato e ti aspettava, è passato nel corridoio e mi ha visto nella stanza che piangevo, si è avvicinato e mi ha chiesto cosa avessi. Io a te non ho mai detto niente, ma avevo ricevuto una mail dai miei, che mi spiegavano che non era più possibile per loro continuare a pagarmi gli studi e l'appartamento. Poverini, non è colpa loro, ma sai, non hanno molti soldi, e adesso la situazione è anche peggiorata. Mi sentivo perduta, piangevo piano, sentendomi sola e abbandonata.
Quando tuo papà è entrato nella stanza non ce l'ho fatta. Gli ho confidato tutto, ero disperata. Lui è stato un tesoro come sempre, mi accarezzava i capelli, cercava di calmarmi, poi mi ha sorriso e mi ha detto: «Non ti preoccupare, per i prossimi tempi ti aiuterò io, ma non devi dirlo a nessuno, c'è chi non capirebbe. So che tu sei una brava ragazza, e non ti meriti questo. Vai bene all'Università e non sarebbe giusto che tu debba interrompere tutto», poi mi ha dato un bacio sulla fronte cercando di calmarmi. «Adesso basta piangere, fra poco torna Laura e questo è un piccolo segreto che dovrà restare fra noi». Da allora, ogni mese mi passa di nascosto i soldi per sopravvivere qui a Roma. Ecco, tutto qui…".
Ero sollevata; mio padre come sempre si era rivelato un vero signore, un cavaliere, pronto ad aiutare senza chiedere nulla in cambio. C'era però qualcosa che non quadrava… Marta, dopo la confessione, continuava a tenere gli occhi bassi e a non guardarmi.
"Marta…" le dissi, "…c'è qualche altra cosa che non mi stai dicendo? Mi hai detto tutto, vero?…".
"Non proprio tutto…" rispose con gli occhi bassi.
"Cosa c'è ancora?".
"Non so come dirtelo…".
"Provaci".
"In cambio, ogni volta che viene glielo succhio…". Vidi che dicendo questo Marta era preoccupatissima, e mi guardava aspettandosi una mia reazione.
Io mi infuriai.
"Eccolo lì, il cavaliere che sfrutta la sua posizione economica per insidiare le ragazzine… il porco…!". Ero imbestialita. Il pensiero che mio padre con i soldi costringesse Marta a praticargli sesso orale mi faceva impazzire.
"No, Laura, hai capito male…!", mi interruppe Marta. "Non è per lui, è per me!".
La guardavo sbalordita.
"Co…cosa intendi dire?".
"Sempre quel giorno, quando mi diede i soldi la prima volta, io piangevo a dirotto sulla sua spalla, mentre lui cercava di consolarmi. Ci sedemmo sul divano, io tenevo la testa sul suo petto mentre lui mi accarezzava i capelli. Ero veramente abbattuta, mi sentivo sola ed indifesa… lui mi dava baci sulla nuca, e ad ogni bacino io stavo meglio.
Non so come sia successo, fatto sta che cominciai fra le lacrime a guardare la cerniera dei suoi jeans, non capivo più niente, abbassai la testa e cominciai ad accarezzarlo all'altezza dell'uccello con la mia guancia. Lui all'inizio cercava di fermarmi con frasi tipo: «Marta, che stai facendo?». Ma in realtà lo sentivo incapace di reagire. Glielo tirai fuori, tuo padre ha un cazzo bellissimo, grosso e duro. Affondai la faccia su di lui e finalmente sentii che cominciavo a calmarmi, il suo odore mi stava restituendo la tranquillità.
Decisi di regalargli quello che io chiamo «un pompino da re», un pompino in cui lui non deve fare nulla, sta fermo e buono mentre io glielo succhio piano, in modo che si possa rilassare. Ero come ipnotizzata, succhiavo dolcemente quel cazzo che mi aveva restituito un futuro… glielo dissi chiaramente: non stavo pagando un debito, lo stavo ringraziando con tutto il cuore e tutto il mio affetto.
Da quel giorno è diventata come una droga, quando lo vedo mi sento una piccola bambina indifesa, ho bisogno del suo odore per stare bene. Quando viene a trovarci e lo saluto con un bacino, mi trovo a indugiare sul suo collo, chiudo gli occhi e aspiro forte… è come quando da bambina con mio papà affondavo la testa sulla nuca e mi sentivo sicura. Non so come spiegarti, lui è una persona dolce e comprensiva, una persona meravigliosa, ed io non desidero altro quando lo vedo che accucciarmi fra le sue gambe, farei qualunque cosa mi chiedesse…".
