Edith - Parte Prima

di
genere
etero

Edith è una mora sui 40 anni. Lavoriamo insieme da anni e io sono il suo capo ma col tempo siamo diventati amici. Ci vediamo ogni giorno, usciamo spesso a pranzo insieme, ci raccontiamo tutto, anche le nostre storie e avventure. Io le parlo apertamente dei miei incontri, delle mie donne e anche dei dettagli più intimi. Lei si diverte e a volte mi guarda quasi imbarazzata e la cosa diverte anche me, così mi lascio andare a raccontarle tutti i minimi dettagli. Comunque siamo rimasti sempre in un rapporto d’amicizia e niente di più.

Tutto questo però fino a quando è successo qualcosa. Dopo che si è lasciata col tipo con cui è stata negli ultimi anni, ha iniziato ad uscire con altri e mi racconta delle storie, le uscite ma anche per la prima volta di come ci andava a letto, di com’era uno piuttosto che un altro. Si sta sciogliendo ogni giorno sempre di più e diventa più aperta e disinibita. Mi racconta del cinquantenne che l’ha corteggiata per anni e alla fine ha deciso di uscirci, di come la prima sera lui l’abbia invitata a casa e dopo neanche cinque minuti si è ritrovata sul tavolo della cucina e si è fatta penetrare. Il bello è che mi racconta di quanto le sia piaciuto e di come lui l’abbia bagnata con una bottiglia di vino e l’abbia leccata fino a farla venire mentre beveva il vino sulla farfalla … lei quasi sembra eccitarsi mentre me lo dice. La guardo e chiaramente la sua espressione è tra lo scherzoso e il serio, sembra immedesimarsi nella situazione.

Edith è una bella donna, curata e veste bene. Ha una camicia bianca scollata e io senza che quasi me ne accorga lascio cadere lo sguardo sotto il collo, tra le pieghe della camicia. Si vede il pizzo del reggiseno, anche quello bianco. Mi accorgo che sto guardando per la prima volta cercando la forma del seno. E’ pieno, non grande ma sembra ancora sodo. Poi capisco che sto facendo qualcosa di inaspettato e quindi facendo finta di nulla mi giro dall’altra parte a cercare il cameriere. E’ tardi e dobbiamo tornare in ufficio.

Chiedo il conto, pago e ci alziamo. Solo che adesso non riesco ad evitare di guardarla mentre si alza. Ecco, mentre si infila la giacca la camicia si stringe e si vede bene la forma del seno. E’ davvero bello e nella trasparenza della camicia bianca si lascia immaginare tutto. Mi sale un brivido dal basso fino alla testa. No, penso, non posso guardare Edith così, siamo amici e non ha senso. Lei non sembra notare e continua a vestirsi e a uscire dal locale. Indossa dei pantaloni blu e mentre mi è davanti e apre la porta, non riesco a fermare lo sguardo che si volge verso il basso. Le guardo il sedere. È come il seno, penso, pieno ma non grande e il pantalone stretto lascia vedere i segni dell’intimo. Di nuovo un altro brivido, quasi mi eccito.

Andiamo a piedi in ufficio e mi prende sotto il braccio mentre parliamo. Questa volta sento il suo seno poggiarsi sul braccio. Ne avverto le forme, il suo essere sodo. Ormai la testa è riempita di pensieri su di lei ma devo continuare a distrarmi e a non pensarci. Arriviamo finalmente in ufficio e presi dal lavoro non ci faccio più caso.

Finalmente la giornata sta per finire, spengo il computer e mi avvio verso l’uscita. Edith si sta vestendo anche lei per uscire. “Ciao” mi dice, “vai a casa?”. “No, vorrei passare a prendere qualcosa da mangiare perché non ho niente nel frigo”. Lei, senza lasciarmi finire “allora vieni da me, il bambino e’ dal papà stasera e ho fatto da mangiare per una settimana!”. Penso a quello che è successo oggi a pranzo e mi dico che sarebbe meglio evitare. “solo perché non posso lasciarti mangiare da sola altrimenti mi diventi tutta ciccia!”. Ecco, proprio quello che non volevo dire. Così andiamo in macchina e guido verso casa sua.

