La testimone di nozze - Cap.X - Non c'è due senza tre vale anche per i buchi, basta aver pazienza (parte II - FINE).
di
Baal
genere
tradimenti
“Ci stai bene, dentro di me”…le prime parole di Ada dopo l’orgasmo.
Aveva ragione, le carezzavo la schiena, ed ero ancora semiduro dentro di lei. E glielo dissi.
“Inginocchiati…”, fu la prima cosa che mi venne in mente, che volevo.
Accennò un “ma…”, subito interrotto da un sospiro, mentre mi sfilavo da lei, tenendo la mano tra i suoi riccioli disfatti ed esercitando una leggera pressione. Si lasciò guidare, imboccando di nuovo il mio cazzo umidissimo di me e di lei.
“Mmm…”, mugugnai, “mi piace che mi pulisci il cazzo”.
Le sue gote arrossate, ed il movimento della lingua a carezzare il membro che l’aveva scopata, mi fecero capire che non le spiaceva affatto.
Rimase cosi per un minuto, e non nascondo che avrei potuto – quasi con mia stessa sorpresa – possederla nuovamente. Ma adesso miravo a quella via che avevo trovato sbarrata…E mi occorreva tempo, non avrei commesso lo stesso errore di precipitazione.
La serata scorse via tra amici, in confidenza. Stavolta per cena nessun manicaretto fatto in casa, ma il pieno alla rosticceria frettolosamente arraffato prima che arrivassi: il clou – era questo che aveva in mente – adesso era il sesso, per l’arte culinaria il tempo e le occasioni non sarebbero mancate.
Io rimasi in boxer, lei con il perizomino inaugurato poco prima, ed era davvero sexy vederla muoversi, scalza, per la stanza.
Il suo seno nudo, la schiena che era stata lo schermo per le mie voglie mentre la montavo da dietro, il piccolissimo triangolo di stoffa che decorava il chiarore della sua pelle: ad ogni parola, questo spettacolo appariva più superbo e magnificente.
Questa volta, il nostro desiderio era innaffiato da un Valdobbiadene meno impegnativo del regalo dionisiaco che ci eravamo concessi la prima sera, ma le bollicine resero comunque lieve l’ambiente, complice l’atmosfera ed allegra la mia preda.
Io seduto sul divano, appoggiato allo schienale. Ada appoggiata al bracciolo, le gambe lunghe verso di me, i suoi piedini a carezzarmi la patta mentre le nostre mani non lasciano le flute.
“Ti rendi conto che Giuseppe mi ha vista praticamente nuda?”, attacca ad un certo punto, lasciando nel vuoto il discorso precedente.
“Chi è Giuseppe?”, replico, più per la sorpresa che per il non aver capito: in effetti era abbastanza chiaro il riferimento…
“Come chi è? Il vicino!”, e sgrana gli occhi, schiudendo la sua splendida bocca.
“Ah, già…”, bofonchiai, aggiungendo – dopo una pausa che mi consentì di vuotare il calice – “ma è quello che si è offerto di aiutarti con il trasloco, no?”.
“Si…e ovviamente sa tutto di me…sua moglie mi odia, ricordi?”
“Beh, te l’ho detto: mica le dirà che ti ha beccato nuda ad accogliere uno che non è suo marito?”, e una mia risata accompagnò lo scatto nervoso del suo piede fra le mie gambe.
“Si, ridi ridi…quello ha capito, mica è stupido?”
“Quello ha l’amante, Ada, te lo dissi a suo tempo…”
“Già”, replicò, “parli per esperienza immagino…”
“Non attuale, visto che l’unica infedeltà non la chiamo dal garage, ma mi fa splendide sorprese”.
Si addolcì, e la sua pianta divenne più carezzevole, proprio mentre mi si induriva l’uccello.
“Unica?”, chiese dubbiosa, e per un attivo davvero credetti fosse un po’ gelosa. Ma no, lei sapeva di essere un’eccezione. Il mio recente, caldo rifugio.
