Ingrid
di
CarloDom
genere
dominazione
Premessa. Questo è un racconto in più parti. Essendo basato su una storia vera, ed essendo la realtà più complessa della fantasia, la parte iniziale del racconto non conterrà scene puramente sessuali ma una breve descrizione dei personaggi e del contesto nel quale Ingrid è diventata mia schiava. La descrizione delle scene puramente sessuali, relative alla mia dominazione di Ingrid, verranno a partire dal secondo o terzo capitolo.
Sono un uomo di 48 anni. Sono sposato con una donna stupenda, e con la quale ho un bellissimo figlio. Insegno economia in un’università di un paese straniero, in un corso di master post laurea. Ci sono tuttavia tre cose che mi distinguono da un tipico professore di economia.
In primo luogo, ho un approccio alla scienza economica radicalmente diverso da quello che ha la quasi totalità degli economisti (basato sul rigore logico invece che sulla probabilità statistica). Anche se la scuola di pensiero a cui appartengo è antica e ha numerosi e autorevoli esponenti in giro per il mondo, l’essere un esponente di questa scuola di pensiero mi rende costantemente “solo contro tutti”, con dalla mia parte la sola oggettiva coerenza logica. Questo essere “solo contro tutti” lo vivo non solo in ambito accademico, ma ha ricadute anche in ambito sociale, e ha profondamente influenzato la mia vita e le mie scelte.
In secondo luogo, a differenza della quasi totalità degli accademici, non ho l’obiettivo di una carriera accademica. Insegno per passione e per missione. Venendo da una famiglia ricca, ed essendo (grazie al mio approccio non convenzionale alla scienza economica) un bravo investitore di lungo termine, non solo non ho bisogno dei soldi che mi dà l’accademia ma, dato il mio stile di vita, questi sono del tutto ininfluenti.
In terzo luogo, a differenza della quasi totalità degli accademici, ho un corpo atletico e forte, risultato di allenamento costante e molto sport. Inoltre, sempre a differenza della gran parte dei mie colleghi, tengo molto all’eleganza, che concepisco esclusivamente in senso classico. Indosso solo abiti fatti su misura dal mio sarto usando i migliori tessuti. Oggi, in un’epoca di sciattume generale che riflette la decadenza intellettuale e morale, l’eleganza classica, specie in ambito accademico, è quasi provocatoria, è perfino una forma di resistenza.
Oltre a essere un marito, un padre, un economista e uno sportivo, sono anche, al di fuori del mio matrimonio, un Dominante. Provo piacere nel dominare le donne: nell’averle a me sottomesse e ubbidienti. Nel vederle godere nel soddisfarmi. Nell’usarle in modi creativi. La dominazione, tuttavia, ha diverse espressioni.
In primo luogo, per alcuni la dominazione è solo fisica. Per me no: la dominazione è prima di tutto mentale e psicologica, e solo dopo fisica. La prima schiava che mi è entrata nel cuore (che qui chiamerò Valeria) mi diceva, godendo e in estasi, che le “scopavo il cervello”. Sentivo cosa provava: lo sentivo perché il rapporto che c’era fra noi era una forma di armonia; uno sentiva quello che sentiva l’altro.
In secondo luogo, per alcuni la dominazione (e la sua dimensione fisica in particolare) deve essere violenta. Non per me. La violenza fisica contro una donna non mi dà alcun piacere. Quello che mi eccita al di là del descrivibile è il potere che ho su di lei, che è una cosa molto diversa dalla violenza e perfino opposta: chi ha potere su qualcun altro non ha bisogno di usare violenza. Un’immagine che ho sentito da piccolo e che non ho mai dimenticato è quella di chi è forte con i deboli e debole con i forti. Per me non c’è persona peggiore. Apprezzo chi è forte con i forti e gentile con i deboli. Per questa ragione, la mia dominazione include non solo rigore e durezza, ma anche gentilezza, rispetto. A volte perfino ammirazione. In un’unico caso, quello di Valeria, coinvolgimento sentimentale.
