Ragione di vita

Scritto da , il 2021-01-28, genere dominazione

Questa è una storia inventata, se non vi piace, non me ne frega un cazzo!



Avete mai pensato, avete mai avuto la convinzione di essere nati, per uno scopo ben preciso? Be, io non lo avevo mai pensato, fino a quella fatidica estate...


Mi presento, mi chiamo Simone, avevo 22 anni quell'anno, vivevo ancora con i miei, e mia sorella, e un bellissimo gatto di nome Yanez, norvegese delle foreste...

Mio padre, non è mai stato molto presente, per carità non gliene faccio una colpa, del resto, lavora molto, fa l'autotrasportatore, quindi...

Mia madre invece... Be, lei, è presente, certo, ma per quella settimana di luglio, anche lei sarebbe dovuta andare via, sarebbe stata tre giorni dalla nonna, a prendersi cura di lei, dato che non stava tanto bene.


Insomma sarei dovuto rimanere a casa, con mia sorella. Mia sorella sia chiama Sandra, ha 18 anni, ed è single, è una tipica ragazza acqua e sapone, carina, devo dire, ma non eccessivamente sexy, è timida e riservata, una suora per capirsi...


Io invece sono tutto l'opposto, sono esuberante, alto, fisico definito, simpatico, e mi posso ritenere attraente, non ho una ragazza, perché sinceramente non sono mai stato attratto dai rapporti seri.

Be, che altro dire. Ho una fantasia, una perversione recondita, che nessuno conosce: mi piacerebbe essere sottomesso, essere lo schiavo di una donna, che mi usa e maltratta, sia chiaro non vorrei passare la mia vita, sotto i tacchi a spillo di una mistress, da sito porno, però un'esperienza non mi dispiacerebbe affatto...


Un'altra cosa: durante il lockdown, mi è capitato spesso, di masturbarmi pensando a mia sorella, alle sue curve, i suoi lunghi capelli neri...

Non ne vado molto fiero, ma mentirei se dicessi che mia sorella, non mi attizza... Avevo sempre avuto paura che potesse scoprirmi, ma non era mai successo...

Non mi era mai passato per la testa, che potesse sospettarlo, e credo proprio che fu quel, aver sottovalutato il pericolo, che diede inizio a quanto sto per raccontarvi...


Era circa mezzogiorno, la mamma se n'era andata da qualche ora, lasciandoci dei lavori da svolgere, ce li dividemmo. A me toccò: riordinare il ripostiglio delle scarpe, aggiungerò che ho una contenuta, seppur consistente passione per i piedi femminili, e i piedini 37 di mia sorella, non mi erano affatto indifferenti, così approfittando del lavoro che dovevo svolgere, non mi sottrassi all'annusare un po' le sue scarpe.

Odoravano di piede femminile sudato, fantastico. Lei non mi vide meglio così, ma la fortuna mi avrebbe abbandonato presto, dato che poco dopo, dovetti fare la lavatrice...


Tra le robe sporche, capitò anche, un tanga... Di Sandra, nero... Io ero solo in bagno, non sapevo dove fosse lei. Lo presi, convinto di essere al sicuro, lo portai al naso ed annusai... Profumava di umori femminili... Era un tantino bagnato di liquido vaginale, chissà cosa aveva combinato con quelle mutande addosso pensai...

Fu allora, che il destino bussò alla porta, almeno lui bussò, Sandra invece entrò senza dire nulla, dato che si accorse subito, di cosa tenevo in mano, di cosa stavo annusando...


Mi guardò incredula, io ero immobile. Come spiegare quanto stava accadendo? Impossibile, lo rimisi nel cesto, e mi ricomposi, ma lei parlò per prima: “fin'ora avevo avuto solo dei sospetti, ma questa è una prova inconfutabile!” Asserì, con un'espressione tra la sorpresa e il disgusto...

“E se ora lo dico alla mamma, tu che dici?” Chiese convinta di sé, io replicai subito: “È la tua parola contro la mia...”

“Oh davvero?” Proseguì lei, mostrandomi una foto... Mi ritraeva mentre annusavo le sue mutande, “sospettavo, notavo che questa lavatrice stava durando parecchio, così ho osservato, e ti ho fotografato dallo spioncino...”

Mi aveva incastrato, le mie difese crollarono, la supplicai di non mandare niente a mamma, le dissi che avrei fatto qualsiasi cosa...

“Qualsiasi cosa? Bene, allora, quando avrai finito, farai anche i miei lavori, e dammi quel tanga... Ho in mente qualcosa di divertente...” Se ne andò sogghignando con le mutande tra le mani, mentre io sudavo freddo e caldo... Che cosa aveva in mente?



