Sabrina

Scritto da , il 2011-10-13, genere etero

Molti anni fa, quando ero ancora giovane e inesperto, lavorai per un paio di anni nella mensa di un grosso stabilimento indistriale del nord Italia. A parte il cuoco, un personaggio davvero unico, ero l'unico maschio che lavorava in quell'ambiente; il mio compito era quello di svolgere i lavori più pesanti che alle donne non venivano fatti fare.
Le donne. Lì dentro c'erano 4 donne, due giovani sposate, una molto giovane e non sposata (per la quale presi una sbandata epocale, ma questa è un'altra storia e la racconterò un'altra volta) e una "matura" (modo gentile per descriverla, ultracinquantenne ben tenuta ma sempre ultracinquantenne, e a me che all'epoca ero poco più che ventenne non interessava neanche di striscio)
Una delle due giovani sposate era la figlia del cuoco. Si chiamava Sabrina e aveva una decina d'anni più di me. Era sposata con un tale grande e grosso di qualche anno più vecchio, che a me dava l'impressione di essere il classico bonaccione, non tanto sveglio ma tutto sommato non antipatico.
Entrai quasi subito in confidenza con lei appena la conobbi, era molto spigliata e spiritosissima, oltretutto trovavo divertente il suo accento (era emiliana, come suo padre).
Con lei nella cucina i discorsi sul sesso erano all'ordine del giorno. Le battute salaci si sprecavano, insomma le piaceva parlare "grasso" come diceva lei.
Seppi che si era sposata ancora vergine, caso più unico che raro dalle sue parti, diceva, ma che i suoi fidanzati erano sempre stati molto contenti di lei perchè sapeva come soddisfarli... tra un lazzo e un frizzo mi fece capire che era molto brava a fare i pompini e questo le aveva permesso di salvare l'imene daglimassalti dei maschi fino all'altare.
Mi raccontò che aveva sempre pensato che dopo sposata, una volta aperta la "strada maestra", si sarebbe divertita molto ma, alla fine, le era sempre mancato il coraggio di tradire suo marito. Non avevano mai avuto figli e la cosa la faceva soffrire un pò, ma col tempo aveva imparato ad accettare il fatto anche se ogni tanto ci pensava ancora e si intristiva per questo tassello mancante nella sua vita di donna.

Chi non ha mai lavorato in un ambiente di sole donne non sa cosa ciò significhi, specie per un ragazzo giovane: si viene continuamente "messi in mezzo" con battutine a volte anche provocanti, ammiccamenti, gesti di dubbia interpretazione... capita anche che qualcuna delle colleghe ti faccia intravedere qualcosina del suo corpo (niente di eccezzionale, magari una coscia o, se sei fortunato, una tetta, ma niente di più) fino a strusciartisi addosso (sempre però alla presenza delle altre, così non puoi fare un beneamato cazzo) o addirittura a sbaciucchiarti (mai sulla bocca,
però).
Le trippate di manico duro che il povero tapino si deve fare in queste situazioni sono davvero tante.
Ma a volte il destino gioca strani scherzi e chi di cazzo duro ferisce di cazzo duro perisce (o meglio, gode).

