Amico del cuore

Scritto da , il 2012-04-02, genere prime esperienze

Amico del cuore


E’ proprio vero che l’esperienza magica, che usiamo chiamare “la prima volta”, ha una forza di suggestione emotiva ch la rende indelebile. Non si spiegherebbe altrimenti perchè, ora che sono giunto nella stagione dell’autunno della vita, mi capiti di emozionarmi ancora tanto nel rimembrare i primi passi della mia educazione alla sessualità.
Scavando nella memoria ho ricondotto le mie prime polluzioni all’età di 12-13 anni, seconda-terza media, durante le vacanze estive. Ricordo piuttosto bene le mie inibizioni fanciullesche, dovute ad una educazione alquanto puritana, e l’assenza totale di un qualsiasi contatto con ragazzine. Ricordo che il cazzetto cominciava a tirarmi, ma che mi eccitavo sui culi prominenti e i seni traboccanti di donne mature: mia zia Anna, la signora Luisa, Carmela la vicina di casa, e qualche altra bella gnoccona del quartiere. Avevo cominciato a farmi le mie prime seghe, prendendo ad oggetto una di quelle donne, e adoperavo il mio fazzoletto come preservativo. Lo avvolgevo intorno al cazzo e, quando venivo, il seme si espandeva e veniva assorbito dentro quell’involucro, salvando le mutandine o le lenzuola del letto.
Ma la prima masturbazione diretta la feci quell’estate salendo una collinetta sopra il paese in compagnia di Nico. Era il mio compagno di banco ed era un ragazzo alquanto timido come me, educato, premuroso, mai una parolaccia, con una carnagione candida e tenera. Con lui ci confidavamo su tutto, ma con il sesso eravamo entrambi alquanto imbranati. I nostri compagni erano sboccati e spregiudicati, si masturbavano collettivamente e davano la caccia alle ragazzine. Tutti avevano da raccontare e vantare episodi di sessualità quasi matura. Noi due ci tenevamo alla larga dalla loro per non essere oggetto del loro scherno: ai loro occhi eravamo ancora bambinelli impauriti e incapaci di trattare con le donne, ed in effetti noi stessi soffrivamo quel complesso.
Quel giorno, sarà stato intorno alle 15, nella canicola della “controra”, io e Nico ci avviammo lungo la strada che saliva verso un poggio, che in paese chiamavano il Calvario, camminando abbracciati come spesso facevamo. Strada facendo, e non so quanto intenzionalmente, feci scivolare la mia mano dal collo di Nico dentro l’apertura della sua camicia e posai le dita su un suo capezzolo. Fu come una scossa elettrica. Provai un brivido intenso che si tradusse in una improvvisa erezione. Non osavo dir nulla, ma continuai ad accarezzargli il capezzolo destro e a prolungare questo piacere vibrante quanto imprevisto.
Nico non disse nulla, ma evidentemente anche lui provava qualcosa. Fatto sta che anche lui fece lo stesso gesto e allungò la sua mano sul mio petto per fermarsi sul mio capezzolo sinistro. L’eccitazione cresceva, anche se facevamo finta di niente. Ma non potemmo continuare a camminare come prima. Si fermammo ad un tornante della strada, al riparo di sguardi indiscreti, e si appoggiammo al greto della collina continuando a palparci le piccole ghiandole mammarie.
Guardavamo all’orizzonte e respiravamo più forte, ma parlavamo con voce tremula, senza alcun riferimento a quello che stavamo facendo, mentre con l’altra mano calata dentro i pantaloncini tenevamo in mano il cazzo, strizzandolo e al tempo stesso tendendo chiuso il cappuccio del glande, onde trattenere il getto dello sperma.
Non dovemmo attendere molto, appena qualche minuto, perché sborrassimo all’unisono con un sospiro appena trattenuto. Restammo fermi un paio di minuti, poi, senza dir nulla, ci staccammo e ci girammo di lato per liberare il cazzo dallo sperma trattenuto. Anche questa operazione la compimmo in silenzio, senza nessun commento e senza alcuna spiegazione.
Avevamo goduto il nostro primo rapporto fisico. L’abbiamo rifatto, con modalità analoghe, altre due volte, in posti appartati.
Ma non sono state le uniche prove di autoerotismo. Ricordo bene che, sempre con Nico, che mi attizzava tanto per la sua dolce disponibilità, per l’assoluta discrezione, ma anche per la carne bianca e morbida -quasi muliebre- del suo corpo, ci siamo lasciati andare in maniera più esplicita e compiuta in camera, in un collegio di preti, dove noi, giovani dell’Azione Cattolica, eravamo ospiti per un ritiro spirituale (si chiamavano così quei raduni).
Era un caldo pomeriggio, io avevo raggiunto Nico nella sua stanzetta:
“Ti ha visto nessuno?”, mi chiese lui con un po’ di apprensione.
“No, no, tranquillo!”, gli risposi, “dormono tutti”.
