Rapiscimi Capitolo Uno

di
genere
pissing

L'appartamento in cui viveva era un modesto bilocale in periferia, preso in affitto per poter studiare in questa città così lontana dai suoi luoghi di origine. Ci ero già stato diverse volte, ormai ci frequentavamo da parecchio tempo anche se solo come amici. Dopo le prime uscite in cui speravo di ottenere qualcosa di più da quella ragazza, ho capito che non aveva intenzione di avere una relazione. Era molto concentrata sugli studi, quindi non permetteva a sé stessa di iniziare una relazione sentimentale che la distraesse troppo. Certo non stava nemmeno chiusa in casa, le serate con gli amici non mancavano affatto, e poi non conosceva molte persone dopo essersi trasferita. Quindi quando ho capito che non poteva essere la mia ragazza, ho deciso comunque di instaurare con lei un bella amicizia.

Non era di una bellezza particolarmente straordinaria. Abbastanza nella media, sotto vari aspetti. Moderata potrebbe essere una parola migliore. Era di corporatura moderata. Aveva interessi moderati. Aveva seni e culo di dimensioni moderate ed era moderatamente maschiaccio. Aveva un interesse moderatamente superiore alla media nel provare cose nuove: di solito cose fisicamente impegnative, ma non era una cercatrice di emozioni. Si sarebbe semplicemente chiesta com'era una cosa e poi avrebbe voluto provarla. Di solito una volta bastava. Come quando ha voluto fare trekking in montagna, o come quando ci siamo imbucati in uno dei palazzi più alti della città per salire a piedi tutte le scale fino ad arrivare al terrazzo.

Era una sera di un venerdì dopo una sessione di esami. Avremmo potuto uscire per festeggiare dopo il periodo di stress, ma mi aveva chiesto se volevo passare la serata da lei per una pizza e film tranquilli, perché aveva bisogno di riposarsi, ma allo stesso tempo voleva compagnia con cui distrarsi e non pensare allo studio per un po'. In fondo a me piaceva stare con lei, anche una serata così era molto invitante.

Eravamo entrambi seduti sul divano, a guardare un film tra il drammatico ed il thriller che mostrava un personaggio femminile, tenuto prigioniero in uno scantinato, ed i due rapitori maschi la violentavano e abusavano di lei.
Ero a disagio a guardare queste scene con lei, perché non ero sicuro di come si sentiva al riguardo, ma stava fissando intensamente tutto ciò che accadeva davanti a lei.

L'ultima cosa che mi aspettavo di sentire da lei era: "Ci voglio provare".

"Cosa?" chiesi, in parte scioccato, ma anche un po' incerto di averla udita correttamente.

All'improvviso mi guardò, un po' sorpresa di averlo detto ad alta voce. I suoi pensieri volavano chissà dove, rendendosi conto che doveva, in un certo senso, aver voluto che io lo sapessi. Il suo cuore batteva forte alla scelta che aveva davanti: giocarla come una sorta di errore o premere l'accelleratore.

"Voglio provarlo" ripeté, fissandomi direttamente negli occhi.

Ero completamente a corto di parole. Che qualsiasi aspetto di ciò che avevamo appena visto fosse in qualche modo desiderabile per lei era abbastanza incredibile, ma non ero sicuro di cosa intendesse di preciso. Voleva rapire qualcuno? Voleva essere la prigioniera?

"Cosa?" fu tutto ciò che riuscii a dire.

Mise in pausa il film e si voltò a guardarmi, decidendo di smettere di pensarci e di andare avanti. Lasciando cadere le patatine dove capitava.

"Voglio sapere com'è essere prigionieri e usati in quel modo."

La mia mente era un turbine di immagini e di possibili spiegazioni.

"Non capisco. Perché...? Come...?"

Pensò di darmi una spiegazione dettagliata del perché, ma decise che ci sarebbe voluto troppo tempo. Il come avrebbe richiesto più pensiero da parte sua, quindi dopo qualche istante decise di andare con una versione breve, dolce e diretta.

"Voglio che mi incateni nella mia stanza e...", non sapeva come finire quella frase in modo appropriato, così si scagliò verso di me, tenendomi il viso tra le mani, e mi baciò le labbra per circa dieci secondi.

È più o meno quanto tempo ha impiegato il mio cervello a recuperare ciò che era successo. Stava indietreggiando proprio mentre le mie mani si alzavano verso di lei, e la sua improvvisa partenza mi fermò. Aprii gli occhi verso i suoi.