Lo scoprì solo dopo alcune ore. Avevo finito tutti i lavori, mentre lei era rimasta in camera sua, a fare, dio solo sa cosa. Io ero parecchio, stanco, speravo, che dato che avevo fatto quanto mi aveva chiesto, avrebbe cancellato quella foto... Non andò così...


In camera sua, mi accolse con un: “Ma, ciao... Sai ho pensato ad una cosa molto carina e divertente...” Mi preoccupava, lei stava seduta sul letto, con ancora le mutande in mano.

“Siccome, ti piace, annusare le mutande della tua sorellina, magari ti va anche, di indossarle?”

Io ero incredulo... Lei, non ammetteva repliche, mi minacciava, e io dal canto mio, mi sentivo, umiliato e sottomesso, e maledetto me, stavo avendo un'erezione... Mi piaceva l'idea di essere sottomesso, e mia sorella, ora aveva assunto un'aria da padrona stronza e arrapante.

Mi tolsi tutto, mi disse di tenermi solo il tanga, inutile dire, che da quelle mutandine, facevano capolino i miei attributi, e il mio amico, di 20 cm...

Ero imbarazzato, accaldato e sudavo... Ma mentirei se dicessi, che non mi stavo eccitando, cosa che si poteva notare anche dalla rigidità, del membro, che spingeva notevolmente, così mi toccò metterlo di traverso, perché non le rompesse quelle mutandine.


Mia sorella rideva a crepapelle, non potevo darle torto, insomma, dovevo essere effettivamente ridicolo, e paradossalmente, vederla ridere di me, umiliato, con le sue mutandine addosso, me lo faceva rizzare più di quanto una baldracca disponibile avrebbe mai potuto.


La buttai anch'io sul ridere: “allora, la finiamo con queste cagate?” Risi, mentre mi apprestavo, a prendere le mie cose, veloce lei mi assestò un calcio sul pacco...

Io crollai a terra tenendomi il punto colpito, tale era il dolore... “Perché, Sandra?”

“Hai deliberatamente approfittato, delle mie cose, strusciandotici sopra, da quel pervertito che sei, dovrei lasciar perdere secondo te? Meriti questo ed altro!”



“Altro... Cosa intendi, con altro...?” Chiesi con un filo di voce, lei sorrise e se andò...

“Io ora, esco, tu fai in modo di farti trovare qui... Non cambiarti, non metterti altro addosso per nessuna ragione, sta sera ci divertiremo per davvero...”


Non sapevo che fare, da una parte mi sembrava una cosa così assurda, ma dall'altra mi intrigava un casino, mia sorella sembrava intenzionata a non usare sconti con me, e che posso dire io... Io sentivo che tutto quello seppur strano, mi eccitava, mi faceva sentire euforico, dunque perché rinunciarci... Cos'è l'orgoglio confrontato con la felicità?


Non volevo concedermi un momento di sollievo erotico manuale, volevo restare eccitato com'ero, sospettavo che Sandra, avrebbe fatto qualcosa, qualcosa che comportava che io rimanessi eccitato, ma avevo veramente paura che a lungo andare le avrei rotte quelle mutandine... Già bagnate com'erano di liquido pre eiaculatorio, non sarebbe stato difficile.


Era sera, Sandra ritornò per cena, la stessa cena che avevo preparato io, dato che ora facevo tutto in casa, preparare la cena in tanga era qualcosa di assurdo, fortuna che era luglio e quindi si stava bene anche così.

Lei entrò, “ciao Simona...” Disse, mettendo giù la borsa, e togliendosi le scarpe. “Credo che tu abbia sbagliato...”

“No, non ho sbagliato affatto, tu ora sei Simona, la mia schiava di casa, ora vado a farmi la doccia, fammi trovare tutto pronto.”


Detto questo se ne andò in bagno, senza nemmeno guardarmi in faccia...


Tornò tempo dopo, mi guardò giusto il tempo necessario per scoppiare a ridere, vedendomi indossare le sue mutandine, bagnate. “Tutto questo ti eccita, perché sei una cagna sottoposta, vero Simona?”

Io annuì, avvampando...

Lei si sedette, quando vide che anch'io mi sedevo, fece uno sguardo truce: “no!”

“No, cosa?” Chiesi io, “gli schiavi non mangiano con i padroni, dovrai aspettare che io finisca...” Accettai di buon grado, rimasi fermo. Lei mi guardò ancora, con sguardo di compatimento, “be, non stare lì impalato! Fai qualcosa...” “Cosa?” “Potresti iniziare pulendomi le scarpe, riordinare camera mia, pulire il cesso... E farlo subito.”


Il tono da troia dominatrice, mi faceva impazzire, non attesi oltre, e obbedì agli ordini. Non mi trattenni dall'annusare i calzini usati di Sandra, quando li vidi in camera sua. Con le mani, me li premetti con forza in faccia, fingendo che fosse lei a farlo, chiamandomi maiale, cane... Zerbino...