Mi misi comodo, distendendo un po’ il bacino e agevolando le sue carezze. Ero ipnotizzato dalle sue gambe lunghe, le cui estremità prendevano sempre più confidenza con la mia eccitazione.
“Unica, Ada…”, deglutii, allungando di nuovo le mani sulle sue cosce, “e anzi…mi sa che tra un po’…”
“Tra un po’?”, fece la finta tonta, sorridendo.
“Tra un po’ all’UNICA” - dissi scandendo bene la parola, a voce alta - le do un’altra ripassata.
“Mmmm…già?”, mi chiese provocatoria (in realtà era più di un’ora che avevamo goduto l’uno dell’altra).. “mi abituerai troppo bene”.
“Temevi che avresti dovuto chiamare….come si chiama? Ah, Giuseppe…”
“Non me lo ricordareeee”… e si alzò, d’impeto, gattonando verso di me, fino a porsi occhi nei miei occhi. Aggiungendo: “sai che qualche volta ha bussato alla mia porta, senza citofonare? Ho pensato sperasse di beccarmi “comoda”..”. Scandì la parola, allungando la mano a palparmi il cazzo da sopra i boxer.
“Mmm…ed è successo?”
“E’ successo stasera…con l’aggravante che aspettavo uno ….”, lasciò come in sospeso la frase, e tirò fuori la mia erezione.
Il senso di libertà riacquistata, con il cazzo non più stretto nei boxer, e la sua vicinanza, condussero ad un bacio passionale, caldo, che ci donammo. Fino al momento in cui mi staccai da lei e la incalzai: “uno..cosa?”.
“Uno…”, ripetè, scappellandomi completante, ed ipnotizzandomi con i suoi occhi verdi, mentre le mie mani finirono entrambe ad agguantarle le chiappe sodissime.
“Uno che viene a scoparti”, le dissi deciso.
“Sei un porco…”, e iniziò una lentissima sega.
“E tu cosa sei?
Lasciò la mia erezione, affibbiandomi uno schiaffetto sul braccio. “Porco”, ribadì.
“Continua a stringermi il cazzo…”, le intimai, nel momento stesso in cui il medio della mia mano destra violava il suo culetto.
Ubbidì, e ripetei, dopo averle leccato la lingua: “E tu cosa sei?”
“Un’amante…”. La mia disapprovazione le fu palese, nel momento in cui affondai col dito dietro di lei.
“Cosa sei, Ada?”.
“…aah..mm..u…una troia”, mugugnò. Le sue parole gonfiarono il mio cazzo nella sua mano.
“Non ti sento”, incalzai scavando nel suo culo, che oramai aveva inghiottito il mio dito.
“Daiii….Max…”, e adesso percepivo la sua eccitazione, e con la mano sinistra le palpavo le tette, e le strinsi un capezzolo, durissimo.
“Non ti sento, Ada”
“Una troiaaaaa…” disse, decisamente a voce più alta. Le stuzzicai la figa con la stessa mano che affondava nel suo ano, il mio anulare ed il mio mignolo saggiarono quanto fosse bagnata.
“Faglielo sentire, a Giuseppe, cosa sei…”, le chiesi deciso.
“Una troiaaa…sono una troia che aspetta chi la scopa…”, e stavolta fu chiaro davvero, chi fosse Ada, almeno dal momento in cui si era fatta leccare dal marito della sua amica.
“Dimmelo che hai voglia, troia”
“Max ho voglia, dammi il tuo cazzone..”
“Inginocchiati, e bagnamelo per bene”. Non si fece ripetere l’invito, e si accucciò docile ai miei piedi. L’incontro tra la mia eccitazione e le sue labbra fu perfetto come sempre, Ada era una splendida succhia cazzi…per sua stessa ammissione un po’ “arrugginita”, ma davvero a me non è mai sembrato.
