Una sporca storia di campagna

di
genere
etero

Quella mattina ero rimasta in casa da sola. La vecchia masseria tutta sotto la mia responsabilità. Mio marito e i miei figli erano andati in città a sbrigare degli affari con altri allevatori, e io stavo pulendo della verdura sul grande lavabo della cucina. La stanza in penombra, dalla porta entrava un piacevole refolo di aria calda. La radio trasmetteva musica leggera come il mio vestito a fiori.
Erano quasi le undici quando sentii bussare lievemente e senza nemmeno il tempo di rispondere vidi entrare mio nipote Riccardo.
-Ciao zietta.
Aveva ventuno anni ed era figlio di mia sorella. Era quello che si dice uno scalmanato, sempre in giro con la moto a far baldoria, sempre in cerca di ragazzine. Mai una relazione stabile, tiratardi notturno. Un vero cavallo imbizzarrito. Ma gli volevo molto bene, l'avevo visto crescere e ora che stava diventando un uomo mi sembrava impossibile che fosse lo stesso che avevo tenuto in braccio per anni.
Piombò alle mie spalle mentre ancora avevo le mani sotto l'acqua, indaffarate.
Mi bacio sulla nuca e mi cinse i fianchi. Il suo calore e la sua forza erano prepotenti, da qualche tempo avevo notato una morbosa attenzione nei miei confronti. Le sue carezze non mi sembravano più così innocenti, così pure i suoi sguardi.
-Cosa ci fai in giro?
-Ero a spasso.
-Come al solito.
-Tu sei sola?
-Sì, tornano tutti nel pomeriggio.
Forse non ero stata furba a dirglielo.
Era ancora alle mie spalle, ora in silenzio. Sembrava scrutarmi, mentre io noncurante continuavo il mio lavoro. Quel ragazzo impertinente ormai mi metteva soggezione. E la rarità delle attenzioni di mio marito sicuramente mi rendeva fragile.
Riccardo mi pettinava delicatamente i capelli e mi sussurrava sciocchezze che sembravano una cantilena ipnotica. Parlava del tempo, dei vicini, di un cane. Non lo stavo ad ascoltare, sentivo solo le sue mani e il suo corpo aderire al mio. Il suo ventre spingeva contro il mio culo, lo sentivo. Dovevo cacciarlo via ma quella sensazione mi irretiva.
Ora Riccardo aveva abbandonato i miei capelli e con le mani scendeva sulle spalle, e poi sul seno. Aprì lentamente i bottoni del mio vestito leggero e si impadronì delle mie tette, tirandole fuori dal reggiseno.
-Riccardo, cosa stai facendo?
-Zietta, hai un corpo fantastico.
Quei complimenti così diretti mi seducevano, riempivano le mie orecchie e mi facevano bagnare. Non riuscivo a reagire come una donna matura avrebbe dovuto fare. Ero una femmina calda e laida.
-Riccardo, non devi.
Le sue dita stuzzicavano i miei capezzoli, ora duri e sporgenti. Poi prendeva ambedue le tette a piene mani e le massaggiava, strizzandole con bravura. Era capace quel figlio di buona donna. Eccome.
Io continuavo a dirgli di smetterla ma lui non se ne curava, anzi tolse una mano dai seni e la portò sul mio culo, alzando il vestitino. Scese in ginocchio e mi tolse le mutande, contemplando la mia nudità. Poi sentii la sua lingua farsi strada tra le mie natiche. Leccava e baciava la figa e il mimo buco del culo. Non mi ero neanche lavata, mi vergognavo.
Ma Riccardo sicuramente non se ne importava ed era come una bestia al cospetto della sua preda. Mi torturava e faceva godere. Lo sentii rialzarsi e sbottonarsi i pantaloni. Il suo cazzone caldo mi toccò una natica e capii quanto era grosso. Non era più il mio nipotino. Era un maschio che stava per montare la sua femmina. Mi spinse con una mano giù, con le tette che penzolavano nel lavabo umido. Il cazzo entrò facilmente, ero bagnata e porca.
Nella stanza si sentivano i nostri gemiti, Riccardo mi mordeva il collo e leccava la schiena. Scopava bene e con forza, io godevo e intanto guardavo l'orologio sopra la porta. Avevamo a disposizione ancora diverse ore, e quello fu l'ultimo pensiero lucido prima di abbandonarmi al vizio.
di
scritto il
2021-11-29
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