Dire che fossi sbalordita era dir poco! Conoscendo mio papà, capivo benissimo le sensazioni di Marta… non sapevo cosa dire, e me ne uscii con un: "Non ci credo". In realtà però ci credevo benissimo, ma non mi piaceva sembrare accondiscendente, specialmente trattandosi di una situazione del genere.
Marta mi guardava in silenzio con quei suoi occhioni spalancati.
"Non ci credo", ripetei. "Voglio vedere, voglio proprio vedere se è vero!".
"D'accordo… allora, la prossima volta che viene, prima che entri in casa, tu andrai a nasconderti nell'armadio a muro nella mia camera, io lascerò la porta socchiusa e così potrai vedere cosa succede quando siamo soli…" disse Marta.
"Okay, va bene…".
Dopo qualche mnuto il campanello suonò; era lui.
Corsi nella stanza di Marta e entrai nello stanzino, Marta si sedette sul letto per essere sicura che niente tradisse la mia presenza.
"A posto, è come se non ci fossi", mi disse. Io vedevo benissimo tutta la stanza, mi immobilizzai e aspettai in silenzio mentre lei andava ad aprire la porta.
Pochi secondi e Marta entrò nella stanza trascinando mio papà per una mano, lui sorrideva, Marta lo fece distendere sul letto.
La guardavo mentre gli sbottonava la camicia lasciandolo a petto nudo… cominciò ad accarezzarlo con i capelli che gli faceva scivolare addosso, muoveva la testa avvicinandosi ogni volta sempre più verso il basso, gli allargò le gambe e cominciò a strofinargli la faccia sull'uccello ancora chiuso nei pantaloni. Mio padre teneva gli occhi chiusi e aveva una faccia veramente beata.
Cominciò a sbottonargli i pantaloni, li tirò via e mio papà rimase con i boxer.
Quante volte lo avevo visto in mutande, ma mai avevo pensato al suo uccello, che invece adesso stavo per vedere come mai avevo fatto. Certo qualche volta mi era capitato di intravederlo, ma sempre a riposo, in maniera innocente. Adesso lo avrei visto al suo massimo, eccitato, duro e desideroso di scopare.
Mi accorsi di essere eccitata. Di colpo lo vidi, Marta aveva sfilato i boxer e adesso si trovava col cazzo duro di mio padre a pochi centimetri dalla faccia; lanciò uno sguardo di sbieco verso di me, spostò i capelli per permettermi di vedere meglio e comincio a leccarglielo… leccatine lente, alternate a puntate sulle palle.
Papà gemeva, lei sempre piano lo prendeva in bocca e lo succhiava, la vedevo fare su e giù, vedevo l'asta entrare e uscire dalla sua bocca.
Mi ritrovai a pensare con orgoglio al cazzo di papà, era veramente bello grosso e io mi sentivo fiera di lui.
Un gemito più forte, un colpo di bacino e mio padre venne nella bocca di Marta, che sembrava la persona più felice di questo mondo.
Lui restava disteso senza muoversi, lei lo leccava sempre più piano, stava raccogliendo le ultime gocce, mentre lo chiamava paparino e gli diceva frasi del tipo: "Sono stata una brava bambina? Ho fatto contento il mio bel papi?".
Marta lasciò passare qualche minuto, poi disse: "Adesso è il caso di ricomporsi e andare di là, che Laura può tornare da un momento all'altro. È stato bellissimo, come sempre".
"Tu lo sai, non sei obbligata a farlo…" rispose mio padre, "…la promessa che ti ho fatto è indipendente da questo".
"Lo so, ma io adoro succhiartelo, mi fa sentire donna come mai in vita mia, da quando lo facciamo ho difficoltà ad andare con ragazzi della mia età. Quando affondo la faccia fra le tue gambe ho la certezza che niente di brutto mi possa accadere. Quando qualcosa mi va male chiudo gli occhi, ripenso al tuo odore, e mi sento meglio. So che prima o poi tornerai da me, mi accarezzerai i capelli e mi dirai che va tutto bene. Ed io aspetto felice il momento in cui posso toglierti i pantaloni e poggiare la mia faccia sulle tue palle…".