Abita in un palazzo anni ‘60, signorile ma un po’ figlio del suo tempo. Ci sono stato diverse volte ma questa volta sento un odore e vedo dei colori diversi, quasi più vivi come se il palazzo d’improvviso mi apparisse meno stantio di prima e gli odori più accesi. Saliamo in ascensore. C’è un’aria strana, una sensazione di quasi imbarazzo, di non detto. Finalmente entriamo a casa. Mi appare diversa, come se la vedessi per la prima volta. Noto particolari nuovi di oggetti che avrò visto decine di volte. Le foto di lei quando era più giovane, i cuscini colorati del divano, i giochi del bambino sotto il mobile.

Mangiamo ed è tutto buono. Sa cucinare divinamente e abbiamo bevuto anche una bottiglia di vino rosso. “Ah il vino è buono e non si beve solo nel bicchiere” le dico ridendo senza neanche pensarci. “Ah ah, scemo!” risponde lei ma con quel sorriso che non è spensierato e rivela un imbarazzo e al tempo stesso un desiderio velato. ”Quindi come si versa?” domando sempre con un sorriso ma questa volta meno convinto. “Come si versa cosa?”. ”il vino che hai bevuto con la tua ultima conquista”, le rispondo. La bottiglia di vino era quasi vuota, e tutti e due eravamo un po’ su di giri, soprattutto lei che non regge, o almeno così dice, troppi bicchieri. Quasi seria, con un accenno di sorriso, gli occhi diventati più sottili e un tono di voce quasi a nascondere le parole, “vuoi che te lo faccia vedere?”. “Beh almeno imparo qualcosa di nuovo…”. Oddio, ma che ho detto? Solo che adesso la palla ha cominciato a scorrere sul piano inclinato e non si riesce a fermare, o non lo si vuole. “Mmm, credo che il vino sia finito, bisognerebbe aprire un’altra bottiglia“; quindi, si alza e prende una bottiglia "Eccola, sei tu l’uomo e tocca a te aprirla”. “Va bene, e tu?”, chiedo quasi ingenuamente. “Io preparo il bicchiere”.

"Ah sì?" le dico. E mentre prendo la bottiglia e il cavatappi, lei si siede sul tavolo. "Allora ne vuoi un po' dal mio bicchiere?" mi domanda con un sorriso malizioso. "Dev'essere un bicchiere che merita questa bottiglia, come si comincia?" chiedo io mentre cerco di tirare su il tappo ma l'eccitazione aumenta e la voce si fa più insicura. "Me l'ha spiegato il tizio dell'altra sera, non sono ancora molto pratica". "Allora fammi vedere, sicuramente ne sai più di me" rispondo dopo aver finalmente stappato il vino.

Lei avvicina le mani alla camicia e comincia a slacciare il primo bottone. Il reggiseno bianco che avevo guardato stamattina si svela poco alla volta e lei slaccia anche l'altro bottone più in basso. Lo fa lentamente mentre mi guarda con una certa naturalezza, senza imbarazzo e uno sguardo rilassato, come una cameriera di un ristorante che sta apparecchiando uno dei tanti tavoli. Ormai ha slacciato tutti i bottoni ed è di fronte a me, sul bordo del tavolo, il petto scoperto e le forme del seno definite dal reggiseno bianco.

Quelle forme che si intuivano nel ristorante a pranzo sono più nette e tonde di quanto immaginassi. Il reggiseno lascia scoperto la parte superiore dei seni, più bianchi della sua pelle ambrata. Sotto, la pancia è appena accennata e l'ombelico profondo circondato da alcuni nei piatti e scuri. "Questo bicchiere è davvero una sorpresa". "E' solo una parte della sorpresa, credo che ti potrebbe piacere anche di più". "Amo le sorprese" dico prontamente mentre poso la bottiglia sulla tavola e resto in piedi in attesa. Dentro di me si muove tutto, ho un nodo in gola, l'eccitazione si fa sempre più forte e il mio pisello comincia ad agitarsi e a ribellarsi dentro i pantaloni ormai troppo stretti.