Come ogni volta che mi godevo la sua bocca, sentivo che sarei rimasto per sempre con il cazzo in quel buco caldo e servizievole. Ma i miei cari lettori sanno che avevo un obiettivo…
“Voglio leccarti mentre mi succhi il cazzo, Ada”, e – tenendola per i suoi splendidi riccioli chiari – la scostai, lasciandola finalmente accomodare su di me ed iniziando un 69 che non avevo alcuna intenzione di portare al traguardo. La mia lingua, infatti, fu abile nello spaziare rapidamente da un buchetto all’altro…da un lato, tenevo alta l’eccitazione della femmina che mi stava lavorando il cazzo, dall’altro le facevo sperimentare il brivido della preparazione anale. Non mi soffermavo mai troppo a lungo sul buchino posteriore, per non farle perdere “mordente”, ma negli attimi in cui mi dedicavo alla sua rubricazione cercavo di essere il più efficace possibile. Continuai spaziando così, dalla figa bagnata, al culetto che si schiudeva a me, lasciandomi sognare…Abbondante lingua, saliva senza risparmio, dita che – piene dei suoi umori – mi aiutavano nel mio compito..
Ada non smise mai di pompare, se non per 2 o 3 brevi pause coincidenti con il picco di eccitazione sua, o di più energico procedimento di apertura posteriore…
“Alzati, ti voglio”, le dissi quando pensai che fosse il momento adatto..Era eccitatissima, e adesso sapevo che, pur senza forzature o inutili volgarità, la sua indole era quella di lasciarsi guidare, prendere, dominare.
La feci appoggiare al divano, le ginocchia piantate a terra su un tappetino che avrebbe – da domani – potuto raccontarne parecchie. La penetrai, ed il mio uccello non trovo resistenza alcuna: oramai conoscevo la sua figa, e avevo scommesso bene valutando il grado di eccitazione della mia testimone di nozze.
“Aahhh…si…”, furono gli unici, appagati, suoni che emise la neofedifraga. Ed io presi a pomparla, lasciando alle mie dita il compito di allargarla dietro, prendendosi cura della prossima porta che avrei violato.
All’esito di un intervallo che non saprei ovviamente quantificare, ma che di certo non superò i 3 minuti, le dissi: “dimmelo che ti piace”…
“Mi piaceee..Max…”
“Lo sai che non sento bene, specie quando sono arrapato…”
“Mi..mi piace…”
“Cosa?”
“ Il tuo cazzo, Max…”
“Sei fradicia….voglio bagnarti anche dietro”, le chiarii, mentre la mia mano destra le apriva e lubrifica lo sfintere anale, e raggiungendo – con due dita della mano sinistra – la sua bocca. “Leccami le dita, devo bagnarti “.
Mugugnò, strabuzzò gli occhi, obbedì docile. Era davvero una troia.
Allo scadere del terzo minuto, sapevo che era all’acme dell’eccitazione, ed anche io avevo annebbiato ogni lucidità. Mi sfilai da lei, e mi parve di sentire uno schiocco..
Era eccitatissima, lubrificata al punto giusto, il suo forellino posteriore aveva conosciuto le mie dita e la mia lingua, la mia saliva con la sua, il succo della sua figa.
Da provetto montatore, sentii che era il momento giusto.
Appoggiai la cappella gonfia al suo ano. Si girò, rossa in viso, la bocca semiaperta.
Voleva contestare? Voleva sentirsi dire parole affettuose? O voleva esortarmi? Non l’ho mai saputo…Forse ebbe dinanzi agli occhi il film del suo matrimonio con Vladimiro, o il mio cui aveva presenziato in un ruolo molto speciale. O semplicemente pensava che quello sarebbe stato il gesto che l’avrebbe consacrata come donna dissoluta, più del pompino del buongiorno, più dell’accogliere un uomo nuda, in una posa che oramai era stata apprezzata anche dal suo vicino.
Disse invece solo “Max..”, mettendoci un istante, ovvero un po’ meno di quanto ci mise la mia cappella ad entrare in lei. Era vergine, quel culo. Era splendido ed offerto.
Ed ora era mio, ed io potevo godermi l’elasticità del suo anellino che cedeva, inghiottendo il mio bastone.