Ci eravamo distesi nudi sul letto, mantenendo solo gli slip, e ci toccavamo con gusto e senza vergogna, titillandoci soprattutto i capezzoli, la zona più erogena dei nostri corpi. Ma, quando l’eccitazione era diventata insostenibile e si avvicinava l’esplosione dell’orgasmo, ci eravamo messi l’uno sull’altro, proprio come due amanti, e accentuando i colpi avevamo sborrato negli slip, con i due cazzi che premevano l’uno contro l’altro. Poi, esausti ma soddisfatti, ci eravamo appisolati l’uno di fianco all’altro. Anche stavolta avevamo fatto il tutto senza parlare di quello che facevamo, come nel tentativo di rimuovere qualcosa di inconfessabile.
Ma il rapporto più esplicito e più completo l’abbiamo avuto ad una gita scolastica a Roma, con tanto di tour sul litorale romano (Formia, Terracina, Ostia, Civitavecchia). Per tutto il giro in autobus ci eravamo sfregati, strusciati e toccati, e le palle ci facevano male per la troppa eccitazione accumulata. Verso sera, di ritorno in albergo, appena consumata la cena, non ce l’abbiamo fatta a resistere oltre. Mentre gli altri si attardavano a giocare nelle sale della hall, noi ci siamo ritirati in camera e ci siamo lasciati andare sul letto, ci siamo denudati a vicenda e abbiamo cominciato a baciarci sulle guance, sul collo, sul petto.
Nico delirava con gli occhi chiusi:
“Mmmhhh … sììì …. dai ….. bellissimoooo!!!”
“Sììì…. ancora cosìììì ….. mmmhhhh ….. godoooo!!!!”, gli facevo eco io.
Quando ci siamo soffermati a ciucciarci reciprocamente i capezzoli ci è venuto in contemporanea: stavolta avevamo messo dei preservativi, comprati di nascosto ad un distributore automatico lungo il viaggio, e abbiamo potuto impiegare entrambe le mani per palparci il petto, le spalle, il culo. Poi siamo rimasti per mezz’ora sul letto a toccarci ad occhi chiusi e, ricordo, ci siamo accarezzati a vicenda le palle.
Anzi, quella di accarezzarci a vicenda i coglioni era diventato un’attitudine familiare, lo facevamo ogni giorno, anche mentre studiavamo insieme. Insomma, un salto di qualità nella nostra intimità erotica.
Nella circostanza della gita non siamo andati oltre, ma la tentazione di succhiarcelo e magari di infilarcelo dietro a vicenda aveva cominciato a farsi strada nella nostra mente.
E difatti, alcuni mesi dopo, nel collegio attiguo al Vescovado, in occasione di un altro “ritiro” dei ragazzi di Azione Cattolica, abbiamo passato nuovamente la notte insieme. Ho atteso che si facessero le 22, poi quando non si sentiva il minimo rumore sono uscito dalla mia stanzetta e mi sono infilato frettolosamente in quella di Nico.
Stavolta non abbiamo avuto ritegno, appena a letto ci siamo scatenati: ci siamo attaccati subito l’uno all’altro sfregandoci i corpi, ci siamo baciati a lungo e con gusto, ci siamo disposti a 69 e ce lo siamo succhiato a vicenda con grande foga e l’abbiamo persino ingoiato. Poche parole come sempre, ma ci siamo guardati senza vergogna e ci siamo scambiati un sorriso d’intesa.
Dopo aver riposato per qualche ora, nel cuore della notte abbiamo rotto l’ultimo tabù. Eravamo inquieti, la vicinanza dei corpi era eccitante. Ho cominciato ad accarezzargli il culo, ho visto che reagiva allargando un po’ le natiche, ho piazzato in mezzo al solco il mio cazzo e l’ho abbracciato da tergo, titillandogli i capezzoli e baciandogli il collo. Nico rispondeva positivamente agli stimoli, schiacciava il suo culo contro il mio bassoventre e rabbrividiva di piacere ai miei titillamenti ed ai miei baci. Mi sono sentito autorizzato a insistere, gli ho umettato l’ano con una cremina ed ho cominciato a spingere prima con delicatezza, senza affondarlo tutto; ha emesso qualche gemito, ma ho visto che godeva a sentirselo dentro.
“Posso?..... Se non vuoi lo tiro fuori….”, gli ho detto con premura.
“No, no…. continua …. mi piace!”, mi ha detto con voce sognante.
Ad un certo punto mi ha detto che voleva provare una posizione più comoda, mi è salito a cavalcioni sulla pancia, l’ho inculato di nuovo, stavolta immergendolo tutto, mentre lui si masturbava il suo cazzetto sopra il mio petto.
“Ah … sì … così è bello…. sìììì”, mi ha detto quasi cantilenando.
“Ooohhh … sììì ….. ti vengo fino in fondo ….. sììì”, gli ho risposto in piena trance, “…. ma guarda che non resisto troppo….”
Abbiamo sincronizzato i movimenti e, quando abbiamo sentito che era prossima la sborrata, io ho accelerato la spinta e, poi, con un piccolo grido di esultanza, gli ho riempito il canale della mia sborra, mentre lui, con un grugnito profondo e prolungato, mi ha schizzato il suo seme sul petto, sin sotto il mento.