Prima di Valeria non ero mai riuscito a trovare armonia con una schiava: affinità totale, condivisione profonda. A causa di questo, prima di Valeria avevo sempre avuto rapporti di dominazione brevi, superficiali, e solo parzialmente soddisfacenti, anche se a volte molto divertenti. Con Valeria tuttavia fu diverso. Ci conoscemmo su questo sito (grazie a chi lo ha inventato e lo mantiene). Alcuni anni fa scrissi un racconto, pubblicando la mia mail. Lei mi rispose e iniziammo una conversazione. All’inizio la mancanza di conoscenza reciproca e di fiducia produsse dei piccoli attriti. La profonda affinità della nostra natura, tuttavia, alla lunga prevalse. Iniziammo uno scambio epistolare e poi anche telefonico in cui questa profonda affinità venne a galla: in un tempo sorprendentemente breve, ci confessammo segreti immensi, che non avevamo confessato ad alcuno prima. Questo creò un legame e una fiducia sempre più profondi. Il risultato fu un’estasi non solo erotica ma anche mentale. Senza vederci, avevamo costruito e completato l’edificio del nostro rapporto; quello che restava era l’arredamento: la parte divertente. Quando ci incontrammo per la prima volta, fu come se ci conoscessimo da molto tempo. Fu in un albergo di estremo lusso di una nota città. Fece tutto quello che le ordinai, godendo, essendo in pura estasi. Alternammo sesso indimenticabile, corpi attaccati nel sudore fra le lenzuola pulite, aperitivi con lei vestita in modo incredibilmente sexy, discussioni di alta teoria durante un’ottima cena, e poi di nuovo sesso e dominazione. Così iniziò il rapporto con Valeria, e fu un’estasi crescente e una scoperta continua.
A quel tempo ero già insieme a mia moglie. Vivevo la dominazione in un mondo parallelo e separato, come l’avevo sempre vissuta. Quando tuttavia nacque nostro figlio, quel mondo mi forzai a spegnerlo. Il senso di responsabilità per quel piccolo esserino e per il suo nido e tutto quello che gli stava intorno mi fece sacrificare in un attimo (o meglio reprimere) la mia natura di Dominante. Smisi così di vedere Valeria. A volte capitava che uno dei due cedesse e scrivesse all’altro. Il piacere dell’idea di rivederla ancora, di possederla ancora era a tratti irresistibile, ma resistetti. Se riuscii a farlo, fu non solo per mia forza ma anche perché fui assistito dalla fortuna: una volta per esempio le mie difese erano a zero e programmammo un incontro. All’ultimo momento, tuttavia, sua sorella ebbe un’emergenza che richiedeva l’immediata assistenza di Valeria, e così l’incontro saltò.
L’ultimo momento di debolezza avvenne in un momento particolare. Era passato qualche anno dalla nascita di nostro figlio. Ero sufficientemente abituato a essere padre da sentire, per la prima volta, di poter riviviere il mio bisogno di dominazione con Valeria. Tuttavia, proprio in quel periodo, accadde una cosa per certi versi uguale e opposta alla nascita di nostro figlio. Qui non dirò di cosa si tratta (non si tratta di morte o malattia), ma il risultato fu che il baratro sotto di me d’un tratto aumentò enormemente. Era come se la mia vita “normale” fosse su una roccia e la mia vita da Dominante (che a questo punto sentivo di voler vivere solo con Valeria) fosse su un’altra roccia separata dalla prima. Nel gap fra le due rocce, c’era un baratro. Prima di questo evento di cui qui non parlerò, la caduta in questo baratro avrebbe comportato la rottura di parecchie ossa. Durante quell’evento, tuttavia, il baratro aumentò enormemente di profondità e caderci dentro avrebbe comportato morte certa. Decisi comunque di saltare, di cedere. Il mio bisogno di dominare Valeria era troppo forte. Nel messaggio in cui le confermavo i dettagli dell’incontro, non le dissi quello che era accaduto e che aveva trasformato il baratro in abisso, ma le dissi che il baratro adesso era molto più profondo. Valeria non rispose. L’incontro non ci fu. Il fatto che lei si sottraesse a un incontro senza dire una parola era talmente al di fuori delle regole che lo interpretai come una rottura definitiva. Fu un comportamento imperdonabile, inaccettabile. Non la sentii più. Ma a distanza di quasi un anno posso dire che non c’è stato giorno in cui non abbia pensato a lei e al mio bisogno di dominarla, di usarla, di averla come mia proprietà.