Non gridò, non gemette. Mugugnò, guardando ancora verso di me, e tenendo gli occhi semichiusi. Mi parve di sentire le vene del mio cazzo strette da quel buchetto. Lasciai che si abituasse, dicendole solo “faccio piano, non fare resistenza…”.
Era femmina, Ada. Vergine di culo, ma femmina, e sapeva assecondare il maschio. Se ebbe male, non lo diede a vedere. Voltò di nuovo la testa dinanzi a sé, accogliendo con due spinte circa metà della mia asta. Le carezzai la schiena, che sentivo percorsa da brividi. Inizia a muovermi piano, e adesso il suo culo non faceva più resistenza. Stavo inculando Ada.
“Mi piace, Ada…assecondami, non fare resistenza..”
“Mm…si…”.
So che le bruciava, ma non era da femmina lamentarsi ora. Ora era il momento di godersi la violazione del buco proibito, e mi parve vederla mentre allargava di più le gambe, e si appoggiava al divano, indifesa, docile, calda. E con il culo aperto da un porco che era suo amico.
Cominciai a pomparla, e oramai ero in lei…allungai una mano tra le sue cosce, fremette, e mi apparve ancora più dimessa sotto i colpi del cazzo che la apriva.
“Mi piace il tuo culo Ada..mi piace…”
“Prenditeloo…”, mi disse mentre le stringevo con difficoltà il clitoride. La sua mano prese il posto della mia.
Stavo scopando il culo di Ada, mentre lei si masturbava. Affondai, e mi parve infinito il suo buco mentre il forellino faceva da elastico saldo alla base del mio cazzo, e dentro la cappella era una trivella fra le sue budella, e aveva trovato spazio..
Lei venne, stavolta non trattenendosi. E fu il Paradiso, perché senza freni la montai con 4, 5, sei spinte profonde. Il suo piacere clitorideo, il suo dolore anale. La mia invasione nel suo culo, i sensi stravolti dalla sua goduria, la voglia di farla mia per sempre.
“Ti sborro nel culoooo…” urlai, e così fu. Profondamente nelle sue viscere, le mie palle si svuotarono con lunghi fiotti cremosi. E seppi che sapeva: era la mia troia.
Aveva ragione, le carezzavo la schiena, ed ero ancora semiduro dentro di lei. E glielo dissi.
“Inginocchiati…”, fu la prima cosa che mi venne in mente, che volevo.
Accennò un “ma…”, subito interrotto da un sospiro, mentre mi sfilavo da lei, tenendo la mano tra i suoi riccioli disfatti ed esercitando una leggera pressione. Si lasciò guidare, imboccando di nuovo il mio cazzo umidissimo di me e di lei.
“Mmm…”, mugugnai, “mi piace che mi pulisci il cazzo”.
Le sue gote arrossate, ed il movimento della lingua a carezzare il membro che l’aveva scopata, mi fecero capire che non le spiaceva affatto.
Rimase cosi per un minuto, e non nascondo che avrei potuto – quasi con mia stessa sorpresa – possederla nuovamente. Ma adesso miravo a quella via che avevo trovato sbarrata…E mi occorreva tempo, non avrei commesso lo stesso errore di precipitazione.
La serata scorse via tra amici, in confidenza. Stavolta per cena nessun manicaretto fatto in casa, ma il pieno alla rosticceria frettolosamente arraffato prima che arrivassi: il clou – era questo che aveva in mente – adesso era il sesso, per l’arte culinaria il tempo e le occasioni non sarebbero mancate.
Io rimasi in boxer, lei con il perizomino inaugurato poco prima, ed era davvero sexy vederla muoversi, scalza, per la stanza.
Il suo seno nudo, la schiena che era stata lo schermo per le mie voglie mentre la montavo da dietro, il piccolissimo triangolo di stoffa che decorava il chiarore della sua pelle: ad ogni parola, questo spettacolo appariva più superbo e magnificente.
Questa volta, il nostro desiderio era innaffiato da un Valdobbiadene meno impegnativo del regalo dionisiaco che ci eravamo concessi la prima sera, ma le bollicine resero comunque lieve l’ambiente, complice l’atmosfera ed allegra la mia preda.