E’ stato bello, meno complicato e doloroso di quanto immaginassi. Anzi, penetrare il suo culo tenero e spalmarmi sul petto la sua sborra mi sono sembrate le cose più naturali del mondo. Alla fine ci siamo abbracciati e baciati in bocca e ci siamo riaddormentati avvitati e contenti.
Le ultime esperienze ci avevano fatto superare ogni residuo pudore, avevamo cominciato a parlare apertamente tra di noi del godimento comune ed a programmare i nostri incontri intimi. Essendo compagni di scuola, anzi di banco, non destavamo particolari sospetti, anche se gli altri coetanei, vedendoci sempre poco interessati alle ragazze, continuavano ad ironizzare sulle nostre inibizioni. Ma a quelle malizie eravamo impermeabili.
Io frequentavo casa sua quasi quotidianamente e nella sua cameretta ci toccavamo di continuo, tirandocelo vicendevolmente. Mentre ci segavamo ci sbaciucchiavamo sul collo e sul petto e l’eccitazione arrivava presto al diapason. Non potevamo lasciarci andare completamente perché rischiavamo di essere scoperti.
Ma un pomeriggio trovai Nico particolarmente infoiato; appena arrivato mi avvertì che i suoi erano partiti per andare a visitare una zia in ospedale. Non perdemmo un attimo, ci spogliammo in un battibaleno e ci infilammo nudi nel suo letto, strusciandoci senza remore e toccandoci dappertutto, soprattutto tra le gambe e dietro le natiche.
Ci eravamo fatti più audaci e cominciavamo a gustare il piacere della perversione. Stavolta ci lasciammo andare ad un lunghissimo bacio in bocca, intrecciandole lingue e scambiandoci la saliva, come due amanti appassionati (e probabilmente lo eravamo). Ma poi sentii subito tornare la voglia di metterglielo in culo e lui subito si mise nella posizione che assumono i cani per farsi sodomizzare per bene.
Cominciai io a spalmargli un po’ di crema sul buco e poi a infilarglielo tutto dentro, cavalcandolo per un bel po’ fino alla sborrata finale, che accompagnai con un grido appena trattenuto.
Il culo di Nico mi piaceva, era morbido e tenero e si apriva docile ai miei colpi, anche se lo penetravo con grande accortezza, senza mai forzare. Ma non volevo approfittare di lui, sentivo di dovergli la reciprocità e mi misi io in posizione predisponendomi ad una bella inculata e ad un potente getto seminale dentro lo sfintere:
“Dai, Nico, tocca a te …. ti giuro che ho tanta voglia di sentirmi penetrato… su, non aver timore…”
Nico esitava, tergiversava, appoggiava il cazzetto sulle mie natiche, ma si limitava a sfregarlo, non spingeva. Era evidente che gli piaceva piuttosto riceverlo. Non volli forzare il suo imbarazzo, mi girai verso di lui e cominciai a tirarglielo. Vidi che godeva da dio e, quando arrivò al clou dell’eccitazione, mi lasciai sborrare in faccia e sul petto e mi complimentai con lui per l’abbondante gittata.
Lo vidi contento fino alle lacrime. Ci baciammo languidamente, ci riposammo per un quarto d’ora per riprendere le forze, poi ricominciammo a titillarci e ben presto i cazzi si ridestarono.
Ci guardammo allusivamente e pensammo di provare un 69, per godere all’unisono, e stavolta, mentre ce lo succhiavamo, ci siamo infilati anche il dito medio in culo. Un piacere raddoppiato che ci ha portato presto ad una nuova, abbondante eiaculazione in bocca. Siamo rimasti a letto un paio d’ore, a toccarci e leccarci soprattutto sul petto e sui capezzoli, poi ci siamo alzati e siamo riusciti persino a studiare un po’.
Poi, come accade nelle cose più belle, il diavolo gode a metterci la coda. E, manco a dirlo, ce la mise proprio in casa di Nico, perché la mia assidua frequentazione finì per favorire un vero e proprio colpo di fulmine da parte della sorella Monica, di qualche anno più piccola di lui. Una passione covata per qualche anno che la bella Monica, che pure aveva il suo ragazzo, non riuscì a trattenere negli anni dell’università. Ma quella con Monica è un’altra storia, che merita di essere raccontata a parte. Intanto Nico la visse in silenzio come uno strappo doloroso, come un inatteso tradimento. Da quel momento in poi i nostri rapporti si sono raggelati e le nostre strade si sono definitivamente divise.
Ma continuo a ricordare l’intimità con Nico con grande tenerezza e, lo confesso, con qualche brivido di rimpianto nostalgico. Nico è stato l’unico partner di sesso maschile che abbia avuto nella mia vita.
A tanti anni di distanza, al culmine di una vita non avara di esperienze ricche e convulse sotto il profilo sentimentale e sessuale, sento di dovere a Nico questa testimonianza di amore.

Questo racconto di è stato letto 9 0 5 4 volte

Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.