Si rivestì e uscirono dalla stanza. Rimasi nascosta lì per un po', fino a ché, con una scusa, Marta lo spedì a comprare il latte per noi. Io ero talmente scioccata che non mi accorgevo di quanto fossi eccitata.
Uscii dalla stanza a mia volta. Marta mi vide, osservandomi con occhioni imploranti, sperando forse in una parola che la tranquillizzasse sul mio stato d'animo. Io la guardai e scappai nella mia stanza senza dire niente.
Rimasi chiusa finchè non sentii il campanello. Avevo deciso che comunque avrei fatto finta di niente; del resto, in fondo, avrei dovuto non saperne nulla. Quanto a Marta, non era una situazione che potevo affrontare apertamente; ne avrei forse parlato con lei in seguito, ma sicuramente non guardando mio padre in faccia.
Riuscii in qualche maniera ad apparire normale. Marta all'inizio era davvero preoccupata, la vedevo tesa e nervosa… poi, vedendo che tutto sembrava normale, cominciò a rilassarsi. Dopo poco, tutto cominciò a scorrere come sempre.
Mio padre a un tratto ci propose di andare a cenare tutti insieme nel ristorantino sotto casa; noi, che normalmente non potevamo permetterci tanto lusso, accettammo contente; io in realtà titubavo, avevo sperato che mio padre ci lasciasse al più presto, ma non avevo scelta.
Dovete sapere che nella mia stanza ci sono due letti: in uno dei due dorme mio papà, quando, come ho detto, viene a trovarci oppure quando deve restare a Roma qualche giorno per lavoro. La notte si corica nella mia stanza. Fino ad allora non avevo quasi fatto caso alla sua presenza, era il mio paparino, magari russava un poco, ma mi sentivo come a casa. Dopo quello che avevo visto, invece, non sapevo se avrei avuto ancora la forza di dormire nella stessa stanza con lui.
Avevo bisogno di stare sola.
Capitava anche che andassimo a cena assieme, e mio papà, avendo magari bevuto un pochino, anche se non lo fa mai fino ad ubriacarsi, preferiva dormire da noi per ripartire la mattina dopo.
Temevo che, andando a cena, sarebbe successo proprio questo.
Tuttavia, una volta seduti al tavolo del ristorante all'aperto, in un bel vicoletto romano, è bastato poco tempo per tornare alla normalità. Due ore dopo chiacchieravamo e ridevamo felici, io mi sentivo come se non fosse successo niente, forse mi ero abituata all'idea… fatto sta che tutti tornammo a casa contenti e un po' alticci.
Mentre mio padre andava in bagno per prepararsi per la notte, rimasi in cucina sola con Marta.
"Tutto a posto? Sei ancora arrabbiata con me?" mi chiese.
"No" risposi. "Non ti preoccupare, ero solo un po' gelosa".
Dicendo queste parole sapevo di non essere del tutto sincera, ma era stato uno shock troppo grande, e avevo bisogno di un po' di tempo per riflettere, per capire.
Mio padre entrò in cucina, diede un bacino a entrambe e andò a dormire. Era sempre così, lui andava a dormire per primo, penso lo facesse per addormentarsi e lasciare me libera di coricarmi con tranquillità, come se fossi sola; era un atto di delicatezza per farmi sentire più libera, immagino.
Quando entrai nella stanza lo sentii russare leggermente, era più un respiro pesante. Mi spogliai e andai sotto le lenzuola… finalmente ero sola, potevo ripensare a quello che avevo visto, potevo cercare di capirlo. Rivedevo Marta che sfilava i pantaloni a mio papà, il suo sguardo luminoso mentre gli apriva i boxer, e rivedevo l'arnese di papà.
Era effettivamente bello grosso, Marta aveva ragione.
Ripensavo a quello che mi aveva detto, al senso di sicurezza e tranquillità che le dava.
Sentii una fitta… era quello il punto dolente che mi aveva fatto imbestialire. Ricordo perfettamente le sensazioni di cui parlava Marta.
Ricordo di tutte le volte che in motorino con papà affondavo la testa nei suoi capelli e respiravo il suo odore, di come mi sentivo la sua bambina, di come mi sentivo protetta. Odiavo il pensiero che Marta stesse oggi provando le stesse emozioni di quando io ero piccola.