Io seduto sul divano, appoggiato allo schienale. Ada appoggiata al bracciolo, le gambe lunghe verso di me, i suoi piedini a carezzarmi la patta mentre le nostre mani non lasciano le flute.
“Ti rendi conto che Giuseppe mi ha vista praticamente nuda?”, attacca ad un certo punto, lasciando nel vuoto il discorso precedente.
“Chi è Giuseppe?”, replico, più per la sorpresa che per il non aver capito: in effetti era abbastanza chiaro il riferimento…
“Come chi è? Il vicino!”, e sgrana gli occhi, schiudendo la sua splendida bocca.
“Ah, già…”, bofonchiai, aggiungendo – dopo una pausa che mi consentì di vuotare il calice – “ma è quello che si è offerto di aiutarti con il trasloco, no?”.
“Si…e ovviamente sa tutto di me…sua moglie mi odia, ricordi?”
“Beh, te l’ho detto: mica le dirà che ti ha beccato nuda ad accogliere uno che non è suo marito?”, e una mia risata accompagnò lo scatto nervoso del suo piede fra le mie gambe.
“Si, ridi ridi…quello ha capito, mica è stupido?”
“Quello ha l’amante, Ada, te lo dissi a suo tempo…”
“Già”, replicò, “parli per esperienza immagino…”
“Non attuale, visto che l’unica infedeltà non la chiamo dal garage, ma mi fa splendide sorprese”.
Si addolcì, e la sua pianta divenne più carezzevole, proprio mentre mi si induriva l’uccello.
“Unica?”, chiese dubbiosa, e per un attivo davvero credetti fosse un po’ gelosa. Ma no, lei sapeva di essere un’eccezione. Il mio recente, caldo rifugio.
Mi misi comodo, distendendo un po’ il bacino e agevolando le sue carezze. Ero ipnotizzato dalle sue gambe lunghe, le cui estremità prendevano sempre più confidenza con la mia eccitazione.
“Unica, Ada…”, deglutii, allungando di nuovo le mani sulle sue cosce, “e anzi…mi sa che tra un po’…”
“Tra un po’?”, fece la finta tonta, sorridendo.
“Tra un po’ all’UNICA” - dissi scandendo bene la parola, a voce alta - le do un’altra ripassata.
“Mmmm…già?”, mi chiese provocatoria (in realtà era più di un’ora che avevamo goduto l’uno dell’altra).. “mi abituerai troppo bene”.
“Temevi che avresti dovuto chiamare….come si chiama? Ah, Giuseppe…”
“Non me lo ricordareeee”… e si alzò, d’impeto, gattonando verso di me, fino a porsi occhi nei miei occhi. Aggiungendo: “sai che qualche volta ha bussato alla mia porta, senza citofonare? Ho pensato sperasse di beccarmi “comoda”..”. Scandì la parola, allungando la mano a palparmi il cazzo da sopra i boxer.
“Mmm…ed è successo?”
“E’ successo stasera…con l’aggravante che aspettavo uno ….”, lasciò come in sospeso la frase, e tirò fuori la mia erezione.
Il senso di libertà riacquistata, con il cazzo non più stretto nei boxer, e la sua vicinanza, condussero ad un bacio passionale, caldo, che ci donammo. Fino al momento in cui mi staccai da lei e la incalzai: “uno..cosa?”.
“Uno…”, ripetè, scappellandomi completante, ed ipnotizzandomi con i suoi occhi verdi, mentre le mie mani finirono entrambe ad agguantarle le chiappe sodissime.
“Uno che viene a scoparti”, le dissi deciso.
“Sei un porco…”, e iniziò una lentissima sega.
“E tu cosa sei?
Lasciò la mia erezione, affibbiandomi uno schiaffetto sul braccio. “Porco”, ribadì.
“Continua a stringermi il cazzo…”, le intimai, nel momento stesso in cui il medio della mia mano destra violava il suo culetto.