Nel frattempo, tuttavia, ho superato anche la paura per il nuovo abisso, che resta. Ho accettato il mio bisogno di dominazione come bisogno primario, insieme ad altri. E’ in questo momento che entra in scena Ingrid…
Sono un uomo di 48 anni. Sono sposato con una donna stupenda, e con la quale ho un bellissimo figlio. Insegno economia in un’università di un paese straniero, in un corso di master post laurea. Ci sono tuttavia tre cose che mi distinguono da un tipico professore di economia.
In primo luogo, ho un approccio alla scienza economica radicalmente diverso da quello che ha la quasi totalità degli economisti (basato sul rigore logico invece che sulla probabilità statistica). Anche se la scuola di pensiero a cui appartengo è antica e ha numerosi e autorevoli esponenti in giro per il mondo, l’essere un esponente di questa scuola di pensiero mi rende costantemente “solo contro tutti”, con dalla mia parte la sola oggettiva coerenza logica. Questo essere “solo contro tutti” lo vivo non solo in ambito accademico, ma ha ricadute anche in ambito sociale, e ha profondamente influenzato la mia vita e le mie scelte.
In secondo luogo, a differenza della quasi totalità degli accademici, non ho l’obiettivo di una carriera accademica. Insegno per passione e per missione. Venendo da una famiglia ricca, ed essendo (grazie al mio approccio non convenzionale alla scienza economica) un bravo investitore di lungo termine, non solo non ho bisogno dei soldi che mi dà l’accademia ma, dato il mio stile di vita, questi sono del tutto ininfluenti.
In terzo luogo, a differenza della quasi totalità degli accademici, ho un corpo atletico e forte, risultato di allenamento costante e molto sport. Inoltre, sempre a differenza della gran parte dei mie colleghi, tengo molto all’eleganza, che concepisco esclusivamente in senso classico. Indosso solo abiti fatti su misura dal mio sarto usando i migliori tessuti. Oggi, in un’epoca di sciattume generale che riflette la decadenza intellettuale e morale, l’eleganza classica, specie in ambito accademico, è quasi provocatoria, è perfino una forma di resistenza.
Oltre a essere un marito, un padre, un economista e uno sportivo, sono anche, al di fuori del mio matrimonio, un Dominante. Provo piacere nel dominare le donne: nell’averle a me sottomesse e ubbidienti. Nel vederle godere nel soddisfarmi. Nell’usarle in modi creativi. La dominazione, tuttavia, ha diverse espressioni.
In primo luogo, per alcuni la dominazione è solo fisica. Per me no: la dominazione è prima di tutto mentale e psicologica, e solo dopo fisica. La prima schiava che mi è entrata nel cuore (che qui chiamerò Valeria) mi diceva, godendo e in estasi, che le “scopavo il cervello”. Sentivo cosa provava: lo sentivo perché il rapporto che c’era fra noi era una forma di armonia; uno sentiva quello che sentiva l’altro.
In secondo luogo, per alcuni la dominazione (e la sua dimensione fisica in particolare) deve essere violenta. Non per me. La violenza fisica contro una donna non mi dà alcun piacere. Quello che mi eccita al di là del descrivibile è il potere che ho su di lei, che è una cosa molto diversa dalla violenza e perfino opposta: chi ha potere su qualcun altro non ha bisogno di usare violenza. Un’immagine che ho sentito da piccolo e che non ho mai dimenticato è quella di chi è forte con i deboli e debole con i forti. Per me non c’è persona peggiore. Apprezzo chi è forte con i forti e gentile con i deboli. Per questa ragione, la mia dominazione include non solo rigore e durezza, ma anche gentilezza, rispetto. A volte perfino ammirazione. In un’unico caso, quello di Valeria, coinvolgimento sentimentale.