"So che noi due..." Qualcosa non le permise di finire la frase.

Forse intendeva dire che noi due eravamo solo amici e questo avrebbe potuto rovinare l'amicizia, oppure che noi due provavamo qualche attrazione che andava oltre l'amicizia. La mia testa era come ovattata e cercava nei ricordi degli ultimi mesi per capire se qualche dettaglio, qualche indizio mi fosse sfuggito.

"Ascolta", disse. "Voglio che tu mi tenga prigioniera nella mia stanza, e voglio che tu... faccia delle cose. Voglio che tu sia il mio rapitore. Voglio che tu faccia quello che faresti se avessi una prigioniera da... usare."

"Ma non lo farei mai."

"Andiamo" disse dolcemente ma in modo piatto, cercando di non sembrare troppo eccitata o frustrata. Sussurrò come un compromesso. "Non ti sto chiedendo di farmi del male. So che non lo farai. Ma sicuramente avrai avuto una specie di fantasia bdsm prima. Te ne sto dando la possibilità."

Lei aveva ragione. Mi era capitato tante volte di fantasticare su un rapporto con una schiava, ma mai con lei come protagonista. Con nessuna persona reale in verità, perché non tratterei mai nessuno in quel modo. Ma tecnicamente sarebbe stata una partecipante consenziante e mi sarei fermato ogni volta che lo desiderava, quindi...

"O... va bene" risposi. "Cosa sto facendo?" mi chiesi tra me e me. Poi di facendomi coraggio: "Come vuoi farlo?"

Abbassò lo sguardo in un momento di riflessione, poi alzò lo sguardo.

"Vai a prendere il lucchetto della mia bici e ci vediamo nella mia stanza." Si alzò e mi lasciò sul divano.

Non ero ancora tornato del tutto in me, il che mi lasciava in una sorta di pilota automatico che mi limitava a fare qualsiasi cosa lei mi avesse ordinato. Era fin troppo bizzarro, ma non volevo semplicemente rifiutarlo.

Alla fine mi alzai e andai nel sottoscala del palazzo per recuperare il cavo di chiusura rivestito di plastica dalla sua bicicletta, poi tornai e mi diressi nella sua stanza.

Aveva tolto le coperte dal letto e l'aveva spinto il più lontano possibile verso il muro più vicino al salottino, e aveva spostato molte altre cose da un grande armadio antico nell'angolo. Quando sono entrato, lei mi ha preso il cavo e ha proceduto ad avvolgerlo attorno ad una gamba dell'armadio, quindi chiuderlo a chiave.

"Hai la chiave?"

"Sì," risposi, mostrandogliela.

"Ok. Tienila in un posto sicuro." Si avvicinò ad un comodino e prese un paio di manette e le loro chiavi, quindi mi porse entrambe.

Le manette provenivano da un'altro periodo in cui voleva provare qualcosa. Voleva sapere com'era veramente essere ammanettata e voleva vedere se poteva toglerle (non poteva), quindi se ne era comprata un paio.

"Perché mi dai queste?" chiesi, alzando leggermente le manette.

"Voglio che mi ammanetti. Sei tu il rapitore, qui. Mi ammanetti al cavo della bici."

"Sei sicura?" esitai.

"Sì. Fallo," insistette, tendendomi i polsi.

"Se cambi idea, basta che lo dici. Spero che tu te ne renda conto." Le misi una manetta e poi la feci avvicinare ai piedi dell'armadio per far passare l'altro anello attraverso il cerchio formato dal cavo della bicicletta e poi intorno all'altro polso.

Si sedette per terra, delusa di sentirmi dire così, ma sapeva che le volevo bene e non avrei fatto nulla contro la sua volontà.

"Bene."

"Dico sul serio. Niente cazzate tipo parole in codice per smettere. Chiedi anche una volta e smettiamo."

"Ho capito."

Mi alzai e mi allontanai da lei. "Ok. E adesso?" chiesi, in attesa della sua prossima istruzione.

"Ora, io sono tua prigioniera. Sono completamente alla tua mercé." Mi fissò negli occhi. "Fai quello che vuoi."

"Penso di voler andare a letto." Poi mi venne in mente che sarebbe rimasta sul pavimento tutta la notte. Almeno era su un tappeto. "Vuoi... vuoi un cuscino o qualcosa del genere?"

"Spetta a te decidere. Ma per stasera basta così. Voglio che tu la prenda sul serio. Quando ti svegli domani, sarai il rapitore, sarai il cattivo. Capito?"