Ubbidì, e ripetei, dopo averle leccato la lingua: “E tu cosa sei?”
“Un’amante…”. La mia disapprovazione le fu palese, nel momento in cui affondai col dito dietro di lei.
“Cosa sei, Ada?”.
“…aah..mm..u…una troia”, mugugnò. Le sue parole gonfiarono il mio cazzo nella sua mano.
“Non ti sento”, incalzai scavando nel suo culo, che oramai aveva inghiottito il mio dito.
“Daiii….Max…”, e adesso percepivo la sua eccitazione, e con la mano sinistra le palpavo le tette, e le strinsi un capezzolo, durissimo.
“Non ti sento, Ada”
“Una troiaaaaa…” disse, decisamente a voce più alta. Le stuzzicai la figa con la stessa mano che affondava nel suo ano, il mio anulare ed il mio mignolo saggiarono quanto fosse bagnata.
“Faglielo sentire, a Giuseppe, cosa sei…”, le chiesi deciso.
“Una troiaaa…sono una troia che aspetta chi la scopa…”, e stavolta fu chiaro davvero, chi fosse Ada, almeno dal momento in cui si era fatta leccare dal marito della sua amica.
“Dimmelo che hai voglia, troia”
“Max ho voglia, dammi il tuo cazzone..”
“Inginocchiati, e bagnamelo per bene”. Non si fece ripetere l’invito, e si accucciò docile ai miei piedi. L’incontro tra la mia eccitazione e le sue labbra fu perfetto come sempre, Ada era una splendida succhia cazzi…per sua stessa ammissione un po’ “arrugginita”, ma davvero a me non è mai sembrato.
Come ogni volta che mi godevo la sua bocca, sentivo che sarei rimasto per sempre con il cazzo in quel buco caldo e servizievole. Ma i miei cari lettori sanno che avevo un obiettivo…
“Voglio leccarti mentre mi succhi il cazzo, Ada”, e – tenendola per i suoi splendidi riccioli chiari – la scostai, lasciandola finalmente accomodare su di me ed iniziando un 69 che non avevo alcuna intenzione di portare al traguardo. La mia lingua, infatti, fu abile nello spaziare rapidamente da un buchetto all’altro…da un lato, tenevo alta l’eccitazione della femmina che mi stava lavorando il cazzo, dall’altro le facevo sperimentare il brivido della preparazione anale. Non mi soffermavo mai troppo a lungo sul buchino posteriore, per non farle perdere “mordente”, ma negli attimi in cui mi dedicavo alla sua rubricazione cercavo di essere il più efficace possibile. Continuai spaziando così, dalla figa bagnata, al culetto che si schiudeva a me, lasciandomi sognare…Abbondante lingua, saliva senza risparmio, dita che – piene dei suoi umori – mi aiutavano nel mio compito..
Ada non smise mai di pompare, se non per 2 o 3 brevi pause coincidenti con il picco di eccitazione sua, o di più energico procedimento di apertura posteriore…
“Alzati, ti voglio”, le dissi quando pensai che fosse il momento adatto..Era eccitatissima, e adesso sapevo che, pur senza forzature o inutili volgarità, la sua indole era quella di lasciarsi guidare, prendere, dominare.
La feci appoggiare al divano, le ginocchia piantate a terra su un tappetino che avrebbe – da domani – potuto raccontarne parecchie. La penetrai, ed il mio uccello non trovo resistenza alcuna: oramai conoscevo la sua figa, e avevo scommesso bene valutando il grado di eccitazione della mia testimone di nozze.
“Aahhh…si…”, furono gli unici, appagati, suoni che emise la neofedifraga. Ed io presi a pomparla, lasciando alle mie dita il compito di allargarla dietro, prendendosi cura della prossima porta che avrei violato.
All’esito di un intervallo che non saprei ovviamente quantificare, ma che di certo non superò i 3 minuti, le dissi: “dimmelo che ti piace”…
“Mi piaceee..Max…”
“Lo sai che non sento bene, specie quando sono arrapato…”
“Mi..mi piace…”
“Cosa?”