Quello è il mio papà, che andasse a farsi dare sicurezza dal suo.
Sono io la sua bambina, non lei.
Pensavo e ripensavo… e senza accorgermene mi ritrovai bagnatissima, rivedevo l'uccello di papà, immaginavo il suo odore.
Non avrei mai potuto fare sesso con lui. Mai!
Eppure in quel letto, con la luce della strada che filtrava dalle persiane, mi pareva di essere in un altro mondo… cominciai a toccarmi, dovevo essere leggera, non dovevo fare rumore, se se ne fosse accorto mi sarei vergognata come una ladra.
Lo sentii girarsi nel letto, aprii gli occhi per guardarlo e vidi che si era scoperto. Dormiva sulla schiena, con solo i boxer addosso, il lenzuolo era scivolato a terra. Mi chiesi se ce l'avesse duro. Provai a scacciare il pensiero, ma più mi toccavo più non riuscivo a non pensarci.
Ero eccitatissima… mi alzai come ipnotizzata per andare in bagno, se dovevo farlo andava fatto, non potevo passare tutta la notte a torturarmi.
Forse un orgasmo mi avrebbe calmata.
Passai davanti al suo letto e, mi vergogno a dirlo, provai a sbirciare. Vidi i boxer lievemente aperti, da cui si intravedeva il pisello. Mi avvicinai, silenziosissima e terrorizzata, con la punta del dito allargai l'apertura delle mutande e sfiorai il suo uccello.
Nessuna reazione da parte sua. Aprii delicatamente il bottoncino e vidi il suo cazzo grosso e duro uscire deciso… sembrava puntarmi.
Mi feci coraggio. Lo sfiorai, nessuna reazione, allora lo afferrai con delicatezza.
Stavo tenendo stretto in pugno il cazzo di papà. Cominciai a masturbarlo piano, molto piano. Avrei voluto vederlo venire, vedere lo sperma schizzare da quel buchino da dove tanti anni fa ero uscita io.
In realtà desideravo affondare la faccia su di lui, volevo respirare il suo odore, come aveva fatto Marta. Feci uscire dai boxer anche le palle. Mi sedetti al bordo del letto, e delicatissima avvicinai le labbra alle sue palle.
Cominciavo a sentire il suo odore… ero preoccupatissima. Avevo il suo cazzo in mano e la mia faccia sulle sue palle, se si fosse svegliato sarei morta di vergogna.
Come l'aveva chiamato Marta, il «pompino del re». Anch'io volevo sentire mio papà venire nella mia bocca… cominciai a succhiarlo dolcemente. Aveva un cazzo favoloso, avrei voluto svegliarlo per dirglielo, avrei voluto dirgli che ero io, la sua bambina, che avrei voluto che usasse la mia bocca ogni volta che avesse voluto, avrei voluto dichiarargli il mio amore totale. E intanto succhiavo, sperando che non si svegliasse. Sentivo il cazzo ormai durissimo e pronto a esplodere. Succhiavo piano e aspettavo…
Mi prese quasi un colpo quando sentii la sua mano accarezzarmi i capelli… ma ormai che potevo fare…?! Forse dormiva, forse pensava che ero Marta. Sicuramente non potevo fermarmi in quel momento.
Sentivo la sua mano accarezzarmi, e la sua voce mormorare: "…la mia bambina…".
Esplose nella mia bocca, inondandola di sperma caldo e denso… lo sperma di papà. Lo mandavo giù succhiando le ultime goccioline, e lo tenevo in bocca sperando che si riaddormentasse.
Così fu. Lo sentii russare nuovamente, beato.
Non ne parlammo mai.
Non ho mai saputo se avesse capito che ero io e non Marta, ma non ho mai neanche fatto niente per scoprirlo.
Preferisco pensare che possa capitare ancora. A volte, quando sono particolarmente triste, mi metto a letto e penso a lui, a come mi farebbe bene addormentarmi fra le sue gambe, con la lingua sulle sue palle.
A volte penso anche a come sarebbe sentirlo dentro di me, ma questo è un desiderio che, sono sicura, non si realizzerà mai. Una cosa è certa: quando mio papà viene a trovarci faccio sempre in modo di trovare una scusa per lasciarlo solo con Marta. So che lei ne ha bisogno, e da quello che ho visto, anche a papà non dispiace proprio per niente.
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