"Il cattivo... Fantastico" pensai, sarcasticamente. Mi voltai e mi diressi verso la porta.

"Spegni la luce", aggiunse lei.

Mi fermai esasperato, poi premetti l'interruttore prima di uscire per spegnere il film in pausa e chiudere l'appartamento per la notte. Decisi che era meglio fermarmi a dormire lì, nel caso avesse avuto bisogno di qualcosa durante la notte o si fosse resa conto di non voler proseguire con quel gioco. Dopo aver spento tutte le luci, mi tolsi la maglietta ed i pantaloncini per mettermi a dormire sul divano. Pensando quanto fosse ironico che io avrei dormito sul divano e lei sul pavimento, lasciando vuoto l'unico letto dell'appartamento.

Innumerevoli pensieri mi tenevano sveglio. In primo luogo c'erano gli aspetti pratici della situazione. Avrei dovuto portarle del cibo. Il che poi ha portato a rendersi conto che avrebbe dovuto usare il bagno. Dubitavo che mi avrebbe permesso di farla franca smanettandola per farle usare il gabinetto, il che significava che avrei dovuto darle un secchio... e poi occuparmi dello smaltimento.

"Uffa."

Più tardi, ho finalmente realizzato che lei mi aveva baciato sulle labbra. Le cose andavano ancora un po' a rilento nella mia testa, ma poi mi resi conto che doveva trattarsi di un gioco sessuale. Voleva che le facessi cose sessuali.

Tutte le volte che avevo immaginato il suo corpo, e ora lei mi stava permettendo di vederlo.

Tutte le volte che avevo immaginato di toccarla, e ora lei me lo permetteva.

Tutte le volte che l'avevo immaginata mentre me lo succhiava... Mi fermai. Non ero ancora del tutto pronto a pensare di andare così lontano.

Certamente non avevo mai immaginato uno scenario da prigioniera/carceriere con lei, e non era proprio come volevo che fossero le mie prime volte con lei, ma forse c'era una consolazione nel fatto che non dovevo essere davvero me stesso in questo gioco.
Dovevo essere qualcuno che l'avrebbe rapita e l'avrebbe legata contro la sua volontà. Dovevo essere qualcuno che non voleva niente di tutto quel che avevamo nella realtà. Nessuno dei due doveva essere se stesso... esattamente. Mi sorpresi a cominciare ad immaginare alcune delle cose che le avrei fatto, ma mi fermai.

"Se ho intenzione di interpretare un personaggio come questo, allora aspetterò fino al mattino e lascerò che le cose accadano come accadrebbero al personaggio".

Alla fine mi addormentai per circa quattro ore, prima di svegliarmi alle prime luci del sole.

"È ora di fare il cattivo" pensai, rassicurandomi sul mio obiettivo. "Ho bisogno di non essere gentile. Non devo essere premuroso. Ho bisogno di essere il mio io più inquietante e perverso."

Lei non non aveva dormito molto. O almeno è quella l'idea che mi feci vedendola. Indossava una maglietta e dei pantaloncini, ma non erano sufficienti per impedirle di sentire un po' troppo freddo stando a terra per tutta la notte. È difficile dormire bene quando sei costantemente sul punto di iniziare a tremare. Fortunatamente, non ha mai oltrepassato quel limite. Naturalmente, non ha aiutato dalla mancanza di un cuscino. Almeno sul pavimento aveva una tappeto abbastanza spesso.
Era sdraiata sul fianco sinistro, vagamente raggomitolata intorno alla gamba dell'armadio, quando all'improvviso si accese la luce. Si mise a sedere e si appoggiò al mobile più grande.

Rimasi sulla soglia, a testa leggermente china, fissandola con un'espressione quasi vuota e il secchio che di solito veniva usato per lavare il pavimento. Entrai, posi il secchio vicino a lei e poi uscii senza dire una parola.

«Sembra che sia entrato nel personaggio abbastanza bene. Sono contenta che abbia portato un secchio, perché devo fare pipì e non riuscivo più a trattenerla.» I suoi pensieri potevo solo immagiarli in quel momento, ma quando in seguito mi parlò di come visse questa esperienza dal suo punto di vista, scoprii che non si distaccavano molto dalla mia immaginazione, e mi offrì qualche dettaglio in più che non potevo sapere.

Fece scivolare con cura il secchio più vicino, in una posizione migliore, e con un po' di ingegno ed agilità, riuscì a portare goffamente i pantaloncini e la biancheria intima fino alle caviglie, sentendosi imbarazzata con la porta della sua camera da letto aperta.