“ Il tuo cazzo, Max…”
“Sei fradicia….voglio bagnarti anche dietro”, le chiarii, mentre la mia mano destra le apriva e lubrifica lo sfintere anale, e raggiungendo – con due dita della mano sinistra – la sua bocca. “Leccami le dita, devo bagnarti “.
Mugugnò, strabuzzò gli occhi, obbedì docile. Era davvero una troia.
Allo scadere del terzo minuto, sapevo che era all’acme dell’eccitazione, ed anche io avevo annebbiato ogni lucidità. Mi sfilai da lei, e mi parve di sentire uno schiocco..
Era eccitatissima, lubrificata al punto giusto, il suo forellino posteriore aveva conosciuto le mie dita e la mia lingua, la mia saliva con la sua, il succo della sua figa.
Da provetto montatore, sentii che era il momento giusto.
Appoggiai la cappella gonfia al suo ano. Si girò, rossa in viso, la bocca semiaperta.
Voleva contestare? Voleva sentirsi dire parole affettuose? O voleva esortarmi? Non l’ho mai saputo…Forse ebbe dinanzi agli occhi il film del suo matrimonio con Vladimiro, o il mio cui aveva presenziato in un ruolo molto speciale. O semplicemente pensava che quello sarebbe stato il gesto che l’avrebbe consacrata come donna dissoluta, più del pompino del buongiorno, più dell’accogliere un uomo nuda, in una posa che oramai era stata apprezzata anche dal suo vicino.
Disse invece solo “Max..”, mettendoci un istante, ovvero un po’ meno di quanto ci mise la mia cappella ad entrare in lei. Era vergine, quel culo. Era splendido ed offerto.
Ed ora era mio, ed io potevo godermi l’elasticità del suo anellino che cedeva, inghiottendo il mio bastone.
Non gridò, non gemette. Mugugnò, guardando ancora verso di me, e tenendo gli occhi semichiusi. Mi parve di sentire le vene del mio cazzo strette da quel buchetto. Lasciai che si abituasse, dicendole solo “faccio piano, non fare resistenza…”.
Era femmina, Ada. Vergine di culo, ma femmina, e sapeva assecondare il maschio. Se ebbe male, non lo diede a vedere. Voltò di nuovo la testa dinanzi a sé, accogliendo con due spinte circa metà della mia asta. Le carezzai la schiena, che sentivo percorsa da brividi. Inizia a muovermi piano, e adesso il suo culo non faceva più resistenza. Stavo inculando Ada.
“Mi piace, Ada…assecondami, non fare resistenza..”
“Mm…si…”.
So che le bruciava, ma non era da femmina lamentarsi ora. Ora era il momento di godersi la violazione del buco proibito, e mi parve vederla mentre allargava di più le gambe, e si appoggiava al divano, indifesa, docile, calda. E con il culo aperto da un porco che era suo amico.
Cominciai a pomparla, e oramai ero in lei…allungai una mano tra le sue cosce, fremette, e mi apparve ancora più dimessa sotto i colpi del cazzo che la apriva.
“Mi piace il tuo culo Ada..mi piace…”
“Prenditeloo…”, mi disse mentre le stringevo con difficoltà il clitoride. La sua mano prese il posto della mia.
Stavo scopando il culo di Ada, mentre lei si masturbava. Affondai, e mi parve infinito il suo buco mentre il forellino faceva da elastico saldo alla base del mio cazzo, e dentro la cappella era una trivella fra le sue budella, e aveva trovato spazio..
Lei venne, stavolta non trattenendosi. E fu il Paradiso, perché senza freni la montai con 4, 5, sei spinte profonde. Il suo piacere clitorideo, il suo dolore anale. La mia invasione nel suo culo, i sensi stravolti dalla sua goduria, la voglia di farla mia per sempre.
“Ti sborro nel culoooo…” urlai, e così fu. Profondamente nelle sue viscere, le mie palle si svuotarono con lunghi fiotti cremosi. E seppi che sapeva: era la mia troia.
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