La ragazza del libro

Scritto da , il 2020-03-02, genere esibizionismo

Era ormai quasi mezzogiorno e sul nostro angolo di spiaggia il sole s'era spostato tanto che l'ombrellone non ci riparava quasi più. Sentivo la pelle scottarmi la schiena mentre, appoggiato sul fianco destro e sollevato un poco sul gomito che poggiava sul lettino, fissavo Alessandra che mi sorrideva con un certo pensierino in testa e il suo consueto sguardo da furbetta che le conoscevo bene. Quando mi guardava a quel modo sapevo che di lì a poco mi avrebbe reso un uomo felice. Tuttavia mi imbarazzava l’idea di trovarmi lì in mezzo alla gente e a una selva di altri ombrelloni dai quali arrivavano lo stridere di bambini vocianti e le note confuse di qualche canzone dell’estate. C’erano mamme e papà concitati e indaffarati, il che Mi bloccava a dire il vero un po’, tanto che Ale, che ormai stava puntandomi gli occhi tra le gambe, li sbarrò nel non ravvisare alcun rigonfiamento del costume. Solitamente reagivo a certe sue espressioni ammiccanti con un’erezione istantanea, esattamente come il cane pavloviano reagisce al suono del campanello con il riflesso condizionato della sua salivazione.
Le sussurrai che era pieno di gente e cercai di indicarle nel modo più discreto possibile la presenza di una ragazza alle nostre spalle, nella fila dietro di noi, immersa nella lettura di un libro. Avrebbe potuto notarci, le dissi, il che scatenò in Alessandra una risatina prevedibile. Non dico che non le importasse nulla; di più: Alessandra amava fare certe cose in pubblico.
Anche lei però parve avere un moto di discrezione improvviso e, sollevandosi seduta, con la sua sagoma e la schiena china su di me, mi mise una mano sul costume coprendo per quanto possibile la scena. Palpeggiava il mio pene con attenzione e accuratezza, sapeva come toccarmi e lo sentii crescere in pochi istanti sotto le sue dita. Adoravo quel senso di pienezza e vigore che mi riempiva lo spazio tra le cosce ma soprattutto… non potevo resistere al richiamo della natura.
Nessuna delle famigliole ci notò… ma mi avvidi per un istante, con la coda dell’occhio, che la ragazza del libro aveva smesso di leggere e con la bocca semiaperta dallo stupore ci guardava e guardava anche lei il rigonfiamento che mi si era formato sotto il tessuto stretto ed elastico delle mutandine da bagno.
Chiusi gli occhi per non pensarci, anche se la cosa mi faceva eccitare il doppio di prima, e mi concentrai sulle manovre di Alessandra assecondandole di tanto in tanto con qualche movimento del bacino. La sua mano alla fine si infilò sotto il costume e mi sentii afferrare delicatamente l’erezione dai polpastrelli che scendevano fin giù all’orifizio mentre il palmo ondeggiava e cullava l’asta ormai dura come il legno di un arco teso.
Inevitabilmente e anche un po’ contro la mia stessa volontà cominciai a perdere il controllo sul ritegno aprendo ancora di più le gambe per lasciarla fare con più agio e io godermi più comodamente il piacere di quel gioco.
Fu allora che mi tornò in mente la ragazza del libro e mi voltai per guardarla, spudoratamente. Stava fingendo di essere di nuovo immersa nella lettura, ma in realtà mi accorsi che teneva il libro troppo in verticale davanti al viso e ne faceva sbucare gli occhi a fessura dal sommo delle pagine aperte.
Incrociammo gli sguardi. Lei sostenne il mio con la sicurezza che solo le donne possono avere. Mi osservava quasi come fossi un animale nel bel mezzo della scena di un documentario o, peggio, dietro le sbarre di una gabbia da zoo. Compresi che attendeva con interesse il momento della mia capitolazione o che, perlomeno, voleva capire fino a che punto la mia fidanzata si sarebbe spinta.
Alessandra s’era accorta da tempo che i miei occhi giocavano tra lei e la ragazza del libro e questo accendeva la miccia al suo esibizionismo. Attese, sempre continuando a masturbarmi con la mano nel costume, che mi sfuggisse il primo rantolo.
Ormai ero suo: quando il piacere ci prende non apparteniamo più a noi stessi ma all’altro che ci coccola.
Alcune voci di donne si levarono dalla fila vicina, scambiandosi parole di biasimo. Qualcuna disse che quella non era una spiaggia per maiali e che ce ne andassimo da un’altra parte a fare le nostre cose.
Alessandra proseguiva imperterrita a farmi godere concentrando ora le sue attenzioni sul glande e scappellandolo sino a tirarmi giù la pelle e a far scivolare il muscolo del pene nella sua stessa guaina. Reclinai il capo spalancando la bocca in un sospiro senza voce mentre sentivo che ormai non avrei saputo resistere ancora per molto.
Cosa avrebbe fatto Alessandra? Io non capivo più niente per il troppo piacere cresciuto in mezzo alle gambe. Vidi solo che la ragazza del libro ora non aveva più il libro e si scambiava sguardi complici con la mia fidanzata.
“Tò” le disse poi improvvisamente Alessandra sfilando la mano dal costume, “finiscilo tu, vuoi?”
La ragazza le sorrise e raccolse il libro dalla sdraio prima di chinarsi su di me. Era un tascabile che avrà avuto più o meno un centinaio di pagine. Lo aprì grosso modo a metà, dov’era rimasta a leggere e con l’altra mano allargò l’elastico della mutandina per infilarlo dentro. Mi avvolse il pene tra le pagine, tenendomi stretto con le dita premute sulle due sponde della copertina flessibile e schiacciando la costa.
Così mi masturbò. La carta era di quella spessa e un poco ruvida che si usava una volta. Ne avvertivo l’attrito dolce e un po’ rude strusciare lungo l’erezione ormai esausta e lasciai fare.
Ben due donne erano ormai chine su di me a nascondermi alla vista dei bagnanti e nessuno più badò a quel che stava succedendo.
Venni alla fine, imbrattando le pagine che assorbivano il mio seme caldo e vi si appiccicavano addosso nel lacerarsi, imbevute di me. La ragazza del libro tenne duro: continuava a manovrarmi l’uccello facendomi gemere più forte senza mai volerlo toccare direttamente con le dita, ma alla fine dovette arrendersi e abbandonare quel frammento di cultura infilato in mezzo alle mie cosce. Me lo lasciò lì, come un regalo da conservare.
Ancora esausto, non mi mossi. Mi riusciva imbarazzante muovermi mentre ero ancora tutto sporco. Avrei lasciato che tutto quanto si asciugasse con calma tra le gambe, come il mio corpo dopo il bagno al sole.

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