Vidi anche il suo cuscino... Mi guardai attorno... Sentivo il rumore della forchetta sbattere contro il piatto in cucina... Ero salvo...

Lo presi, lo avvicinai al viso... Sentivo il profumo del suo balsamo, poi lo presi e lo misi sul letto, mi misi sopra di esso, e con rapidi movimenti dell'anca, lo stavo bombando, fingevo che quell'ammasso di piume e stoffa fosse Sandra, e mi eccitavo sempre di più, ma non venni, non volevo, rimanere eccitato era una sensazione impagabile...


“Che cazzo fai!?” Le grida di mia sorella, mi sorpresero. La guardai atterrito, e attonito, non dissi nulla... Biascicai un: “s... scusami...”

Lei non disse nulla, e mi diede un calcio sui testicoli... Me lo meritavo, avevo disobbedito agli ordini.

“Sei uno schifoso, un pervertito di merda. Stavo pensando di smetterla con sta cagata e di liberarti, di lasciarmi tutto alle spalle, ma tu sei incredibile! Lo hai rifatto! Hai pure lasciato il tuo liquidino schifosino sul mio cuscino, meriti quello che ti faccio... E molto peggio!”

Diceva questo mentre mi calpestava a piedi nudi, dato il caldo, in estate lei girava in infradito. “Ma probabilmente anche adesso ti sto eccitando, a prenderti a calci a piedi nudi... Che schifo che mi fai!” Concluse sputando, mi sputò in faccia, sotto l'occhio sinistro, non pensai e nemmeno volli rimuovere quel regalo dalla mia faccia, lo lasciai lì.

“Bene, vuoi proprio che faccia la cattiva... Allora vieni con me in cucina...”


La seguì, lei mi fece mettere a gattoni sotto al tavolo, prese il piatto con la mia porzione, lo mise sul pavimento, poi cominciò a schiacciare il cibo con i piedi, con violenza, e foga. Quando finì mi disse: “questa è la tua cena, poi mi dovrai pulire lo sporco dai piedi, usando la lingua...” Mi eccitavo esponenzialmente, mi chinai ed iniziai a mangiare come un cane.

“Bene, mi hai fatto incazzare, allora proseguiremo, siccome per i prossimi due giorni, sarai la mia schiava, voglio mettere delle regole: regola numero1: ti sposterai solo gattonando da una stanza all'altra, non preoccuparti di raggiungere camera tua in mansarda, dormirai su un cartone in cucina. Regola numero 2: non parlerai se non te lo dirò io, e la prima e l'ultima parola che dovrà uscire dalla tua fogna dovrà essere padrona, capito lurido verme? “Padrona, capito, padrona.” Mi sentivo completamente annullato, ma avevo paura, che ad un certo punto, si sarebbe potuta fermare, che le potesse venire un impulso di pietà... No Sandra, non provare alcuna pietà per me...



“Regola numero 3: voglio che quando parli, lo fai con tutti i verbi all'infinito, come se fossi uno straniero schiavo, in un film degli anni 30.”

Questa era una cosa bizzarra, ma accentuava il grado di superiorità che Sandra voleva esercitare sul fratello, o meglio: sullo schiavo.


“Regola numero 4, ma questa non dovrei neanche dirla: farai tutti i lavori di casa.”

“Regola numero 5, per qualsiasi cosa, dovrai chiedere il permesso a me, non potrai mangiare, dormire o grattarti le palle senza avere il mio consenso.”

Ancora... Ancora padrona, sii cattiva... Più cattiva... Spietata... Avviliscimi...


“Questo è tutto, hai capito troietta?” Concluse Sandra, guardando sotto il tavolo. Io la guardai, avevo finito di mangiare, “padrona, capito, padrona.”

“Bravo cagnolino.”

Dopo averle pulito i piedi, che però non mi fece leccare, disse che i suoi piedi erano troppo per me, e che avrei dovuto guadagnarmeli con il tempo, tutto questo mi eccitava ancor di più. Mi diede una stuoia, mi disse di dormire lì per la notte...

Poi prese i suoi calzini sporchi, quelli che aveva portato tutto il giorno. Era incuriosito di cosa voleva farci, lei riempì la macchinetta del frullato d'acqua calda, e ci mise dentro i suoi calzini, poi mi sorrise: “se provi a toglierli da lì, giuro che te ne pentirai...”

Io scossi la testa, come per assicurarla che non l'avrei mai fatto. “Padrona, io potere sapere perché questo, padrona?”

Lei rise... Doveva essere per come parlavo, “lo vedrai...” Disse poi, allontanandosi...

“Eccome se lo vedrai...” Concluse andandosene in camera sua.

Inutile dire che non dormì quella notte, tanta era l'eccitazione per il giorno dopo.


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