Si diede il caso che un giorno Sabrina abbia litigato col marito (non era un evento rarissimo, ma di solito durava poco) e lo abbia buttato fuori di casa, dato che l'appartamento dove vivevano era suo, un regalo dei suoi genitori; poi lei cambiò le serrature e lui portò via le palle, tornandosene al paesello.
Quando lo seppi, non so perchè, la cosa mi fece provare una sottile emozione.
Sabrina non era il tpo di donna con cui avrei voluto condividere la mia vita, ma fisicamente mi piaceva. Era rotondeta e aveva una bocca stupenda, che rammentava sempre la sua vantata abilità nel sollazzare gli augelli.
In seguito alla separazione Sabrina divenne più riservata nelle sue effusioni, temeva che qualcuno potesse sopettare che lei avesse una tresca con me e da quel momento in poi tenne un pò più le distanze.
dopo un paio di mesi disse che prendeva un periodo di aspettativa e lasciò il lavoro. Seppi da suo padre , col quale eravamo molto amici, che era tornata in Emilia, e che per un pò aveva vissuto a casa di una sua zia.
Pensavo che il capitolo fosse chiuso, e ivece una sera mentre tornavo a casa dal lavoro vidi un incidente stradale, una macchina tamponata da un furgone: non era una cosa grave, il mezzo più grosso andava piano, ma i danni alla carrozzeria della macchina erano piuttosto evidenti. mi avvicinai per vedere se qualcuno si fosse ferito e vidi Sabrina uscire dalla macchina, sconvolta ma illesa.
- Sabrina! - esclamai - Stai bene? -
- Si, si... oh, Marco! Sei tu! - e mi si buttò fra le braccia.
Morale: io testimoniai in suo favore (la colpa del camionista era evidente) e dopo qualche giorno ci rivedemmo presso la sua assicurazione.
Quando uscimmo andammo a mangiare assieme al Burghy (all'epoca non era ancora stato rimpiazzato dal Mc Donald) e passammo il pomeriggio e la serata a parlare di noi, delle nostre vite, di quello che avevamo fatto nel frattempo. Una classica rimpatriata, insomma.
Ci mettemmo d'accordo per rivederci la domenica successiva e andammo insieme al cinema. Niente di impegnativo, un'uscita fra amici.
La settimana dopo ci rivedemmo di nuovo per prendere un gelato. Quella dopo ancora...
In capo a un mese finimmo per slinguarci le tonsille sotto casa sua dentro la macchina, e detto fatto salimmo in casa.
Ero emozionato come uno scolaretto, non mi sembrava vero: a quell'età avere un'avventura erotica con una donna più grande, e per di più sposata (anche se separata), era il sogno proibito di ogni maschietto con gli ormoni in fregola.
Quando ci spogliammo, dpo esserci baciati a lngo e accarezzati con frenesia sempre maggiore sopra i vestiti, Sabrina volle che le sfilassi io le mutandine, e lo feci inginocchiandomi davanti a lei che era rimasta in piedi: così aveva la faccia proprio davanti al suo cespuglietto odoroso e mi venne naturale ficcare la faccia fra le sue cosce, e la lingua nella sua fica già umida.
Gliela leccai un pò, poi la presi in braccio (ero un ragazzone non alto ma bello robusto, e avevo le braccia forti) e la posai sul letto, dove proseguii nel lavoro di lingua sul suo clitoride e fra le sue piccole labbra, fino a provocarle un orgasmo che la fece lubrificare al massimo. A quel punto però non potevo più aspettare, ce l'avevo duro come un chiodo da carpentiere e mi posizionai tra le sue gambe prendendomi il randello in mano, glielo puntai sull'imboccatura della figa e cominciai a spingere
- Fai piano - mi disse - é un bel pò che non chiavo, sono stretta... -
- Tranquilla, gioia - le risposi - sei in buone mani... -
Glielo infilai lentamente, scivolava bene per l'ottima lubrificazione ma effettivamente aveva una topina davvero stretta. Lo prese dentro tutto, e sospirò quando il cazzo arrivò in fondo. Attesi un istante che si rilassasse bene e poi cominciai a spingerglielo dentro e fuori con giovanile fierezza.
Lei mi circondò con le gambe e mi strinse forte a sè mente galoppavo verso il traguardo del piacere. Cercai di durare il più possibile ma la giovinezza e l'astinenza non aiutano e dopo 5 minuti giunsi in prossimità della sborrata. Gleilo dissi e lei i rispose che potevo venirle dentro, tanto non ci era mai rimasta. Così lascia andare i freni e le scaricai nella pancia un litro di latte di maschio caldo e schiumoso, abbandonandomi poi su di lei.
Restammo così, uno sull'altra, uno dentro l'altra, lei piena del mio succo, io svuotato, per qualche minuto, poi mi sfilai da lei e il mio seme si sparse sul letto.
Ci andammo a lavare, cambiammo le lenzuola e lei misie un asciugamano da bagno sul letto, poi ci sdraiammo nuovamente. Mi misi sopra di lei e Sabrina prese il mio uccello fra la mai, guidandoselo nella fica. La scopai nuovamente, e ancora mi tenne dentro di sè prendendosi la seconda sborrata nell'utero. La terza volta stette sopra, e ancora le venni dentro. Poi la presi a pecorina, e infine mi fece un succulento pompino facendomi venire sulle sue tette.
Al momento di andare via mi disse che due giorni dopo sarebbe tornata in Emilia, ma che ci saremmo rvisti presto.
- Un montone come te non voglio perderlo - mi disse - mi hai fatto godere con ogni colpo di cazzo, ho la fica in fiamme ma sono soddisfatta come non mi era mai successo...-

Il giorno dopo ritornai al lavoro. Scherzai con le ragazze, come sempre, scambiai battute con il cuoco, come sempre. E passarono i giorni.
Tre settimane più tardi il cuoco i chiamò in disparte e mi diede una busta con su scritto solo "per Marco": disse che era allegata a una lettera di sua figlia e si allontanò senza dire altro. Notai che aveva uno strano sguardo ma non gli diedi troppo peso. Aprii la busta e quello che lessi mi fece mancare il fiato per diversi secondi!
"Caro Marco, a quanto pare dovevo cambiare galletto! I tuoi girini hanno fatto centro, sono incinta! Non preoccuparti, nessuno sa chi sia il padre, non voglio che tu ti senta obbligato, sono talmente felice di avere un figlio che sono pronta a tirarmelo su da sola. Penso che resterò qui, con mia zia e tutte le mie parenti he mi daranno una mano. Grazie, mi hai fatto un regalo meraviglioso. E a parte questo, è stata la migliore chiavata della mia vita! Baci, Sabrina".

Non la rividi più. Seppi tramite suo padre che aveva avuto una bambina e che stavano bene tutte e due. Non cercai mai di vederla, io ero stato solo il seme necessario al suo concepimento, e ritenni giusto stare fuori dalla sua vita.

Questo racconto di è stato letto 6 7 1 4 volte

Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.