Aveva un po' di spazio di manovra grazie al cavo della bicicletta, che era abbastanza per lasciarla sollevare e liberarsi, ma solo dopo aver finito si rese conto che non aveva modo di asciugarsi.

«Penso che indosserò biancheria intima tecnicamente sporca per un po'.»

Fece scorrere la figa sul bordo del secchio per cercare di eliminare quanta più urina possibile, poi si rimise a posto i vestiti.

L'odore della sua urina divenne evidente, quindi spinse via con cautela il secchio.

«Aspetta. Non troppo lontano. Potrei usarlo di nuovo prima che lo prenda. Oddio. Cosa succederà quando avrò bisogno di cagare? Sicuramente mi darà della carta igienica.»

Pensò a tutte le cose che le sarebbe piaciuto avere a disposizione e pensò di richiederle in un modo o nell'altro, ma non era sicura di quanto sarebbe stato autentico. Se questa fosse una situazione reale, chiederebbe qualcosa? Avrebbe provato a chiederlo? Sarebbe stata troppo spaventata o sarebbe stata arrabbiata? Inoltre, non voleva trattarmi troppo duramente, perché avrei potuto voler smettere. Doveva scegliere con cura le sue azioni e le sue parole. Se questa fosse una situazione reale, cercherebbe dei modi per scappare. Anche se non aveva intenzione di trarne vantaggio, decise di provare a trovarne alcuni, se non altro per mettere alla prova le proprie scelte su come si era imposta come prigioniera.

L'armadio era grande, carico di cose e chiuso a chiave. Forse sarebbe riuscita ad aprirlo. Per il gusto di farlo, ha tentato di sollevare l'angolo in cui era ammanettata, ma non si è mosso affatto. Si girò di lato e cercò di spingerlo in avanti. Lo sforzo che ci ha messo non è servito a nulla, ma ha avuto l'impressione che se davvero ci stesse provando, ci sarebbe riuscita con maggiore sforzo.
Ovviamente, così lo farebbe schiantare sul pavimento, distruggendo molte delle sue cose e probabilmente non sollevando ancora quella gamba anteriore dal pavimento.

Allungò le gambe cercando di raggiungere varie cose con le dita dei piedi, ma non c'era niente di utile a portata di mano. Aveva fatto un buon lavoro.

«Sono stata proprio brava.»

La sua mancanza di sonno e la noia generale la facevano sentire più affamata di quanto si sarebbe sentita normalmente in quel momento. Si chiese se le avrei portato la colazione e quale sarebbe stata. D'altra parte, meno mangiava, meno cagava, ma aveva sete.

Decise di darmi un po' di tempo. Probabilmente sapeva che non avrei voluto che lei soffrisse irragionevolmente.

Alla fine sono entrato con una bottiglia d'acqua. Svitai il tappo e mi avvicinai a lei. Si aspettava che gliela consegnassi, ma invece la tenni all'altezza degli occhi per farla abboccare.

"Vuoi che la beva mentre la tieni?"

Si inginocchiò e si avvicinò il più possibile. Tenni la bottiglia sopra il suo viso e la inclinai leggermente, suggerendo che l'avrei versata. Alzò il viso e aprì la bocca.
Ne versai un po' con cura e la lasciai ingoiare. Quindi gliene offrii un altro po', che accettò, ripetendo la procedura.

La bevanda le rinfrescava la gola, ed era sorpresa che le piacesse farlo.

Guardò per un momento il suo secchio della pipì, e poi la lasciai bere quanto voleva. Quando ebbe finito, si sedette di nuovo a terra.

Tappai la bottiglia e poi presi il secchio.

«Interessante. Sembrava che non mi avrebbe lasciato avere di più, ma quando ho guardato il secchio lo ha fatto riconsiderare, e poi me ne ha fatta avere di più. Come se volesse che faccia pipì di nuovo. Mi chiedo cosa abbia pianificato.» pensò lei nel frattempo.

Poteva sentire il suono lontano mentre versavo l'urina nel gabinetto, lo sciacquavo e poi lo risciacquavo. Un momento dopo, tornai e posai il secchio appena dentro la porta. Decisamente troppo lontano per essere raggiunto da lei.

"Fammi sapere quando hai bisogno di usarlo di nuovo", le ho detto, piatto. "Vuoi del cibo?"

Lei annuì, docilmente.
di
scritto il
2022-09-26
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