Prima di Valeria non ero mai riuscito a trovare armonia con una schiava: affinità totale, condivisione profonda. A causa di questo, prima di Valeria avevo sempre avuto rapporti di dominazione brevi, superficiali, e solo parzialmente soddisfacenti, anche se a volte molto divertenti. Con Valeria tuttavia fu diverso. Ci conoscemmo su questo sito (grazie a chi lo ha inventato e lo mantiene). Alcuni anni fa scrissi un racconto, pubblicando la mia mail. Lei mi rispose e iniziammo una conversazione. All’inizio la mancanza di conoscenza reciproca e di fiducia produsse dei piccoli attriti. La profonda affinità della nostra natura, tuttavia, alla lunga prevalse. Iniziammo uno scambio epistolare e poi anche telefonico in cui questa profonda affinità venne a galla: in un tempo sorprendentemente breve, ci confessammo segreti immensi, che non avevamo confessato ad alcuno prima. Questo creò un legame e una fiducia sempre più profondi. Il risultato fu un’estasi non solo erotica ma anche mentale. Senza vederci, avevamo costruito e completato l’edificio del nostro rapporto; quello che restava era l’arredamento: la parte divertente. Quando ci incontrammo per la prima volta, fu come se ci conoscessimo da molto tempo. Fu in un albergo di estremo lusso di una nota città. Fece tutto quello che le ordinai, godendo, essendo in pura estasi. Alternammo sesso indimenticabile, corpi attaccati nel sudore fra le lenzuola pulite, aperitivi con lei vestita in modo incredibilmente sexy, discussioni di alta teoria durante un’ottima cena, e poi di nuovo sesso e dominazione. Così iniziò il rapporto con Valeria, e fu un’estasi crescente e una scoperta continua.
A quel tempo ero già insieme a mia moglie. Vivevo la dominazione in un mondo parallelo e separato, come l’avevo sempre vissuta. Quando tuttavia nacque nostro figlio, quel mondo mi forzai a spegnerlo. Il senso di responsabilità per quel piccolo esserino e per il suo nido e tutto quello che gli stava intorno mi fece sacrificare in un attimo (o meglio reprimere) la mia natura di Dominante. Smisi così di vedere Valeria. A volte capitava che uno dei due cedesse e scrivesse all’altro. Il piacere dell’idea di rivederla ancora, di possederla ancora era a tratti irresistibile, ma resistetti. Se riuscii a farlo, fu non solo per mia forza ma anche perché fui assistito dalla fortuna: una volta per esempio le mie difese erano a zero e programmammo un incontro. All’ultimo momento, tuttavia, sua sorella ebbe un’emergenza che richiedeva l’immediata assistenza di Valeria, e così l’incontro saltò.
L’ultimo momento di debolezza avvenne in un momento particolare. Era passato qualche anno dalla nascita di nostro figlio. Ero sufficientemente abituato a essere padre da sentire, per la prima volta, di poter riviviere il mio bisogno di dominazione con Valeria. Tuttavia, proprio in quel periodo, accadde una cosa per certi versi uguale e opposta alla nascita di nostro figlio. Qui non dirò di cosa si tratta (non si tratta di morte o malattia), ma il risultato fu che il baratro sotto di me d’un tratto aumentò enormemente. Era come se la mia vita “normale” fosse su una roccia e la mia vita da Dominante (che a questo punto sentivo di voler vivere solo con Valeria) fosse su un’altra roccia separata dalla prima. Nel gap fra le due rocce, c’era un baratro. Prima di questo evento di cui qui non parlerò, la caduta in questo baratro avrebbe comportato la rottura di parecchie ossa. Durante quell’evento, tuttavia, il baratro aumentò enormemente di profondità e caderci dentro avrebbe comportato morte certa. Decisi comunque di saltare, di cedere. Il mio bisogno di dominare Valeria era troppo forte. Nel messaggio in cui le confermavo i dettagli dell’incontro, non le dissi quello che era accaduto e che aveva trasformato il baratro in abisso, ma le dissi che il baratro adesso era molto più profondo. Valeria non rispose. L’incontro non ci fu. Il fatto che lei si sottraesse a un incontro senza dire una parola era talmente al di fuori delle regole che lo interpretai come una rottura definitiva. Fu un comportamento imperdonabile, inaccettabile. Non la sentii più. Ma a distanza di quasi un anno posso dire che non c’è stato giorno in cui non abbia pensato a lei e al mio bisogno di dominarla, di usarla, di averla come mia proprietà.
Nel frattempo, tuttavia, ho superato anche la paura per il nuovo abisso, che resta. Ho accettato il mio bisogno di dominazione come bisogno primario, insieme ad altri. E’ in questo momento che entra in scena Ingrid…
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