Così lei si apre completamente la camicia e scoprendo prima una spalla e poi l'altra resta solo in reggiseno e pantaloni. La guardo intensamente e vorrei avvicinarmi e toccarla, togliere il reggiseno e prendere il seno in bocca e succhiarlo. La voglia è tanta ma desidero continuare a guardare e a far salire l'eccitazione di vedere lei che continua. Si abbassa una spallina e poi l'altra, "mi aiuti?". Io allora mi avvicino, come se fosse la cosa più ovvia, e senza dire nulla, le giro intorno e vado dietro di lei. Con le mani le sbottono i ganci e il reggiseno cade lasciando la spalla nuda. Ha una schiena magra che come il petto è coperta da alcuni nei. Si vede il segno bianco in corrispondenza del seno e mi rendo conto che adesso potrei andare davanti e finalmente guardarlo. Ma lei, prima che muovessi un passo, si tira indietro e si stende sul tavolo sotto di me. Eccoli, quei due seni tondi che ho solo potuto immaginare e adesso sono lì, sotto di me, si mostrano in tutto il loro candore. La carnagione scura della sua pelle esalta il bianco che circonda i capezzoli. Sono turgidi e non riescono a nascondere la sua eccitazione. I seni sembrano quelli di una ragazza giovane che ancora non ha allattato. In quella posizione restano abbastanza su, morbidi e naturali. Il bambino deve averli succhiati poco ma quel tanto per lasciare i capezzoli più lunghi, appuntiti e comodi per tirare il latte che sicuramente era tanto dentro due sacche generose.

"E' un calice da vino rosso e non un flute da champagne" dico quasi con tono da sommelier. "Sì, infatti ho scelto la bottiglia di vino rosso per questo" risponde con tono da cameriera di ristorante.

Lei scende con le mani sui pantaloni e si slaccia la cintura. Sbottona e scopre lo slip bianco anche quello di pizzo. Quindi mi chiede "toglimeli" e io ubbidisco. Le tolgo le scarpe e poi le sfilo i pantaloni. Resta solo con gli slip e mostra le sue cosce lisce e toniche. I piedi sono sottili e le unghie curate e smaltate di rosso. Si tira indietro stendendosi lungo tutto il tavolo di vetro. "Tocca a te adesso, spogliati". Il suo modo è diventato più assertivo e deciso, senza titubanze. Anche in questo caso rispondo all'ordine e comincio a spogliarmi, prima la giacca, poi la camicia. Lei mi guarda con gli occhi fissi sul mio corpo che si scopre, osserva il mio petto, la pancia e poi mentre mi levo i pantaloni guarda il cazzo che si gonfia sotto i boxer. "Voglio vederlo, togli anche i boxer". Faccio quello che chiede e abbasso il boxer. Il cazzo ormai duro esce con la cappella da fuori e lei lo guarda mordendosi le labbra e il respiro si fa sempre più intenso.

Ormai completamente nudo e con il membro duro e dritto come una spada mi dirigo verso di lei "manca un'ultima cosa" le dico. "Sì, ma prima assaggiami sopra... sai che ti ho visto come le guardavi oggi...". E' vero, ho una voglia irresistibile di toccare quei due seni tanto desiderati nel ristorante. Mi avvicino e le metto la mano sul collo.. lo accarezzo mentre la guardo quasi incredulo che lei possa farsi toccare da me, dal suo capo, dal suo confidente e adesso dal suo amante.

La mano scorre a cercare il seno. Cerco quello destro e lo accarezzo piano.. lei comincia a respirare sempre più profondamente.. socchiude gli occhi. Le mie dita sfiorano il capezzolo. E' sporgente, sottile e lungo. Si è fatto duro quasi quanto il mio cazzo. Ci giro attorno e ad ogni movimento lei comincia a fremere in sincronia con i movimenti della mia mano. Ho voglia di sentire tutto il seno o e allora stringo lentamente tutte le dita. E' morbido ma consistente e comincio a palpare e al tempo stesso a massaggiarlo.

Accenna qualche parola indistinta mentre il mio massaggio diventa sempre più intenso. Penso a come il bambino si sia allattato a quel seno e voglio provare a succhiare per nutrirmi del capezzolo che ha preparato per me. Mi abbasso verso l'altro che mi aspetta e appoggio le labbra già aperte "Ah... sì.. finalmente... l'ho desiderato tutto il giorno" dice mentre si inarca sul tavolo freddo. Lo prendo in bocca e succhio come il suo bambino piccolo, mi allatta di sesso. E' caldo e sotto la lingua sento il capezzolo turgido e rugoso. Aspiro fino a riempire la mia bocca di quella tetta di mamma che si trasforma in femmina, che offre il seno al suo bambino e poi alla mia bocca famelica.
di
scritto il
2022-01-03
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